Una maestra da corteggiare: Harmony Jolly
Di Soraya Lane
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Info su questo ebook
Tutti ansiosi tranne uno, Harrison Black, padre single di due bambini. Lui avrebbe preferito di gran lunga un insegnante uomo, le donne, si sa, sono volubili, come la sua ex moglie. Lui si limiterà a presenziare ai colloqui di fine anno. La dolce Poppy Carter non avrà altro da lui.
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Anteprima del libro
Una maestra da corteggiare - Soraya Lane
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Patchwork Family in the Outback
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2013 Soraya Lane
Traduzione di Claudia Cavallaro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-358-3
1
Poppy Carter si trovava nel centro della sua nuova aula con le mani allacciate dietro la schiena per impedire che tremassero. Si era forse assunta un compito al di sopra delle sue capacità?
I banchi erano allineati contro le pareti con le sedie impilate sopra, il pavimento era pulito e in ordine, ma erano i muri a provocarle dei fremiti lungo la spina dorsale. Dov’era l’allegria? Dov’erano i colori vivaci che di solito adornavano le stanze che accoglievano i giovani alunni?
Sospirando si avvicinò alla cattedra, scostò la sedia e vi si accasciò. Il problema era che aveva sempre insegnato in scuole con un budget quasi decente, mentre purtroppo quella riusciva a stento a restare aperta, figurarsi se poteva permettersi di ritinteggiare le pareti.
Appoggiò la fronte sul piano della scrivania e fissò la parete. Le restavano ancora parecchie cose da fare e in nessun modo avrebbe cominciato le lezioni in una stanza come quella.
Un nuovo inizio, ricominciare da capo verso un luminoso futuro. Era per quella ragione che lei era venuta a Bellaroo Creek ed era molto determinata a raggiungere il suo obiettivo.
«Salve» disse qualcuno.
Poppy si drizzò di colpo. O sentiva le voci in quella vecchia stanza sinistra oppure lì c’era un’altra persona.
«Salve.»
Quella volta, la profonda voce maschile si era avvicinata. Lei non ebbe il tempo di rispondere perché alla voce seguì un corpo. Un corpo che riempiva l’intero vano della porta.
«Sa... salve...» balbettò Poppy gettando un’occhiata alla finestra più vicina, programmando la via di fuga in caso di necessità.
«Non era mia intenzione disturbarla.» Sorridendo, l’uomo si toccò la tesa del cappello in un gesto di saluto. Poi avanzò nella stanza. «Di recente abbiamo avuto qualche problema e volevo assicurarmi che non ci fossero bambini pronti a combinare guai.»
Poppy deglutì a fatica e annuì. «Probabilmente non dovrei esserci nemmeno io, ma volevo guardarmi intorno per farmi un’idea delle eventuali modifiche da apportare.»
Occhi color cioccolata incontrarono i suoi e una fossetta comparve all’angolo della bocca quando l’uomo alla fine le fece un largo sorriso. «Se non sbaglio lei è la famosa signora Carter, vero?»
Poppy non poté non ricambiare il sorriso. «Senza famosa e solo Poppy. Sì, sono io.»
Ridacchiando, lui si tolse il cappello e avanzò con la mano tesa. In quell’uomo c’era un che di rude, forse dovuto al fatto di essere un allevatore di bestiame, ma da vicino era ancora più bello di come le fosse sembrato da lontano. Forte, spalle larghe, mascella che sembrava scolpita nella pietra e gli occhi scuri più profondi che lei avesse mai visto.
Poppy si schiarì la gola e gli strinse la mano.
«Harrison Black» si presentò l’uomo. «I miei figli vengono a scuola qui.»
Bene. Così era sposato con figli. Ma non portava la fede, forse gli allevatori non la mettevano, soprattutto quando stavano lavorando. Tuttavia, si sentì meno nervosa a essere sola nella stanza con lui.
«Quanti figli ha?» gli chiese.
«Due. Katie e Alex. Sono fuori sul camion.»
