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Il Vecchio Credente
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E-book404 pagine5 ore

Il Vecchio Credente

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Info su questo ebook

In un sereno giorno d'estate un abitante dell'antico villaggio siberiano di Spasskoe incontra in una strada boschiva uno strano uomo barbuto con una camicia di tela e una croce di legno al collo. Il paesano raccoglie il nuovo arrivato e lo porta al villaggio. Ma presto Vecchio Credente, come lo chiameranno a Spasskoe, comincia a comportarsi in modo strano. Improvvisamente riconosce sua moglie in una giovane ragazza e dichiara che si sono sposati nel 1921! Un insegnante ed etnografo locale inaspettatamente scopre un ritratto di Vecchio Credente in un archivio dei tempi della Guerra Civile e viene a sapere che questi ha avuto in qualche modo a che fare con l'occultamento di parte della riserva aurea dell'ammiraglio Kolčak…

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita18 gen 2020
ISBN9781071527900
Il Vecchio Credente
Autore

Olga Kryuchkova

Olga Kryuchkova began her creative career in 2006. During this time, the author had more than 100 publications and reprints (historical novels, historical adventures, esotericism, art therapy, fantasy). A number of novels were co-written with Elena Kryuchkova.

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    Anteprima del libro

    Il Vecchio Credente - Olga Kryuchkova

    Ol'ga Krjučkova

    Il VECCHIO CREDENTE

    Al generale Kappel', leggendario combattente, marito, padre e semplicemente uomo e anche a tutti gli ufficiali bianchi caduti per la Grande Russia — dedico.

    Siberia Orientale. 1994. Non lontano dal villaggio di Vengerovo.

    Grigorij Vengerov, sedendo sul carro, guidava tranquillamente la cavalla. La sua vecchia giumenta rossa a macchie bianche, chinando la testa, si trascinava senza fretta per la strada polverosa. L'agosto di quest'anno pareva torrido, le piogge cadevano raramente. Nonostante il clima torrido, nei campi spigava l'ambrato grano maturo, attendendo pazientemente la mietitura.

    Grigorij sedeva sul bordo del vecchio carro cigolante, tenendo in mano le briglie. Il sole stava salendo allo zenit — cuoceva spietatamente.

    — Eh...  — borbottò tra sé sotto il naso Grigorij, — Bisognava partire prima... Ecco che sono capitato in piena calura... Ecco che la camicia si è tutta inzuppata sulla schiena...

    Grigorij si scosse. La camicia inzuppata di sudore si era incollata spiacevolmente al corpo.

    — Ma la tua nel... — imprecò Grigorij, — e togliere la camicia? Ma la togli e ti arrostisci al sole, la pelle ti si toglierà come un calzino... Eh...

    La strada serpeggiava tra i campi. Per il venticello rinforzata frusciava piacevolmente il grano dorato.

    Grigorij si guardò intorno.

    — Eh, Natal'ja, tu non hai potuto vivere fino ad oggi... — disse addolorato. Dopo la morte della moglie spesso Grigorij parlava con sé stesso. Tanto più che sua figlia era cresciuta ed era scappata di corsa in città in cerca di un destino migliore. — Una tale bellezza... E' torrido, ma il grano ondeggia a tutta forza. L'inverno non è stato nevoso invano, pare che la terruccia si sia ben imbevuta di neve sciolta... Devo bere un po' d'acquetta...

    Grigorij frugò con la mano destra nel carro e trasse una vecchia fiasca metallica, in cui di solito teneva l'acqua. Svitò il tappo, la portò alle labbra e prese un lungo sorso. Si asciugò la bocca e il mento con una mano.

    — L'acquetta è calda, la fiasca si è arroventata al solicello, anche se l'ho coperta di fieno... Ma d'accordo, per lavarsi va bene...

    Posò accuratamente le briglie sul carro accanto a se e si lavò con l'acqua della fiasca.

    — Ehi, Ryžucha! — si rivolse alla sua vecchia giumenta. — Forse sei stanca, cara? Non vuoi bere un po' d'acquetta?

    La giumenta, come se avesse capito le parole del padrone, sbuffò e si fermò in quell'istante. Grigorij scese dal carro, si avvicinò ad essa e le abbracciò il muso. Ryžucha arrivò a toccare la guancia del padrone con le labbra secche.

