Passo a due in corsia: Harmony Bianca
Di Cindi Myers
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Info su questo ebook
Darcy: Il dottor Carter non si rende conto che non sono io il suo nemico. Sta ergendo delle barriere tra me e sua figlia solo perché ha paura, ma così impedisce a Taylor di vivere finalmente la sua vita. Mike è l'uomo più testardo che conosca ma nonostante questo l'attrazione che ci unisce diventa ogni giorno più pericolosa.
Cindi Myers
Vive sulle Montagne Rocciose, in Colorado. Ha conosciuto suo marito a un appuntamento al buio; sei settimane dopo hanno fissato la data delle nozze!
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Anteprima del libro
Passo a due in corsia - Cindi Myers
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Dance With The Doctor
Harlequin Superromance
© 2010 Cynthia Myers
Traduzione di Daniela De Renzi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-515-2
1
Ma che cosa le era venuto in mente? Darcy O’Connor cercò di combattere la sensazione che le aveva preso lo stomaco, guardando le otto ragazzine tra i nove e gli undici anni, che si erano iscritte al suo corso di danza del ventre. Le bambine facevano a gara a pavoneggiarsi davanti agli specchi, agghindandosi con le sciarpe e i costumi, che avevano trovato appesi nel salone, e parlavano tutte insieme a voce alta.
Nei quattro anni nei quali aveva lavorato come insegnante, Darcy non aveva mai tenuto un corso per ragazzine. Aveva pensato che tornare ad avere contatti con dei bambini le avrebbe potuto far bene, ma in quel momento si chiese se davvero si sentiva pronta ad affrontare quell’esperienza.
«Ragazze! Ragazze!» esclamò alzando la voce. «Ora per favore cominciamo. Innanzitutto mettetevi in fila. Dovete sistemarvi in modo che ognuna di voi riesca a vedersi riflessa nello specchio.»
Fece spostare una delle ragazze più alte nella fila di dietro e chiamò davanti la più bassa del gruppo, una bambina dall’aria delicata con grandi occhi scuri e una massa di capelli castani. «Tesoro, vieni qui davanti e per favore ripetimi il tuo nome.»
«Taylor» replicò la ragazzina con un sorriso.
«Taylor, mettiti al mio fianco. Hannah, tu sistemati dall’altra parte.» Darcy osservò nello specchio le due file di ragazze. «Così va meglio. Possiamo cominciare.» Schiacciò il tasto di accensione dello stereo e le note di una musica pop si diffusero nella stanza. «La prima cosa che impareremo sarà a muovere i fianchi, mentre la parte superiore del corpo resterà ferma.»
«Mio fratello dice che non posso muovere i fianchi, perché non li ho ancora» affermò una delle ragazze, che si chiamava Zoe.
«Ma sì che ce li hai...» protestò Kira stupita. «Tutti hanno i fianchi!»
«E ora cercate di disegnare un cerchio con il bacino» riprese Darcy, cercando di richiamare la loro attenzione.
«Come si chiama questo movimento?» si informò Liz incuriosita.
«Va bene lo stesso se faccio un ovale?» chiese invece Taylor perplessa.
Darcy sorrise tra sé. Quella classe avrebbe rappresentato una sfida, ma forse era quello di cui aveva bisogno. «Voglio che stiate in silenzio e che cerchiate di prestare attenzione alla musica. Provate a pensare alla sensazione che la melodia vi trasmette.»
Nel salone risuonarono le note di un’aria egiziana, accompagnata dal rimbombo di tamburi in sottofondo. La musica fluì attraverso i piedi nudi di Darcy, infondendole sicurezza ed energia. Sperò che le ragazze riuscissero a provare la medesima sensazione. Voleva insegnare loro qualcosa di più di un semplice movimento meccanico... Osservò nello specchio il sorriso di Taylor e si sentì gratificata. Le ricordava il sorriso di suo figlio... e sentì un’improvvisa stretta al cuore.
Si sforzò di mettere da parte i pensieri tristi e assunse una posa drammatica, mentre la musica lentamente si spegneva. Qualcuno in fondo alla sala si lasciò scappare una risatina e tutte le ragazze scoppiarono insieme in una fragorosa risata.
Lei si unì a loro e tese le mani, per avvicinare a sé Taylor e Hannah. Quella risata infantile le era terribilmente mancata, da quando suo figlio Riley era morto due anni prima...
«È stato divertente» esclamò Taylor alzando lo sguardo.
«Impareremo anche la danza con le spade?» domandò Kira, indicando due scimitarre, appese al di sopra degli specchi.
L’idea che le ragazzine potessero anche soltanto avvicinarsi a quelle lame affilate fece impallidire Darcy. «Nei prossimi mesi vi insegnerò una sequenza» spiegò, cercando di cambiare discorso. «E la rappresenterete al saggio, che faremo in aprile.»
«Avremo dei costumi in quell’occasione?»
«Magari anche con i campanellini?»
E lei che pensava di avere la situazione sotto controllo... Ma non si sentiva più preoccupata. Batté invece le mani decisa. «Parleremo dei costumi la prossima volta. Adesso balliamo ancora un po’.»
