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L'aquila e il pugnale
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L'aquila e il pugnale
E-book609 pagine9 ore

L'aquila e il pugnale

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Info su questo ebook

L’idea di affrontare il romanzo storico mi ha indotto a cimentarmi con la storia dell’Antica Roma.

Pur trattandosi di un romanzo, ho sentito il dovere di rileggermi Tacito e di attingere a fonti più recenti. In esso i personaggi storici interagiscono con quelli nati dalla mia fantasia e che hanno dato così il loro inesistente contributo alla Storia. C’è anche una parentesi sentimentale che investe, sia pure in modi diversi, alcuni personaggi.

Il romanzo inizia con l’elezione di Nerone a imperatore e termina con la distruzione di Masada.
LinguaItaliano
Data di uscita7 mag 2019
ISBN9788831612685
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    Anteprima del libro

    L'aquila e il pugnale - Carlo Boldrighini

    633/1941.

    I

    (54 d.C.)

    La casa di Aurelio Gallo si distingueva dalle altre domus dell’Aventino per una particolarità in genere riservata alle terme e ai templi: la copertura era rivestita di una preziosa lamina di rame che, con gli anni, aveva assunto un bel colore verde.

    La domus era una delle più belle - se non la più bella - e lussuose del rione e in quel giorno del tutto speciale per la famiglia Gallo doveva esserlo in modo particolare.

    Gli schiavi erano al lavoro sin dal giorno prima. Festoni e ghirlande di edera e  mirto erano stati disposti in modo che ogni colonna di marmo bianco e ogni parete dell’atrio avessero la decorazione adeguata all’avvenimento.

    Le copiose decorazioni dall’atrio proseguivano, quasi senza soluzione di continuità, sulle colonne del peristilium, un giardino ricco di fiori profumatissimi e dai colori vivaci. Lo circondava un porticato scandito da colonne ioniche e impreziosito da copie in marmo pario di sculture greche e da affreschi che ricoprivano tutte le pareti riproducendo, con colori intensi, scene di carattere mitologico.

    Dai bordi del compluvium, l’apertura quadrata praticata sul tetto con lo scopo di fare entrare il chiarore del giorno, scendevano delle lucerne che, sostenute alle travi di quercia del soffitto da catenelle dorate, riflettevano la loro luce sullo specchio d’acqua dell’impluvium, la vasca posta esattamente sotto l’apertura sul tetto. Qui l’acqua piovana veniva raccolta e convogliata, mediante condotti sotterranei, in una cisterna costruita nel sottosuolo.

    Su un lato della vasca c’era un piccolo pozzo, decorato con bassorilievi ispirati a soggetti floreali, dal quale quest’acqua poteva essere attinta mediante secchi di rame.

    I pavimenti, rivestiti di marmi preziosi e arricchiti da disegni eseguiti a mosaico con tessere di pasta di vetro, erano stati lucidati a lustro.

    Il tablinum, un ambiente riservato dove il padrone di casa - il dominus – era solito svolgere i suoi affari e i cubicula, che non erano altro che camere da letto di varie dimensioni, erano stati esclusi dalle decorazioni in quanto ambienti privati, ma il triclinium e tutte quelle aree dove, verso sera, si sarebbero accomodati gli ospiti per la cena, esse erano state disposte con particolare cura e ricchezza.

    ---…---…---

    Era quasi l’alba e quegli schiavi che avevano portato a termine il loro compito aspettavano, allineati lungo un bordo della vasca, che la padrona di casa – la domina - dopo l’accurato esame di ogni ambiente, desse il suo giudizio sul lavoro eseguito.

    Il silenzio quasi palpabile che avvolgeva la domus era turbato soltanto dal via vai ovattato provocato dai piedi nudi di una ventina, fra schiavi e schiave, che si accingevano a svolgere altre mansioni quotidiane sotto lo sguardo attento di Theokolis. Questi era il liberto che aveva ufficialmente il ruolo di capo dei servi, colui, cioè, che deteneva l’autorizzazione di assegnare, a ciascuno di loro, un lavoro particolare. In realtà Theokolis aveva molte altre mansioni, quali quella di amministratore e di segretario, ma soprattutto quella di preceptor, cioè precettore dei figli del padrone, vale a dire: insegnante. Questa molteplicità di ruoli svolti da Theokolis non era dovuta a una forma di avarizia da parte del padrone di casa Aurelio Gallo, bensì a una assoluta fiducia che il senatore aveva sempre avuto nei riguardi del greco, fiducia che, con gli anni, si era facilmente trasformata in profonda amicizia pur restando entrambi perfettamente consapevoli dei loro ruoli distinti.

    ---…---…---

    Quando Aurelio era ancora un bambino di pochi anni, Cornelio Gallo, suo padre, aveva acquistato al mercato degli schiavi un giovane greco di nome Costa. Lo aveva comprato non solo perché l’offerta del mercante comprendeva la moglie Aglaia e il figlioletto Theokolis, di circa due anni, ma soprattutto per la loro origine. Quello della nazionalità ellenica era un elemento tutt’altro che trascurabile per il patrizio romano. Un precettore greco sarebbe risultato molto utile al piccolo Aurelio - che allora camminava appena – sia per l’apprendimento di quella lingua bellissima sia affinché familiarizzasse con quella cultura ineguagliata. La moglie di Cornelio, Diana, si era trovata perfettamente d’accordo con la decisione del marito perché, diceva, era inconcepibile che una famiglia patrizia non avesse precettori greci, indispensabili non soltanto per i bambini, ma anche perché, grazie a quel culto della bellezza che sembrava fosse nato con loro, sapevano imporre dovunque un tocco di eleganza.

    ---…---…---

    Gli anni trascorrono sereni per la famiglia. Theokolis e Aurelio crescono insieme sotto lo sguardo vigile di Costa - che nel frattempo è stato affrancato - e quello soddisfatto di Cornelio e Diana. Arriva il giorno in cui Aurelio raggiunge l’età in cui la toga pretexta viene sostituita da quella virile. Il giovane, non molto alto, ha assunto nel frattempo un aspetto atletico, un po’ massiccio, ed è dotato di uno sguardo vivace e di un sorriso che ispirano subito simpatia. Lui e Theokolis sono quasi inseparabili e, con la scusa che il giovane greco aveva assunto il ruolo di pedisequus, cioè colui che accompagna il padrone nelle sue passeggiate, è alquanto facile intuire che per entrambi, molto spesso, le passeggiate hanno per destinazione qualche lupanare.