    — Sei un animale intelligente, Ryžucha. E considera che adesso sei tutta la mia famiglia... Sì, va bene, anche il cane Goška è rimasto...

    Grigorij versò una giumella d'acqua e sfregò il muso di Ryžucha. Quella sbuffo con evidente soddisfazione. Poi abbeverò l'animale direttamente dalla fiasca.

    Grigorij di sedette di nuovo sul carro e prese le redini.

    — Piano! Cara! — gridò alla cavalla. — Vai!

    Ryžucha, animale intelligente, si trascinò per la strada in direzione del bosco.

    — Ora entriamo nel bosco!  Sarà più facile... Forse ci riposeremo un pochino...

    Ryžucha assentì...

    Grigorij, non sopportando la calura, trasse dal carro un vecchio berretto di calicò che gli aveva cucito la moglie circa vent'anni prima. Se lo mise in testa calato sulla fronte.

    — La prossima volta porterò un ombrello... — decise. — E a Ryžucha metterò un panama...

    Con questi pensieri Grigorij continuò per la sua strada.

    Inaspettatamente dal bosco si stagliò una figura e si diresse per la strada proprio incontro al carro. Grigorij aveva fama di uomo niente affatto pauroso, tuttavia guardò con timore la falce che giaceva nel carro e la spostò più vicino, per poterla afferrare più facilmente in caso di necessità.

    — Chi va là? In un'ora così sbagliata? Nella calura di mezzogiorno pochi vagano a piedi per le strade... 

    Grigorij strizzò involontariamente gli occhi, cercando di vedere meglio lo sconosciuto che si avvicinava.

    Per strada, senza fretta, dondolando un po', andava un uomo alto e barbuto, vestito con una lunga camicia di tela e pantaloni dello stesso tipo. Sul suo petto si vedeva distintamente una grande croce...

    — Che la tua nel..! Forse un vecchio credente?! E' successo qualcosa? I vecchi credenti non escono dal bosco così per fare... Per di più da soli... — rifletteva ad alta voce Grigorij.

    Dell'insediamento dei vecchi credenti nel bosco di qui sapevano tutti gli abitanti del posto. Un tempo, nel diciassettesimo secolo, ai tempi del grande scisma della chiesa, si erano trasferiti qui per conservare la purezza dell'anima e della fede. A quei tempi intorno al forte di legno, adesso villaggio di Vengerovo, si stendeva una zona impenetrabile, i boschi si avvicinavano quasi uno addosso all'altro. Due secoli dopo al posto del forte comparve un villaggio, chiamato inizialmente Golopupovo e poi Spasskoe.

    La storia del villaggio iniziò a metà del diciottesimo secolo, quando in questi posti, per ordine dei funzionari, si insediarono i postiglioni del distretto di Tara. Nei documenti di quei tempi figurava la seguente formulazione: «Creare un insediamento sulla strada che passa lungo il Tartas[1] alla scopo di amministrare il lavoro dei postiglioni». Più tardi gli stessi funzionari fecero un censimento della popolazione a scopi fiscali e battezzarono il villaggio Golopupovo (qualcosa come Ombelico nudo — nota del traduttore). Perché vennero loro incontro dei bambini con gli ombelichi nudi (ma la cosa avvenne in estate) e alla domanda: «Perché siete nudi?» risposero: «Non seminiamo lino, le fabbriche di tessuti sono lontane, viviamo poveramente, ecco che ci tocca correre con gli ombelichi nudi». Così diventò il villaggio di Golopupovo.

    All'inizio del diciannovesimo secolo nel villaggio costruirono la chiesa del Santo Salvatore (Spas in russo — n.d.t.). E Golupopovo fu ribattezzato Spasskoe. Con la costruzione della chiesa il villaggio progredì rapidamente, diventò un centro amministrativo della regione Ust'-Tartasskij e parte della tratta siberiana. Ogni anno nel villaggio si tenevano tre fiere: a gennaio quella dell'Epifania, all'inizio dell'estate quella della Trinità e a novembre quella di san Michele.