Poppy guardò dalla finestra e vide il veicolo. «Devo tornare a casa a prendere dei rifornimenti, ma mi farebbe piacere salutarli.»
Lui scrollò le spalle, si rimise il cappello e indietreggiò di qualche passo. I tacchi dei suoi stivali facevano molto rumore sul pavimento di legno e lei incontrò di nuovo il suo sguardo. Se ne pentì subito, perché si accorse che non aveva mai smesso di fissarla ed era accigliato.
Andò a prendere la borsa e se la mise a tracolla, e quando si girò di nuovo l’uomo si era già avviato alla porta.
«Signora Carter, come mai è venuta qui?»
Lei lo guardò a fronte alta, non volendo rispondere a quella domanda, ma sapendo che d’ora in avanti gliel’avrebbero fatta continuamente.
«Avevo bisogno di cambiare aria» gli rispose, sincera, anche se era solo una piccola parte della verità. «Quando ho visto gli annunci per Bellaroo, ho pensato di poter correre il rischio.»
Harrison Black la stava ancora fissando, ma lei abbassò gli occhi, e superandolo si diresse all’uscita della scuola.
«Un nuovo taglio di capelli non poteva bastare per un cambiamento?»
Lei si girò di scatto con un lampo d’ira negli occhi. Quell’uomo non sapeva niente di lei, ma si permetteva di consigliarle un taglio di capelli? Aveva forse l’aria di una sgualdrina alla quale bastava un rossetto nuovo per risolvere tutti i problemi?
«No» disse fissandolo con occhio torvo. «Volevo qualcosa che facesse la differenza e tenere questa scuola aperta mi sembrava piuttosto importante per la vostra comunità, o forse mi sono sbagliata?»
Harrison non rivelò ciò che pensava.
«Non c’è niente di più importante per me di questa scuola. Ma se avessimo scelto la persona sbagliata? Allora non solo perderemmo la scuola, ma sarebbe la fine anche della nostra cittadina.» Sospirò. «Mi scusi se glielo dico, ma non mi sembra il tipo di donna capace di stare una settimana senza andare in giro per negozi o dall’estetista.»
Lei lasciò che chiudesse la porta e si avviò al camion per vedere i bambini. In quel momento erano la sola cosa in grado di calmarla e non voleva certo mettersi a discutere con quell’uomo scortese e arrogante, che non aveva la minima idea di che genere di persona lei fosse o quali fossero i valori in cui lei credeva. Arrivare persino a insinuare... Fece un respiro profondo.
«Sono più che consapevole di quanto significhi questa scuola per Bellaroo Creek» disse al di sopra della spalla con voce calma. «E per favore non finga di conoscermi o di sapere delle cose sul mio conto. Sono stata chiara?»
Avrebbe giurato di vederlo accennare un sorriso, ma era troppo arrabbiata per farci caso.
«Chiarissimo» disse lui sorpassandola.
Se non avesse saputo che due bambini piccoli li stavano osservando dal camion, Poppy gli avrebbe mostrato la lingua. Continuò invece a camminare e mandò una tacita preghiera al cielo di non dover mai più parlare con il loro padre.
Harrison sapeva di essersi comportato male. Ma a voler essere sincero, non gli importava. Dire alla maestra quello che pensava era stata una mossa sbagliata ma se lei non si fosse fermata, per la loro cittadina sarebbe stata la fine. Aveva dovuto dirlo adesso, perché se lei avesse cambiato idea, dovevano trovare qualcun altro e in fretta. Per lui, niente contava più del futuro di Bellaroo Creek. Perché altrimenti avrebbe perso tutto quello per cui aveva lavorato, soltanto per stare vicino ai figli.
Spalancò la portiera di destra. «Bambini, ecco la vostra nuova maestra.»
Loro guardarono fuori... tutti e due angelici con capelli biondi e occhi azzurri. A ricordargli la loro madre, e probabilmente l’unica ragione perché non odiasse più quella donna.