Cercò di insegnare alle bambine a muoversi con scioltezza, mentre i loro commenti eccitati riempivano di nuovo la stanza.
Alla fine dell’ora erano tutte stanche, ma chiaramente eccitate e soddisfatte. Compresa Darcy. Quel giorno aveva affrontato un passo importante, per ridare senso alla propria vita. Quelle bambine potevano aiutarla a sentirsi un po’ meno sola...
Le ragazzine si accalcarono vicino alla porta, andando incontro ai genitori. La madre di Hannah, Jane, era un’amica di Darcy e fu una delle prime ad arrivare. «Allora, com’è andata?» domandò con un sorriso pieno di aspettative.
«È stato fantastico, mamma!» replicò Hannah, sollevando il cellulare. «Stavo proprio mandando un messaggino a Kelly.»
Jane si rivolse a Darcy. «Come ti è sembrato?»
«Magnifico» replicò lei contenta. «All’inizio le ragazze sembravano distratte, ma alla fine direi che sono entrate nello spirito giusto.»
«Mi fa piacere. È stato un grande passo per te» affermò Jane, stringendole la mano con gioia.
«Era arrivato il momento.» Per mesi, subito dopo la morte di Riley, la sola vista di un bambino l’aveva fatta scoppiare in singhiozzi. Ma adesso finalmente si sentiva pronta.
Jane continuava a indugiare nel salone con aria incerta.
«Qualcosa non va?» le chiese Darcy perplessa.
L’amica scosse la testa con un sorriso. «Mi stavo soltanto chiedendo... se ti piacerebbe uscire questo fine settimana...»
«Per andare dove?»
«Non so...» replicò Jane con studiata indifferenza. «Magari fuori a cena. Hanno aperto una nuova steak house e ho sentito dire che si mangia bene.»
«Vuoi portarmi a mangiare una bistecca?» domandò Darcy ridendo.
Jane sembrò imbarazzata. «Eric ha un amico...»
«Niente appuntamenti organizzati» replicò Darcy con sicurezza.
«È una persona simpatica» insistette Jane convinta. «Si chiama Mitch e...»
C’erano persone come Jane, sposata con Eric da circa vent’anni, che erano fatte per relazioni lunghe e felici. Altre, come Darcy, che venivano da famiglie complicate, dove le persone si erano sposate più volte, e non sembravano portate per i rapporti a lungo termine. Darcy ci aveva provato, quando aveva sposato Pete, il padre di Riley. Ma anche se lo amava, le cose non avrebbero potuto andar peggio. E lei non aveva alcuna voglia di riprovarci.
«Signora O’Connor...?»
Le due donne si voltarono al suono di quella profonda voce maschile. Un uomo dalle spalle larghe, con capelli ricci e scuri e un cappotto dall’apparenza costosa, si rivolse a loro con un saluto.
«Sono Darcy O’Connor» replicò lei, stringendogli la mano.
Jane si affrettò a salutarla, lanciando un’occhiata di apprezzamento in direzione dello sconosciuto.
«Sono il dottor Mike Carter. Il padre di Taylor.»
Darcy notò la somiglianza con la bambina. Ma lo sguardo dell’uomo sembrava turbato.
«Ehi, papà!» esclamò in quel momento Taylor, avvicinandosi e aggrappandosi al braccio del padre con un gesto affettuoso. Il dottor Carter guardò la figlia e sorrise.
«Ciao, tesoro. Come va?»
«Benissimo. Il corso è stato fantastico.»
«Mi sembri un po’ accaldata...»
«Papa!» esclamò la bambina risentita. «Sto benissimo.»
«Qualcosa non va?» domandò Darcy perplessa. Le guance di Taylor erano un poco arrossate, ma dopo un corso di danza era abbastanza normale...
Il dottor Carter continuò a fissare la figlia preoccupato. «No. Taylor adesso sta bene» replicò alla fine con un sospiro.
«C’è qualcosa che forse dovrei sapere?» domandò Darcy confusa.
Lui scosse la testa. «È solo che non voglio che si strapazzi. Sua madre mi ha assicurato che la danza del ventre non sarebbe stata un’attività impegnativa e...»
Darcy ricordò la conversazione telefonica con la madre della bambina. «È sua moglie che ha iscritto Taylor al corso» replicò con calma, ma in tono deciso.
«Ex-moglie. Siamo divorziati.»
«Oh, mi scusi. Non volevo...»
«Ho la custodia di Taylor, ma Melissa la vede ogni volta che può» finì di spiegare l’uomo leggermente a disagio. «Lei è spesso lontana per lavoro.»
«La mamma fa la hostess» aggiunse la bambina con un sorriso.
«Verrò io a prendere Taylor al corso. Per questo ho voluto presentarmi...» aggiunse l’uomo, guardandosi intorno. «Lei ha figli?» le domandò poi a bruciapelo.
Immediatamente Darcy si irrigidì. Era una domanda innocente, ma il tono di quell’uomo l’infastidiva. Non erano affari del dottor Carter se lei aveva figli... «No» rispose laconicamente.
