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La sfida della seduzione: Harmony Destiny
La sfida della seduzione: Harmony Destiny
La sfida della seduzione: Harmony Destiny
E-book191 pagine2 ore

La sfida della seduzione: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

James Gillen e Natasha Remington sono due amici che hanno qualcosa in comune: sono stati entrambi appena mollati! Decidono, così, di imbarcarsi in una missione molto rischiosa: diventare entrambi irresistibili per il sesso opposto.

Detto, fatto. La timida bibliotecaria Nat diventa la seducente ed eccitante Tasha, mentre il rigido e benestante James si trasforma in Jamie, un uomo che ama rischiare e giocare sporco. Ma quando, per verificare che abbiano imparato l'arte della conquista, Nat e Jamie iniziano a sedursi a vicenda, l'attrazione incandescente che accendono rischia di bruciare entrambi.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2021
ISBN9788830526198
La sfida della seduzione: Harmony Destiny
Autore

Barbara Dunlop

Tra le autrici più note e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La sfida della seduzione - Barbara Dunlop

    successivo.

    1

    Non ero del tutto sola. Avevo degli amici a lavoro. Conoscenti, in realtà, ma con alcuni andavamo a pranzo fuori e a bere qualcosa la sera, prima di rientrare a casa.

    Le mie amiche di sempre Layla e Brooklyn non vivevano più a Seattle, purtroppo.

    A me piacevano i gatti. Avevo sentito dire che era meglio adottarli in coppia, così avrebbero potuto tenersi compagnia in caso di assenza del padrone.

    Una bibliotecaria con due gatti. Perfetto.

    Mi trovavo al bar dell'Harbor Tennis Club di Seattle e stavo leggendo un messaggio di Sophie Crush, la quarta amica del nostro gruppo. Nei campi coperti sotto di me si stavano giocando diverse partite. I rumori sordi prodotti dalle palline che colpivano il terreno facevano compagnia alla tisana che si stava raffreddando sul tavolino.

    Mi piacevano le tisane. In ogni caso avrei dovuto scegliere tra tisane e gatti per evitare di trasformarmi in un cliché.

    Avevo conoscenti anche all'Harbor Club, di cui facevo parte da quando ero una ragazzina.

    Ma i conoscenti non sono amici stretti. Con loro non si può trascorrere un tranquillo sabato pomeriggio a chiacchierare, mangiando gelato e aggiungendo del vino non appena l'orologio segna le quattro. Non sono persone sulle quali contare quando ci si sente giù. E io mi sentivo proprio così.

    Mi dissi che era normale. E lo era. Non invidiavo il lieto fine che avevano avuto Layla e Brooklyn. Ero felice per loro, però mi restava difficile sentirmi felice per me stessa.

    Controllai ancora il cellulare. Il messaggio di Sophie continuava a fissarmi.

    Il pranzo con il suo nuovo ragazzo stava durando più del previsto e dalla faccina sorridente immaginai che stesse andando alla grande. Ero felice anche per lei, ma ancora una volta non per me stessa.

    Aveva annullato la nostra partita del sabato all'ultimo minuto e quindi me ne stavo seduta da sola con addosso i pantaloncini e la racchetta accanto senza nulla in programma. Mi chiesi fino a che ora fosse aperto il rifugio per animali nel weekend.

    Pensai a quanto la cosa fosse patetica: mi piacevano i gatti, ma non ciò che rappresentavano, come se mi fossi arresa e avessi iniziato un lungo percorso verso la pensione.

    Wow. Mi sforzai di essere autoironica. Ero passata da una partita di tennis annullata alla pensione. Forse una tequila sarebbe stata più utile della tisana.

    Una delle partite finì. Due uomini si strinsero la mano e uscirono dal campo. Riconobbi James Gillen, fratello maggiore di Layla, sposata con Max Kendrick. Forse lui era l'unico dell'intero club a essere messo peggio di me.

    Non riuscivo a capire se la cosa mi facesse sentire meglio o peggio. Meglio, suppongo, dato che ero umana, non una santa. Ma peggio per lui. Essendo umana ero pur sempre capace di provare empatia. Non avrei augurato a nessuno quello che era capitato a lui.

    James stava con la mia bellissima amica Brooklyn fin dai tempi delle superiori. Avevano passato un anno intero a organizzare un matrimonio straordinario. E, in effetti, lo era stato, almeno all'inizio, un attimo prima che Brooklyn lasciasse James all'altare di fronte a cinquecento invitati.

    Non davo tutta la colpa a Brooklyn. Il suo nuovo marito, Colton Kendrick, bello e di successo, era un ottimo partito.

    Il fatto che due uomini desiderassero sposare Brooklyn non mi sorprendeva. Lei risplendeva. E il suo bagliore attirava gli uomini come mosche. Era un dono.

    Avrei voluto averlo anch'io.

    Per un attimo finsi che fosse così. Feci un sorriso alla Brooklyn al mio riflesso sulla finestra che dava sui campi da tennis.

