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Un ragazzo dagli anni sessanta
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E-book329 pagine4 ore

Un ragazzo dagli anni sessanta

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Info su questo ebook

favolosi anni '60 dal 1959 al 1969 eventi musicali, sociali e culturali
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2019
ISBN9788831645218
Un ragazzo dagli anni sessanta

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    Anteprima del libro

    Un ragazzo dagli anni sessanta - Edoardo Giolito

    sessanta.

    Prefazione

    Scrivere il mio primo libro è stato divertente ed anche emozionante; mi ha dato molte soddisfazioni, tante persone leggendolo, si sono ritrovate un po’ nei miei racconti "anni cinquanta".

    Rivivendo quegli episodi, la nostra memoria è stata appena spolverata; ed è stato facile dopo tanti anni, riaprire il nostro archivio personale, quello riservato… che ognuno di noi conserva gelosamente dentro di se.

    Sono convinto che le emozioni di allora, in alcuni casi si siano addirittura sovrapposte e confrontate con quelle d’oggi situazioni o momenti particolari hanno destato in noi un sottile piacere… molti leggendo quegli episodi avranno sorriso, altri ripensando a come si viveva in quegli anni, forse avranno provato un po’ di nostalgia, soprattutto pensando agli amici di allora e alle persone care che purtroppo non ci sono più.

    Per chi ha letto la mia prima opera, avrà modo di ritrovare nei prossimi capitoli, il seguito dei miei racconti in un periodo molto particolare della mia vita.

    Una volta tanto è stato bello ritrovarsi nel passato; tanti piccoli momenti hanno rievocato un periodo remoto di vita molto fragile che sembrava perso, quasi dimenticato... quello della nostra infanzia.

    Come ho già avuto modo di verificare nei miei precedenti racconti, sono certo che ogni ricordo, bello o brutto che sia, vive sempre dentro di noi e così i nostri pensieri. Sembrerà incredibile, ma anche i nostri nuovi progetti, per intenderci quelli futuri, secondo me, vengono prelevati e riadattati alle nuove circostanze, sempre da quel famoso archivio privato... quello a cui noi affidiamo ogni attimo, anche i più piccoli segreti della nostra vita.

    Sull’onda di quei ricordi, vorrei continuare a descrivere un decennio altrettanto importante; ormai il bambino di sei anni è cresciuto, questa volta vorrei poter uscire dalla nebbia della mia infanzia e ripercorrere attraverso i miei ricordi, quel magico periodo tanto decantato degli anni sessanta.

    Gli anni cinquanta terminati da poco, si portavano via un decennio che io definirei d’assestamento, con una guerra mondiale alle spalle terminata da poco, l’Italia aveva bisogno di tutto, doveva ricominciare da capo.

    In effetti, con gli anni sessanta, incominciarono una lunga serie di grandi trasformazioni; anche il clima sembrava dovesse adeguarsi ai cambiamenti in atto, la famosa nebbia non era più densa e avvolgente, non aveva più quel caratteristico odore, si stava lentamente diradando.

    Il silenzio nelle strade fu presto compromesso dall’aumento indiscriminato del traffico, il rumore dei motori all’inizio timido e inconsueto, aumentava gradualmente. Quel frastuono diventerà presto un sottofondo quotidiano… tutte queste "novità" lasciavano immaginare il nostro complicato e stressante futuro.

    Le strade delle nostre città cambiavano aspetto, non solo per il traffico, ma per le interminabili file di macchine posteggiate di fianco ai marciapiedi. I box non esistevano ancora, di conseguenza iniziava la caccia al posteggio più vicino alla propria abitazione, nascevano così nuovi problemi fino allora sconosciuti ed impensabili.

    Addio vecchi carretti trainati da cavalli, non sentiremo più quel particolare scalpitio degli zoccoli sull’asfalto. Se chiudo gli occhi risento ancora il caratteristico rullio dei cerchioni di ferro sul selciato con le urla incitanti dei carrettieri che si diffondevano negli androni dei vecchi palazzi; quei rumori tanto familiari, ormai sono lontani, appartengono per sempre al passato.

    Anche i tradizionali venditori ambulanti avevano fatto il loro tempo; quelle grida tanto caratteristiche dello stracciaio, l’arrotino, l’ombrellaio e il venditore di ghiaccio, si sono definitivamente spente.