    Purtroppo arriva il triste giorno in cui Aglaia, in attesa di un altro bambino, muore dopo pochi mesi di gestazione a quasi trentacinque anni, un’età considerata troppo avanzata per rimanere incinta.

    Costa cade nello stato di disperazione più acuta e a nulla valgono le parole di conforto da parte di suo figlio Theokolis e della vicinanza di Cornelio e Diana.

    Una mattina il giovane, non vedendo il padre dirigere il lavoro degli schiavi come di consueto, sale al terzo piano, dove alloggiano quei liberti che possono godere di camere singole. Entrato nel cubiculum trova il padre disteso sul suo letto. In terra un boccale rovesciato con tracce di un liquido vischioso.

    Il dolore per la sua perdita viene sinceramente sentito da tutti e, durante la cerimonia funebre, Aurelio si allontana dai suoi genitori per avvicinarsi a Theokolis. Restando al suo fianco per tutta la durata della celebrazione non gli è difficile fargli capire che il dolore che prova è autentico così come lo è quello di Cornelio e di Diana.

    ---…---…---

    Gli anni che seguono a quel triste evento trascorrono sereni fino a quando arriva il giorno in cui Theokolis chiede di parlare privatamente con Cornelio.

    Il motivo è molto semplice. Ha ormai vent’anni, spiega il giovane, e desidera sposarsi con una schiava della domus: Aristea.

    Com’è prevedibile Cornelio concede il permesso e, oltre a questo, concede anche l’affrancamento della coppia come dono di nozze.

    La vita scorre serena per i due giovani che raggiungono il massimo della felicità quando Aristea confida allo sposo di essere in attesa di un bimbo. Purtroppo quella felicità viene spezzata dopo pochi mesi quando Aristea perde il bambino. Il dolore è grande per tutti e Cornelio e Diana fanno di tutto per consolarli. Sono ancora giovani, pensano, e anche il medico che aveva assistito Aristea aveva assicurato che avrebbero sicuramente avuti altri bambini purché avessero lasciato trascorrere un paio d’anni.

    Purtroppo la sfortuna sembrava avere preso di mira quella domus. Dopo qualche mese purtroppo Cornelio muore per un attacco cardiaco, seguito di lì a poco da Diana che non riesce a concepire la sua vita senza il suo sposo.

    Aurelio si sente come se gli avessero amputati gli arti, ma grazie all’insegnamento avuto dal padre

    a essere forte come si presume debba essere un Romano autentico, nasconde il suo dolore e trova molto conforto nella presenza discreta di Theokolis.

    In quel periodo la famiglia del senatore Mario Licinio Prisco, amico intimo di Cornelio, sta molto vicino ad Aurelio e dopo qualche mese di lutto questi riceve un invito a pranzo.

    In quell’occasione viene presentata al giovane la figlia del padrone di casa, Licinia, una ragazza sui sedici anni, dalla bellezza molto dolce. Aurelio ne è subito conquistato e la giovane sembra accettare volentieri i suoi complimenti. Seguono a quello altri inviti e sia Mario Licinio che la sua sposa si accorgono, con il passare dei giorni, delle attenzioni che il giovane Aurelio rivolge alla loro figlia  e di come questa ne sia compiaciuta.

    Arriva il momento in cui il giovane chiede a Mario Licinio il permesso di sposare la ragazza e, avutone il consenso, dopo aver fatto trascorrere il tempo necessario per i preparativi, Aurelio convola a nozze con Licinia.

    La loro unione sarebbe delle più felici se Licinia riuscisse a portare a termine le sue gravidanze, ma nessuno dei vari tentativi a cui ricorrono arriva a dare i risultati sperati.

    Quasi per ironia della sorte, dopo una lunga attesa, Aristea dà alla luce un bambino forte e sano. Purtroppo la donna soccombe per il sopravvenire di un’infezione subito dopo il parto. Theokolis è distrutto e il suo animo è rasserenato solo nel vedere con quanto amore suo figlio, Alexios, venga curato, nutrito e amato da Licinia e dalle sue ancelle.

    È un bambino gioioso e affabile e diventa subito il centro dell’attenzione di tutti, specialmente di Licinia che si occupa di lui esattamente come farebbe se fosse suo figlio.

    Aurelio, in qualità di cives romanus - e quindi fedele al concetto di forza e virilità al quale ogni cittadino romano deve attenersi - finge indifferenza verso il bimbo, ma a Licinia non sfugge lo sguardo di tenerezza che gli rivolge ogni volta che crede di non essere osservato.

    Il figlio da lei e da Aurelio tanto agognato tarda a venire e Licinia si strugge di fronte al dolore che il marito tenta di celare e di cui lei si sente colpevole. La sua mente è un turbinio di idee: ha consultato tutti i medici e tutte le levatrici possibili, ha fatto sacrifici alla dea Iside, è stata anche sul punto di ricorrere a qualche fattucchiera perché le preparasse un intruglio che la facesse rimanere incinta. Per fortuna in questo caso il buon senso ha prevalso.

    Come per caso, un pomeriggio in cui faceva divertire Alexios, osservando il bimbo giocare, le viene in mente un’idea, un’idea che si fa sempre più strada nella sua mente. DEVE parlarne con Aurelio. Assolutamente! Subito!

    La stessa sera, dopo avere cenato, mentre passeggiano nel peristilium, la donna spinge dolcemente il marito verso un sedile di marmo e poi si siede accanto a lui. Comincia a parlargli con la dolcezza che le è abituale e, a mano a mano che procede con il discorso, il volto dell’uomo si illumina. Ha capito perfettamente. Prende il volto della sposa fra le mani e la bacia con trasporto. Poi, senza indugiare un solo istante manda a chiamare Theokolis.

    Il liberto si presenta quasi subito e rimane in piedi, in silenzio, aspettando che il patronus dica qualche cosa.

    «Siedi Theokolis, dobbiamo parlarti seriamente. Da quanto tempo fai parte di questa dimora?» chiede al liberto e amico, facendolo sedere vicino a Licinia.

    «Signore, non ricordo esattamente la data, ma ricordo molto bene i giochi che facevamo insieme.»

    «È vero e siamo andati avanti così in perfetta serenità per anni e anni, fino a quando la tua Aristea non restò in attesa di Alexios, ricordi?»

    «Ricordo molto bene, signore. Ora quel bimbo è tutta la mia vita e benedico quei momenti durante i quali posso tenerlo in braccio.»

