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La maschera: Harmony Destiny
La maschera: Harmony Destiny
La maschera: Harmony Destiny
E-book144 pagine2 ore

La maschera: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Adam Grayson è un agente federale in incognito presso uno studio commercialista, dove indaga sulla scomparsa di un informatore dell'FBI.

La sua copertura prevede un travestimento da goffo intellettuale, così la bella Eva, incoraggiata da quell'aspetto innocuo, chiede ad Adam di fingersi suo marito per un weekend. Deve infatti far credere alla propria famiglia di essere una sposa felice, quando in realtà il marito l'ha abbandonata. Il viaggio però si rivela ricco di sorprese su tutti i fronti. Sotto sotto, infatti...
LinguaItaliano
Data di uscita9 gen 2017
ISBN9788858959916
La maschera: Harmony Destiny
Autore

Tori Carrington

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La maschera - Tori Carrington

    successivo.

    1

    Gran bel paio di gambe!

    Erano tre settimane che Adam Grayson non mancava di rimanere di stucco di fronte alla bellezza di quelle gambe perfette.

    Erano lunghe, sinuose e dannatamente sexy, anche se non svettavano su scarpe alte come trampoli, ma su ballerine di colore pastello che accompagnavano con finezza tailleur chiari dalla fresca eleganza.

    Anche quella volta non poté fare a meno di distrarsi dalla conversazione telefonica in cui era impegnato, per lanciare uno sguardo a dir poco ammirato alle curve invitanti di Eva Burgess, l'unica persona non fantasma del prestigioso studio commercialista Sheffert, Logan & Brace.

    Adam si slacciò il primo bottone della camicia, chiedendosi se quell'improvvisa vampata di calore dipendesse da un guasto all'aria condizionata o piuttosto dai pensieri roventi provocati dalla vista della collega.

    «Grayson, sei ancora lì?» brontolò Weckworth dall'altro capo del filo.

    «Sì, sì» rispose lui con riluttanza, mentre immaginava la bella Eva distesa sul ponte della sua barca a vela a prendere il sole in un succinto bikini. «Sì, sono qui» ripeté con tono accorato, ricordandosi che, solo pochi giorni prima, la donna aveva declinato un suo invito a cena. E quel rifiuto l'aveva deluso più del dovuto, considerato che l'incontro sarebbe dovuto servire soltanto a raccogliere informazioni cruciali sul fantomatico capo di Eva.

    «Stai lì da troppo tempo, ormai» tuonò la voce di John Weckworth. «Stai incominciando a comportarti come un maledetto ragioniere... Hai sentito almeno una parola di quello che ho detto?»

    «Sì, hai detto che mi comporto da ragioniere. Ma io sono un ragioniere» gli ricordò Adam.

    «Non essere sciocco. La tua straordinaria abilità con i numeri non ha nulla a che vedere con quel lavoro. Non dimenticare che sei uno dei migliori agenti della sezione investigativa dell'FBI contro l'evasione fiscale, e non puoi permetterti di perdere troppo tempo in uno stupido ufficio.»

    Adam fissò le carte lasciategli in eredità da Oliver Pinney, l'impiegato che aveva occupato quella stanza prima di lui, e abbassò la voce con circospezione. «Stai cercando di dirmi che mi sollevate dall'incarico?»

    «Non hai trovato niente in tre settimane. Nada, nothing, rien. Nessuna prova che ci permetta di inchiodare Sheffert al muro. Stai perdendo colpi, Grayson. Due anni fa lo avresti mandato in cella in una sola settimana.»

    «Ti ricordo che due anni fa ero infiltrato tra gruppi terroristici militanti per scoprire chi ne finanziasse le losche imprese. Non recitavo il ruolo di uno stupido e odiosissimo sgobbone in un'azienda il cui capo sembra avere una copertura a prova di bomba e sa perfettamente come nascondere i panni sporchi sotto una candida facciata di rispettabilità.»

    «Non dimenticare che saremmo costretti a dedurre che oltre ai panni ha imparato a nascondere anche un corpo o due, se Pinney non dovesse più ricomparire. A ogni modo, credi di avere qualche carta da giocare o stai ancora brancolando nel buio?»

