Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Trattativa Privata
Trattativa Privata
Trattativa Privata
E-book258 pagine7 ore

Trattativa Privata

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

ATTENZIONE: Romanzo con contenuti erotici, adatto a un pubblico adulto.

Nessuna relazione è perfetta, si sa. Le cose non vanno mai come previsto. Paige crede ormai che nulla possa rafforzare il suo matrimonio, perciò non le resta che un ultimo disperato tentativo per salvarsi il cuore: chiudere una volta per tutte con Luke. È dura trovare il modo per farsi scaricare dal proprio finto marito, ma Paige deve fare del suo meglio. Se a lasciarlo fosse lei, secondo il contratto prematrimoniale dovrebbe pagare una penale di un milione di dollari. Soldi che naturalmente non ha. Non le resta allora che costringere Luke a firmare le carte per il divorzio…che la guerra abbia inizio!

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita7 apr 2019
ISBN9781547581818
Trattativa Privata

Leggi altro di Sierra Rose

Autori correlati

Correlato a Trattativa Privata

Ebook correlati

Narrativa romantica contemporanea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Trattativa Privata

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Trattativa Privata - Sierra Rose

    Trattativa Privata

    Libro 3

    Sierra Rose

    Capitolo 1

    Luke rimase al lavoro sino a tardi, andando a casa solamente per dormire. Si svegliò presto per tornare in ufficio con la speranza di evitare sua moglie. Si odiava per aver ceduto di nuovo alla tentazione, per aver fatto l’amore con lei, per essere stato incapace di gestire la situazione. Non avrebbe mai dovuto toccarla. Sarebbe stato meglio che ferirla in quel modo. Si diresse all’armadio, ancora mezzo addormentato. Avrebbe giusto tirato fuori una camicia e un abito dalla busta del lavasecco e sarebbe uscito. Non poteva essere ancora sveglia.

    Accese la luce e si guardò intorno. Gli sembrò di essere finito dentro a un uovo di Pasqua. Davanti a sé c’erano polo color pastello, pantaloni stirati accuratamente. Le poche button-down appese nell’armadio erano a quadri verde menta con accenni di rosa. Stropicciò gli occhi, cercando di ricordare se avesse bevuto la scorsa notte, cosa che non aveva fatto.

    Le sue cravatte, migliaia di dollari di cravatte di seta firmate Hermes direttamente da Parigi, erano sparite. I completi di lana finissima e cashmere. Le sue scarpe di Prada, andate. Rimpiazzate da scialbe Sperry Top Siders di ogni colore e fantasia. C’erano degli shorts, blu pallido e gialli, appesi accanto ai pantaloni. C’era una cravatta. Con dei cuori stampati sopra. Non un motivo sottile a cuoricini, bensì grandi cuori da regalo di S. Valentino acquistato in un drugstore. Guardò sotto gli appendiabiti, sugli scaffali, dappertutto. I suoi abiti erano spariti. Sostituiti con il guardaroba di un golfista in pensione amante dei colori pastello.

    Si precipitò nella camera da letto di Paige e accese la luce, furioso. Cosa diavolo hai fatto ai miei vestiti?

    Lei borbottò sfregandosi gli occhi, tirandosi su a sedere sul letto, Cosa?

    I miei completi. Le mie camicie. Le mie scarpe. Dove sono?

    Ah, quelli? Li ho donati a un centro di accoglienza per senzatetto. Da qualche parte c’è un povero bisognoso taglia 46 che da oggi in poi andrà in giro molto ben vestito. E poi era ora che la finissi di sembrare come se fossi a caccia di supermodelle. Con un guardaroba più orientato alla famiglia, farai sapere a tutti che hai messo la testa a posto. Ho pensato che saresti stato contento.

    "Contento? Non posso andare al lavoro vestito in quel modo. È ridicolo!

    È salutare. Anche paterno. Vogliamo far sapere ai tuoi prudenti azionisti che stai seriamente mettendo su famiglia con la tua mogliettina. Se ti vesti come appena uscito dalla copertina di GQ, è ovvio che sembri più un tipo da depilazione e club piccanti. Ma con una polo di Ralph Lauren chiunque potrà vedere che sei un uomo sposato con sane, forti priorità. Che sei responsabile e sofisticato allo stesso tempo.