    E’ rimasto solo l’eco di quei richiami, forse in qualche rione o dentro i vecchi cortili. Quei suoni che hanno accompagnato la mia infanzia, sono diventati sempre più rari; non ce ne siamo nemmeno accorti, lentamente li abbiamo persi, dimenticati, con tutto il loro inconfondibile folclore.

    Le vecchie case di ringhiera, cambiavano aspetto, gli ingressi dei cortili si modificavano alle nuove esigenze, in molti casi i portoni vennero allargati, per facilitare il passaggio dei furgoni e delle automobili sempre più numerose.

    In alcuni passi carrai, ancora oggi possiamo scorgere nelle vecchie pavimentazioni a sassi, le due grosse strisce di beole di granito grigio, rimaste a testimonianza di quel passato, quando servivano ad agevolare il passaggio dei carri, trainati dai cavalli che solcavano quei portici.

    Le romantiche fontanelle ai capolinea dei tram hanno smesso lentamente di scrosciare, non ci sono più, purtroppo sono state rimosse; ne sono rimaste poche, forse qualcuna fa ancora bella mostra di se, in qualche giardinetto comunale verso il centro.

    Un vero peccato! quelle caratteristiche fontanelle in ghisa di colore verde scuro con lo stemma del comune, rappresentavano la periferia di Milano; da bambini erano le nostre fonti di riferimento nel vero senso della parola. Quel grosso rubinetto di ottone con la testa di drago, era l’amico dei nostri giochi d’acqua nelle giornate afose, quando dopo le lunghe corse nei prati, tutti sudati e assetati, trovavamo un po’ di refrigerio a buon mercato.

    Pochi sanno che la piccola vasca semi rotonda alla base, fungeva da abbeveratoio ai cavalli e gli animali che sostavano nei paraggi.

    A quei tempi era del tutto normale vedere transitare un gregge di pecore, proprio nel grande prato dove giravano i tram al capolinea. Vecchia cara periferia di Milano, quanti ricordi… quante nostalgie di un passato così presente nei miei pensieri che a volte sembra persino recente, ma che purtroppo non esiste più. Oggi tutti quegli angoli suggestivi della mia infanzia, sono diventati viali anonimi affiancati da numerosi palazzi alti; tutti bene allineati con negozi, insegne luminose, ristoranti ecc.

    Tutti questi cambiamenti hanno lentamente modificato l’aspetto delle periferie, così anche il nostro modo di vivere ha subito grandi trasformazioni, si è adeguato alle nuove esigenze della città.

    Gli anni sessanta sono stati davvero tempi memorabili, per chi li ha vissuti non sarà difficile ritornare con la memoria indietro in quel periodo; invece per i miei figli, spero queste mie pagine possano far rivivere al meglio le mie emozioni.

    Proviamo quindi ad iniziare questo viaggio nel tempo; con l’aiuto della propria immaginazione, cerchiamo di ritornare con la mente indietro in quegli anni.

    Prima degli anni cinquanta in Italia era in atto da alcuni decenni una vera e propria rivoluzione economica; infatti, dalla fine dell’ottocento, il nostro paese da sempre contadino, scopriva la fabbrica, l’Industria, un grosso impatto.

    Una trasformazione che ha avuto dell’incredibile; questo grande cambiamento io l’ho vissuto in prima persona, perché proprio quel periodo ha coinciso con l’inizio della mia vita lavorativa.

    La mia gioventù iniziava in un paese che progrediva in modo esponenziale, era tutto un crescendo in ogni settore lavorativo.

    Forse anche la guerra finita da poco, in qualche modo aveva preparato una situazione favorevole ad un’importante rinascita; dopo pochi anni di questo furore, si parlò addirittura di bum economico.

    L’Italia modificava la sua antica struttura agricola; si trasformava rapidamente, forse troppo in fretta; soprattutto al nord, si era innescata una spirale industriale irreversibile.

    Tutto questo ha comportato in pochi anni, un importante sviluppo economico; gli italiani assaporavano finalmente un discreto benessere.

    La cosa davvero sorprendente e importante è che il nostro paese inaspettatamente nel campo industriale incominciava una veloce metamorfosi. Passava dal sottosviluppo cronico per arrivare fino ai vertici di produzione mai sperati.