    E dopo le agitazioni polacche, nel villaggio di Spasskoe esiliarono i polacchi politicamente inaffidabili. Comparvero nel villaggio Jakobovskie, Kiprisy, Slabunja, Lavrenoviči, Chljustovskie, Jankulasy, Vengerovy, Bobrovskie. E si mischiò il sangue siberiano con quello polacco — dette posteri fieri, belli, intraprendenti.

    Nel 1907 il villaggio di Spasskoe, nel governatorato di Tomsk, presso il fiume Tartas era descritto nel seguente modo: «Abitanti 1.350 anime. Una chiesa di pietra, una casa di preghiera cattolico-romana, un istituto di villaggio, una casa di accoglienza per viandanti, una stanza di accoglienza e cura medica, un ufficio postelegrafico, tre fiere, la più importante delle quali dall'8 al 16 novembre con un giro d'affari fino a 150.000 rubli. Grassi, articoli in pelle e tessuti in prevalenza tra le merci, bazar settimanali, tre fabbriche di articoli in pelle, un mulino ad acqua, molte botteghe e un negozio di pane e generi alimentri. Il villaggio è ben costruito ed è ritenuto uno dei più commercialmente attivi ed agiati nel distretto».

    Più tardi, sotto il regime sovietico, il villaggio fu ribattezzato Vengerovo, dal nome del nativo del villaggio Michail Vengerov, nonno di Grigorij, soldato dell'esercito zarista e partecipante alla Prima Guerra Mondiale e più tardi comandante di un drappello partigiano, fucilato per tradimento dagli uomini di Kolčak. 

    Gli abitanti del villaggio ricorrdavano ancora la storia del drappello speciale di Kolčak, giunto a sorpresa nell'inverno del 1920 come la neve sulla testa. Allora con il drappello c'erano molti convogli tirati da cavalli e caricati pesantemente. I convogli si erano fermati senza raggiungere il villaggio... Ma poi scomparvero tutti insieme. Cosa portavano con sé gli uomini di Kolčak? — gli abitanti del villaggio potevano solo ipotizzarlo. Per l'allora Spasskoe corsero voci: dice, l'ammiraglio Kolčak aveva inviato uomini a lui fedeli a nascondere i suoi beni e importanti documenti di Stato perché non cadessero nelle mani dei bolscevichi.

    ...Grigorij Vengerov tirò le redini e Ryžucha si fermò obbedientemente. Il vecchio credente si avvicinava al carro lentamente, con un'andatura incerta.

    — E' forse malato? Va come dondolando... — valutò Grigorij. — E sembra anche strano... I vecchi credenti non si vestono così da tempo. Da dov'è saltato fuori?

    Alla fine il vecchio credente si affiancò al carro e abbracciò con uno sguardo non vedente Grigorij e la sua cavalla. Involontariamente Grigorij si scosse: il vecchio credente era tanto alto, magro e pallido, come se fosse uscito da una tomba. Gli occhi azzurri non vedenti erano come coperti di nebbia;  i capelli e la barba erano lunghi e arruffati... 

    Tuttavi Grigorij non percepì una minaccia. Ma della sua voce interiore si fidava sempre.

    — Buongiorno, cara persona... — disse all'antica Grigorij. Non amava appellativi tipo «compagno» o «cittadino».

    Il vecchio credente mise la mano destra sulla croce, emise qualcosa in risposta e battè le palpebre. Grigorij notò subito tra sé le lunghe dita bianche dello sconosciuto, che evidentemente non avevano conosciuto il duro lavoro del contadino. E un anello... Un largo anello nuziale d'oro con un inserto di rubino all'anulare della mano destra — Grigorij non aveva mai visto una cosa del genere nel suo angolo sperduto. 

    «Le ragazze ballano in modo interessante... — pensò Grigorij. — E il vecchio credente, forse, non è affatto un vecchio credente... E' molto stravagante...»

    — Che strada fai, cara persona? — non arretrò Grigorij.

    Il vecchio credente scosse la testa e si strinse nelle spalle. Il vento che si era rinforzato gli gettava la lunga barba spettinata sulle spalle...

    — Tu sei muto? — balenò a Grigorij. Il vecchio credente abbassò gli occhi. — Allora scusa me che sono uno stupido! Davvero si poteva capire subito: è una persona parlante o no?