    Adam si strinse al collo la cravatta regimentale corrugò la fronte. In effetti, era tentato di mandare all'aria l'intera operazione e quella insopportabile copertura nelle vesti di Adam Gardner, compito ragioniere dall'aria intellettualoide, con gli spessi occhialetti e i capelli tirati a lucido sotto un centimetro di brillantina. Del resto non aveva niente in mano che potesse condurre alla felice risoluzione del caso. Tuttavia...

    Adam irrigidì le mascelle e strinse gli occhi. Il suo spirito competitivo non gli consentiva di accettare la sconfitta con nonchalance. C'erano ancora un paio di grossi conti cui doveva riuscire ad accedere: Honeycutt e Rockwood. Non che si aspettasse di trovarvi chissà cosa, considerata la sorprendente trasparenza e correttezza dei conti che aveva già verificato, ma...

    Si grattò il mento. Restava un'ultima strada da battere: Eva Burgess, braccio destro di Sheffert, e probabilmente a conoscenza di fatti che si sarebbero potuti rivelare illuminanti per la sua indagine.

    In quel momento qualche tocco gentile alla porta aperta attirò la sua attenzione. Adam fece roteare la sedia girevole e vide Eva sull'uscio con in viso un sorriso imbarazzato e ansioso. «Mi dispiace disturbarti» esordì. «Non sapevo che fossi al telefono.»

    «Oh, non preoccuparti» la tranquillizzò lui. «Avevo appena finito di parlare» aggiunse, praticamente chiudendo il telefono in faccia a John. La sua attenzione era completamente catalizzata dal viso preoccupato di Eva, mentre la invitava ad accomodarsi di fronte a lui.

    Non avrebbe saputo dire con certezza cosa l'attirava di quella donna. Non era il suo tipo, anche se non da un punto di vista estetico. Il fatto era che donne di quel genere rappresentavano una sfida per un uomo, così belle e intelligenti da apparire irraggiungibili, e lui di sfide ne aveva fin troppe nel lavoro per cercarsele anche in amore. Il tipo di donna che prediligeva, perciò, era quello un po' più seduttivo, più audace, più... facile, insomma. Anche se, a dire il vero, poi se ne stancava con la stessa facilità con cui si era lasciato conquistare.

    Regine di ghiaccio del calibro di Eva non ne aveva mai accostate. E non programmava di farlo, in realtà. Considerava la vita troppo breve.

    Allora perché, mentre la guardava seduta un po' a disagio di fronte a lui, era divorato dal desiderio di andarle vicino e di stringerla tra le braccia?

    «Ho bisogno di un favore, Adam... un grande favore» sussurrò Eva. Poi tirò un profondo respiro. «Vo... vorresti essere mio marito, stasera?»

    Adam la guardò a bocca aperta. Cercava affannosamente sul viso di lei un indizio che gli rivelasse che era solo uno scherzo o una specie di candid camera. Ma Eva Burgess appariva maledettamente seria.

    Tossendo leggermente, Adam cercò di raccapezzarsi. Aveva sentito veramente quello che credeva di aver sentito? Per tutti i diavoli, proposte audaci ne aveva ricevute nella sua vita, ma mai così audaci! «Non credi che sarebbe meglio cominciare con una cenetta intima, prima?» le propose con un sorriso sornione.

    Lei lo scrutò sotto le lunghissime ciglia scure. Per un attimo aveva dimenticato la parte che stava recitando, si rimproverò Adam, conscio di essersi lasciato un po' troppo andare per un bacchettone come Adam Gardner. Si raddrizzò sulla sedia e tirò su gli occhiali spessi. «Scu... scusa, Eva. È solo che mi era sembrato di sentirti dire... sì, insomma, credevo mi avessi chiesto di sposarti... e...» La titubanza era una tattica perfetta per rafforzare nell'altro l'idea di avere a che fare con un imbranato, un uomo timido e irresoluto, che viveva fuori della realtà, chiuso nel proprio mondo di scartoffie e di numeri.

    Eva arrossì e mosse nervosamente le mani, gesto che la fece apparire più umana e naturale agli occhi di Adam. «Non intendevo chiederti letteralmente di diventare mio marito. Questo sarebbe...»

