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Un tuffo nel passato: Harmony Bianca
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Un tuffo nel passato: Harmony Bianca
E-book177 pagine3 ore

Un tuffo nel passato: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa.

Il dottor Matthew Chase è letteralmente scioccato quando scopre di dover collaborare con Amanda Wakehurst, l'ultima donna che avrebbe voluto incontrare.
Quello che Matthew ancora non sa è di essere il padre del piccolo Tristan, il figlio che Amanda ha avuto da lui dopo un'indimenticabile notte passata insieme. Lo scopre quando il bimbo si ferisce gravemente e la donna che credeva di aver dimenticato ha bisogno del suo aiuto. In quelle drammatiche ore Matthew capisce quanto desideri far parte della vita di Tristan, e di Amanda, per sempre.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2019
ISBN9788830508460
Un tuffo nel passato: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Un tuffo nel passato - Annie O'neil

    successivo.

    1

    Matthew non riusciva a nascondere la frustrazione che provava. Forse avrebbe fatto meglio a soccombere alle frivolezze della stagione e a indossare uno di quei ridicoli maglioni natalizi, se non altro per mitigare l'espressione truce e il tono seccato.

    Non avendo ottenuto alcuna risposta alla domanda che aveva posto, ripeté: «Non aveva detto che il lavoro era mio?».

    Il dottor Menzies lo guardò come se gli avesse appena detto che Babbo Natale non esisteva.

    Oh, oh, oh, Buon non-Natale.

    Il suo mentore si agitò sulla sedia e, rompendo il contatto visivo con lui guardò fuori dalla grande finestra che occupava tutta la parete.

    Dal Pronto Soccorso continuava ad arrivare l'usuale brusio, proprio come se non fosse accaduto nulla, nonostante qualcuno gli avesse praticamente tolto la terra da sotto i piedi. A lui e al dottor Menzies, a giudicare dalla sua espressione. Esattamente come lui, il primario del reparto di medicina e chirurgia sembrava non gradire il cambiamento di programma. O forse stava semplicemente controllando come procedevano i lavori per addobbare la strada in vista delle festività natalizie.

    Ghirlande, enormi sfere luccicanti e vischio in abbondanza. La squadra di volontari dell'ospedale addetti alle decorazioni era all'opera. Era una giornata fredda, ma il cielo era terso. L'unica nuvola aveva seguito Matthew dentro l'ospedale e si era fermata sopra la sua testa.

    Matthew rimase immobile, come faceva sempre quando il livello di tensione raggiungeva il picco massimo. Era l'unico modo per assicurarsi che chi gli stava davanti non riuscisse a interpretare i suoi pensieri.

    «Come lei ben sa, dottor Chase, spesso le cose si rivelano più...» Il dottor Menzies si interruppe per cercare il termine adeguato, «... fluide di quanto ci si potesse immaginare in un primo momento.»

    «Fluide.»

    La sua non era una domanda. Com'era possibile che il posto di direttore del Pronto Soccorso che gli era stato promesso all'improvviso non fosse più suo?

    «Sappiamo quanto lei sia stato generoso...»

    Matthew lo interruppe immediatamente con un grugnito e un gesto irritato della mano. Non aveva fatto una donazione per la costruzione di una nuova ala dell'ospedale per ottenere un posto nella struttura.

    «Mi sono guadagnato quel posto. L'unità di Sostegno per i Soldati non c'entra niente con me.»

    «Al contrario, Matthew, c'entra eccome. È stato lei a fondare quella dannata organizzazione benefica. Pensi alle vite che sono state già salvate nella nostra clinica in Sussex e se non le dispiace, le dirò anche...»

    «Sì, mi dispiace» lo zittì Matthew.

    Conosceva le statistiche meglio di chiunque altro. I casi di suicidio tra i veterani avevano superato da anni ormai quelli delle vittime cadute in combattimento. Negli Stati Uniti si toglievano la vita più di una dozzina di soldati al giorno. Al giorno! Non aveva nessuna intenzione di permettere che qualcosa di simile succedesse anche nel Regno Unito. Non se poteva impedirlo.

    Sapeva per esperienza personale quanto il peso della morte di un veterano fosse difficile da sopportare.

    «Con il dovuto rispetto, Donald, non mi importa di quante volte il consiglio di amministrazione mi ha chiesto di dirigere il reparto. Non sono la persona adatta. Preferisco lavorare in Pronto Soccorso» dichiarò in un tono che non ammetteva repliche.

    L'anonimia del Pronto Soccorso era quello che faceva per lui. La prossimità con il reparto di Sostegno per i Soldati era semplicemente... utile.

    Il suo sguardo fu brevemente attratto da un paio di assistenti che litigavano con un albero di Natale nel tentativo di sistemarlo in un angolo della sala d'attesa. Il Natale sembrava arrivare ogni anno sempre prima. Al diavolo le feste! E anche ai cantori che bloccavano l'entrata. Per non parlare dell'ultimo dell'anno.