    Senti, io amo gli abiti di Ralph Lauren. Li indosso sempre. Ma non le polo in tinte pastello. Non fanno per me; non vanno d’accordo con il mio stile di vita. Voglio di nuovo i miei vestiti. Subito.

    Non credo tu voglia far morire di crepacuore i tuoi pubblicisti irrompendo nel rifugio per senzatetto sull’11ma in boxer per riprenderti i vestiti donati. Sembreresti...egoista e anche un po’ matto, disse Paige con un lampo divertito negli occhi.

    Non ficcare il naso nei miei vestiti o le altre cose che ho. Se vuoi ritinteggiare la facciata della casa sull’oceano, fai pure. Lascia perdere il lavoro e vai a fare shopping. Lavora per delle organizzazioni di beneficenza. Ma sta’ fuori dai miei affari, dal mio armadio e dalla mia camera da letto.

    Tu dovresti stare fuori dai MIEI affari, ribatté Paige. E la tua immagine da playboy non può che migliorare se ti vesti più in modo appropriato. Così come una sposa novella non andrebbe al lavoro in abito attillato e tacchi a spillo, uno marito non dovrebbe pavoneggiarsi in ufficio vestito tutto in tiro."

    Mi vesto come si vestono gli uomini d’affari.

    Certo, con quei completi tagliati apposta per mettere in risalto il sedere? La cravatta a coste perfettamente abbinata alla giacca? Per non parlare dei vestiti da palestra che fasciano il corpo. Paige scosse la testa. E l’acqua di colonia costosa. Che ti piaccia o no, tutto ciò manda il messaggio che sei sessualmente disponibile. Cosa non vera. Sei sposato. Felicemente e fedelmente. È tempo di pubblicizzarlo con qualcosa di più che un comunicato stampa. Vestiti come un padre di famiglia.

    Tutto ciò è ridicolo.

    È la vita, Luke. Devi assumerti la responsabilità delle scelte che fai. Tu e Magnus avete deciso che sposarti ti avrebbe fatto avanzare di carriera. Ed eccoci qua. Calati nella parte. E spegni la luce. Non devo alzarmi prima di un’altra ora e mezza.

    Paige non si era arrabbiata. Era stata calma e ragionevole, cosa che lo spaventava ancora di più. Luke indossò degli infelici pantaloni color cachi e una camicia pastello per andare in ufficio. Dove, grazie al cielo, aveva un completo di riserva. Mandò un messaggio al suo shopper per fargli procurare un guardaroba al completo entro la giornata. Jeans, smoking, tutto quanto. Tranne che capi color pastello. Niente più adorabili colori da uova di Pasqua nel suo armadio, per quando sarebbe rientrato a casa. Non voleva più vedere quello scialbo arcobaleno nel suo appartamento.

    Si fermò a uno Starbucks per prendere un caffè, e quando uscì trovò un biglietto sul parabrezza. Diceva: Mi dispiace per l’ammaccatura.

    Maledizione! Passò mezzora a ispezionare ogni singolo centimetro della macchina cercando il segno della botta. Ma perché qualcuno avrebbe dovuto lasciare un biglietto senza informazioni per contattarlo? E adesso era anche in ritardo per il lavoro.

    Non trovò nulla. Forse era stata soltanto una strusciatina. Nulla di serio.

    In ufficio, una volta indossato un abito formale, fissò le tracce che Paige aveva lasciato sulle pareti—le tele. Avrebbe gettato la bizzarra serie di ricordi matrimoniali in un cassetto. Perché odiava il modo in cui lei cercava di tormentarlo, ma non poteva fare a meno di evitarlo. Nonostante tutti gli forzi per far finta che non fosse mai accaduto nulla.

    Forse così Paige avrebbe smesso di lavorare nel suo edificio. Era tutto ciò che Luke poteva sperare. Perché fino a che fosse stata lì, tutto il giorno, chiusa nella piccola stanza in cui era sicuro di poterla trovare, lui non avrebbe potuto pensare ad altro. Non riusciva più a concentrarsi. Lei scacciava ogni suo pensiero dalla mente. Tranne quello di quanto la desiderasse e quanto le avrebbe fatto del male. E di come non avrebbero mai potuto stare insieme, non nel modo che lei meritava.

