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L'ultima maitresse
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E-book203 pagine2 ore

L'ultima maitresse

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Info su questo ebook

Prendendo spunto da alcune reali note biografiche, l’autrice ricostruisce in modo romanzesco la vita di Margherita, l’ultima tenutaria di una casa di tolleranza di Conegliano. Scenari di vita introducono il lettore in uno spaccato quotidiano presente nella società italiana fino al 1958. Tra diktat politici e religiosi, in un diffuso perbenismo mascherato, si specchiano tante vite che non espongono uno scontato privato ma esprimono le scelte più o meno indotte delle loro anime.
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2019
ISBN9788831602549
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    Anteprima del libro

    L'ultima maitresse - Cecilia Talamini

    anime.

    NOTE DELL’AUTRICE

    L’idea nacque una sera di novembre del 2013, durante una cena, a casa di un’amica. Discorrevo con Grazia e gli altri commensali sugli avvenimenti culturali presenti in zona in quel periodo.

    Palazzo Sarcinelli avrebbe ospitato la mostra Un Cinquecento inquieto. Da Cima da Conegliano al rogo di Riccardo Perucolo; Casa Cima La Storia dell’incisione per immagini dal 400 al 500. Inediti percorsi espositivi di un fecondo intreccio di arte e di pensiero, germogliato nella prima metà del XVI secolo nel grembo del mio paese natio. Un itinerario trasversale, sotto l’occhio vigile del Colle di Giano, dipanato in più siti, che avrebbe apportato con le sue testimonianze maggior linfa alla nostra conoscenza e stuzzicato piacevolmente la nostra fantasia. Un indomito entusiasmo si impadronì della mia mente: molti ricordi si susseguirono come le alterne portate e tante considerazioni si sovrapposero come i vini abbinati ad esse. Il mio discorso si incentrò su Via XX Settembre, quella splendida via, a mio avviso troppo poco valorizzata e ricordata solo in occasione di qualche fugace manifestazione. Fu allora che resi partecipi i miei amici di quel poco che sarebbe bastato per dare a quella via l’espressività del suo respiro da anni agonizzante. Le mie sottolineature, velocemente, accesero una selva di commenti, precisazioni e ricordi personali: una conversazione brillante condivisa che sagomò il volto di tanti personaggi reali ed invisibili. Ad un tratto un flash abbozzò anche la via subalterna di Via XX Settembre: Via Teatro Vecchio e il suo anonimo selciato si ripopolarono di tanti passi che squarciarono le adombrate pagine di una vulgata timorosa e puritana. Battiti di curiosità cominciarono a pulsare nervosamente nelle mie tempie. E, in un’onirica atmosfera che aveva plasmato tutti gli astanti, un marcato sorriso si delineò tra lo sfumo delle rosse candele allineate sul tavolo: il bianco sorriso dell’ultima maitresse di Conegliano.

    CONEGLIANO SETTEMBRE 1958

    Da mesi non si parlava d’altro; tutta l’estate Giuliano e i suoi amici non avevano parlato d’altro…La scuola sarebbe ricominciata in ottobre, con le sue monotone e scontate giornate, non più ravvivate, di tanto in tanto, dalle scroscianti sassaiole nella scarpata, lungo la strada che portava al castello, a lato dell'edificio scolastico, in direzione della casa dagli scuri chiusi. Un serpentino guizzo riportò Giuliano all'ira del preside che un giorno, affacciatosi sul balcone per sorprendere e redarguire chi sperava di attirare in qualsiasi modo l'attenzione di qualche languido sorriso velato, aveva urlato il suo nome. Il richiamo e una seguente ammonizione scritta, tuttavia, non erano bastati per farlo desistere dal suo progetto perché anche lui avrebbe raggiunto quel piacere profondo, oltre le fessure ermetiche che sembravano ombreggiare i raggi di sole primaverili ed estivi tra le crepe dei vetusti muri allineati lungo Via Teatro Vecchio. E questo a dispetto del preside e dell'approvazione di una legge che aveva creato un malumore diffuso sia in chi già avvertiva il vuoto di quella che riteneva la seconda casa, sia in lui, che da anni aspettava di varcare il proibito uscio. Quella socialista padovana aveva vinto, per 10 anni non aveva demorso ed ora poteva godersi la sua vittoria. 385 deputati a favore, 115 contrari. - Bel colpo Angelina! Chi la dura la vince - Si disse Giuliano, ricordando le parole perentorie e reiterate del padre che sin dalla tenera età lo avevano spronato a raggiungere le mete prefissate. E mai a Giuliano era sfiorata l'idea di mollare l'obiettivo dei suoi 18 anni. Ecco perché lui, a 17 anni e 7 mesi, avrebbe comunque oltrepassato i sospirati scuri. Il suo pensiero ritornò al padre, il vecio Mario, come lo definiva con gli amici.