    Si pensi che tra il 1959 e il 1962 la produzione industriale quasi raddoppiò, tanto da competere tra le dieci nazioni più industrializzate del mondo...

    Il contadino, abbandonata la faticosa terra, non emigrava più, si rifugiava nelle grandi fabbriche del nord piene di tecnologia e novità.

    I grossi complessi industriali, badavano a tutto, sembrava facessero a gara ad offrire ai propri dipendenti, tutto il necessario per una vita più decorosa; oltre alla mensa interna, c’era persino l’assistenza sanitaria privata, completamente gratuita.

    Sembrava volessero viziare i lavoratori, preoccupandosi anche delle più piccole cose, la grande industria s’interessava persino di come allietare il tempo libero ai propri dipendenti. All’interno dell’area industriale, c’erano dei centri appositi che organizzavano iniziative d’ogni tipo, con ritrovi culturali, teatro, cinema e molte attività sportive. Novità assoluta per quegli anni dopo una recente guerra, nelle vicinanze dell’area produttiva, c’erano addirittura campi da calcio, da tennis, palla a volo ecc.

    Comunque quest’argomento avrò modo di svilupparlo meglio più avanti, quando io stesso ebbi l’opportunità di vivere all’interno di uno di questi grossi complessi industriali.

    Il progresso tecnologico di allora, iniziava la sua corsa come un’enorme macchina; avanzava senza sosta in un paese che aveva bisogno di tutto; lungo il suo cammino travolgeva ogni cosa… non si poteva fare niente, si assisteva impotenti alla sua progressiva e costante crescita.

    Le novità si sprecavano, la pubblicità sembrava impazzita, per ogni necessità domestica c’era "l’invenzione tecnologica" che risolveva ogni problema.

    Per intenderci erano gli anni in cui si compravano i primi elettrodomestici a cambiali; tutte quelle novità erano lanciate con prepotenza su un mercato ancora fragile e incerto; le famiglie italiane incominciavano ad assaporare il vantaggio di un mondo tecnologico più complesso, costoso, ma confortevole.

    Le strade erano piene di manifesti che reclamizzavano i primi frigoriferi, s’incominciavano a vedere le cucine con i pensili bianchi in formica (novità assoluta), le cosiddette "all’americana"; le innovazioni si moltiplicavano, anche nelle più piccole cose, come il frullatore, il ferro da stiro, l’aspirapolvere ecc.

    Ormai s’era creata una specie di competizione involontaria; quando entravi in una casa, c’era in bella mostra un grosso frigorifero, rigorosamente bianco, con un’appariscente maniglia cromata al centro di uno sportello pesante e leggermente bombato ai lati.

    Non sempre era sistemato in cucina, era collocato un po’ ovunque, dove c’era posto; anzi… si doveva metterlo bene in vista, spesso era sistemato persino in anticamera o in sala, perché faceva molto moda, era un vanto tenerlo in bella mostra.

    La novità di possedere un refrigeratore automatico tutto per sé era esaltante; addio venditori di ghiaccio e vecchie ghiacciaie di legno foderate in lamiera zincata!

    La nuova tecnologia cancellava in poco tempo, gli oggetti abituali e ormai obsoleti del nostro passato. Quando aprivi quel pesante portellone bombato, ogni volta era una vera emozione… l’interno appariva addirittura illuminato, con ripiani e sportelli di un materiale nuovo plastico e colorato che era anch’esso una strabiliante novità.

    Il rumore di fondo, emesso da quell’ingombrante elettrodomestico era esagerato, però in quegli anni non dava assolutamente fastidio, anzi quel primitivo e rudimentale ronzio, rappresentava un elegante segnale d’indiscusso benessere e così anche i primi aspirapolvere o lucidatrici; quando dal pianerottolo delle scale si sentiva quel caratteristico lamento, (simile ad un sibilo stridulo continuo ed ossessionante), per assurdo, trasmetteva al resto degli inquilini un senso di modernità, insomma, era un esaltante segnale di un crescente benessere ormai inarrestabile.

