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Sedotta dall'ex
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E-book152 pagine2 ore

Sedotta dall'ex

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Info su questo ebook

A volte l'uomo sbagliato arriva proprio al momento giusto.

Il chirurgo Kate Spencer ha raggiunto tutti gli obiettivi professionali che si era prefissata. A-desso però la sua carriera si trova a un bivio e l'unico uomo in grado di aiutarla è il sexy avvocato Matt McKayne, che guarda caso è anche il suo ex.

Matt ha distrutto il suo mondo e infranto tutti i suoi sogni, ma adesso rappresenta l'unica speranza che le è rimasta. Per proteggere la propria carriera Kate sarà costretta a fare ciò che aveva giurato non avrebbe fatto mai più: fidarsi ancora di lui. Per proteggere il proprio cuore, invece, dovrà resistere al tocco seducente delle sue mani e al suo sguardo misterioso che ancora la accendono di desiderio
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788830514218
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    Anteprima del libro

    Sedotta dall'ex - Amber Mckenzie

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Resisting Her Ex’s Touch

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Amber Whitford-McKenzie

    Traduzione di Silvia Calandra

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-421-8

    1

    Il cuore le batteva forte nel petto, in perfetta sincronia col ticchettio dei tacchi degli stivali sul pavimento di linoleum. Aveva tutto da perdere e nessuna possibilità di controllo su un evento che avrebbe deciso del suo futuro. Per alcuni sarebbe stato di conforto sapere di essere nel giusto e di non aver commesso errori, ma non per la dottoressa Kate Spencer. Aveva imparato da piccola che le cose brutte accadevano, che si meritassero oppure no. Percorse il corridoio del Boston General con riluttante determinazione. Per la prima volta in cinque anni si sentiva a disagio in ospedale. Era abituata a sentirsi nel suo elemento con indosso gli indumenti da sala operatoria e l’attenzione rivolta al suo lavoro di chirurgo. Ma quel giorno era diverso. Era tesa e consapevole che avrebbe potuto avverarsi il presagio di alcune settimane prima.

    Dopo tanti anni di studio e di sacrifici, Kate ormai ce l’aveva quasi fatta. Era un medico, un chirurgo, e di lì a poco sarebbe andata a lavorare presso uno dei più noti ospedali di New York, dove aveva ottenuto una borsa di studio. Doveva fare ancora tre mesi d’internato a Boston, dopodiché poi sarebbe volata a New York per completare la specializzazione e approfittare di quel nuovo inizio.

    Lo avevano chiamato un incontro strategico. Non aveva capito cosa volesse dire esattamente, ma Kate sapeva che avrebbero parlato di quella notte, e il senso di colpa era schiacciante. Tirò un respiro profondo e cercò di assumere un’espressione professionale. Era la responsabile degli specializzandi in uno dei cinque programmi nazionali più importanti di chirurgia. Arrivava in ospedale tutte le mattine non più tardi delle cinque e mezza e non andava mai a casa prima delle sette di sera. La sala operatoria, curare le persone, era diventata la sua ancora di salvezza. Le piaceva lavorare con meticolosità, accettare le sfide e sforzarsi di superare difficoltà e imprevisti.

    In un luogo dove poteva capitare che le situazioni sfuggissero al controllo, Kate si sentiva sicura di sé e delle proprie capacità per il bene del paziente.

    Kate spinse la porta di vetro satinato della sala riunioni ed entrò. Si sedette al grande tavolo di legno dove c’erano già tutti i partecipanti all’incontro. Il direttore generale dell’ospedale, l’avvocato, il direttore del personale e il dottor Tate Reed, chirurgo vascolare, suo coimputato ed ex fidanzato.

    Sapeva che non sarebbe stato facile, ma faceva più male di quanto avesse immaginato. A nessuno piaceva affrontare i propri errori, e Kate raramente ne commetteva. Aveva fatto un giuramento, ripromettendosi di non fare mai soffrire le persone che amava, e prima di Tate non era mai accaduto. Erano passati sei mesi e ogni giorno si rammaricava per quello che era successo. Non si era mai innamorata di lui e quella notte terribile era stata costretta ad ammettere che non era l’uomo per lei. Quando entrò, tutti la salutarono con un cenno, a parte una persona che finse di non vederla.

    «Buongiorno, dottoressa Spencer. Prego, si sieda pure» la invitò il dottor Williamson, il direttore del personale.