«Sono la signora Carter.»
Harrison ascoltò la nuova maestra presentarsi, la rabbia ormai scomparsa dal suo viso mentre incontrava lo sguardo dei bambini.
«Il vostro papà mi ha trovata mentre stavo pianificando la vostra aula.»
«Pianificando?» chiese lui.
Sorridendo, lei si appoggiò contro la portiera aperta. «Non posso certo insegnare a una ventina di bambini piccoli in un’aula che sembra una stanza d’ospedale» gli spiegò. «Non ho molto tempo, ma al mattino sarà pronta per loro.»
«Vuole farla più bella?»
Harrison sorrise alla figlia che aveva parlato. Con gli estranei si mostrava timida per un minuto al massimo, poi non riusciva a trattenersi dal dire la sua.
«Voglio che ci divertiamo insieme, e questo significa farvi sorridere dal primo secondo in cui la mattina entrate dalla mia porta.»
Be’, forse non era poi così male, ma questo non provava che sarebbe rimasta a lungo, pensò Harrison. Aveva abbastanza esperienza da sapere che un centro rurale isolato non era un paradiso per tutti, soprattutto per una maestra che avrebbe dovuto insegnare a bambini di tutte le età.
«Se le serve una mano...» si lasciò sfuggire.
Lei sorrise educatamente, ma gli occhi rivelavano ancora la sua collera. «Grazie, signor Black, ma sono sicura di potermela cavare da sola.»
Lui la guardò fisso a lungo prima di girare intorno al veicolo e mettersi al volante. «Non vedo l’ora di poter ammirare le modifiche che avrà apportato alla scuola.»
Poppy chiuse la portiera e si sporse all’interno del finestrino. «Non sarà sua moglie ad accompagnare i bambini?»
Harrison sorrise. «No, sarò io.»
Lei si raddrizzò lanciandogli uno sguardo interrogativo, ma non disse nulla.
«Ci vediamo domani, bambini» li salutò Poppy a quel punto, indietreggiando.
Harrison si toccò il cappello e si avviò. Nello specchietto retrovisore vide che era ancora ferma e stava liberandosi il viso dai capelli con una mano mentre con l’altra si proteggeva gli occhi dal sole.
Era carina, dovette ammetterlo, ma in nessun modo si sarebbe fermata. Gli bastava guardarla per capirlo. E questo significava che doveva scoprire che cosa diavolo avrebbe fatto se lei se ne fosse andata. Perché restare a Bellaroo con la scuola chiusa non avrebbe avuto senso né per lui né per le altre famiglie che amavano quel luogo.
«Papà, pensi che noi dovremmo aiutare la nostra maestra?»
Con un sospiro, Harrison gettò un’occhiata alla figlia. «Credo proprio che se la caverà senza problemi, Katie» le rispose.
Katie sospirò a sua volta. «L’aula è molto grande.»
Lui guardò fisso davanti a sé. Gli ci mancava anche di provare sensi di colpa per la nuova maestra quando aveva un sacco di commissioni da fare nel resto del pomeriggio. Ma forse la figlia aveva ragione.
Non voleva che se ne andasse, perciò forse avrebbe dovuto fare uno sforzo.
«Potremmo tornare più tardi a vedere in che modo possiamo aiutarla. Che cosa ne dite?»
«Bene!» Katie diede una gomitata al fratello, come se entrambi sapessero come gettar fumo negli occhi del padre. «Potremmo portarla a mangiare e aiutarla a pitturare le pareti.»
Harrison restò in silenzio. Aiutare la signora Carter a ritinteggiare? Forse. Portarla a mangiare? Accidenti, quello proprio no.
2
Harrison amava considerarsi un uomo forte. Lavorava la terra, e in caso di necessità avrebbe potuto cacciare e proteggere la famiglia anche in una regione selvaggia, eppure la figlia di sette anni riusciva a farlo litigare come se fosse un vitellino appena nato.
«Papà, penso che le piacerà.»
Lui fissò la piccola