    A quelle parole Aurelio lancia un rapido sguardo alla sposa che sta seduta con le mani serrate in grembo e gli occhi fissi su Theokolis.

    «Posso immaginarlo, e questo rende più difficile ciò che devo dirti. Ascoltami bene Theokolis: quel bimbo ha bisogno delle carezze di una mamma, di provare quel senso di sicurezza che solo le braccia materne possono dargli. Sei d’accordo?»

    «Come non potrei, signore? Però ti prego, non chiedermi di sposarmi una seconda volta. Non potrei amare nessuna donna come ho amato la mia Aristea.»

    «Ti capisco e non posso che darti ragione.» Aurelio è seduto di fronte al liberto e gli appoggia una mano sul ginocchio.  Riprende dopo un istante di esitazione «Theokolis, hai certamente notato come il bambino è affezionato alla mia sposa e come si sente amato da tutti noi.»

    «Sì, signore, l’ho notato» il tono di Theokolis è cambiato. Ha già capito.

    «Theokolis, non voglio indugiare inutilmente. Noi, voglio dire io e la mia sposa, vorremmo adottare Alexios. Gli daremmo tutto quello di cui ha bisogno e lo tratteremmo come un figlio.»

    Lo sguardo di Aurelio è una domanda non espressa e Licinia ha chiuso gli occhi quasi come se stesse implorando gli dei perché la risposta che attende sia quella che lei spera.

    Theokolis sta per dire qualche cosa, ma Aurelio lo blocca prima che possa formulare una parola.

    «Immagino quello che stai per dirmi. Ora il bimbo è troppo piccolo perché possa capire certe cose, ma ti do la mia parola di Romano che quando TU, e intendo SOLTANTO TU, lo riterrai opportuno, lo informeremo su chi è il suo vero padre. Nel frattempo potrai avere con lui lo stesso atteggiamento che hai avuto fino a ora. Alexios diventerebbe membro di questa famiglia, cives romanus con tutti i diritti, doveri e privilegi che questo titolo comporta e, quando gli dei vorranno, mio erede. Un’ultima cosa, Theokolis. Tu sai che io ho il pieno dominio sulla mia servitù, ma tu sei speciale per noi e se la tua risposta dovesse essere un rifiuto alla nostra richiesta, noi l’accetteremmo e niente cambierebbe fra noi.»

    Theokolis esita un istante prima di rispondere e, quando lo fa, il tono della sua voce ha un suono leggermente triste, come di chi sta rinunciando a qualcosa di inestimabile. Sa a quali privilegi e soprattutto a quali affetti suo figlio andrà incontro, però… però per la legge non sarà più suo figlio.

    «Signore, la mia risposta non può che tenere conto del benessere di mio figlio. Il massimo a cui, crescendo, avrebbe potuto aspirare era la qualifica di liberto. Ora tu, signore, hai spalancato orizzonti immensi per lui. Come potrei dirti di no?»

    ---…---…---

    Alexios cresce avvolto dalle cure e dall’amore dei suoi nuovi genitori. Nulla è cambiato per lui.

    Aurelio e Licinia hanno lasciato a Theokolis la piena facoltà di stare con il bambino tutto il tempo che vuole, sapendo che il liberto non abuserà mai di questa libertà. Il fatto che il bambino si mostri estremamente affettuoso nei suoi riguardi è già fonte di grande soddisfazione per lui.

    ---…---…---

    Sono passati quasi due anni da quell’accordo. Licinia è sulla soglia del triclinium e osserva il marito che, seduto su una panchina di marmo all’ombra del peristilium, sta rompendo il sigillo di un rotolo pervenutogli da poco. Legge con attenzione senza accorgersi della presenza della moglie.

    Licinia gli si avvicina e si siede accanto a lui. Lo guarda in silenzio mentre è immerso nella lettura. Quando si avvede della presenza della moglie, Aurelio le rivolge il suo sorriso aperto e, ponendole l’indice sotto il mento, avvicina il viso della donna al suo e la bacia sulle labbra. Poi si stacca da lei, si guarda attorno e, vedendo che non c’è nessuno, l’attira a sé e la bacia con intensità. Licinia ricambia: è evidente che sono entrambi innamorati l’uno dell’altra come il primo giorno.

    «Ti ho visto preoccupato mentre leggevi quella missiva. È successo qualche cosa di grave?»

    «Niente che non succeda da sempre: il solito messaggio di un cliente perché interceda presso il prefetto a favore del figlio. Roma va avanti così, a forza di raccomandazioni. Ecco perché siamo guidati da tante persone incompetenti.»

    Poi si volge verso la sposa «Perdonami, cara, non volevo turbarti con i miei pensieri.»

    «Aurelio, dammi la tua mano.»

    Aurelio seguita a guardarla con desiderio e obbedisce. Licinia prende la mano del marito fra le sue e la porta sul suo grembo esercitando una piccola pressione, poi guarda il marito senza dire una sola parola. Aurelio ha come un sussulto.

    «È… quello che… aspettavamo?» balbetta come uno scolaretto.

    «Sì» risponde con un sorriso Licinia «e temo di venire meno dalla felicità.»

    Aurelio la stringe a sé con delicatezza, quasi col timore di farle del male. Poi scatta in piedi e chiama, anzi urla:

    «EBE! EBEEE!» Ebe, l’ancella addetta alla persona di Licinia, una donna sui trent’anni, fedele e affezionata alla domina, come se fosse apparsa dal nulla, accorre spaventata al richiamo del dominus.

    «Ebe» la voce di Aurelio rimbomba quasi per tutta la casa «D’ora in poi dovrai avere la massima cura per la tua padrona. Dovrai seguirla, stare attenta ad ogni suo passo e…»

    «Aurelio, ti prego» lo interrompe Licinia. Poi rivolgendosi all’ancella «Ebe, sono incinta e quello di cui avrò bisogno non è altro che ciò di cui hanno bisogno tutte le donne nel mio stato. Comunque non è una cosa imminente perché penso di essere di poco meno di tre mesi.»

    «Sì, domina» risponde Ebe con voce commossa «La felicità è finalmente scesa su questa casa.»

    «Ebe,» la corregge Licinia «la felicità è sempre stata in questa casa. Mancava solo un fratellino per Alexios.»

    Con quest’ultima frase Licinia fa comprendere all’ancella di non dimenticare mai che Alexios è, a tutti gli effetti, figlio suo e del dominus.

