Mandy
Di Anna Nihil
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Anteprima del libro
Mandy - Anna Nihil
guai
1
Fa freddo. Le strade sono ancora inumidite dalla pioggia, nelle buche ristagna l’acqua, che s’increspa a ogni soffio di vento. Forse pioverà di nuovo, continua a tuonare e qualche goccia scivola dal cielo. Le nuvole a quest’ora sono indistinguibili, prendono il cupo colore della notte. Il buio più profondo attanaglia le anime in pena, che a così tarda ora vagano ancora in cerca di qualcosa.
Mandy percorre sicura il marciapiede, anche se la sua, più che sicurezza, è rassegnazione. Il suo mondo è racchiuso tutto nel suo quartiere, e non è un bel posto.
Ogni città, nessuna esclusa, è divisa a metà, ovunque, non manca mai il quartiere detto perbene
e quello feccia
.
Nella città perbene la gente si indigna davanti al male, crede nei sogni e desidera il bene anche per il suo prossimo. Spesso, infatti, organizzano feste, sagre, concerti, aste a fine benefico, per raccogliere denaro, per salvare qualche angolo sperduto del mondo dall’esotico e impronunciabile nome.
Sono esseri caritatevoli. Peccato che tanta generosità non vada più in là del loro naso. Non vedono il degrado in cui giace l’altro lato della loro stessa città, eppure si accorgono di poveri distanti kilometri.
Strano.
Il punto è che nelle zone perbene seguono le mode, ne sono soggiogati. Aiutare i concittadini non è considerato abbastanza in
o chic
.
Essere generosi, più che un atto spontaneo, è un atto necessario. Serve a entrare nei club giusti, a sentirsi parte della società, ad avere nobili gesta con cui minimizzare gli errori del passato, nel caso ce ne fosse bisogno.
Alcuni di loro guadagnano così tanto che i loro conti in banca straboccano. Per alleggerirsi dalle troppe tasse, una delle soluzioni migliori, che propone loro il commercialista, è, guarda caso, dare un po’ del patrimonio in beneficenza.
Può essere di consolazione pensare: meglio così che niente, magari non lo fanno proprio con il cuore in mano, però lo fanno.
In questo modo, ogni anno, vengono inviati tanti soldi nei Paesi lontani, abbastanza per costruire due scuole e tre ospedali, così garantiscono i volontari delle associazioni umanitarie, eppure questo non cambia niente, quella gente resta sempre povera e dipendente dai perbene.
Se nulla cambia nel Paese lontano, possono sempre attribuire la responsabilità al cattivo governo del luogo, ma come giustificare che nella propria città, nonostante il governo sia lo stesso, una parte della città vive e l’altra deve accontentarsi di sopravvivere? È colpa dei perbene e della loro generosità velata di ipocrisia, o degli stessi abitanti del quartiere feccia, che per un qualche strano motivo non si lasciano aiutare?
Nessuno di loro sembra impegnarsi abbastanza per eliminare davvero il male.
Molti si sono rassegnati, e molti altri, tacitamente, lasciano che tutto resti così per convenienza.
L’illuminazione è scarsa, hanno smesso di spendere soldi per riparare i lampioni, venivano sistematicamente spaccati con una pietra pochi minuti dopo. Spacciatori e sfruttatori hanno bisogno dell’oscurità per tenere aperti i loro traffici.
Traffici a cui spesso prendono parte anche i perbene. Quando alcuni di loro cercano insane tentazioni, vengono nel quartiere feccia. È comodo, la loro identità rimarrà nascosta, difficilmente gli capiterà di incontrare chi conoscono e possono fare tutto quello che vogliono, tutto quello che c’è di peggio da fare. Loro vivono la zona feccia come un’avventura, una discarica in cui trovare ciò che serve e da lasciare a marcire. Questo loro modo superficiale di affrontare il quartiere, il più delle volte, li porta a fare una brutta fine.