«Ma ha già lavorato con i bambini...?»
«Non proprio. Però insegno danza da quattro anni e sono stata ballerina professionista.» Sembrava che quell’uomo volesse incolparla di qualcosa...
«Ha nozioni di pronto soccorso?» le domandò lui ancora con insistenza.
«C’è un motivo, per cui mi sta facendo tutte queste domande, dottore?»
«Sono preoccupato per l’incolumità di mia figlia.»
«Le assicuro che Taylor qui non corre rischi.» Pensava davvero che la danza del ventre fosse un’attività pericolosa?
«Papà!» esclamò Taylor a quel punto chiaramente a disagio.
L’uomo arrossì e lanciò un’occhiata a Darcy. «Ho spiegato a Taylor che i padri sono fatti per mettere in imbarazzo le figlie, ma lei non è dello stesso parere.» Con quelle parole estrasse un biglietto da visita e glielo porse con gentilezza. «Se avesse bisogno di mettersi in contatto con me...»
Lei prese in mano il biglietto. Michael Carter, specialista in pediatria... Era così protettivo perché passava il suo tempo in mezzo a bambini malati? «Grazie...» mormorò, appoggiando il cartoncino su un tavolo vicino alla porta.
«Un momento» riprese lui serio. «Per sicurezza...» Riprese il biglietto e ci scrisse qualcosa. «Il mio numero di cellulare» le spiegò con un po’ di imbarazzo. «Piacere di averla conosciuta» aggiunse poi, prendendo la mano di Taylor e avviandosi verso l’uscita.
«Ciao, Darcy!» esclamò la bambina con un sorriso. «Ci vediamo la prossima settimana.»
«Arrivederci, Taylor. Dottor Carter...» Quando si furono allontanati, Darcy riprese in mano il biglietto. Perché le aveva dato il numero di cellulare? Taylor avrebbe dovuto saperlo a memoria...
Ancora perplessa si infilò il cappotto e lasciò la palestra, che una volta era stata un garage. Nonostante il sole risplendesse ancora nel cielo, le previsioni davano neve in serata e Darcy si disse che avrebbe dovuto far controllare lo spazzaneve.
Poi andò alla cassetta delle lettere in fondo al vialetto e ritornò verso casa con la posta. Entrò e si tolse il cappotto, fermandosi davanti allo scaffale vicino alla porta, sul quale era appoggiata una statua della dea Kali. Tra le sue braccia si trovava una foto, che rappresentava un bell’uomo dai capelli rossi e la barba a pizzetto, insieme a un bambino di circa sei anni, che sorrideva allegro con l’innocenza di un angelo.
Darcy posò un bacio sulla punta del dito e toccò il viso del bambino con una stretta al cuore. Il dolore per aver perso suo marito e suo figlio in un incidente si era attenuato negli ultimi mesi, ma Darcy sentiva ancora terribilmente la loro mancanza.
Lanciando un ultimo sguardo al ritratto, si spostò nel soggiorno e si sedette sul divano, per dare un’occhiata alla corrispondenza. Mentre smistava le lettere, si immobilizzò all’improvviso. Lesse l’indirizzo su una busta pre-affrancata: Associazione Donatori del Colorado, Denver. Immagini da incubo le tornarono in mente. Le luci dell’ospedale, il rumore dei monitor, le parole di una donna che le parlava di donazione degli organi, una pila di moduli da compilare... Darcy cercò di allontanare quei ricordi terribili. Perché la stavano contattando di nuovo dopo quasi due anni?
Vorranno un versamento in denaro... pensò, mentre apriva la busta con mani tremanti.
Gentile signora O’Connor,
la sua decisione di donare gli organi di suo figlio Riley ci ha permesso di salvare la vita a parecchi bambini. Spero che sapere che una piccola parte di Riley sta continuando a vivere possa aiutarla ad alleviare il suo grande dolore.
I suoi dati, come quelli di chi ha ricevuto gli organi, sono stati trattati in maniera strettamente confidenziale, salvo diverse disposizioni da parte degli interessati. Anche se alcune famiglie di donatori preferiscono rimanere anonime, altre trovano sollievo nell’incontrare chi ha ricevuto il loro dono.
Di recente siamo stati contattati dalla famiglia della bambina che ha ricevuto il cuore di suo figlio. Avrebbero piacere di conoscerla, per ringraziarla e permetterle di vedere personalmente gli effetti della sua decisione.
Se lo gradisce, saremo contenti di favorire questo incontro. Se preferisce invece mantenere l’anonimato, rispetteremo la sua scelta.
Cordialmente.
Mavis Shehadi
Coordinatrice dell’Associazione
Darcy si lasciò andare sul divano. Le avevano garantito che Riley era morto senza soffrire. Un forte colpo alla testa ne aveva irrimediabilmente danneggiato il cervello, ma gli altri organi avevano continuato a funzionare, così che era stato possibile donarli. Il consulente dell’Associazione Donatori aveva assicurato a Darcy che donando il cuore, i reni e il fegato di suo figlio