    ---…---…---

    Il bambino che Licinia partorisce e al quale viene posto il nome di Emilio, è un bambinone gioviale al quale Alexios si affeziona immediatamente. A volte, mentre il fratellino dorme, lo guarda con grande attenzione con i suoi occhioni azzurri, gli prende una manina e se la porta sulla guancia nel gesto di una carezza. Gli sorride e poi volge il capo verso i genitori quasi per avere la loro approvazione.

    ---…---…---

    I giorni scorrono velocemente e velocemente trascorrono i mesi. È con grande giubilo che Aurelio e Licinia accolgono i primi passi di Emilio. Con i primi passi arrivano anche le prime parole ed è ad Alexios che sono rivolte. I genitori fingono di essere gelosi, ma in realtà sono felici che fra i due si stia già formando questo bel rapporto.

    È commovente vedere come Emilio, che sta crescendo un po’ più cicciottello di Alexios, trotterelli dietro al fratello ogni qual volta questi si muove.

    Dopo nemmeno due anni dalla nascita di Emilio, quasi ad aumentare la felicità che regna in quella famiglia, Licinia dà alla luce una bambina: Lavinia.

    I due bambini guardano con un certo sospetto la nuova arrivata: temono inconsciamente di essere ignorati dai genitori. Quando si rendono conto che il loro atteggiamento è lo stesso di sempre, rassicurati, cominciano ad avvicinarsi alla sorellina con maggiore interesse.

    Con il trascorrere del tempo Emilio e Alexios abbandonano i giocattoli in cambio di una partecipazione più attiva al gioco: tendono sempre più a imitare gli atteggiamenti degli adulti e quindi un manico di scopa nella loro fantasia può diventare un cavallo, una striscia di legno tenero può diventare un gladio, una cassetta inchiodata a due ruote e trainata a turno da uno dei due diventa una biga.

    Anche in questi momenti sono sempre sotto lo sguardo vigile della nutrice.

    Fra loro, a volte, c’è Lavinia, la quale, però, preferisce vestire, aiutata dalla mamma, le sue bambole di legno, abituandosi così, sin da piccola, a quelli che saranno i suoi ruoli di donna.

    ---…---…---

    Con il crescere dei ragazzi, la nutrice viene sostituita dal pedagogo e generalmente i padri, secondo quel concetto di forza e di virilità insopprimibile nei Romani, diventano sempre meno espansivi con i loro figli, anche se alcuni, come nel caso di Aurelio, lo fanno con una certa difficoltà.

    Lo scopo dell’educazione è quello di preservare i fanciulli dalle sofferenze e dalle insidie della vita, perciò essa è particolarmente orientata verso l’apprendimento di ciò che i Romani intendono per valori morali e verso l’addestramento fisico, che ha il fine di sviluppare quella virilità e quella forza che fanno di un Romano un uomo vero. Il mito della forza, del potere, della virilità devono prevalere sempre: sono virtù, queste, che vengono esaltate senza tenere conto se l’individuo verso il quale vengono usate è una persona più debole, meno virile o di censo meno potente.

    L’esercizio fisico ha un’importanza prevalente su quello teorico perché rappresenta la base di quello che sarà, più tardi, l’addestramento militare. Grande importanza è data alla puntigliosità applicata nell’insegnamento dell’equitazione, attività molto coltivata fra i patrizi dell’Urbe, durante la quale si studia il carattere dell’animale, la sua forza, la resistenza e ogni risvolto della sua natura. Una volta appresi tutti questi elementi, il discepolo sarà giudicato pronto per cavalcarlo.

    Altra attività molto praticata è la lotta, esempio classico di attività fisica nella quale, più che in ogni altra, l’individuo può misurare la propria forza.

    Tutto sommato il modello greco, basato sull’armonia e sulla bellezza, è ancora molto lontano.

    Soltanto nella casa di Aurelio, grazie all’aiuto di Theokolis, si cerca di sposare la forza virile con il concetto di bellezza: lo sviluppo dei muscoli deve essere assolutamente associato all’armonia del corpo.

    Diversa è l’educazione impartita alle fanciulle per quanto riguarda il loro futuro da adulte. Anche se con l’avvento dell’epoca imperiale la situazione tende decisamente a migliorare per il sesso femminile, tuttavia, in alcuni casi più ostinati, gli uomini tendono ancora a pretendere la totale sottomissione. La donna sposata deve sottomettersi all’uomo in tutti i sensi e persino semplici iniziative prese da lei vengono male accettate. È l’uomo che comanda. Punto e basta.

    Quanto a coloro che hanno rapporti con persone dello stesso sesso, essi vengono accettati, sì, purché siano rispettate certe regole alla base delle quali deve essere sempre il maschio a prevalere. In ogni senso. E questo ruolo è chiaramente esercitato dal più potente verso il più debole.

    Naturalmente sono regole, queste, che, per quanto ingiuste possano sembrare alle menti più aperte, vengono rispettate soltanto per soddisfare l’opinione comune,

    ---…---…---

    In un certo senso, quindi, il predominio dell’uomo sulla donna persiste perché nella maggior parte dei casi i matrimoni non avvengono fra due persone che si sono incontrate, che hanno fatto la reciproca conoscenza e che hanno poi deciso di sposarsi. Seppure con l’avvento dell’impero molte cose siano cambiate, soprattutto a vantaggio delle donne - che godono ora di una maggiore libertà - tuttavia nella maggior parte dei casi i matrimoni vengono ancora programmati.

    Già da quando i due futuri sposi sono ancora bambini, le famiglie si accordano su basi che sono prettamente economiche. Molto frequenti i casi in cui la femmina, meno che adolescente, viene promessa a un uomo più vecchio. In questo caso la possibilità di un matrimonio basato sull’amore è alquanto improbabile, per lo meno da parte della sposa.

    Il caso di Aurelio e Licinia rappresenta uno dei pochi in cui si può parlare di matrimonio d’amore ed entrambi si sono proposti che i figli attingano dal loro esempio.

    ---…---…---

    Alexios e Emilio - per quanto riguarda la loro istruzione - hanno la fortuna di essere seguiti costantemente da Theokolis, che ha il compito di esercitare la disciplina e di svolgere lo stesso programma scolastico che vige nella scuola pubblica. La scuola è gratuita per tutti, plebei o patrizi, e trova la sua sede dove può: in una piazza o sotto i portici di un edificio o all’interno di qualche bottega. Dovunque sia possibile. Il maestro ha il compito di correggere e, se è il caso, di punire l’alunno non diligente. Questa regola vale anche per Emilio e Alexios. La loro giornata comincia così: generalmente i due ragazzi vengono svegliati di buon’ora da uno schiavo che li aiuta a lavarsi, a vestirsi e serve loro la colazione e, dopo aver fatto ciò, ognuno si ritira con il proprio maestro per adempiere ai propri doveri di discepolo diligente.