    Ancora più clamoroso fu l’apparizione dei primi televisori (in bianco e nero ovviamente); io riuscii a vederli in anticipo sempre grazie a mio zio Ettore, il quale avendo un negozio di radio e giradischi in Via Aselli, i primi teleschermi li teneva in bella mostra in vetrina.

    Ricordo che in occasione di programmi importanti, mio zio ci invitava a casa sua, per assistere a quelle serate: quando vidi per la prima volta lo schermo luminoso, rimasi letteralmente affascinato.

    Guardavo quei volti nuovi e non riuscivo staccare lo sguardo da quel misterioso apparecchio. Mi piaceva tutto anche il mobile di legno era piacevole, man mano che si scaldavano le valvole, nella stanza si avvertiva un odore delicato di una tecnologia fino allora sconosciuta, magica, molto particolare…

    Sarei stato delle ore a guardare quello schermo, qualsiasi programma andava bene e invidiavo chi in quegli anni, poteva permettersi il lusso di comprare un televisore tutto per se; a tale proposito una sera, mio zio c’invitò a casa sua ad assistere l’ottava puntata del festival di Sanremo, era il 1958. Finalmente potevo vedere i volti dei miei cantanti preferiti che da sempre ascoltavo per radio; per un appassionato di musica leggera come il sottoscritto, è stata una serata indimenticabile, ma ancora più fantastica fu quella memorabile edizione. In quell’anno, infatti, la manifestazione canora più seguita in Italia, fu vinta da Domenico Modugno in coppia con Johnny Dorelli con la celeberrima canzone: Nel blu dipinto di blu, un pezzo musicale che in breve tempo, fece letteralmente il giro del mondo.

    Dopo tanti anni ricordo perfettamente quella serata, già il giorno seguente la canzone vincitrice era cantata per le strade, in ogni parte, io sapevo tutte le parole a memoria e con impazienza aspettavo di riascoltarla alla radio, in un programma dedicato alle canzoni del festival, dove spesso la trasmettevano.

    Molta gente passando davanti al negozio di mio zio, si fermava per ammirare quest’assoluta novità, tante persone si accalcavano davanti alle vetrine per vedere quella strana scatola luminosa che trasmetteva immagini che provenivano da lontano.

    Pensiamo per un momento, quale enorme cambiamento ha rappresentato il diffondersi del teleschermo in tutte le case; è stata una vera e propria rivoluzione, un’importante innovazione che nel giro di pochi anni, avrebbe mutato radicalmente le abitudini di tutti noi.

    In Italia le trasmissioni iniziarono nel gennaio 1954, ma per raggiungere la soglia del 50% di presenza degli apparecchi televisivi nelle famiglie italiane, bisogna attendere fino al 1966, quando veramente la TV raggiunse un valore sociale considerevole.

    Le voci che per anni avevamo sentito per radio, finalmente avevano un volto; la vecchia cara radio sembrava di colpo obsoleta superata; si pensava fosse arrivata la sua fine. Le nostre abitudini serali avevano le ore contate, a conclusione della giornata lavorativa, dopo cena, era nato un nuovo magico appuntamento. Tutti gli italiani erano incollati davanti a quella piccola finestra luminosa affacciata sul mondo; anche le notizie di conseguenza si diffondevano più velocemente, il telegiornale (uno solo), era in grado finalmente di trasmettere le immagini anche da paesi lontani.

    A questo punto voglio ricordare alcuni episodi divertenti legati proprio all’arrivo della televisione.

    I primi apparecchi oltre che essere molto voluminosi, erano anche piuttosto cari, non tutti potevano permetterselo; quando si entrava in una casa e si scorgeva un televisore in sala… era segno di una certa disponibilità economica, rappresentava sicuramente uno status symbol.

    Quando alla sera c’era un programma interessante o un film importante, si assisteva ad una vera e propria transumanza di inquilini da un appartamento all’altro, alla caccia di quei pochi fortunati che possedevano un teleschermo.

    La televisione in quegli anni ha avuto anche il grande merito di far socializzare le persone; di fatto, era normale vedere a determinati orari della sera, molti inquilini con le sedie in mano che attraversavano i pianerottoli o si spostavano per le scale.

    Nasceva in questo modo un nuovo modo di dialogare tra vicini, iniziavano nuove consuetudini, come portare un piccolo presente ai fortunati possessori di TV; era simpatico presentarsi all’inizio di serata con dei cioccolatini, bottiglie di vino, scatole di biscotti e quant’altro.

