Il playboy e l'ereditiera: Harmony Collezione
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Anteprima del libro
Il playboy e l'ereditiera - Lynn Raye Harris
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Girl Nobody Wanted
Mills & Boon Modern Continuity
© 2012 Harlequin Books S.A.
Special thanks and acknowledgement are given to Lynn Raye Harris
for her contribution to The Santina Crown series
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-225-3
1
Anna Constantinides osservò da una distanza di sicurezza la folla scintillante degli invitati e sperò che l’atteggiamento di calma serenità di cui aveva fatto continua pratica durante l’ultima settimana risultasse convincente. Quella era, senza dubbio, la serata più difficile di tutta la sua vita. Il suo fidanzato – anzi, ex fidanzato – stava per sposare un’altra donna.
La situazione non sarebbe stata tanto terribile se l’uomo in questione non si fosse chiamato principe Alessandro, erede al trono di Santina. Lei avrebbe dovuto diventare la sua regina, invece adesso era solo una sposa abbandonata.
Un fatto che i giornalisti non si stancavano mai di sottolineare.
Non aveva avuto un solo attimo di tregua da quando Alex l’aveva lasciata per Allegra Jackson. Non si era preso nemmeno il disturbo di darle personalmente la notizia. No, aveva lasciato che lo scoprisse dalle pagine delle riviste di gossip. Umiliante, a dir poco.
Quindi l’ultimo posto dove avrebbe voluto essere adesso era la sala da ballo della reggia Santina in occasione della festa di fidanzamento dell’erede al trono, ma non aveva avuto scelta.
«Anna, devi venire» l’aveva esortata sua madre quando lei aveva espresso la volontà di non partecipare all’evento. «Lo esige il protocollo.»
«A me non importa nulla del protocollo!» aveva replicato. E perché mai avrebbe dovuto preoccuparsene? Aveva dedicato la sua vita al protocollo e al dovere, ricevendo in cambio una punizione tanto spettacolare quanto immeritata.
Sua madre le aveva rivolto uno sguardo di supplica. «Tesoro, fallo per me. La regina Zoe è la mia più vecchia e cara amica. Resterebbe molto delusa se noi non fossimo lì per sostenerla.»
Sostenerla? Anna avrebbe voluto ridere, urlare, inveire contro l’ingiustizia della vita, ma non aveva fatto nulla. Anzi, aveva fatto esattamente ciò che sua madre le aveva chiesto, perché... perché si sentiva in colpa.
Raddrizzò la schiena mentre il re proponeva un brindisi alla salute della coppia felice, e sollevò la coppa, pronta a unirsi agli altri per augurare una vita lunga e appagante ad Alex e ad Allegra, cioè alla donna che aveva appena distrutto la sua ordinata, programmata esistenza.
Almeno, pensò, non c’erano fotografi quella sera. Naturalmente erano accampati fuori dai cancelli della reggia, ma al momento era al sicuro.
Però doveva continuare a sorridere, a fingere di non essere imbarazzata, mentre lo era, lo era da morire.
Bevve un sorso di champagne. Ancora un’ora, e lo strazio sarebbe finito. Un’ora prima di ritrovarsi nella sua camera di albergo, ben nascosta sotto le coperte.
L’orchestra attaccò un valzer. Anna appoggiò la coppa ancora piena a metà sul vassoio di un cameriere che si trovava a passare lì accanto, e si avviò verso la porta finestra che dava accesso al terrazzo. Una boccata di aria fresca forse le avrebbe dato la forza necessaria per affrontare i successivi sessanta minuti.
«Anna» la chiamò una voce femminile. «Ti stavo cercando.»
Suo malgrado, Anna si girò verso Graziana Ricci, la moglie del ministro degli Esteri di Amanti. La donna aveva un brillante sorriso incollato sulle labbra gonfie di collagene, ma non fu lei ad attrarre la sua attenzione, bensì l’uomo che le stava accanto. Un inglese, ipotizzò, poiché ce ne erano molti fra gli invitati alla festa.
Alto, indossava uno smoking come del resto la maggioranza degli ospiti. Bello, di una bellezza quasi diabolica, che rivelava la consapevolezza di essere una tentazione. Occhi color caffè che illuminavano un viso dai lineamenti perfetti, tanto da sembrare opera di un maestro della scultura, Michelangelo forse. Zigomi ben definiti, naso dritto e affilato, labbra sensuali e una fossetta sul mento che si evidenziava quando sorrideva.