    Le lezioni durano sei ore con una breve pausa per il prandium. L’apprendimento della scrittura e lettura avviene contemporaneamente e, per l’aritmetica, si ricorre all’aiuto di sassolini che sono chiamati calculi. Con il procedere degli anni gli studi si fanno più approfonditi e al termine del percorso scolastico l’alunno sa leggere, scrivere e parlare greco e latino. Inoltre conosce Omero, Andronico ed Ennio, ma soprattutto Omero, in particolare l’Odissea, in cui Ulisse rappresenta la sintesi di tutte le virtù cui il Romano aspira: forza, coraggio, astuzia, saggezza e amore per la famiglia.

    Il percorso scolastico più o meno è lo stesso per le femmine e all’uscita dalle scuole superiori, conoscono quanto i maschi il greco e il latino, ma a differenza di questi, il loro percorso è molto meno facile. Se l’istruzione è più o meno la stessa, lo scopo della femmina è quello di prepararsi a un futuro da moglie e madre, senza altre prospettive.

    In realtà per loro la vita si presenta difficile sin dalla nascita.

    Già l’esser nata femmina può rappresentare una grande delusione per il genitore il quale, valendosi del suo potere quale pater familias, può decidere liberamente se accettare o no la piccola.

    Se poi essa presenta difetti o malformazioni, il suo destino è inesorabilmente segnato: viene rifiutata con il gesto dell’esposizione, vale a dire che viene abbandonata sulla pubblica via, dove rischia di essere divorata da cani randagi oppure viene raccolta da persone senza scrupoli che l’allevano con l’intenzione di prostituirla sin dai 12-13 anni.

    I figli diventano a tutti gli effetti tali con l’atto o il rito del riconoscimento. Il neonato - o la neonata - subito dopo avere vista la luce viene deposto in terra di fronte al padre. Se questi lo prende fra le braccia e lo innalza verso il cielo, con quel semplice atto compie il riconoscimento e il bambino può vivere.

    Per sua buona sorte Lavinia è stata accolta dai genitori con tutto l’amore di cui Aurelio e Licinia erano capaci.

    ---…---…---

    Durante la loro crescita Aurelio porta spesso con sé i due ragazzi i quali lo seguono, cercando di tenere il passo del genitore, dovunque egli vada: al Foro per assistere ai processi, alle processioni o al tempio per qualche celebrazione. Dovunque. Tutto questo è ritenuto necessario per fare sì che i ragazzi apprendano sin da piccoli come ci si deve comportare con gli altri e nella vita.

    Lavinia, invece, passa quasi tutto il tempo al fianco della madre che la cresce con grande amore e attenzione, aiutata dall’ancella Ebe, con la quale la bimba gioca spesso nel giardino, divertendosi a vestire le bambole e tentando di cucire lei stessa gli abitini.

    Aurelio e Licinia si soffermano spesso a osservare i tre figli. Il vederli così affiatati li riempie di affetto e orgoglio.

    «Non potrebbero esser più diversi» osserva Aurelio «eppure guarda che armonia c’è tra di loro.»

    «È vero» replica Licinia «E guarda con quanta dolcezza i due ragazzi si comportano con Lavinia, con quale senso di protezione. Sì, possiamo dire che stanno crescendo bene, non ti pare, Aurelio?»

    «Sì, decisamente, e questo grazie a te» concorda l’uomo «Sono passati velocemente questi anni. Sono passati nella gioia e con la speranza che i prossimi a venire ci riserveranno le stesse soddisfazioni di quelli trascorsi. Il tempo passa in fretta, mia diletta, e arriverà presto il momento in cui i due maschi si spoglieranno della toga pretexta. Da quel momento cominceranno ad allontanarsi gradualmente da noi, perché è così che deve essere.»

    «Quali strade prenderanno solo gli dei potrebbero dircelo. Forse se ne andranno in altre provincie, lasciandoci con i nostri ricordi o forse rimarranno a Roma e diventeranno… che cosa diventeranno, Licinia?» Il tono di Aurelio è velato di malinconia.

    «C’è tristezza in quello che stai dicendo, mio sposo. Qualsiasi cosa diventeranno saranno sempre i nostri figli di cui saremo sempre orgogliosi. Ne sono certa.»

    Aurelio stringe a sé la donna e non si accorge della tristezza che le sue considerazioni hanno provocato anche in lei, tristezza che cerca di nascondere affondando il capo fra le pieghe della toga del marito.

    ---…---…---

    Theokolis vuole che in quel giorno le cose siano fatte particolarmente bene. La casa dovrà essere uno splendore e la cena dovrà stupire per la qualità del cibo nonché per le prelibatezze esotiche.

    È un avvenimento speciale quello che stanno tutti aspettando: Gaio Emilio Gallo dovrà sacrificare la sua toga pretexta al dio Liber durante lo svolgimento dei riti a lui dedicati proprio in quel giorno di marzo, i liberalia. Con quel gesto il ragazzo fa il primo passo verso la virilità, un momento lungamente atteso.

    L’alba è appena spuntata e la si può vedere da quell’apertura quadrata praticata nel centro del soffitto dell’atrio: il cielo, da nero che era, a poco a poco acquista un tenue colore rosato che diventa sempre più luminoso con il progredire del giorno.

    Le decorazioni non lasciano un angolo di parete scoperto e le lucerne sono disposte in modo e quantità tali da far pensare che il giorno non debba mai morire.

    Theokolis, nella sua smania di perfezione, non esita a ordinare a uno schiavo di disfare ciò che ha appena fatto perché il risultato non risponde esattamente alle istruzioni impartite dalla domina. Tutto deve essere perfetto, pensa, proprio come lo era stato due anni prima per Alexios, quando era stato suo il turno di sostituire la toga praetexta con quella virilis.

    ---…---…---

    Aurelio Gallo è il primo della famiglia ad alzarsi. Lascia il suo cubiculum scuotendo dolcemente Licinia ancora assonnata. Sebbene ciascun familiare abbia la propria stanza, questa notte i due coniugi hanno dormito insieme e, al guardarli, devono aver dormito poco entrambi.