    D’estate quando le finestre erano aperte si poteva sentire in cortile distintamente il programma serale, poiché il canale era unico, tutti gli apparecchi trasmettevano simultaneamente lo stesso programma.

    Alla fine della serata, si discuteva animatamente il programma appena trasmesso, ad un certo orario nei cortili e nelle strade era tutto un vociare continuo; le famiglie italiane stavano davvero cambiando rapidamente le loro abitudini.

    I conduttori televisivi erano considerati come dei parenti, la gente incominciava a parteggiare per questa o quella persona; anche le riviste ebbero un momento felice, le notizie sulla vita dei vari presentatori, attori, avevano sul pubblico un certo successo, nascevano così i primi personaggi TV.

    I programmi televisivi iniziavano al pomeriggio sul tardi, si ritornava dal lavoro e si aspettava con impazienza l’inizio delle trasmissioni; in ogni casa il Radiocorriere (il primo settimanale che elencava tutti i programmi televisivi), ci indicava cosa avremmo visto quella sera, purtroppo non c’era possibilità di scelta…

    Ogni singola giornata era caratterizzata da uno specifico programma televisivo serale; l’appuntamento era "sacro"; ricordo che il lunedì c’era un film, il martedì, uno spettacolo di canzoni, il mercoledì una commedia, il giovedì assolutamente un telequiz, il venerdì un giallo, il sabato e la domenica spettacoli di varietà.

    Poi dopo qualche tempo la televisione incominciò trasmettere anche di pomeriggio; dedicato ai ragazzi.

    Spesso tornando da scuola andavo al dopolavoro ferroviario dell’Ortica, dove fortunatamente c’era un televisore che in pratica era un armadio, con i miei amici guardavamo nel pomeriggio con molto interesse la tv dei ragazzi.

    Non parliamo poi di come cambiò la pubblicità televisiva; questa era trasmessa solo in orari stabiliti, di solito prima dello spettacolo serale, chi non si ricorda il famoso Carosello? Fu un momento storico della TV, un fenomeno tutto nostrano; la sua nascita risale al 3 febbraio 1957.

    L’impostazione di questo programma pubblicitario era molto particolare, la Rai a quei tempi era una struttura ancora troppo severa e addirittura antindustriale; i filmati dei vari spot non dovevano superare i 135 secondi, con condizioni assurde del tipo che il nome del prodotto da reclamizzare nei primi 100 secondi non doveva comparire. Poi nei 35 secondi finali, finalmente si evidenziava il vero messaggio pubblicitario.

    Inizialmente i dirigenti Rai, culturalmente contrari alla pubblicità, credettero poco in quel programma, anzi erano convinti di annoiare gli Italiani, al contrario invece la gente ne fu entusiasta; tutti furono coinvolti da quelle originali scenette comiche, canzoni, ecc. con i vari messaggi commerciali.

    Ebbene in quei pochi secondi, grazie alla fantasia e alla validità dei personaggi noti nel mondo dello spettacolo, si riuscì addirittura a fare delle vere e proprie sceneggiate!

    Alcuni di questi caroselli diventarono famosi, gli slogan pubblicitari si cantavano per strada o erano utilizzati in alcuni spettacoli di varietà anche teatrali del momento per rilevare meglio una battuta o un modo di dire. In quel periodo, Carosello ebbe una funzione molto importante, oserei dire educativa quasi didattica per gli italiani, poiché per la prima volta presentava un mondo consumistico di serenità e prosperità del tutto sconosciuto, per un paese che aveva ancora vive le testimonianze delle recenti privazioni della guerra.

    Il cinema accusò un brutto colpo; la gente non usciva più di casa, le sale di proiezione erano vuote. Per superare quella crisi, molte sale cinematografiche cercarono di adeguarsi ai tempi, infatti, oltre allo schermo principale, ai lati e al centro avevano sistemato dei grossi televisori (si fa per dire, al massimo si arrivava a 28 pollici); in questo modo durante l’intervallo del film trasmettevano i programmi televisivi più richiesti.