    Parve che il vecchio credente accettasse le scuse — alzò bruscamente lo sguardo e guardò fisso Grigorij. Per quello sguardo il campagnolo non si sentì bene.

    «Signore misericordioso... Beh, che occhietti... E perché ho la sensazione di aver già visto questo vecchio credente da qualche parte?..» 

    — Io mi dirigo al villaggio... — continuò pacificamente Grigorij.  — Hai bisogno di andare da qualche parte? Almeno me lo dai a intendere? Me lo mostri con un gesto? Ma tu in generale ci senti?

    Il vecchio credente annuì in risposta.

    — Vuol dire che le tue orecchie sono in ordine. E questo è bene... D'accordo, allora sali sul carro, non ti abbandono, poverino... Guarda come sei magrolino! Che ti facevano i tuoi fratelli vecchi credenti, ti facevano morire di fame?

    Lo sconosciuto fece Uhm, scosse la testa e fece un timido passo verso il carro.

    — Siediti, non fare il timido! — Lo incitò Grigorij. — Non sono un vecchio credente, tuttavia non abbandono un sofferente in mezzo alla strada!

    Il vecchio credente si bloccò sul posto indeciso.

    — Oh, tu, dolore mio! — esclamò di cuore Grigorij. — Si vede che i tuoi fratelli di fede ti hanno spaventato a morte, se temi tutto. Siediti, non offenderò un povero. E in che modo non li hai soddisfatti?

    Il vecchio credente tacque. Grigorij non si trattenne, scese dal carro, si avvicinò allo sconosciuto e lo prese per un braccio. Dal vecchio credente si spandeva un aroma dolciastro di incenso. Tremò con tutto il corpo a contatto con Grigorij.

    — Il tuo braccio è pelle e ossa... — notò addolorato Grigorij. — Ecco gli uomini di Dio! Fanno morire di fame uno di loro. In che modo non li hai soddisfatti? Non hai manifestato la dovuta solerzia nella preghiera?

    Addolorandosi, Grigorij guardò bene il volto dello sconosciuto: il naso dritto pareva particolarmente lungo per la magrezza del volto. Agli zigomi nettamente in fuori aderiva una pelle bianco-grigia; gli occhi azzurri annebbiati erano affossati, sotto di loro stavano ombre nere; la fronte alta era tagliata da tre profonde rughe; la grande croce di legno annerita dal tempo, pendeva su un petto incavato...

    — Vieni, caro... — Grigorij, tenendo per mano lo sconosciuto, lo tirò sul carro. — Siediti... Ma siediti, non temere... — Il vecchio credente si sedette obbedientemente sul carro. — Ecco, va bene...

    Anche Grigorij salì sul carro, prese le redini, le scosse e l'obbediente Ryžucha si trascinò per la strada cotta dal sole.

    — Andiamo da me, ti nutrirò a sazietà! — promise Grigorij. — Io vivo modestamente, ora questi tempi non corrono. La pensione è misera e non la danno neanche. Prima lavoravo in una fabbrica di articoli in pelle, adesso è chiusa. Vivo a stento, come posso... Allevo uccelli, ho una capra, l'orto è ancora un aiuto. Faccio vodka casereccia — forte! Ma riscalda benissimo l'anima! Vivo da solo, mia figlia si è spostata ad Omsk... E' un anno che si trova là, si è sposata, ma non ha figli... Così sarai mio ospite — non ti offenderò! Non ti costringerò a fare preghiere con solerzia! E là, vedi, ragioneremo con il nostro ispettore distrettuale e ti sistemeremo da qualche parte! Da noi adesso ci sono libertà e democrazia! Così a tua... nel...! Libertà di confessione religiosa... Se vuoi, credi, se non vuoi, no... Ecco che tu, vedo, hai smesso di credere... Capisco... All'inizio anch'io credevo nell'Altissimo, andavo nella nostra chiesa del Salvatore, pregavo... Ma ecco, quando mia moglie quasi un anno fa è morta, ho smesso...  Non c'è Dio! E se c'è, è tanto impegnato con gli affari suoi! E delle semplici preoccupazioni terrene se ne frega! Così, ecco!