    Il bancario Mario invero li portava bene i suoi 47 anni: capelli scuri appena chiazzati di grigio, corporatura slanciata, altezza media. Allegro ed espansivo con gli amici, manifestava tuttavia poche parole ordinarie nel corso della settimana con moglie e figli: Lo studio e l'educazione sono importanti, l'ubbidienza verso i genitori un dovere, sosteneva con vigore. Lo dice il quarto comandamento, gli faceva

    eco sua moglie Maria con tono bigotto. Elisabetta, sorella minore di Giuliano, a quelle parole annuiva in segno di deferenza e poi volgeva lo sguardo al fratello in tono malizioso. - Opportunista, comune opportunista – Le gridava muto Giuliano con trattenuta insofferenza. Elisabetta alzava lievemente le spalle, sfiorandosi con una mano la lunga treccia nera. Sapeva di essere la cocca del babbo e sapeva come arruffianarsi la benevolenza della madre: darle sempre ragione. Elisabetta era in procinto di frequentare il primo anno delle Magistrali al Collegio Immacolata, un indirizzo già preso da Marcella, la figlia di Ada, amica di Maria e di Francesco, collega di Mario. Non poteva essere diversamente. Chi altro se non le Figlie di Maria Ausiliatrice avrebbero potuto dare una sana educazione alle ragazze di buona famiglia?

    Giuliano avvertì lo stomaco contrarsi e i suoi pensieri si ingolfarono nuovamente nella disamina di quella legge. Lo sconcerto appannò velocemente la sua ricerca di certezze. Anche se la scadenza di quel provvedimento non fosse stata ineluttabile, probabilmente il vecio Mario non si sarebbe comportato come Aristide, il padre del suo amico Giovanni Battista, che aveva condotto il figlio il giorno del suo diciottesimo anno proprio nella casa della siora Rita. - Improbabile, improbabile - bofonchiò Giuliano. Con il suo vecio certi discorsi non erano mai trapelati. Mario, infatti, all'incombere di possibili e disincantate digressioni, in certe circostanze assumeva l’aria di un puritano: le sue gote s'imporporavano leggermente e la sua prosa fluida assumeva un intercalare incespicante. - Netto distintivo di chi non conduce una vita lineare – Si era detto più volte Giuliano, desideroso di sfuggire a quella melensa routine familiare di connotazione jekylliana e di entrare in casin, avrebbe detto senza perifrasi Aristide. Giuliano si guardò allo specchio. Da settimane si radeva la barba per affrettare la crescita di quei peli ispidi, pungenti al suo continuo tatto impaziente. Sorrise allo specchio: la peluria gli sembrava più folta e il suo sguardo più maturo. Doveva ammiccare con scioltezza ed essere disinvolto nei movimenti. Così gli aveva consigliato Giovanni Battista. - E' tutta una questione di abitudine - Si ripeteva da giorni. D’altra

    parte avrebbe ben presto anche lui, suo malgrado, imparato l’arte della dissimulazione. Era circondato da dissimulatori: suo padre e sua madre erano due tra i tanti. Giuliano abbassò lo sguardo, afferrò la camicia bianca di seta piegata sulla sedia, poi aprì l'anta ovale dell'armadio e sfilò i pantaloni beige dalle grucce imbottite. Pochi minuti dopo si guardò nuovamente allo specchio compiacendosi della giacca nuova che la nonna gli aveva regalato per il suo compleanno. Quindi la sua mano s’introdusse velocemente nel taschino interno. Con cupidigia strinse le cinquecento lire che meticolosamente aveva sottratto a rate dal borsellino color sabbia della mamma. Lei non se n’era minimamente accorta, troppo impegnata, nel tempo che non dedicava agli impegni domestici, a commentare con le sorelle i programmi che la TV proponeva. Il massiccio televisore dall'involucro marrone scuro, dal 1954 era presente nella loro casa e oramai era diventato un componente della loro famiglia. Vado da amici, aveva avvertito Giuliano per potersi assicurare la libera uscita e poi aveva tirato in ballo nomi di compagni che i genitori conoscevano e di cui si fidavano. Sbuffò nel ricordare l'ennesima bugia. Lo specchio era sempre di fronte a lui...per alcuni momenti si sistemò con cura i capelli, poi si scostò e con una piccola chiave aprì un’anta nascosta del suo trumeau. Estrasse con diligenza, tra alcune foto ammonticchiate, la sua carta d’identità. Mentalmente ringraziò Piero, l’amico della scuola di commercio, che con l’aiuto della macchina da scrivere e della scolorina aveva modificato la sua età. Quando gli aveva consegnato il documento, Giuliano aveva avuto un attimo di esitazione. Si era sentito un falsario, un comune falsario che aveva fottuto la legge. In tale modo l'avrebbe apostrofato sicuramente suo padre. Un attimo di incertezza, poi i tanti racconti, negli anni, a lungo ascoltati, lo avevano avvolto in una crescente nebbiolina che aveva diradato ogni suo senso di colpa. - L’uomo dopo aver avuto, pur pagando, quanto cerca, è più responsabile, volonteroso, disponibile; è un buon marito, un indefesso lavoratore, un buon cristiano e sa sopportare il lato meno piacevole della vita - Queste le affermazioni, sentite più volte al bar o dal barbiere, che l'avevano persuaso in modo definitivo.