    Sorseggiai la tisana tiepida immaginando che fosse tequila.

    Le bibliotecarie non risplendono. Non sono progettate per farlo. Sono affidabili, ma non attirano le attenzioni di nessuno.

    Mi sfilai gli occhiali sportivi e presi quelli che portavo tutti i giorni mentre una coppia entrava nel bar. Li riconobbi e il mio cuore sprofondò ancor di più.

    Si trattava di Henry Reginald Paulson III e della sua bellissima e spumeggiante fidanzata.

    Credevo si chiamasse Kaylee, o Candi. Non l'avevo mai vista giocare a tennis, però di certo Henry non sceglieva le ragazze in base alle loro capacità atletiche.

    La famiglia Paulson gestiva l'Harbor Club, organizzava raccolte di fondi e faceva parte del consiglio di amministrazione. Erano membri di quel club privato da tre o quattro generazioni. Henry era l'erede al trono. Era anche il mio ex. Mi aveva lasciata senza troppi complimenti a maggio, lo stesso giorno del mio quinto anniversario come dipendente della Northridge Library. Per questo avevo diritto a una settimana extra di ferie e a parcheggiare due isolati più vicino all'edificio. Desideravo da tempo quelle gratifiche e non vedevo l'ora di incontrare Henry per concludere la giornata.

    Ma la nostra cena di festeggiamento si era trasformata in una solitaria corsa in taxi verso casa prima ancora che fossero serviti gli antipasti.

    Henry mi aveva detto che saremmo rimasti amici, che mi ammirava e che un giorno avrei reso felice qualcuno.

    Non si era lamentato del mio aspetto. Tuttavia, dato che mi aveva rimpiazzata con una donna bellissima, potevo benissimo trarre le mie conclusioni.

    Henry mi vide. Sorrise e mi salutò come se fossimo effettivamente rimasti amici, mentre da quando ci eravamo lasciati non ci eravamo più rivolti la parola.

    Come avrei voluto non essere seduta lì da sola. Avrei voluto essere in campo a giocare con Sophie. Avrei preferito essere ovunque anziché...

    «Ciao Nat» fece la voce di un uomo alle mie spalle. Sollevai lo sguardo e vidi James. «Aspetti qualcuno?» chiese.

    «Sophie ha annullato. Devo cancellare la prenotazione.»

    «Sta bene?»

    «Sì. C'è stato un imprevisto.»

    «Posso sedermi?»

    «Certo.» Indicai una delle altre sedie. In quel momento avrei voluto baciarlo.

    «Sto morendo di sete» esclamò. Fece un cenno al cameriere. «Prendi qualcos'altro?» Il cameriere arrivò subito. «Una birra alla spina» ordinò James. Poi rivolse lo sguardo su di me.

    «Buona idea» risposi. Non erano ancora le quattro, ma in una giornata come quella non importava.

    «Com'è andata la partita?» domandai.

    «Caleb è un ottimo giocatore. Mi sono allenato per bene.»

    James si era fatto una doccia veloce. Era un bell'uomo, alto e atletico. Non era appariscente come Henry ma tutti lo rispettavano per le sue doti da giocatore.

    Ora doveva sopportare i pettegolezzi sulla fuga di Brooklyn all'altare. Molti erano convinti che Brooklyn fosse troppo per James. Immaginavo che dicessero lo stesso anche su di me.

    Mi chiedevo se avrei mai smesso di sentirmi così umiliata.

    «Forse più tardi farò un giro in bici per recuperare la partita persa» osservai. Non ero fissata con lo sport, ma le partite del sabato erano il mio allenamento settimanale.

    «Dove?» chiese lui.

    «Di solito lungo il lago Cadman, il mio appartamento si trova a pochi isolati da Green Gardens.»

    «Ci sono stato. Non è male in autunno.» Arrivò il cameriere con la birra. «Potrebbe annullare la prenotazione della signorina Remington?» gli domandò James.

    «Certo.»

    «Non sarà un giro lungo se la berrò tutta.»

    James rise alla mia battuta. «Magari domattina.» Mentre brindavamo, vidi che Henry cingeva Kaylee con un braccio.

    «Qualcosa non va?» chiese James.

    Mi resi conto di essere accigliata. «No, niente.» Riportai l'attenzione su James.

    Lui, però si voltò e vide Henry.

    «Ahhh, Paulson. Dev'essere fastidioso.»

    Non era esattamente l'espressione che avrei usato io.

    «Già» ammisi. Gli occhi azzurri di James si fecero comprensivi. Non volevo la sua compassione. In realtà in quella fase della mia vita c'erano diverse cose che non quadravano.

    Cercai di scuotermi. «Non è niente in confronto a te.» Quelle parole mi uscirono di bocca prima che potessi rendermene conto. Cercai di recuperare. «Cioè... non volevo... scusa.»