    Grigorij sospirò profondamente: ricordava la moglie, come aveva sofferto ed era morta nel corso di un anno... Cacciò via una lacrima non invitata con il dorso di una mano.

    Il carro, scricchiolando, andava lentamente per la strada nel bosco. Ryžucha, senza fretta, si trascinava avanti abbassando la testa, come capendo le dolorose parole del padrone. 

    Villaggio dei vecchi credenti. 1994.

    Il cammino dei vecchi credenti nei boschi di qui fu lungo e difficile. Non tutti i vecchi credenti seppero sopravvivere superando tremila verste (una versta equivale a 1,06 chilometri – n.d.t.), cominciando dalla Polonia verso il luogo prescritto per loro. E chi sopravvisse, si insediò nei boschi paludosi, distribuiti sulle rive del fiume Tartas.

    Nella seconda metà del diciassettesimo secolo il patriarca Nikon, con l'appoggio dello zar Alessio Michajlovič Clementissimo, condusse una riforma ecclesiastica, facendo corrispondere i libri di chiesa e i riti a quelli greci.

    A quel tempo in Moscovia, come chiamavano la Russia in Occidente, comparve una grande quantità di stranieri, in particolare tedeschi protestanti. I funzionari ecclesiastici non riferirono al popolo minuto l'essenza della riforma «compiuta per il suo bene», perciò ovunque si manifestò un'attiva resistenza alle novità. Tanto più che agli occhi del popolo questo si legava all'immediato arrivo di stranieri. Molti sacerdoti accolsero i mutamenti che si verificano come manifestazione di «occidentalismo e satanismo».

    Il regno di Alessio Michajlovič fu segnato da molte rivolte, dalla guerra con la Polonia e dalla sostituzione della moneta d'argento con quella di rame. E come se non bastasse, dalla riforma ecclesiastica promulgata. Anche dopo la caduta del patriarca Nikon, lo zar non mutò la propria decisione. Come risultato il potere ottenne la disperata resistenza dei monasteri — il monastero delle isole Soloveckie fu assediato alcune volte, iniziando nel 1668 fino al 1676. Il voivoda Meščerinov ordinò di impiccare tutti i monaci. Nella società si ebbe una profondissima spaccatura...

    Gli scismatici o vecchi credenti si portarno nelle terre della Confederazione Polacco-Lituana e si installarono sui fiumi Bug, Vetka e Sož. I signori polacchi accolsero volentieri i profughi moscoviti e permisero loro di insediarsi in terre disabitate. 

    Un secolo dopo, oltre i confini occidentali dell'Impero Russo esisteva una grande quantità di villaggi di vecchi credenti, che non si sottomettevano a nessuno, neanche ai voivodi polacchi. Inoltre davano rifugio ai contadini russi in fuga e questi diventavano sempre di più.

    Caterina II espresse estrema preoccupazione per tale stato di cose e firmò un decreto speciale del senato, in cui si chiamava i veteroritualisti a tornare in Russia: «Si dichiara a tutti gli scismatici viventi oltre il confine che è concesso loro partire e insediarsi in particolari villaggi non solo in Siberia, nella steppa di Baraba e in altri luoghi disabitati e lontani, ma anche nei governatorati di Voronež, Belgorod e Kazan'... Vengono perdonati loro tutti i delitti, è concesso loro di portare la barba ed è data loro libertà di scelta del ceto in cui collocarsi. Si stabiliscono anche esenzioni da tutte le imposte e da tutti i lavori per un periodo di sei anni».

    Tuttavia gli scismatici non credettero all'imperatrice e non intesero tornare nella patria storica. Allora Caterina II ricorse a misure estreme. Approfittando della frammentazione e dell'indebolimento del potere nella Confederazione Polacco-Lituana, la zarina inviò l'esercito. O per dire più precisamente: Caterina II organizzò una spedizione punitiva chiaramente pianificata. La comandò il generale di divisione Maslov. Comandando due reggimenti, circondò gli insediamenti degli scismatici posti sulla Vetka, prese prigioniere ventimila persone e non se la cavò senza spargimento di sangue. Secondo l'ordine della monarca, inviò in esilio permanente in Siberia gli scismatici catturati. 