    Giuliano inghiottì la saliva e rilassò la mente. Un’epoca stava chiudendo il suo sipario, questa era la sua ultima occasione per farne parte. La sua mano ispezionò un'altra piccola rientranza del trumeau ed ecco che il pacchetto di sigarette Turmac gli scivolò con naturalezza nel taschino interno della giacca, a questo punto si accostò nuovamente allo specchio e raddrizzò con veemenza le spalle; uno spruzzo di colonia: era pronto! Mezzora dopo, con altri due amici, Antonio e Giovanni Battista, si trovò di fronte un pesante batacchio cromato.

    Ah, sei tu Antonio .... Una voce possente tuonò da uno spioncino incassato in una porta di legno massiccio che si socchiuse nuovamente all'entrata dei tre. Giuliano estrasse una sigaretta, l’accese con lo zippo e volse lo sguardo con naturalezza sulle pareti circostanti dell'atrio. Una riproduzione delle Apsaras di Khajuraho attrasse il suo interesse. E’ un regalo di un ammiratore che ama raccontare di un suo viaggio in oriente, gli fece presente Antonio, sottovoce, dandogli una lieve gomitata.

    E lui chi è? Chiese la stessa voce possente della donna, di circa 50 anni, che si alzò dalla sedia venendo incontro ai nuovi clienti. Tranquilla Olga, rispose Antonio con noncuranza, Ha compiuto da poco 18 anni e, rivolgendosi a Giuliano, Falle vedere i tuoi dati.

    Anche se sono in chiusura, non voglio storie, rimarcò Olga, ma quando Giuliano allungò la carta d’identità la donna diede un’occhiata distratta, dimostrando più interesse alla postura del giovane.

    Per un ragazzo così fine una ragazza fine…, commentò con un sorriso ironico e si posizionò nuovamente di fronte alla cassa.

    Abbiamo un nuovo cliente. Ridacchiò all’arrivo di una donna dall'aspetto più giovane di lei di qualche anno. Lei si chiama Leda, è la sua vice, mormorò Giovanni Battista. Ma Giuliano parve non sentirlo perché in una manciata di secondi un saliscendi improvviso parve invadere l’atrio, i salottini circostanti e la sua controllata agitazione.

    Presto Giuliano si sentì risucchiato in un arcobaleno di colori, di luci soffuse in cui movenze agili e armoniose parevano imperlare i diva

    netti di raso e accendevano atavici ardori. Una ragazza fine, aveva suggerito Olga, e lui scelse Ninfa che assomigliava proprio ad una delle Apsaras, a una di quelle ninfe indiane, ammirate in un libro del nonno, che risiedevano nei paradisi terrestri in attesa di essere raggiunte dai valorosi nobili caduti in battaglia. Ninfa...Ninfa…Con timida dolcezza Giuliano accarezzò la sua chioma fluente, sparsa lungo il velo di veste che avvolgeva la sua vita da giunco. Presto una bocca pronunciata stretta in due fossette di tristezza e due occhi profondi e scuri in ciglia folte e ancor più scure lo avvilupparono in una dimensione senza tempo, senza se, senza ma. Era la prima volta, per lui, e lei fu la prima donna di cui si innamorò. E il successivo imbrunire del 20 settembre lui fu ancora là, con Ninfa, con le altre, con gli altri a brindare tutti insieme per l’ultima volta. Ci rivedremo ancora, me lo prometti Ninfa?, le chiese con un pregno ardore ingenuo. Lei gli sorrise, annuendo tacitamente, con quei denti avorio e lui ammirò le sue fossette che parevano aver recuperato quella sera un colorito più intenso e vivo. Poi le sfilò una rosa di stoffa arancione che aveva il gambo annodato ad una ciocca di capelli. Ti piace? La rosa arancione è il distintivo delle tenutarie, significa donna indipendente, me l'ha regalata Rita, per ricordo, a lei ora, con la chiusura della casa, non serve più ..., gli spiegò. Lui le sorrise sorpreso, poi, dopo aver fissato quella piccola rosa come stregato, la intrecciò nuovamente ad un solitario ricciolo dei lunghi capelli ondulati di Ninfa.

    Quindi si accomiatò, certo di rivederla l'indomani.

    Le ore precedenti alla seguente alba Giuliano, rivoltando il capo sul guanciale domestico, la sognò e il 21 settembre alle ore nove si presentò impaziente davanti al duro battaglio che, con sua grande sorpresa, trovò bloccato. Allora Giuliano bussò più volte con il pugno fino a quando Olga uscì, infastidita. Aveva il volto stanco ed imbronciato.

    Che vuoi? Non ti sono bastati i bagordi di ieri sera? E’ finita ragazzo…E’ finita….

    Ninfa, Ninfa Masticò lui con sofferenza.

    Ninfa? Ninfa se ne è andata via con le altre, stamattina all’alba.

    Giuliano si sentì stringere il cuore.

    Andata via, andate via…tutte?.

    Olga fece una smorfia di insofferenza. Le signorine se ne sono andate…sono rimasta io, Leda e lei. Disse con tono sarcastico, volgendo un’occhiata oltre il piccolo giardino di fronte. Gli

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