    Non appena il dominus fa il suo ingresso nell’atrium gli schiavi addetti alla sua persona gli si fanno intorno per procedere con il lavacro mattutino, che generalmente viene fatto con un catino e un bacile di bronzo pieni d’acqua, mentre un altro schiavo attende lì accanto con un panno di lino per asciugarlo.

    Però quello è un giorno speciale e Aurelio licenzia tutti i servi che sono accorsi al suo apparire e, seguito dal solo addetto alla sua persona, si avvia verso le terme, una costruzione aggiunta recentemente alla domus.

    È insolito per le case patrizie disporre dei servizi di cui è ricca la casa di Aurelio, ma il suo ruolo di senatore e il suo patrimonio familiare gli consentono di godere di certi privilegi non concessi ad altri.

    L’acqua che alimenta non soltanto le terme, ma i vari servizi della casa, fuoriesce da rubinetterie dalle forme più bizzarre – che possono andare da un delfino a un putto - e, a volte, realizzate con materiali preziosi. Essa raggiunge quest’ultimo tratto dopo avere percorso condutture collegate con la condotta principale proveniente, a sua volta, dall’acquedotto generale.

    Forse soltanto una dimora possiede servizi così lussuosi: la reggia dell’imperatore.

    Le vasche sono scavate nel pavimento e rivestite di marmi policromi. Le decorazioni sono ottenute con tessere di mosaico disposte secondo motivi geometrici lungo i bordi e, sul fondo, secondo motivi mitologici. A esse si accede tramite tre gradini che girano lungo tutto il perimetro della vasca, in modo da permettere, oltre che l’entrata in acqua, anche una seduta per più persone.

    Le latrine padronali sono ricavate in piccoli ambienti vicino ai cubicula. Esse sono dotate di uno scarico che termina in un collettore, periodicamente svuotato da uno schiavo addetto al compito, il servus vulgaris. Quelle per la servitù, che si trovano all’esterno, sono addossate all’edificio termale e dispongono di un collettore a parte.

    Ma ciò che distingue veramente quest’abitazione dalle altre è il riscaldamento degli ambienti.

    Lungo una rete di tubature, annegate nel pavimento, scorre acqua riscaldata da una caldaia collocata in un locale addossato alla parete cieca dell’edificio. Questo locale è ben riparato dalla pioggia e completo di un deposito molto capiente dove è conservata la legna per alimentare la caldaia. Tutte queste comodità sono ampiamente sfruttate in questo giorno così particolare per la famiglia Gallo.

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    Uscito dalla vasca Aurelio si stende su un lettino e qui uno schiavo, che ha il compito di massaggiatore, l’aliptes, gli cosparge il corpo di oli e di essenze profumate prima di procedere con il massaggio.

    Aurelio non viene meno a quelle che sono le abitudini estetiche del vir romanus e, fra le varie attenzioni che dedica al suo corpo, c’è anche la depilazione integrale, proprio come avviene per gli atleti i quali ricorrono a questo artificio pensando che i peli potrebbero ostacolare l’evaporazione del sudore e di conseguenza provocare, nel caso di qualche ferita, delle serie infezioni.

    C’è da aggiungere che questa abitudine è praticata anche perché le donne romane in generale prediligono gli uomini depilati e Licinia non fa eccezione a questa regola. Oggi, però, Aurelio,

    anziché ricorrere ai gusci di noce incandescenti che potrebbero provocare delle fastidiose ustioni, preferisce la nura, una crema abrasiva molto più tollerabile anche se meno efficace.

    Terminati questi servizi, Aurelio indossa un perizoma di lino e una toga bianchissima sulla quale stende la stola. Questa è un semicerchio di stoffa con un diametro quasi due volte l’altezza dell’uomo. È un capo, questo, che più degli altri va indossato con l’aiuto di uno schiavo il quale deve stare attento a disporre le pieghe in modo elegante.

    In quel mentre irrompono rumorosamente nella sala Alexios ed Emilio i quali, tolti i perizomi, si immergono nell’acqua mentre gli schiavi addetti alle loro persone cominciano a detergere i loro corpi con l’uso dello strigilis, indispensabile per togliere l’eccesso di sudore e di polvere; poi li lavano con pietra pomice e liscivia e infine consegnano i due giovani all’aliptes che penserà a massaggiare i loro corpi con unguenti profumati.

    Dagli ambienti accanto provengono le risate allegre di Licinia e di Lavinia che, già alzate, si preparano per presentarsi alla cerimonia quanto più belle possibile. Aurelio le ascolta sorridendo: non distingue bene le loro parole che si confondono con le risate, ma di certo stanno spettegolando su qualche invitata alla cerimonia, oppure Lavinia sta confidando alla madre qualche segreto sul suo rapporto con Claudio, figlio dell’equestre Pompeo Cornelio.

    Le ancelle hanno un gran daffare con le due donne. C’è la scelta degli abiti - che richiede un po’ di tempo - dopo il bagno, fatto fra essenze preziosissime provenienti dall’Egitto. Le ancelle si presentano a Licinia e a Lavinia con le stole, delle vesti lunghe fino ai piedi che vengono indossate sopra la tunica e che sono state realizzate con tessuti pregiati e colorati che quasi sempre terminano con un gallone ricamato con fili dorati. In vita una cintura sottile, anche questa ricamata, si intreccia sotto i seni, valorizzando notevolmente la già bella figura di Licinia e quella ancora un po’ acerba di Lavinia.

    Infine un ampio mantello di seta finemente lavorato, chiamato palla, avvolge, con pieghe disposte elegantemente, le loro figure. Il tocco finale è dato dal trucco con relativa acconciatura dei capelli, a cura dell’ornatrix.

    Generalmente la moda delle acconciature è dettata dall’imperatrice, pertanto oggi madre e figlia decidono di portare i capelli raccolti sulla nuca in retine realizzate con fili dorati intrecciati e, come tocco finale, l’ancella dispone i capelli sulla loro fronte a forma di piccoli riccioli civettuoli.

    Il trucco degli occhi è a base di fuliggine che l’ancella applica con la massima cura e delicatezza sulle ciglia delle due donne per dare maggiore profondità allo sguardo, poi belletti per le gote e per le labbra e, per chiudere, la pulizia dei denti che avviene con polvere di corno. Naturalmente non mancano i gioielli, che vengono scelti e disposti in modo da far risaltare l’insieme dell’abbigliamento e, nello stesso tempo, la bellezza incontestabile sia della madre che della figlia.