    Il trasferimento degli scismatici dalla Polonia alla Siberia durò alcuni anni e costò una grande quantità di vite di persone che non avevano alcuna colpa. I vecchi credenti vennero trasferiti a gruppi di duecento-trecento persone a Kaluga, come lager di transito, poi a Kazan' e in seguito a Ekaterinburg. Una parte degli scismatici fu trasportata a Solikamsk, Verchotur'e e Tobol'sk. Da là si sparpagliarono nella Baraba[2], nell'Altaj e nella Transbajkalia.

    Un gruppo di vecchi credenti capeggiato da padre Feofil' scese da Tobol'sk lungo il fiume omonimo e poi lungo l'Irtyš e i suoi affluenti e alla fine raggiunse il Tartas. Là i vecchi credenti avevano già acquisito la loro «patria siberiana». L'avamposto posizionato nel villaggio di Vengerovo tentò di controllare lo sparpagliamento dei vecchi credenti, ma invano. Essi andarono nel fitto dei boschi, nelle paludi e anche là costruirono i loro insediamenti. 

    ***

    Il seienne Vasjatka sedeva in barca, guardando attentamente il galleggiante dell'amo. Era già la seconda ora della sua «pesca», sfortunatamente senza risultati. Il ragazzino sospirò e con la mano sinistra si aggiustò il berretto a visiera.

    — Si vede che il Signore è arrabbiato, se non manda pesciolini. Probabilmente ho offeso mammina... — Vasjatka si mise a pensare. — No, Nastas'ja, la sorellina... No... La nonnina Marija... Precisamente... — Vasjatka sospirò forte. — Basta, non ci saranno pesciolini oggi... Bisogna remare verso riva...

    Gettò l'amo sul fondo della barca con un movimento sicuro, si mise per bene ai remi. Il laghetto, situato vicino al villaggio dei vecchi credenti sembrava piccolo, tuttavia non aveva mai piantato in asso Vasjatka — era sempre tornato con delle prede. Ma sfortunatamente non stavolta. La barca si impuntò con la prua sulla riva coperta d'erba. Con un abile movimento Vasjatka gettò in avanti una solida corda di crini di cavallo intrecciati per «parcheggiare» la sua «navicella» e scese a terra. Trasse dalla barca l'amo, la scatoletta di betulla con i vermi e il secchio vuoto. Guardando il secchio vuoto, scosse la testa.

    — Arriverò a casa vuoto... Bisognava andare in un altro lago...

    Vasjatka si trascinò a casa senza fretta. Per strada non smetteva di riflettere: chi e come poteva aver offeso? E giunse alla conclusione: precisamente la nonnina Marija.

    ...La nonnina Marija e la quindicenne Nastas'ja stavano nell'isba in ginocchio davanti alla božnica[3](nel caso di termini riportati in russo il corsivo è sempre mio — n.d.t) e pregavano. Marija sgranava macchinalmente la lestovka[4] e muoveva le labbra senza emettere suoni. Nastas'ja diceva le preghiere con un sussurro:

    — Per le preghiere dei nostri santi padri, Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di noi. Amen... — bisbigliava in modo appena udibile e si piegava in un inchino profondo. Poi si faceva il segno della croce e ripeteva tre volte: — Gloria a Te, Dio nostro, gloria a Te per ogni cosa.

    La nonnina Marija guardava la nipote con l'angolo dell'occhio e, fatto un inchino profondo, continuava ad alta voce:

    —  Dio, purifica me peccatore, perché niente di buono ho operato davanti a Te, ma liberami dal maligno e sia fatta in me la Tua volontà e senza condanna aprirò la mia bocca indegna e loderò il Tuo nome santo: Padre e Figlio e Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen...

    Nastas'ja, come un'eco, ripeteva le parole della nonnina Marija. Dopo la parola «Amen» le donne che pregavano si abbassavano verso il pavimento in un inchino.

    — E ancora ti prego, Signore, — già da sé, per abitudine, aggiunse la nonnina Marija, — aiuta il mio familiare Aleksej Višnevskij. Non è bene per una persona pendere tanti anni tra la vita e la morte. Grande Dio, fissagli un posto: o tra noi o prendilo a te. Ho sofferto grandi dolori e non ha meritato dell'altro... 