    Lavorava. Sgobbava. Seguiva la sua tabella di marcia. Eppure, non riusciva a mantenere l’autocontrollo necessario per tenersi a distanza da Paige. Gli era entrata nei pensieri, era riuscita a fare in modo di convincerlo che le sue priorità, i suoi doveri erano nulla a confronto a lei. Non l’aveva fatto apposta. Non era una manipolatrice. Era lui che l’aveva spinta, che aveva desiderato che facessero un accordo. Aveva voluto sposare una persona che gli piacesse e con la quale avrebbe gradito stare insieme. Non aveva tenuto in conto che lei gli sarebbe entrata sottopelle, né che l’avrebbe incautamente, egoisticamente, ferita proprio a causa di quell’accordo.

    Paige era evidentemente stressata per la situazione. E lui aveva reso le cose anche peggiori. Così, invece di reagire con rabbia ai suoi giochetti infantili, decise di comportarsi in modo premuroso. Di rispondere alla sua immaturità e meschinità con la gentilezza e la generosità.

    Telefonò a Gina e le chiese di prenotare una spa per sua moglie e la sorella al centro più vicino alla struttura in cui Paxtyn era in cura.

    Quindi si mise a lavorare alla relazione trimestrale in vista della prossima riunione del Consiglio di Amministrazione. Quando Gina l’avvertì che aveva predisposto ogni cosa per il centro benessere, Luke le disse di informare lei stessa Paige. Non desiderava alcun contatto non necessario con sua moglie. Voleva qualche giorno di pace e tranquillità per lei e per sé stesso. Restare separati per qualche tempo sarebbe stato produttivo. E forse Paige si sarebbe anche convinta di avere a sua volta bisogno dei propri spazi. E cioè che avrebbe potuto spassarsela andando a vivere nella villa sull’oceano fino a che i due anni non fossero trascorsi. Fino a che, grazie a Dio, non sarebbero stati di nuovo liberi, senza essere obbligati a condividere la stessa stanza.

    Nessuna donna con un po’ di cervello avrebbe potuto rifiutare la villa sull’oceano. Era un luogo perfetto per viverci. Gliene avrebbe parlato.

    Capitolo 2

    Quando Paige entrò a passo di marcia nel suo ufficio in quella che sembrava la metà di un vestito aderente, probabilmente per impartirgli una lezione sul vestire provocatoriamente o qualcosa del genere, era ovviamente arrabbiata. Così mi spedisci fuori dalle scatole ora? gli domandò.

    Ho pensato che tu e Paxtyn meritavate un po’ di tempo insieme. Dopo tutto quello che avete passato, vi meritate una vacanza tranquilla, rispose Luke.

    Oh sì. Così potrai rituffarti nella vita da single. Hai chiesto a Magnus come apparirebbe, spedirmi dall’altra parte del paese mentre andrai all’anteprima del nuovo documentario sull’ambiente da solo con qualche modella?

    Innanzitutto, apparirebbe esattamente quello che è. Il gesto premuroso di un marito preoccupato per sua moglie e sua cognata. Poi, come potrei portare un’altra donna a un’anteprima mentre tu sei fuori città? Ci andrò, come tutti si aspettano che faccia, ma non puoi credere che potrei anche solo pensare di portare pubblicamente un’amante.

    Ma lo farai in privato? Io vedo le cose per come stanno. Una volta raggiunto il tuo scopo, vuoi che mi tolga dai piedi.

    Come fai a non essermi riconoscente per la vacanza?

    Oh, non saprei. Forse perché dopo aver fatto sesso con me hai avuto una sorta di esaurimento amletico e mi hai rifilato un biglietto per levarmi di torno. E Gina non ha fatto che parlare di che meraviglia è la tua villa sull’oceano, e di come sia un gran posto per andarci ad abitare. Cosa dovrei pensare?

    Che voglio che tu sia felice. Che sono stanco di farti arrabbiare. Che entrambi dovremmo prenderci una pausa da questo melodramma. Questo tira e molla, disse Luke passandosi una mano tra i capelli per la frustrazione.

    Paige appariva sconvolta. Sguardo corrucciato, labbra serrate—era chiaro che era infelice e che il responsabile ne era lui.

