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Una strana proposta: Harmony Collezione
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E-book168 pagine2 ore

Una strana proposta: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Mai fidarsi del vicino di casa, soprattutto se ha uno sguardo assassino e un fascino indolente. Mandy Hillmann è una single così rassegnata all'idea di non incontrare il principe azzurro sul cavallo bianco da non scandalizzarsi più di tanto quando Sam Case, il suo affascinante coinquilino, le fa una proposta stuzzicante: una relazione senza impegni reciproci e dosata quasi scientificamente in tutti i suoi ingredienti. Mandy ci riflette per po' e risponde: "Perché no?". Solo che...

LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2015
ISBN9788858939949
Una strana proposta: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Una strana proposta - Beverly Bird

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Playing By the Rules

    Silhouette Special Edition

    © 2003 Beverly Bird

    Traduzione di Laura Premarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-994-9

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    L’ultima volta che la situazione tra me e Sam era normale, stavamo litigando nell’aula di tribunale del giudice Larson.

    Siamo entrambi avvocati. Almeno io lo sono, Sam Case invece sembra più un attore di teatro con una laurea in legge. La sua tattica è ingannare la parte avversa comportandosi in modo eccessivamente educato e un po’ tardo di comprendonio. Viene dal Texas e di fronte all’atteggiamento aggressivo di noi dell’East Coast, suscita un’impressione di divertita confusione che funziona sempre.

    Il giudice Larson doveva ormai avere capito i suoi trucchi, ma era evidente che nutriva un debole per lui.

    Il giudice era una bella bionda al suo terzo matrimonio ed era risaputo che Sam aveva una spiccata predilezione per quel tipo di donne.

    Larson gli fece un sorrisetto stupido. «Ha qualcosa da aggiungere, avvocato?» gli chiese.

    «A dire la verità sì, Vostro Onore.» Si voltò e lanciò un’occhiata languida nella mia direzione. Anche questo faceva parte della commedia. «Credo che l’argomento principale del mio collega sia che una madre a tempo pieno è preferibile a un padre a orario ridotto. Giusto, avvocato Hillmann?»

    «Una madre a tempo pieno è preferibile a un padre al venticinque per cento. Questa è la mia premessa.»

    «Ehi, e l’altro venticinque per cento dove se n’è andato?» Sembrava sinceramente ferito.

    Io girai attorno al tavolo della difesa e mi voltai verso il giudice con un sorriso educato. «È stato accertato che il signor Woodsen ha un problema di alcolismo, Vostro Onore. Fino a che non si disintossicherà, i bambini staranno meglio con la madre. Siamo disposti a concedere visite, a patto che siano sorvegliate. La signora Woodsen non ritiene prudente che i suoi figli passino la notte con il marito quando non è presente nessun altro adulto responsabile.»

    «Nessun altro adulto responsabile?» ripeté Sam.

    «Lyle Woodsen è tutto fuorché responsabile, giudice. C’è la fondata possibilità che non sia nemmeno in sé mentre ha la custodia dei bambini.»

    «Puah!» lo sentii bisbigliare.

    Mi voltai verso di lui incredula. «Come?»

    «Non ho detto niente.»

    «Lei ha detto Puah! È un’espressione del profondo sud o cosa?»

    «Non lo so» protestò Sam. «Di sicuro non lo dicono in Texas.»

    «Signori, per favore» interruppe Larson. «Questa è un’aula di tribunale!»

    «Anche il signor Woodsen non è contento che i suoi bambini pernottino dalla madre. Lei ha... come potrei dirlo in modo gentile? Una concezione di se stessa alquanto complicata.»

    Sentii una certa tensione attanagliarmi la schiena. «Sia più preciso» intervenne il giudice

    «Sono a conoscenza del fatto che Lisa Woodsen abbia passato gli ultimi anni sottoponendosi a pesanti cure psichiatriche» rispose lui.

    Droghe, pensai io. Lui doveva trovare qualcosa che fosse peggio dell’alcolismo di Lyle e questo lo era.

    Tornai al mio tavolo e sedetti. Lo guardai cercando di immaginare che asso avesse nella manica e perché fino a quel momento non mi fossi resa conto di niente. Lui mi guardò impassibile.

    «Vostro Onore, sinceramente non so di cosa si stia parlando» dichiarai contrariata.

    Il giudice Larson sospirò esasperata. «Avvocato Case lei mi piace, ma ho l’impressione che stia cercando delle scappatoie. Perfino in un processo di divorzio, esiste la cosiddetta comunicazione.»

    Sam rivolse uno sguardo appassionato al giudice.

    I suoi occhi blu avrebbero incantato Satana e il sorriso avrebbe intenerito anche l’anima più dura. Aveva appena infranto una delle principali regole base della Corte, e io ero sicura che lo avesse fatto intenzionalmente, ma lui fece in modo di sembrare imbarazzato e confuso.

    «Vostro Onore, mi dispiace.»

    «Molto bene» rispose lei, «ma ho intenzione di aggiornare questo procedimento a venerdì per dare alla difesa una possibilità di recuperare.»

    Il giudice picchiò il martelletto e si alzò dal suo posto. Io aspettai. A Sam occorse non più di un minuto per far uscire il suo cliente fuori dall’aula.

    Io mi voltai a guardare Lisa Woodsen. «Allora cosa c’è di vero?» le chiesi.

    «Qualcosa.»

    «O tu hai fatto delle cure psichiatriche o non le hai fatte, Lisa.»

    «Sì, le ho fatte. Le sto facendo e questa volta ho intenzione di rimanere in cura.»

    «Qual è il tuo problema esattamente?»

    «È complicato.»

    «Probabilmente posso comprenderlo» le assicurai.

    «È... bene, una forma di schizofrenia.»