    «Meglio dirlo ad alta voce che pensarlo e basta... o bisbigliare come fanno tutti gli altri. E in effetti non è niente in confronto a me. Sono stato mollato più in grande di chiunque altro qui all'Harbor Club

    Volevo contraddirlo, e probabilmente avrei dovuto farlo, ma aveva ragione, e qualunque cosa avessi detto, avrei mentito.

    «Adesso come stai?» gli domandai.

    «È strano. Continuo a trovare le sue cose nel mio appartamento e non so cosa farmene. Dovrei spedirgliele? Bruciarle?»

    «Bruciale. Be', forse non avrei dovuto dirlo.»

    James rise. «Mi piace il tuo stile.»

    Brooklyn era un'amica, ma anche le amiche più strette si comportavano male. James aveva tutto il diritto di essere arrabbiato con lei.

    «Sapresti spiegarmi cosa vogliono gli uomini?» gli chiesi.

    Alla prima birra ne era seguita un'altra.

    «Ne dubito» fece lui.

    «Sono solo superficiali?»

    «La maggior parte.»

    «Voglio dire, guarda Candi.»

    «Credo si chiami Callie.»

    «Non Kaylee?»

    «Dovremmo chiederglielo?»

    «No!» Il mio tono impaurito lo divertì. Abbassai la voce e mi sporsi verso di lui. «È davvero questo che vogliono tutti gli uomini?»

    James lanciò un'occhiata verso il loro tavolo. «Alcuni.»

    «Alcuni o la maggior parte?»

    «Okay, molti.» Sospirai. Non ero delusa, dato che conoscevo già la risposta. «Le donne non sono meglio» continuò James.

    «Noi non siamo fissate con l'aspetto.»

    «E invece sì, e siete ancora più ossessionate dal potere.»

    Ero in parte d'accordo con lui. «Cerchiamo anche comprensione e senso dell'umorismo.»

    «È piuttosto difficile quantificare il senso dell'umorismo.»

    «Già, e non lo si nota da lontano.»

    «Visto? Uomini e donne sono uguali. È normale guardare prima l'aspetto, forse perché al primo incontro è la cosa più facile da valutare.»

    «Mi piacerebbe avere un bell'aspetto.» Mi pentii subito di averlo detto.

    James non era il mio migliore amico, e quelle non erano le chiacchiere del sabato pomeriggio. Ora mi stava fissando, tanto da farmi sperare che la terra si aprisse e mi ingoiasse.

    «Perché dici così?» domandò.

    «Perché non sarebbe male. Dovresti saperlo, sei stato con Brooklyn per così tanti anni.»

    Chiunque si fosse innamorato di Brooklyn doveva comprendere il fascino di una bella donna.

    «Voglio dire, perché non credi di esserlo?»

    «Stai scherzando? Sono una bibliotecaria qualunque.»

    «Be', non sei un'icona di stile» osservò lui.

    «Esattamente.» Il mio ego accusò il colpo. Di certo non mi sarei aspettata che James esaltasse la mia bellezza, tuttavia era difficile mandar giù la schiettezza.

    «Però sei carina.»

    «Oh, no. Non puoi fare marcia indietro. La prima reazione è quella che conta.»

    «La prima cosa che ho pensato è che la materia prima c'è.»

    «Sono tutta un fremito.»

    Mi sorrise.

    Stavo scherzando, anche se non del tutto. Avrei potuto scherzare sul mio aspetto, di certo non avrei ceduto allo sconforto. Essere una tipa qualunque andava benissimo. La gente viveva felice pur essendo normale. In effetti la maggior parte delle persone aveva un aspetto normalissimo.

    «Hai visto chi ha sposato Brooklyn?» mi chiese James. Lo avevo visto. Non avevo partecipato al matrimonio di Brooklyn con Colton, ma ero stata al matrimonio di Layla con il gemello di Colton, Max. Colton e Max erano ricchi e bellissimi. Sembravano anche delle bravissime persone. Annuii. «E allora puoi immaginare come mi sento.»

    «La materia prima c'è» osservai.

    James scosse la testa e sembrò trattenere una risata. «Vogliamo restarcene seduti qui a commiserarci?»

    «È l'esatto contrario di ciò che vorrei fare» ammisi.

    «E cosa avresti voglia di fare?»

    Guardai la mia racchetta. «Volevo giocare a tennis.»

    «Non ora. Intendo in generale, nella vita, nel futuro.»

    «Stavo pensando di prendere un gatto.»

    «Sul serio?»

    «No.»

    «Un gatto è un grosso impegno.»

    «Non ti piacciono i gatti?»

    «Credo che preferirei un cane. Prima, però, mi servirebbe una casa.»

    Sapevo che lui e Brooklyn avevano intenzione di iniziare a cercare casa subito dopo il matrimonio.

    «I cani hanno bisogno di un giardino» dissi invece.

    «Forse comprerò una casa» dichiarò.

    Sarebbe stato bello potermi permettere una casa. Non avevo così tanti soldi. Nel futuro immediato sarei rimasta nel mio monolocale.

    «Le case sono un buon investimento» riflettei.

    James era un

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