    Solo allora lui sollevò lo sguardo e i loro occhi s’incontrarono. E lei notò la stessa combinazione di sofferenza e collera che l’aveva colpita sei mesi prima. E la cosa peggiore era che sapeva di meritare il suo disprezzo. Era tesa mentre cercava di mantenere un’espressione neutrale e nascondere il dolore e il rimorso che sentiva ogni volta che pensava a Tate.

    Si sedette sulla sedia di pelle più lontana da Tate e desiderò con tutte le sue forze di sprofondare. Guardò gli altri uomini, cercando di rammentare a se stessa che doveva essere forte e sicura. Era l’unica donna in una sala di uomini potenti. Avrebbe avuto tutto il tempo per crogiolarsi nel senso di colpa in seguito, quando non fosse più stata davanti a quel pubblico.

    Jeff Sutherland, il legale dell’ospedale, diede inizio alla riunione. «Come tutti sapete, quattro settimane fa il dottor Reed, la dottoressa Spencer e altri membri del personale del Boston General sono stati denunciati dalla famiglia Weber per aver causato la morte del loro parente e hanno chiesto un risarcimento multimilionario. L’accusa sostiene che il signor Weber sia stato portato in sala operatoria in ritardo e che questo ne abbia provocato il successivo decesso. Sostiene inoltre che, se avesse ricevuto cure mediche e chirurgiche più tempestive, sarebbe potuto sopravvivere.»

    «Si sbagliano» replicò Tate senza incertezze.

    Jeff sollevò lo sguardo per un istante e poi proseguì. «Nella sua dichiarazione, la famiglia Weber sostiene che ci sia stato un ritardo di venti minuti e che la dottoressa Spencer, dopo aver formulato la diagnosi del signor Michael Weber di aneurisma fissurato all’aorta, abbia perso tempo nel rintracciare il dottor Reed. Per questo motivo il signor Weber avrebbe raggiunto la sala operatoria solo cinquantacinque minuti dopo la diagnosi, e a quel punto le sue condizioni erano così gravi che a nulla sono valsi i tentativi del dottor Reed di riparare l’aneurisma.»

    «Non sarebbe sopravvissuto comunque» dichiarò Kate, rivedendo nella mente per l’ennesima volta le immagini di quella notte. Il dolore e la perdita erano stati devastanti. Era stata l’unica volta in cui aveva desiderato non doversi occupare di un caso, non trovarsi in sala operatoria. Lavorare con Tate, sapere che quel caso era disperato, che il signor Weber, e loro due, non avevano alcuna possibilità di farcela. Per la prima volta in tutta la sua carriera si era sentita una vigliacca perché non era riuscita a parlare a Tate della futilità delle loro azioni. Non sapeva se a causa di ciò che c’era stato tra loro o se perché quella sera non era riuscita a sopportare la prospettiva di dire alla signora Weber che l’uomo che amava sarebbe morto.

    «Tate» intervenne il dottor Williamson, «ho rivisto il caso ed è opinione mia e del consiglio dell’ospedale che tu ti sia comportato in maniera corretta e tempestiva con il signor Weber. Le sue condizioni erano così critiche che neanche un intervento chirurgico immediato gli avrebbe salvato la vita. Molti chirurghi vascolari non avrebbero neanche accettato d’intervenire su una fissurazione così estesa. E ora, poiché tu hai tentato, la famiglia scarica su di te le responsabilità.»

    «Grazie, David. Apprezzo il tuo sostegno» replicò Tate.

    Kate sospirò e sollevò lo sguardo su di lui, pensando che avrebbe condiviso con lei la sensazione di sollievo, ma non la guardò. E quella sensazione svanì quando si rese conto che loro due non condividevano più nulla.

    Provò di nuovo a concentrarsi sulle parole del direttore del personale. Sapeva di dover separare la vita personale da quella privata. Il problema era che Tate aveva fatto parte di entrambe. Prima erano stati colleghi, poi amici e alla fine amanti. Tutti pensavano che fossero una coppia perfetta. Tutti tranne Kate.

    «Sfortunatamente in questo caso non conta solo la mia opinione» continuò Williamson. «La famiglia Weber è stata in grado di documentare, con la conferma di alcune testimonianze, che Kate ha impiegato circa venti minuti a mettersi in contatto con te quella sera. Perciò hanno deciso di fare causa e, benché diversi esperti siano d’accordo che le condizioni del signor Weber fossero disperate, vogliono portare la questione in tribunale.»