    Una concezione di sé alquanto complicata davvero!

    Non si trattava di droghe dopotutto, ma questo era certamente peggio dell’abitudine serale di Lyle Woodsen di farsi dei bicchierini.

    Lisa Woodsen cominciò a piangere e io estrassi un fazzoletto dalla mia borsa. Passai altri cinque minuti a consolarla prima che lasciassimo il tribunale. Quando infine lei attraversò le pesanti porte di quercia dell’atrio e uscì alla luce accecante del sole, io mi guardai in giro in cerca di Sam.

    Sapevo che mi avrebbe aspettato e, infatti, era lì. Lui abitava sopra di me e, per giunta, era il mio migliore amico, per cui mi era molto difficile riuscire a odiarlo.

    «Ti sei appena giocato un bel piatto di linguine con gli scampi, amico» sbottai seccata.

    «Avevi intenzione di cucinarmi gli scampi?»

    «No, avevo deciso di farli per me e Chloe. Pensavo di lasciarti gli avanzi, ma ora ho cambiato idea.»

    «Sei una donna cattiva, Amanda Hillmann.»

    «Solo quando mi prendono per stupida.»

    «Credevo che Lisa te lo avesse detto e che tu volessi tenertelo per te pensando che non lo avrei scoperto.»

    «Tu stavi tenendolo per te e speravi che io non lo avrei scoperto» replicai strofinandomi la fronte.

    «Un altro male di testa?» chiese Sam

    «Me lo hai fatto venire tu» mormorai.

    «No, la colpa è di Lisa Woodsen. Avrebbe dovuto avere fiducia in te, inoltre io insisto nel dirti che il tuo male di testa non è la radice del problema. È il modo in cui contrai i muscoli del collo. Girati.»

    Mi voltai. Le sue dita forti si posarono alla base del mio collo e mi toccarono tutti i punti critici lungo la linea delle vertebre.

    La mia emicrania diminuì, anche se qualcosa serpeggiò nel fondo del mio stomaco. Quella era la mia reazione normale ai suoi massaggi e io avevo imparato a ignorarla con i mesi, ma questa volta dovevo avere sospirato forte.

    «Meglio?» chiese lui.

    «Molto meglio, ma sono ancora furiosa con te.»

    Lui rise e io mi voltai a guardarlo di nuovo.

    «La nostra priorità dovrebbero essere quei bambini» dichiarai infine, obbligandomi a tornare al lavoro.

    «Sono d’accordo. Quindi dividi i tuoi scampi con me e ne parleremo a cena.»

    «No» replicai cocciuta uscendo.

    «Ho un appuntamento in ogni caso!» mi gridò dietro.

    «Questa settimana fanno già due, Sam. Tu hai un’ossessione. Vuoi che chieda a Lisa Woodsen il nome del suo psichiatra?»

    «Sono solo impegnato a cercare la donna sbagliata.»

    Che mi risultava avesse già trovato diverse volte o più precisamente sembrava determinato a non voler trovare quella giusta.

    «Buona fortuna» gli gridai di rimando. «Forse lei ti cucinerà gamberetti e linguine.»

    Uscii sulla grande scalinata di pietra dove mi concessi di scuotere la testa e di ridere forte.

    «Di nuovo Sam?» chiese una voce alle mie spalle.

    Mi voltai e mi trovai a faccia a faccia con Grace Simkanian. Anche lei era una mia vicina. Viveva un piano sopra Sam in un appartamento che divideva con Jenny Tower. Jenny faceva la cameriera e Grace era segretaria di uno dei giudici del tribunale penale.

    «Di nuovo lui» convenni.

    Raggiungemmo insieme il parcheggio.

    Le davo sempre un passaggio a casa quando ero in tribunale al pomeriggio.

    «Quando la pianterete voi due di litigare e comincerete a strapparvi i vestiti?» chiese lei.

    «È un’idea ridicola.»

    «Ah, certo! Strappare è indegno di te.»

    Questo mi fece fermare di colpo. Grace raggiunse la mia macchina senza di me.

    «Io strappo eccome!» protestai, gridandole dietro.

    «E quando? Dimmi l’ultima volta che l’hai anche solo considerato.»

    «Fammi pensare.»

    «Ci vorrà un bel po’.»

    Il bello era che aveva ragione. Erano sei settimane che non uscivo più con nessuno e l’ultima volta che l’avevo fatto con Frank Ethan, non si poteva dire che fosse un tipo che ispirasse certe idee.

    «Bene» replicai infine, «potrei farlo se lo volessi, ma perché mai stiamo discutendo di questo?» chiesi io.

    «Perché credo che tu dovresti darti da fare con Sam! È proprio il tipo perfetto per questo genere di cose.»

    «Lui non è interessato a me in quel modo.» Mi chiedevo chi avrebbe visto quella sera, se era la stessa bionda voluttuosa di lunedì.

    «Ti stai di nuovo toccando i capelli» osservò Grace. «Qual è il problema?»

    Spostai la mano velocemente. «Cosa?»

    «Ogni volta che parli di lui, ti tocchi i capelli.»

    «Non è vero.» Poi ci pensai. Come ho già detto, Sam ha una forte predilezione per le bionde. In particolare per quelle con un sacco di capelli. I miei sono corti e neri. Qualunque cosa in più stonerebbe su di me, per il mio genere di vita. Sono una madre sola. Non ho tempo per agghindarmi.

    «Se lo trovi così irresistibile, perché non ti dai tu da fare per conquistarlo?» le chiesi.

    «Io lo spavento.» Grace è bella, sofisticata e scaltra. Dice sempre quello che pensa e non chiede mai scusa. È una donna splendida con lunghi capelli neri, la carnagione scura e il genere di fisico che lascia gli uomini

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