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    Aurelio interrompe il parlare vivace di Alexios e di Emilio «Ragazzi, sbrigatevi! Non perdetevi in chiacchiere! Il tempo stringe!» e si avvia verso l’atrio. Non deve attendere molto. Licinia e Lavinia appaiono insieme come due visioni: sono bellissime e solo chi le conosce bene può distinguere la madre dalla figlia.

    Si avvicina alla sposa e la bacia teneramente sulle labbra, poi si rivolge alla figlia e, guardandola con infinito amore, le sussurra «Spero che il tuo Claudio sia perfettamente consapevole di quale tesoro gli affido.»

    Dopo un po’ Alexios e poi Emilio, il festeggiato, si uniscono al gruppo.

    I genitori osservano il ragazzo, al quale sono dedicate tutte quelle cure, con orgoglio e con la consapevolezza che i loro sforzi sono stati ampiamente ricompensati. Oltre che a essere un ragazzo dal temperamento forte e allegro è anche un giovane di aspetto attraente. La palestra lo ha fornito di

    un fisico robusto e il viso è la copia esatta di quello di Aurelio. Come il padre non è molto alto, né eccessivamente bello ma l’espressione vivace e il sorriso cordiale, rendono il suo aspetto accattivante.

    Il ragazzo comprende l’importanza di quello che sta per fare ed è serissimo. Sotto lo sguardo attento

    dei genitori si avvicina al tempietto dei Lari e a essi sacrifica la bulla, un ciondolo portafortuna che ha sempre portato con sé, e la toga praetexta. Con questo atto il ragazzo esce dall’infanzia e, indossando la toga virilis, entra definitivamente nell’età matura.

    Compiuti questi riti, il giovane, accompagnato dai familiari, dai parenti e dagli amici si incammina verso il Campidoglio per rendere omaggio al re degli dei: Giove.

    Emilio non è solo a celebrare questi riti: con lui sono tutti i suoi coetanei, compreso Lucio Crasso, figlio del console Luciano Crasso, amico di Aurelio. Tutti i ragazzi in attesa delle fasi rituali sono emozionati e impazienti di compiere quel passaggio così importante per la loro vita futura.

    Il corteo si svolge nella più sfrenata allegria alla quale contribuiscono alcune donne anziane che vendono dolci al miele beneauguranti; chi li compra deve offrirne una parte al dio Libero, bruciandola sul fuoco di un fornello portatile che le venditrici hanno con sé.

    Alexios assiste intenerito a questa celebrazione: ricorda quando ha adempiuto agli stessi riti e ricorda soprattutto quando, a casa, venne chiamato da Aurelio e Licinia nel tablinum. In presenza di Theokolis, gli venne rivelato chi fosse il suo vero padre. Ha ancora presente la serenità con cui aveva accolto la notizia: si era avvicinato al liberto e, con una semplicità disarmante, lo aveva abbracciato. Le parole che erano seguite avevano provocato commozione in tutti gli astanti:

    «Forse è per questo che ti ho sempre amato molto. Forse lo avevo già intuito.»

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    Come di costume i convitati maschi, a un certo punto del ricevimento, si allontanano dal chiacchierio mondano e si riuniscono nel tablinum per parlare di politica o di finanza.

    Fra i partecipanti ci sono Luciano Crasso - nipote del triumviro sconfitto dai Parti a Carre - anch’egli senatore e padre di Lucio, compagno da sempre di Emilio-, Pompeo Cornelio, cavaliere romano, suo figlio Claudio Cornelio, futuro sposo di Lavinia e, oltre a questi, altri eminenti personaggi.

    «Finalmente un po’ di pace» esclama Luciano Crasso sprofondando in una poltroncina decorata con intarsi d’avorio «Non avrei resistito un istante di più a tutto quel baccano» aggiunge guardandosi intorno, quasi alla ricerca di consensi da parte degli altri convenuti che, nel frattempo, hanno preso posto chi su divanetti, chi su poltroncine.

    «In effetti un po’ di silenzio non può che farci bene» conferma Aurelio «ma questa è una festa destinata ai giovani, una festa importante. Diciamo che questo è in assoluto il loro giorno, perciò, cari amici, vi prego di avere un po’ di pazienza.»

    Dopo essersi accertato che tutti si sono accomodati e che sono pronti ad ascoltare, Aurelio inizia a parlare «Bene, amici, è inutile tergiversare fra di noi. Credo che siamo tutti d’accordo nel ritenere che le recenti nozze del nostro amato imperatore con Agrippina Minore, madre di Nerone, nonché la recente adozione di questi da parte del divo Claudio, ci inducano ad aspettarci un futuro governato da una donna.»

    Aurelio si interrompe per osservare che reazione le sue parole hanno avuto sui suoi ospiti. Poi riprende «Perché mi sembra chiaro che adozione e nozze non sono che due stratagemmi studiati da quella donna per cercare di soddisfare la sua sete di potere attraverso l’elezione a imperatore del figlio alla inevitabile prossima morte di Claudio.»

    «La tua osservazione è molto acuta, Aurelio» interviene Pompeo Cornelio «Difatti è stata una manovra molto abile quella di Agrippina: essendo Britannico di cinque anni più giovane di Nerone, a una eventuale morte dell’imperatore, Nerone sarà il suo successore, per lo meno fintanto che il figlio legittimo di Claudio, Britannico appunto, non raggiungerà l’età giusta per occupare il posto che gli spetta per diritto dinastico. Per consolidare la posizione del figlio, Agrippina gli ha addirittura programmato il matrimonio con la piccola Ottavia, figlia di Claudio, quindi sorellastra di colui che diventerà suo marito: Nerone, appunto.»

    «Ah, non c’è dubbio» interviene Crasso «Una manovra abile e, se me lo concedete, priva di scrupoli, con tutto ciò che il termine comporta.»

    «Ben sapendo» prosegue Pompeo «che anche se sul trono ci sarà Nerone, a decidere sarà Agrippina.»

    «Già. È una possibilità che ci fa tremare tutti. Non ci resta che augurare lunga vita a Claudio» osserva Aurelio «Però non sarei così pessimista. È vero che l’adozione di Nerone è stata un abile gioco politico sapientemente manovrato da Agrippina, però non dimentichiamoci che alle spalle di tutto questo pasticcio ci sono i consiglieri nonché tutori di Nerone, Seneca e Burro, persone di indiscussa rettitudine come tutti sappiamo. Voglio dire che entrambi potrebbero rappresentare un’ottima guida anche se è probabile che non siano del tutto privi di ambizioni neppure loro.»