    La nonnina Marija si alzò da terra con uno sforzo di volontà. Negli ultimi tempi la vita le faceva molto male. Anche la nipote si alzò da terra.

    — Nonnetta, dai che ti ungo la vita con l'infuso, ti allevierà tutto... — propose.

    La nonnina Marija, brancicando la lestovka, rispose:

    — Mi ungerai di notte, dopo la preghiera serale. Ma adesso andremo da lui. Bisogna prendersi cura di una persona: lavarla, pulirla, tagliarle i capelli e nutrirla... — Marija si fece il segno della corce con due dita con un ampio movimento. — Signore, forse ha peccato così tanto che non c'è posto per lui né in Paradiso, né all'Inferno?.. Signore, ecco, non portare un'anima a vagare così...

    — Nonnetta, la sua anima non vaga, non è morto... — obiettò timidamente Nastas'ja.

    — Non è né vivo, né morto... Signore, risparmialo... — Marija si fece di nuovo il segno della croce. — Fin da quando ho ricordi di me, prego per lui. Ero ancora una ragazza, andavo da lui con mia madre, aiutavo a fare le pulizie... All'inizio ero impaurita a morte, poi mi abituai: in un modo o nell'altro è mio nonno. E tu non hai paura di lui?

    Nastas'ja scosse la testa.

    — No-o... E perché temerlo? Mio padre raccontava che il bisnonno era bello, venerava Dio... Serviva la Russia in fede e in verità.

    — Venerava... — borbottò la nonnina Marija. — Si vede che non lo venerava abbastanza, visto che destino gli ha preparato il Signore. D'accordo, prendi tutto il necessario e andiamo... Ci sono molte cose da fare in casa...

    La nonnina Marija e Nastas'ja non fecero in tempo a uscire di casa che incontrarono Vasjatka.

    — Oh, tu piccolo dolore mio! — esclamò di cuore la nonnina Marija. — Il secchio è vuoto! Non  è bene...

    Vasjatka si confuse.

    — Bah, perdonami, non mi rimproverare... Non ho preso pesciolini, è come se se ne fossero andati dal lago... Il Signore si è arrabbiato con me per la disobbedienza — ieri mi hai punito... 

    Vasjatka sospirò addolorato e abbassò gli occhi.

    Alla vecchia si strinse il cuore.

    — Ma che dici, Vasjatka! — si avvicinò al nipote e lo strinse a se. — Ieri ti ho punito e sono sicura: il Signore ha affari più importanti della tua disobbedienza. E i pesciolini sono stati pescati tutti. E fa caldo: forse il lago si è rimpicciolito... Pesca in un altro posto... 

    Vasjatka respirò con sollievo.

    — Vuol dire che non sei arrabbiata con me?

    Marija sorrise.

    — E dove vi preparavate ad andare? — non si trattenne il curioso Vasjatka, guardando il pesante fagotto nelle mani della sorella maggiore. 

    — Dal tuo bisnonno alle paludi... — rispose Maria.

    — Aaah... — cantilenò il ragazzino. — Capisco... Pregherò per lui oggi...

    ***

    La nonnina Marija andava sicura sui pezzi di legno per una stradina appena visibile che serpeggiava tra le paludi, lastricata di travicelli. Nastas'ja le andava dietro passo passo: metti appena un piede in fallo e finisci dritto in un badaran[5]coperto di lenticchie d'acqua. E là sei perduto — ti risucchia il terreno molle e restano solo le bolle in superficie. 

    Da qualche parte non lontano cinguettava una pittima reale, la imitava vivacemente un'upupa...

    Nastas'ja si spostava accuratamente sui pezzi di legno, riflettendo: «Presto verranno sant'Eudossia dei Lamponi e sant'Eudossia dei Cetrioli... Bisogna andare in cerca di lamponi e seccarli per l'inverno... E raccogliere i cetrioli e metterli sotto sale... Dopo di loro Eusinnio dei Cereali... E là il Salvatore con le Mele si affretta con i frutti maturi... E la Festa di Fine Mietitura non è lontanissima...»