E quando sorrise a lei, il suo cuore ebbe un tuffo.
Il desiderio che la colse le era del tutto estraneo. Perché davvero non aveva alcuna voglia di baciarlo, non importava quello che la sua mente le suggeriva. Doveva essere un effetto della tensione, nulla di più.
L’uomo continuò a sorriderle e, deliberatamente, lei distolse lo sguardo.
«Ti presento Leo Jackson» esordì la signora Ricci, aggrappata al braccio del suo cavaliere. «Il fratello di Allegra Jackson.»
Anna si irrigidì. Una precisazione del tutto superflua, pensò, e un po’ crudele. «Piacere» disse a denti stretti. Come se Allegra non le avesse già rovinato abbastanza la vita, adesso si trovava a dover interagire con un altro Jackson, quando quello che più desiderava era che andassero tutti all’inferno. «Benvenuto a Santina, signor Jackson» aggiunse. «E ora, se vuole scusarmi, sono attesa.»
Una bugia, rivelata dalle fiamme che istantaneamente le lambirono il viso. Leo Jackson inarcò un sopracciglio in un’espressione consapevole, quasi avesse capito che la sua unica intenzione era quella di sfuggirgli. Le fiamme si trasformarono in un incendio.
Una manifestazione di imbarazzo, o di altro?
Imbarazzo, senza ombra di dubbio. E di irritazione. Se ora si trovava in quella situazione assurda, oggetto di pettegolezzi e compassione, era solo colpa della sorella di quel bellimbusto.
«Peccato che tu debba andare via subito, Anna.»
Ma che razza di arrogante! Le dava del tu come se ne avesse il diritto, pensò Anna fumante di rabbia. Ma le piaceva come pronunciava il suo nome. Lo rendeva seducente, invitante. Non la noiosa Anna, ma l’eccitante, bellissima Anna.
«Ciò nondimeno» replicò raddrizzando le spalle, «devo.» Ma cosa le succedeva? Perché la sua mente aveva congegnato quella fantasia? Lei era semplicemente Anna. Prevedibile, tranquilla, elegante. Per niente sfrontata o baldanzosa. Per niente simile alla signora Ricci, grazie al cielo.
La signora Ricci atteggiò le labbra rosso fuoco in un broncio. «Ma ti ruberò solo qualche istante» protestò. «Speravo che tu potessi accompagnare Leo ad Amanti domani. Sai, vorrebbe costruire un albergo di lusso.»
Anna guardò Leo Jackson. C’era qualcosa di intenso nei suoi occhi, che contrastava con il sorrisetto ironico che gli curvava gli angoli della bocca. Un improvviso calore le dilagò nel ventre. D’accordo, lei era ambasciatrice del turismo della vicina isola di Amanti, ma questo non significava che dovesse trasformarsi nella guida personale di quell’uomo.
Qualcosa le diceva che non sarebbe stata una situazione sicura. Quel tizio stesso non era sicuro.
Inoltre, la sorella di Leo le aveva rubato il futuro, un fatto che non sarebbe riuscita a dimenticare se fosse stata costretta a passare del tempo con lui. Non voleva avere niente a che fare con chiunque si chiamasse Jackson. «Temo che non sarà possibile, signora Ricci. Ho già altri impegni. Ma posso incaricare qualcuno di...»
«Tu sei la più indicata per questo compito» la interruppe l’altra donna. «E ora che non hai più un matrimonio da organizzare, mi chiedo cosa possa esserci di più importante per te dello sviluppo economico di Amanti.»
Anna sentì il sapore acido della bile invaderle la bocca. Se non fosse stata la persona tranquilla e controllata che era, avrebbe strangolato la signora Ricci. Ma no, Anna Constantinides aveva troppa dignità per dare in escandescenze. Era stata educata per essere la regina perfetta. Non sarebbe crollata solo perché una donna la insultava proprio lo stesso giorno in cui si festeggiavano le future nozze del suo ex fidanzato. Era forte. Poteva gestire la situazione.
«Se domani non è possibile, andrà bene un altro giorno» intervenne Leo. Prese un biglietto da visita dal portafogli e lo porse ad Anna. «Chiamami quando sarai disponibile.»
Anna accettò il bigliettino solo per non apparire scortese. Nel farlo, gli sfiorò le dita con le sue, e qualcosa di molto simile a una scossa elettrica le risalì lungo il braccio. Ritrasse la mano di scatto e quasi si sorprese di non scoprire una bruciatura laddove lui l’aveva toccata. Graziana Ricci intanto si era allontana per raggiungere una signora che stava gesticolando vistosamente nella sua direzione.