    Va’ a trovare Paxtyn. Ti farà sentire meglio, le disse.

    Paige mise su un’espressione corrucciata. Si morse le labbra. Scosse la testa. Tutto questo non mi piace.

    Andare da tua sorella o vederla soffrire? fece lui.

    Non mi piace il modo in cui stiamo insieme. È questo che non mi piace. Essere sposata con te.

    Diceva la verità. Tanto cruda e onesta che Luke provò quasi un dolore fisico nel guardarla. Sapeva già che era così, ma sentire Paige pronunciare quelle parole lo ferì profondamente. Lei desiderava tranquillità. E lo stesso lui. Ma non potevano averla entrambi nello stesso momento. La tranquillità per lui significava un fotogenico matrimonio di facciata e un divorzio consensuale dopo due anni. Invece per lei evidentemente consisteva in una vera relazione romantica o un annullamento immediato del loro contratto. Non c’era abbastanza spazio per entrambi perché ciascuno avesse il proprio. Luke poteva darle soltanto questo: del tempo tutto per sé, della gentilezza. Rispettare i suoi sentimenti.

    Tutto questo fa schifo, disse Paige.

    Lo so, replicò lui. Poi aspettò che lei se ne andasse.

    Paige era via da tre giorni, Luke lo sapeva per certo. Non perché avesse ricevuto un messaggio o una chiamata da lei. Ma perché riusciva a sentirlo. Sentire la desolazione che era scesa in casa. Il silenzio di tomba quando varcava la porta, la consapevolezza che non avrebbe visto il suo viso, né sentito la sua risata al telefono o discusso con lei.

    Non c’era Paige ad aspettarlo, a pianificare i suoi stupidi giochetti o a dimostrargli ancora una volta quanto bene lo conoscesse e quanto lui le piacesse ugualmente, anche dopo l’inferno che stavano passando.

    La maniera in cui lei lo abbracciava gli era rimasta in testa, nelle ossa. Quando chiudeva gli occhi, la notte, questo è quello che sentiva. Le braccia di lei che lo stringevano, la lieve movimento del respiro, che montava e calava all’unisono col suo. La tacita, sicura vicinanza che li legava. Quanto avrebbe voluto abbracciarla, in quei momenti, tenerla stretta a sé per tutta la notte. E il giorno successivo e quello dopo ancora. Il semplice gesto di sentirsi accolto tra le sue braccia l’aveva stregato. E non riusciva a liberarsi dall’incantesimo, nonostante l’avesse mandata a molti stati di distanza.

    A Luke poi, mentre mangiava pesce e quinoa nel suo appartamento vuoto, venne in mente un’altra cosa. Paige avrebbe anche potuto uscire con qualcuno. Qualcuno che non era lui. E avrebbe potuto innamorarsi, baciarsi e andare a letto con quella persona, per spazzare via il triste ricordo di una sveltina consumata con l’ex-marito sulla scrivania di un ufficio angusto. Quel pensiero, il pensiero di come lei sarebbe stata con qualcun altro riferendosi alla loro storia come a un periodo infelice, lo faceva stare male. Lo vedeva come un tradimento, così come il fatto stesso di perderla. Non voleva perdere Paige.

    L’unica notizia da parte di lei fu un solo messaggio che diceva che le sarebbe piaciuto contribuire ad aiutare gli animali. Le rispose, ‘bella idea, fallo’ immaginando che volesse far parte dell’organizzazione di beneficenza dello zoo. L’avrebbe aiutata volentieri. Luke era più che favorevole a qualunque interesse facesse sì che Paige non fosse arrabbiata con lui, non indossasse abiti aderenti e non gli incasinasse l’ufficio e l’armadio, e le associazioni benefiche per gli animali erano perfette per lo scopo.

    Quando quella sera rientrò dal lavoro, si accorse subito che lei era in casa. Sentì il frastuono della musica proveniente dalla TV non appena aprì la porta. E poi successe. Un enorme cane bianco peloso gli corse incontro e gli saltò addosso, stampandogli sudicie impronte di zampe sul completo nuovo. Il gigante gli si appoggiò addosso per abbaiargli rumorosamente in faccia. Luke trasalì, indietreggiando. Non è che odiasse i cani. Solo, non vedeva una singola ragione per cui dovessero trovarsi a casa sua. Cercò di gridare a Paige per chiederle che diavolo stesse succedendo, ma il cane latrava così forte che non c’era verso che lei potesse sentirlo.