    Ogni giorno è l'inizio di un nuovo anno. Non solo quello evidenziato sul calendario con tenere immagini di coniglietti o di vigili del fuoco.

    «Dottor Chase, credo che ci fossero delle riserve riguardanti...»

    «Non provi a dirmi che tutto questo riguarda...» Matthew lo interruppe, poi si zittì.

    Non ce la poteva fare. Non ancora. Forse non ce l'avrebbe mai fatta. Ma in quel periodo dell'anno, con tutte le luci, le opulente decorazioni, la gente carica di pacchetti che procedeva sgomitando per strada, gli risultava difficile non pensare alla sua deflagrante famiglia.

    Il paragone con un'esplosione nucleare era più azzeccato. O forse con un'implosione? Meglio lasciar perdere.

    In ogni caso, quello che era rimasto della sua famiglia si era disperso anni prima e nemmeno tutto il pudding alle prugne del mondo sarebbe riuscito a ricongiungerne i membri.

    Per quanto gli risultasse difficile, Matthew impedì alle mani di stringersi a pugno. La frustrazione, e non la furia omicida, le aveva indotte a irrigidirsi in nodi strettissimi d'acciaio e di tendini. Le pareti intorno a lui erano state ufficialmente avvertite. Se il consiglio di amministrazione dell'ospedale non avesse cambiato idea, una di loro sarebbe stata decorata con un bel buco.

    Il dottor Menzies non prese in considerazione l'interruzione. «Qualcuno si è mostrato reticente per via dei ripetuti periodi di servizio volontario...»

    «Che cosa c'entra? Ho fatto solo il mio dovere.»

    Più che altro per evitare la sua vita.

    «Matthew, io lo so che quando dice di voler fare un lavoro, lo farà. In alcun modo metto in dubbio le sue capacità, ma...»

    «Ma che cosa? Sono abituato a lavorare in una tenda, sotto i bombardamenti, crede che non riuscirei a gestire un Pronto Soccorso nel centro di Londra?»

    Il dottor Menzies si grattò il mento. «Non è questo il problema. Si tratta piuttosto di una questione di... impegno. Che lei decida di lavorare per il reparto Sostegno per i Soldati o...»

    «Gliel'ho già detto. Il mio sostegno all'unità per la cura dei disturbi post traumatici da stress è completo, però non voglio lavorare in quel reparto. Non è il mio forte. Il mio forte sono i traumi fisici.»

    I traumi fisici erano più che gestibili, quelli emotivi... no. Inoltre chi avrebbe voluto che ogni giorno gli venisse ricordato il fratello che non era riuscito a salvare? Il fratello di cui aveva promesso di occuparsi?

    «Dottor Chase, lei sa che sono pronto a combattere al suo fianco fino a dare il sangue, ma nel caso specifico l'ho già dato e purtroppo la decisione è stata presa. Il consiglio d'amministrazione è stato chiaro. Il piano prevede che lei lavori per un mese con l'altro candidato in cima alla graduatoria. Con l'anno nuovo decideranno a chi assegnare la posizione. Le sue capacità non c'entrano. È semplicemente una questione politica.»

    «Politica.»

    Il termine rimase come appeso tra loro nell'aria, assumendo le sembianze di un capestro.

    Era incredibile. Aveva accumulato le ore di prestazione che servivano, aveva sgobbato dando sudore e sangue. Forse non lacrime, ma se doveva davvero tornare a Londra definitivamente, lo avrebbe fatto solo per lavorare in quell'ospedale.

    Di nuovo il suo sguardo si spostò verso l'area del Pronto Soccorso e i battiti del suo cuore accelerarono nel vedere la sala d'attesa gremita. Avrebbe preferito lavorare lì su turni di quattordici ore che starsene in quella stanza a parlare di condividere un posto con altri candidati.

    Forse però, quelli del consiglio di amministrazione avevano ragione su un punto. Il posto di primario a cui ambiva prevedeva una serie infinita di scartoffie da compilare. E ulteriore politica.

    Una parte di lui cedette. Quella conversazione non doveva essere stata facile per il dottor Menzies. Strizzando gli occhi, si rese conto che il suo mentore era invecchiato parecchio dall'ultima volta che avevano lavorato insieme, circa dieci anni prima. Prima che lui partisse per il fronte.

    Matthew lo guardò negli occhi. «Da quando siamo tornati a darci del lei?»

    La domanda sortì l'effetto desiderato. La tensione si allentò e l'atmosfera divenne non proprio amichevole, ma simile a come lo era stata ai bei vecchi tempi dell'ospedale universitario, quando imparare significava davvero imparare, lavorare significava davvero lavorare e quando, se il tuo capo ti offriva un posto, lo ottenevi. Non esisteva che ti fosse sventolato davanti come una carota e poi dato a un altro coniglio.