    Kate non riusciva a pensare a nulla che potesse desiderare di meno e sentì lo stomaco rivoltarsi al pensiero di un processo. Gli eventi di quella sera erano strettamente legati a quelli della sua vita privata. E sarebbero stati discussi ed esaminati in pubblico. Aveva avuto sei mesi per riflettere su quella notte e, professionalmente, era del tutto certa che non fosse stato quel ritardo a causare la morte del signor Weber.

    «Per rispondere all’azione legale, l’ospedale ha deciso di avvalersi di un consulente esterno che rappresenterà tutte le parti coinvolte» annunciò Jeff. Il linguaggio del corpo di Kate e l’insolito silenzio di Tate furono più significativi di molte parole.

    «Dottoressa Spencer e dottor Reed, questo ospedale si aspetta che collaboriate al cento per cento con il nostro avvocato per tutte le questioni inerenti a questa causa» annunciò con determinazione Quinn Sawyer, il direttore generale. «Non serve che vi ricordi il rischio che corrono questo ospedale e le vostre carriere se non dovessimo vincerla. Confido che il vostro rapporto personale non interferirà con la capacità di proteggere i nostri interessi.»

    «La dottoressa Spencer e io non abbiamo più alcuna relazione.»

    Kate sentì una vampata di calore risalirle il collo e il viso. Fissò la finestra, incapace di controllare l’umiliazione di vedere la sua vita privata esibita davanti agli uomini più importanti dell’ospedale. Aveva sempre fatto in modo di non sbandierare la relazione con Tate. Non voleva che si pensasse che aveva fatto carriera per motivi diversi dalle sue doti professionali ed etiche. La faceva stare male pensare che, adesso che tra lei e Tate non c’era più nulla, tutti si sarebbero fatti domande sulla loro relazione. Notò appena la porta che si apriva e richiudeva mentre cercava di tenere a bada le emozioni.

    «Avvocato McKayne, le presento i nostri dirigenti» disse Jeff e la sua voce riecheggiò nella stanza.

    Il cuore di Kate cessò di battere e le parve improvvisamente che il tempo si fermasse. Doveva aver sentito male e, in cerca di rassicurazione, si voltò verso la porta.

    Nella frazione di secondo che i loro sguardi impiegarono a incontrarsi, Kate impallidì. Avvertì una fitta al petto e il sapore amaro della bile in gola. Chiuse gli occhi, sperando che, riaprendoli, avrebbe visto qualcun altro in fondo al tavolo. Ti prego, fa’ che non sia lui. Ma quando li riaprì vide lo stesso uomo. Non era cambiato negli ultimi dieci secondi, e neanche tanto negli ultimi nove anni.

    Kate fu solo vagamente consapevole delle presentazioni che fecero intorno al tavolo. Si sentiva svenire, era confusa, accecata dai flash del passato che cercava disperatamente di conciliare con gli eventi del presente. Non aveva più il controllo di ciò che stava avvenendo dentro di lei.

    «Dottoressa Spencer.»

    «Kate.»

    «Katherine.» Fu la voce di Tate che pronunciava il suo nome, per la prima volta dopo tutti quei mesi, a riportarla al tavolo. La fissava con lo sguardo confuso. Tutti la fissavano stupiti. Lei era quella che normalmente era impassibile, forte, determinata. Fino a quel giorno. Si alzò piano, pregando che le gambe la sostenessero.

    «Dottoressa Kate Spencer, le presento l’avvocato Matthew McKayne. Il vostro e il nostro legale.»

    Kate si voltò verso Matt e lo vide tenderle la mano. Il gesto era appropriato, date le circostanze, ma assolutamente fuori luogo dato il loro passato. Non voleva stringergli la mano, guardarlo, avere a che fare con lui. E lo stupore si trasformò in collera quando incrociò lo sguardo dell’uomo che non avrebbe mai più voluto rivedere.

    Katie era ancora la ragazza più bella che avesse mai visto, anche se non era più una ragazza ma una donna adulta e attraente. Matt si sforzò di restare impassibile mentre la osservava. Era sempre stata più alta della media, ma la sua figura era cambiata. La morbidezza del corpo e dell’espressione erano svanite. La Katie che aveva davanti aveva un corpo più atletico, le gambe erano muscolose sotto

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