    «Ridicolo» terminò Adam con una finta smorfia rassegnata.

    «Be', sì... voglio dire, lo sarebbe perché ci conosciamo da sole tre settimane. Quello che ti sto chiedendo, invece...»

    Adam pendeva letteralmente dalle sue labbra, divorato dalla curiosità. «Quello che mi chiedi è... invece?»

    Eva deglutì a fatica e poi sputò il rospo tutto d'un fiato. «Ho bisogno di qualcuno che finga di essere mio marito per questo weekend.»

    «Capisco... E come mai hai pensato a me?»

    «Be', in realtà sei stato il quarto che ho preso in considerazione, ma il primo a cui l'ho chiesto, se questo può farti piacere.» Eva arrossì di nuovo. «Ovviamente avevo pensato a un altro modo in cui chiedertelo, ma non ricordo una sola parola del discorso che mi ero preparata.» Sorrise imbarazzata. «Vedi, mi ha chiamata mia madre stamattina e mi ha detto che mio padre sta molto male. Perciò mi ha chiesto di tornare subito a casa e di portare anche mio... marito.»

    Dopo aver ascoltato attentamente, Adam rifletté un attimo. Che cosa c'entrava lui in tutta quella storia? Fino a qualche minuto prima non sapeva neanche che Eva fosse sposata. Non portava la fede e nessuno in ufficio era al corrente della sua vita privata. Tuttavia, questo giustificava il rifiuto al suo invito a cena e la freddezza con cui trattava tutti i colleghi maschi. Doveva trovarsi veramente in difficoltà se era arrivata al punto di parlargli a quel modo. «Immagino che sia naturale portarci tuo marito, quindi» disse con cautela, «visto che a quanto pare ne hai uno.»

    «Sì, cioè... no.» Eva abbassò gli occhi repentinamente, incapace di sostenere più a lungo il suo sguardo. «Volevo dire, ne avevo uno. Abbiamo appena divorziato.»

    Adam si sentì istantaneamente e illogicamente sollevato. Era divorziata. Bene. Non ci sarebbe stato nessun marito geloso a correrle dietro quando l'avrebbe portata via sulla sua barca a vela per un magico weekend di fuoco. «Lasciami indovinare. I tuoi genitori non sono al corrente degli ultimi... sviluppi.»

    «No, non sanno niente. Vivono lontano, in Louisiana, in un posto a circa settanta chilometri da New Orleans.»

    Louisiana? Adam inarcò un sopracciglio. Di solito era bravo a indovinare gli accenti, ma quello di Eva non era riuscito a riconoscerlo. Doveva essersi trasferita nel New Jersey da molti anni, suppose.

    «La mia famiglia non ha mai conosciuto Bill... il mio ex marito... nel caso ti stia domandando come possa far credere loro che sia tu.»

    Adam la guardò leggermente perplesso.

    «Lo so... lo so che quello che ti sto chiedendo ti sembra assurdo, ma ti prometto che se accetti non durerà più di un solo giorno. Dirò loro che devi tornare subito al lavoro, così potrai ripartire l'indomani stesso... E ti potrei anche far visitare New Orleans, se ti va. Sarà il mio ringraziamento speciale per la tua disponibilità.»

    Adam prese a giocherellare con la cravatta, prendendo in seria considerazione l'assurda proposta. Non poteva negare che professionalmente era un'occasione d'oro. Forse, stando più a stretto contatto con Eva Burgess, sarebbe finalmente riuscito a mettere le mani sulle prove che cercava per incastrare Norman Sheffert. Eva era la sua ultima possibilità. E, d'altro canto, non gli dispiaceva affatto passare ventiquattr'ore filate di fianco a quella magnifica donna.

    Nonostante tutto, però, esitò prima di accettare. Una repentina risolutezza avrebbe potuto far dubitare del suo personaggio. «Non... non so cosa rispondere» disse con fare incerto, giocherellando con una matita. «Mi sembra un tantino... illogico, ecco.»

    «Lo so che ti sembrerò pazza, ma credimi, è vitale per

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