«Purtroppo non posso prevedere quando avrò del tempo libero, signor Jackson» affermò Anna. «Così sarà molto meglio se si farà accompagnare da qualcun altro.»
«Ma sei tu che ti interessi del settore turistico di Amanti» obiettò lui. «A meno che, ovviamente, non ci siano motivi personali per il tuo rifiuto. Magari un’antipatia?»
«Io non la conosco. Perché dovrei provare antipatia per lei?» osservò Anna.
Leo intenzionalmente rivolse lo sguardo verso l’angolo opposto della sala, dove Alex e Allegra parlavano sommessamente, le teste vicine. «In effetti, perché?» domandò.
Anna puntò il mento in avanti. Già era terribile che fosse costretta a essere lì, ma perché permettere a quell’uomo di ipotizzare sui suoi sentimenti? Era troppo. «Mi parli di questo albergo che ha intenzione di costruire. Quali sarebbero i benefici per Amanti?»
«Non ha mai sentito parlare del Leonidas Group?»
A stento, Anna trattenne un’esclamazione di sorpresa. Se il Leonidas Group aveva dei progetti per Amanti, la cosa si faceva interessante.
«Naturalmente sì. Possiede gli alberghi più lussuosi del mondo, destinati a una clientela esclusiva. Lavora per il gruppo, signor Jackson?»
Leo rise, una risata ricca e contagiosa. «Io sono il Leonidas Group, Anna» precisò.
Di nuovo rabbrividì di piacere sentendolo pronunciare il suo nome. «Una fortuna per Amanti» commentò Anna, perché non le era venuto in mente altro da dire. Leo, cioè Leonidas. Era stata una stupida a non averlo capito subito.
Lui si sporse un po’ in avanti. «Ora forse cambierà idea riguardo a domani» ipotizzò.
La voce dal marcato accento inglese le risuonò all’orecchio come un delizioso sussurro. Ma era una conseguenza della stanchezza, decise Anna. Leo era solo un uomo, per quanto immensamente ricco, e gli uomini erano instabili. Imprevedibili. Privi di ritegno. Alex ne era la prova. Chiuse gli occhi, il cuore che le martellava nel petto. Non avrebbe voluto pensare ad Alex in quel modo, ma non poteva impedirselo. Le aveva fatto una promessa, dannazione a lui!
«Dovrò controllare la mia agenda» replicò secca. Il tizio era anche troppo affascinante, pensò. Forse la sorella lo era altrettanto. Forse era per questo che era riuscita a portarle via Alex.
«Sono sicuro che domani mattina, quando leggerai i giornali, desidererai trovarti il più lontano possibile da Santina.»
Certo, i giornali. Il gelo le dilagò nell’anima. Fiumi di parole sarebbero stati dedicati alla festa di Alex e di Allegra e, di conseguenza, anche a lei. Abbandonata a un passo dall’altare... La fidanzata fedele mollata dal principe... E ora quale sarà il futuro della povera ereditiera ex futura regina?
Un nodo le serrò la gola. Vero, non voleva essere lì l’indomani, e Leo le stava offrendo una possibilità di fuga. Ma quale fra le due opzioni era la meno peggio? Affrontare la frenesia dei media, o uno dei famigerati Jackson?
Accompagnarlo ad Amanti non significava esattamente uscire di scena, ma almeno avrebbe messo un po’ di distanza fra sé e la coppia felice. E forse i giornalisti non l’avrebbero etichettata come una donna distrutta se si fosse fatta vedere attiva e dedita ai suoi doveri. «Mi è appena venuto in mente» disse Anna, fiera di come la sua voce risultasse distaccata, «che il mio impegno è per dopodomani. Continuo a fare confusione nelle date.»
«Davvero?»
Lo sguardo di lui le accarezzò pigramente il corpo. Una promessa sensuale aveva vibrato nella sua voce. Uno sfrontato, senza ombra di dubbio. «Se vuole visitare Amanti» proseguì Anna, già pentita per aver scelto l’uomo e non la stampa, «possiamo partire alle nove domani mattina.»
«Alle nove? Non credo che sarò pronto per quell’ora, considerando le potenzialità di questa festa.»
«Alle nove, signor Jackson. Oppure non se ne fa