    I pensieri di Marija non erano affatto occupati da affari urgenti. Ella pensava al suo patrigno Gleb Višnevskij, morto vent'anni prima. Nel villaggio dei vecchi credenti Gleb era particolarmente rispettato nonostante fosse cresciuto, fosse sposato e avesse combattuto con i fascisti. Tornato dal fronte, Gleb era scappato dai vecchi credenti e da quel tempo non li aveva lasciati. In un primo tempo era giunta da lui qualche volta una vecchia. Ma dopo che Gleb si fu sposato con una vedova del villaggio, i contatti con il mondo esterno cessarono del tutto. 

    Marija considerava Gleb suo padre, aveva solo cinque anni quando sua madre sposò Višnevskij. I vecchi credenti chiamavano anche Marija con il cognome del patrigno. Perciò la donna si considerava partecipe di tutti gli affari di suo padre.

    Sapeva che Gleb custodiva un qualche segreto. Andava da qualche parte nelle paludi insieme a sua madre... Tornavano di là in silenzio, il suo patrigno per qualche motivo rimaneva triste per qualche giorno di fila.

    Quando Marija fu cresciuta, la mamma la portò nelle paludi. Ricordava come andò per la prima volta sui pezzi di legno traballanti. La ragazza era perplessa: dove la portava la mamma? Perché? Finché non raggiunsero l'isola, perduta tra le paludi boschive. I pezzi di legno finirono, la ragazza andava su un terreno solido. Un sentiero appena visibile, che si attorceva come un filo tra il ledum palustre, alternandosi con la piroletta pendula e la canapicchia palustre, portava proprio al rifugio interrato. Da un tubo stretto che sporgeva dal rifugio interrato usciva un fumetto appena visibile.

    Madre e figlia scesero nel rifugio interrato su gradini di legno traballanti. Nell'abitazione regnava la penombra. La luce penetrava scarsamente attraverso una finestrella coperta da una vescica di toro. Marija vide una piccola stufa nell'angolo, in essa ardeva appena appena un fuoco. In mezzo all'abitazione stava un tavolo, due sgabelli, un baule... e un letto. Su di esso giaceva immobile un uomo. 

    La ragazza si stupì.

    — Chi è, mamma? Forse un bal'nik[6]? Dicono che è morto qualcosa come quindici anni fa.

    — Precisamente, è morto... — concordò la madre. — Le sue ossa marciscono da tempo nella terra paludosa. Questo è tuo nonno, Aleksej Višnevskij.

    La ragazza si bloccò con gli occhi spalancati per lo stupore.

    — Nonno? Nel senso che è padre di mio padre... del mio patrigno? — precisò riprendendosi.

    — Proprio questi... Ufficiale bianco, servì sotto Kolčak... — chiarì la madre e si avvicinò al letto. — Beh, salve, familiare.

    Marija seguì sua madre intrigata: sul letto giaceva un uomo coperto fino al mento con una coltre di pelo — all'inizio dell'autunno nel rifugio interrato faceva già fresco. Sulla coperta, cucita in pelli di scoiattolo, si muoveva una lunga barba...

    Da allora prendersi cura di Aleksej Višnevskij diventò un obbligo per Marija. Giungeva sull'isola nella palude in qualsiasi stagione e con qualsiasi tempo: d'estate due-tre volte la settimana, d'inverno ogni giorno, munita di sci corti da cacciatore, bisognava mantenere il calore nel rifugio interrato. 

    Presto quest'obbligo sarebbe dovuto passare a Nastas'ja. Marija sentiva che le forze gradualmente la lasciavano. 

    ...Marija e Nastas'ja alla fine raggiunsero il rifugio sotterraneo, scesero giù per gli scalini e aprirono la piccola porta di legno annerita dalle nebbie di palude. I vecchi cardini arrugginiti scricchiolarono a tradimento e le visitatrici entrarono nell'abitazione.

    — Accendi la stufa, scalda l'acqua... — dispose Marija per abitudine e si diresse verso il letto. Nastas'ja mise il pesante fagotto sul tavolo e cominciò a scioglierlo.

    — Signore Onnipotente! Abbi pietà di noi peccatori! — gridò Marija stando presso il letto. La sua mano destra tremante si alzò in aria con le due dita da vecchia credente e restò immobile.

    — Nonnetta, che è successo?

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