Muoiono troppi figli perbene in questo quartiere, credono di tenere loro le redini dei giochi, ma è solo un’illusione. In compenso, ma non so quanto possa consolarli dopo che si sono giocati la loro unica possibilità di vita, in tv di loro parlano sempre un gran bene, perdere uno di loro lascia il segno, invece le vittime nate e cresciute nel quartiere feccia vengono del tutto ignorate. Sono considerati morti di routine perché sono quotidianamente troppi, e non hanno parenti pronti ad andare in tv a ripulire la loro reputazione, come succede ai perbene, che nonostante vengano trovati con il naso nella cocaina o fra le gambe di un viado, restano sempre dei bravi ragazzi.
Mandy deve arrivare alla fine del marciapiede, è quello il suo posto.
«Uuuuh! Guardate chi è arrivata! La Principessa!» una vecchia prostituta grassa e volgare fa notare la presenza di Mandy alle altre, che si uniscono al suo scherno ridendo sguaiatamente.
«Come mai la Principessa è scesa fra noi?» chiede ironica un’altra, facendo un inchino.
«Avrà fatto incazzare il suo boss!» risponde una dalla tinta biondo paglia e secca come una mazza di scopa.
«Magari io appartenessi a Stan! È così figo!» interviene un’altra dalle forme abbondanti e le labbrone rosse.
«Sa far guadagnare le sue ragazze!» dice sicura la vecchia che ha iniziato la presa in giro.
«Ehi, Principessa, allora, cosa ci fai qui?!»
Mandy non risponde, non ha niente da spartire con loro. Hanno ragione le altre, lei non dovrebbe essere lì. Lei è bella, è giovane. Ha un aspetto sensuale e grazioso. Indossa abiti succinti come le altre, ma i suoi non sono capi da mercato o straccetti recuperati nei sacchi di roba usata. I suoi capelli sono bellissimi e ben curati, ha il viso di una bambola di porcellana e due dolcissimi e profondi occhi verdi. Lei è un articolo pregiato.
«Allora?! Non ci rispondi?!»
«Ma chi ti credi di essere?! Ora ti faccio vedere…» L’atteggiamento di Mandy dà sui nervi a una rossa che fino allora si era limitata a sghignazzare tra il gruppetto. Supportata da quelle, cui non dispiacerebbe avere uno spettacolo da guardare per passare il tempo in questa poco proficua e fredda serata, la rossa si prepara ad attaccare.
La vecchia e Mandy si fissano negli occhi per un istante, la prima non è certo una donna colta e dotata di particolare sensibilità, eppure riesce a fare un’interpretazione del carattere di Mandy abbastanza corretta: «Lasciala perdere, non è cattiva, è solo… timida.» E ferma subito la rossa prendendola per il braccio.
«Timida?! Ma dai!» mormorano le altre e ridacchiano. Poi, non avendo soddisfazione nell’impassibilità di Mandy davanti alle loro provocazioni, ritornano all’ordine.
Un’auto si avvicina, il conducente rallenta, è un possibile cliente. Tutte fanno del loro meglio per attirare l’attenzione, tutte tranne Mandy. Lui va lento, si guarda intorno, osserva bene a destra e a sinistra, poi punta Mandy, che non ha la minima intenzione di avvicinarsi.
La procace prostituta dalle labbrone rosse approfitta della situazione, senza perdere altro tempo, si fionda dentro la macchina, spiegando al cliente: «Ehi! Bello, hai capito male! Tu non hai abbastanza soldi per quella! La Principessa va a carte di credito, non spicci! E poi, non vedi che io sono molto meglio?!» Lui, che ha i minuti contati, ha detto alla moglie che andava a comprare le sigarette e ci sta mettendo anche troppo, accetta lo scambio senza fare altre domande.
Mentre tutte seguono con lo sguardo l’auto del cliente, che si allontana con una di loro a bordo, e alcune prudentemente si segnano la targa per sapere chi denunciare se lei non dovesse tornare; una prostituta, dall’estremità opposta della strada, arriva correndo. Grida, ma la sua voce è strozzata, le manca il fiato, le altre fanno fatica a decifrare le sue parole, è straniera e parla malissimo la lingua. L’espressione del suo