    «Sì, è molto probabile. Comunque il popolo sembra entusiasta di come si svolgono le cose, ma si sa che il popolo fa presto a cambiare partito» aggiunge Crasso «Quello che ci vorrebbe è la totale adesione dell’esercito e delle province.»

    «Certo» concorda Aurelio «forse stiamo correndo troppo con le nostre conclusioni. Non ci resta che sperare nel futuro o negli dei, se preferite. Amici, avremo tempo per proseguire i nostri discorsi ed esporre i nostri dubbi e timori. Questa sera dobbiamo dedicarla ai nostri figli. Sapete bene a che cosa alludo» e nel dire ciò Aurelio sorride ammiccante «Vi ringrazio per avere condiviso con me questa giornata di gioia» conclude «Ci rivedremo certamente nei prossimi giorni. Ad maiora» saluta infine il senatore Gallo invitando gli amici a bere un ultimo bicchiere di buon Falerno.

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    Subito dopo la festa, Aurelio concede che Emilio e Alexios escano senza accompagnatori, tranne lo schiavo che dovrà precederli tenendo in mano una torcia per illuminare il cammino.

    Rimasti soli, lui e Licinia si ritirano nella loro stanza non senza avere prima notato che Luciano, con la moglie Aurelia e il figlio Lucio, ultimi ad andarsene, si sono avviati insieme verso la portantina che li avrebbe condotti direttamente a casa.

    «È uno strano comportamento questo dei Crasso» osserva Aurelio pensando in particolare a Lucio «A questo punto avrebbe dovuto essere compito di un buon padre condurre il giovane figlio a completare la sua maturità, accompagnandolo a un lupanare.»

    «Sì, questo è il costume» risponde Licinia con la sua abituale dolcezza «Ma non è quello che hai fatto anche tu con Emilio?»

    «Non esattamente, cara, perché con Emilio c’è il fratello maggiore. Sono certo che Alexios sia un’ottima guida per lui.» Aurelio tace per un istante poi riprende «Sto ripensando a Lucio. Hai notato che alla cerimonia non c’era neppure un suo amico? Non credo che sia bene che un ragazzo di quell’età sia sempre solo. Non si è unito neppure ai nostri figli. Se ci pensi, Emilio è la sola persona che frequenta. E poi neanche assiduamente.»

    «Non credo che le cose vadano molto bene nella loro famiglia» osserva Licinia «La mia amica Aurelia è sempre molto triste e anche quelle poche volte che ci scambiamo visita ho sempre l’impressione che preferisca restarsene sola. Non so: è come se stesse pensando ad altro. Di sicuro ha qualche cosa che la tormenta. Soffre spesso di capogiri, mi ha raccontato alcuni giorni fa, che le provocano a volte delle cadute. A conferma di quanto mi ha detto, mi ha mostrato dei lividi sulle braccia e sulle gambe che si è procurata cadendo dalle scale.»

    «Mi dispiace veramente» commenta Aurelio «Forse questo clima di tristezza giustifica il comportamento di Lucio, questo suo appartarsi, isolarsi.»

    «Infatti, ho notato che il ragazzo, durante la festa, si è sempre tenuto in disparte malgrado i vari tentativi di Emilio di farlo partecipe della compagnia.»

    «Sono veramente addolorato» replica Aurelio «soprattutto se, come dici, i loro problemi sono così gravi. Però, Licinia, non rattristiamoci troppo. Forse stanno soltanto attraversando un periodo di crisi che speriamo sia di breve durata.»

    «Lo spero anch’io» replica Licinia. Poi, dopo una breve pausa riprende «Non credi, Aurelio, che forse sarebbe stato meglio, meno traumatico per Emilio, se gli avessimo fatto trovare una delle nostre giovani schiave nella sua stanza?»

    «No, non lo credo» ribatte Aurelio in tono molto deciso «Penso che sia giunto ormai per Emilio il tempo in cui deve abituarsi alla vita fuori di casa così com’è, con i suoi rischi e le sue sorprese. Sono certo che ad Alexios non è dispiaciuto affatto accompagnarlo. I due fratelli sono bene affiatati» conclude, sorridendo al pensiero dell’entusiasmo che i due ragazzi proveranno nello stare

    insieme.

    Licinia acconsente, ma il suo viso è ancora serio.

    «C’è qualcosa che ti turba, Licinia?»

    «Sì, Aurelio. Riguarda Lavinia. Mi sembra così giovane, così inesperta per sposarsi tra poco.»

    «Perché ti preoccupi, cara? Claudio viene da un’ottima famiglia e anche lui mi sembra a posto come persona. È vero, ha dieci anni più di lei, ma è più o meno la stessa differenza d’età che c’è fra noi due. Lo hai dimenticato?»

    «Hai ragione, però sono ugualmente preoccupata. Non pensi che… beh sì, quando sarà il momento… possa spaventarsi?»

    «Moglie cara, non mi sembra che quando è stato per noi il momento, pur avendo quasi dieci anni meno di me, tu fossi particolarmente spaventata.»

    «Ma lo ero, Aurelio, lo ero. Credimi.»

    «Però tutto è andato per il meglio, non trovi? Stai tranquilla e vieni qui. O sei ancora troppo spaventata?»

    Licinia non risponde. Si avvicina allo sposo e gli circonda il collo con le braccia.

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    Alexios e Emilio si avviano allegri verso la Suburra, il luogo più ricco di posti appetibili per un principiante. Sono preceduti dal pedisequus, lo schiavo che ha il compito di accompagnare i due giovani nel loro tragitto illuminando la strada con una torcia. Le strade di Roma, di notte, sono prive della benché minima illuminazione se non quella fioca che proviene da qualche popina o da qualche lupanare.

    «Vedo che li conosci bene questi posti» osserva con invidia e ammirazione Emilio.

    «Ci vieni spesso?»

    «Quando posso lo faccio volentieri» risponde Alexios al fratello. Poi scompigliandogli i capelli con la mano, lo rassicura «Stai tranquillo. Vedrai che sarà tutto estremamente facile. E ti piacerà! Non sai quanto!»

    I ragazzi hanno nel frattempo raggiunto una stradina in fondo alla quale una lucerna illumina una porta angusta.

    Appena Alexios entra, due o tre ragazze gli si fanno incontro festose.

    «Guarda chi si vede dopo tanto tempo» esclama una di esse.

    «Chi ci hai portato?» prosegue una delle ragazze scrutando Emilio da capo a piedi «Uhm carino,

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