    «Quindi... è così che funzionano le cose qui al Bankside? Fluidamente

    Il dottor Menzies sorrise. Era stato più di un mentore per Matthew, più di quanto non lo fosse stato suo padre. Una punta di rimorso lo infastidì. Non che potesse biasimare suo padre. Le persone reagivano in modo strano al dolore. In special modo se l'unico figlio che ti è rimasto decide di fare l'unica cosa che non vorresti facesse e che gli hai supplicato di non fare: arruolarsi.

    «Ora non lasciamoci trasportare dagli eventi.»

    «Perché no?» Non essendosi preso la briga di sedersi, Matthew si appoggiò allo stipite della porta dell'ufficio. «Ieri ero convinto che tra qualche giorno avrei diretto il Pronto Soccorso e oggi mi viene proposto un posto in condivisione con un altro candidato. Forse ho bisogno di farmi sturare le orecchie, ma vediamo se riesco a ricordare correttamente.» Fingendo di concentrarsi, si toccò il mento con l'indice. «Matthew» imitò con una certa bravura, ma in modo tutt'altro che benevolo, «averti come primario del Pronto Soccorso sarebbe come...»

    «Avere il burro sul pane.» Il dottor Menzies terminò la frase per lui. «Senti, mi dispiace, Matthew, ma non ho voce in capitolo. Sai benissimo che, se fosse per me, ti affiderei il Pronto Soccorso all'istante, ma...» Esitando spostò lo sguardo. «Se vogliamo continuare con la stessa similitudine, diciamo che il candidato che hanno in mente è come... marmellata sul pane.»

    «Marmellata? Io sarei il burro e quest'altro misterioso candidato una dannata marmellata

    Matthew squadrò il suo capo, grato che una scrivania li separasse. Mai in vita sua avrebbe immaginato di provare il desiderio di mettergli le mani addosso, né a lui né a nessun altro in realtà, ma quella sì che era una notiziona! Non si era reso conto di trovarsi lì per ragionare tra burro e marmellata.

    Avrebbe fatto meglio a restare in Iraq dove la vita era lineare. Svegliarsi. Sopravvivere. Dormire. Ripetere all'infinito.

    Era tornato a Londra per lavorare. Per aiutare i pazienti. Per assicurarsi che venisse aperto il reparto SperS. E magari nel frattempo si sarebbe occupato di alcuni dei demoni che lo abitavano. Ma soprattutto era tornato per lavorare. Quando operava, la sua mente era totalmente focalizzata sul fare del suo meglio per il paziente di cui si stava occupando.

    Il dottor Menzies si alzò e aggirò la scrivania. «So che non è quello che volevi. Che entrambi volevamo» si affrettò a correggersi, «ma l'altro candidato ha davvero molta esperienza.»

    «Anch'io ho davvero molta esperienza.»

    Matthew contò mentalmente gli anni di tirocinio, di formazione nell'esercito e di professione al fronte. Aveva trasformato l'azienda di suo padre che produceva elementi in plastica in un centro pluripremiato per la realizzazione di protesi. Si era guadagnato anche il cavalierato per aver devoluto i profitti a un'associazione che si occupava della reintegrazione dei soldati nella società. In che altro modo doveva dar prova al mondo di essere meritevole?

    «Chi è il mio concorrente?»

    «In realtà si tratta di una lei

    «Un incarico in condivisione?» Le guance di Amanda, già rosse per il freddo che aveva patito raggiungendo l'ospedale a piedi, divennero paonazze e i suoi occhi si spalancarono quando l'assistente del direttore dell'ospedale sollevò le mani come a spiegare che, in veste di ambasciatore, non portava pena.

    «Dalla sua espressione deduco che il nostro beneamato dottor Menzies non è stato chiaro su questo punto. Vuole del tè caldo? Fuori si gela. O magari dei biscottini allo zenzero?» le offrì l'assistente direzionale spostando verso di lei il vassoio carico di biscotti a forma di stella, di Babbo Natale e di altri personaggi irriconoscibili che aveva sistemato sulla scrivania.

    «Quest'anno mia mamma si è messa in testa di diventare campionessa nella preparazione di biscotti di Natale dell'associazione femminile che organizza attività culturali e sociali di cui fa parte. Quelli strani dovrebbero essere dei sottomarini. Li ha fatti mio padre» spiegò.

    Sorridendo, Amanda prese un biscotto a forma di stella mentre il suo sguardo cadeva sulla targhetta della donna: Deena Stokes. Nonostante le unghie decorate come palline di Natale, dava l'impressione di sapere il fatto suo e anche che quella non fosse la prima volta che dava notizie non propriamente gradite a chi avrebbe già dovuto essere al corrente di quello che gli stava succedendo.

    Il suo tono asciutto lasciava appena intendere che la mancanza di comunicazione con il suo capo la infastidiva, mentre il linguaggio del suo corpo era eloquente. Era la

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