    Mentre tentava di scrollarsi di dosso il colossale cane pastore, fu raggiunto da un’altra serie di quadrupedi che zampettavano sul pavimento abbaiando felici e saltandogli addosso. Luke contò quattro cani. Uno era un piccolo ma possente chihuahua, che chiaramente lo odiava. Gli azzannò la morbida gamba dei pantaloni di lana merino della e prese a strattonarla.

    Maledizione, Paige! tuonò a quel punto.

    Lei arrivò di corsa a salutarlo. Sopra ai vestiti indossava un grembiule rosa che la faceva somigliare alla vignetta di una mogliettina degli anni 50. Sei a casa! La cena è pronta.

    Cosa? domandò Luke, cercando di staccare il cane dalla gamba dei pantaloni.

    Oh, questi sono i cuccioli che ho salvato! Non sono adorabili? Sono così felice che tu abbia approvato la mia idea di contribuire ad aiutare gli animali. È più uno stile di vita che un semplice hobby, a dire il vero. Loro saranno i primi di molti altri.

    Questo non è un edificio animal-friendly, ribatté lui.

    Ma è tuo, perciò possiamo farlo diventare come vogliamo! E poi, dovresti avere il cuore di pietra per non innamorarti di questi piccoli pelosetti! cinguettò Paige mentre sollevava il perfido chihuahua per cullarlo tra le braccia come un bambino.

    I cani qui non possono restare. Puoi portarli alla casa sulla spiaggia e stare lì insieme a loro. E bada che sono molto generoso, perché non li vorrei neppure lì, ma per il tuo bene chiuderò un occhio.

    Oh, ma loro non vogliono stare lontani dal loro papà! Non è vero che non vuoi?. L’ultima frase Paige la rivolse direttamente al chihuahua.

    Luke iniziò a chiedersi se non fosse impazzita. In quel momento un campanello trillò e ne dedusse che si trattasse del forno. Paige aveva cucinato? Sembrava impossibile, come del resto anche l’invasione delle bestie pelose.

    La cena di papà è pronta! la sentì squittire rivolta ai cani. E poi ancora, a lui, Accomodati in sala da pranzo, scimmietta dispettosa. Luke grugnì e andò a sedersi.

    Paige lo raggiunse reggendo il cane con un braccio e un piatto con l’altro. Dentro alla ciotola c’era un piccolo grumo di quella che sembrava schiuma verde.

    È insalata di ceci e avocado. So che segui già una dieta salutare, e a questo punto ha senso che entrambi diventassimo vegan. È una dieta cruelty free, cosa che per noi è una priorità, non è vero? Non è così, tesoruccio?, disse dedicando le sue attenzioni di nuovo al cane.

    Vedo. C’è del pesce?

    Lei sedette di fronte a lui. Ma naturalmente no! Il pesce non è cruelty free. Come non lo sono le uova. So che le mangiavi di tanto in tanto. E l’integratore proteico, beh, l’ho dovuto buttare via. Proteine al siero di latte? Vengono dal latte di mucca! Le mucche sono state già abbastanza sfruttate, non credi?

    Il batuffolo cremoso e verde era disgustoso. Una specie di spezia piccante si aggiungeva alla consistenza nauseante e Luke si sentiva soffocare. Il campanello che aveva sentito era stato un trucco. Maledizione a lei! Quella roba era rivoltante.

    "Ho preparato anche riso e zuppa di rapa per domani a pranzo. Non vorrei che prendessi del cibo al take-away perché non puoi assentarti dalla riunione. Ci ho anche iscritti a un servizio di consegna che rispetti le nostre esigenze dietetiche. Assumerai un sacco di proteine per gli allenamenti, tipo il curry con legumi misti, non ti preoccupare. Sarai contento di sapere che tutte le nostre scarpe e cappotti di pelle sono stati regalati ad associazioni benefiche. Ne ho ordinati di nuovi in pelle sintetica.

    Le mie scarpe? disse Luke,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1