    Non mancarono delle incongruenze clamorose tra gli orari della televisione e la durata dei lungometraggi; spesso nel bel mezzo del film, si accendevano le luci e si vedeva la faccia di Mike Bongiorno che annunciava la famosa trasmissione di Lascia o raddoppia

    Era curioso vedere sui manifesti dei film la pubblicità di una trasmissione televisiva; in pratica quando si andava al cinema si vedeva oltre al lungometraggio anche il programma TV previsto in quella serata.

    Un’altra considerazione importante legata a quell’evento, era senz’altro la psicosi dell’antenna sul tetto, nel giro di poco tempo s’incominciarono a vedere spuntare sui tetti delle case, un’infinità di paletti con tanti strani spuntoni, bacchette e retine di tutti i tipi.

    I tetti si trasformarono in vere e proprie foreste d’alluminio con astine, fili e quant’altro… insomma un vero e proprio disastro; nonostante tutte queste selve di antenne, la visione dell’unico canale televisivo lasciava molto a desiderare, spesso l’immagine diventava a righe orizzontali o diagonali e anche se era tutto rigorosamente in bianco e nero; le imprecazioni dei vari proprietari, erano invece molto colorite e… prolungate.

    Quando gli apparecchi televisivi furono alla portata di tutti, gli appuntamenti serali avevano qualcosa di magico... Tutte le finestre erano illuminate simultaneamente, da una luce azzurrastra e tremolante; gli italiani erano come polarizzati dalla televisione; stavano diventavano dei pantofolai incredibili, stregati e incollati davanti ad uno strano e inconsueto caminetto domestico elettronico.

    D’altra parte il progresso ci stava viziando giorno dopo giorno con un ritmo insostenibile; un’altra novità rivoluzionaria di quegli anni è stata la comparsa dei primi supermercati. Non dimenticherò mai la sensazione che provai, ad entrare per la prima volta nella mia vita, in un ambiente del tutto nuovo di un grande magazzino. Già da qualche anno si sentiva parlare di questo nuovo sistema di vendita d’oltreoceano. Le radio e le televisioni annunciavano i moderni negozi "cosiddetti all’americana" chiamati appunto supermarket. Nelle pubblicità di allora, vedevamo la gente che addirittura entrava in questi nuovi negozi, con strani carrelli che sembravano enormi, per noi era pura fantascienza. Poi cosa ancora più sorprendente, ognuno aveva la piena libertà di scegliere i propri acquisti, posti su dei lunghi scaffali.

    La novità più rivoluzionaria, era di trovare tutti i prodotti in uno stesso luogo, dalla verdura alla carne ai salumi ecc. Una possibilità simile fino allora, si poteva trovare presso i mercati rionali organizzati dal Comune, ma era tutta un’altra cosa.

    Ricordo il primo supermercato più vicino (si fa per dire) l’Esselunga se non sbaglio intorno al 1957 in Viale Regina Giovanna, oltre all’emozione di prelevare un carrello, la sensazione più immediata fu un gran senso di libertà. Finalmente potevi entrare in un negozio anche solo per curiosare, senza l'obbligo d’acquisto o di dialogo con nessun ipotetico proprietario. Liberi di poter scegliere fra i lunghi scaffali, la marca o il prodotto più conveniente, girare e guardare con calma senza limiti di tempo i vari reparti.

    Senza accorgerci, in un attimo ci lasciavamo alle spalle un’epoca fatta di dialogo, di tradizioni e di comportamento. In poco tempo modificavano tutte le nostre abitudini, comprese quelle alimentari.

    Scoprivamo nuovi involucri, lentamente la plastica prendeva il sopravvento, modificava ogni tipo di confezione, e ci abituava a vedere i generi di consumo quotidiani, confezionati diversamente. Ormai eravamo pronti al più sfrenato consumismo, una spirale che in pochi anni, sarebbe diventato di proporzioni esagerate. In pratica mentre una volta entrando nel singolo negozio, si acquistava lo stretto necessario, con il supermercato nasceva una nuova e pericolosa psicosi: quella di comprare intere confezioni, si diceva per risparmiare, una psicosi incontrollata, una vera forma di cleptomania popolare.

    Iniziamo dunque questo viaggio negli anni sessanta, il decennio più importante della mia vita.

    Anno: 1959

    Per comprendere meglio il

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