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La fuga di Lady Grace: Harmony History
La fuga di Lady Grace: Harmony History
La fuga di Lady Grace: Harmony History
E-book230 pagine5 ore

La fuga di Lady Grace: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1815 - Alla morte del conte suo padre, Grace si ritrova sotto la tutela di uno zio avido e crudele. Così, quando riceve un'inaspettata proposta di matrimonio non esita ad accettare, anche se ha incontrato il promesso sposo, il Capitano Caine Morleigh, soltanto una volta. Durante il viaggio verso la tenuta in cui si terranno le nozze, tuttavia, la carrozza viene assalita e una delle sue due compagne viene uccisa perché erroneamente scambiata per lei. Senza perdersi d'animo, Grace prende in mano la situazione e riesce ad arrivare a destinazione sana e salva, ma non può fare a meno di porsi delle domande. Perché il bandito voleva uccidere la donna di Morleigh? E chi è in realtà l'uomo che ha accettato tanto frettolosamente di sposare?
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2019
ISBN9788858993668
La fuga di Lady Grace: Harmony History

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    Anteprima del libro

    La fuga di Lady Grace - Lyn Stone

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Captain and the Wallflower

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2012 Lynda Stone

    Traduzione di Laura Maggi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-366-8

    Prologo

    Londra, 25 Luglio 1815

    In attesa del dottore, Caine Morleigh evitò con cura di toccare le bende che gli coprivano gli occhi. Le aveva tenute per cinque lunghe settimane, sottoponendosi a medicazioni al buio per evitare ulteriori danni dovuti alla luce. E anche per non sapere, confessò a se stesso. Quel giorno avrebbe scoperto se la sua vista aveva subito dei danni irreparabili.

    L’impazienza lottava con l’apprensione mentre si trovava nel salotto di suo zio, il Conte di Hadley. Sentì la zia restare senza fiato mentre Trent, il suo migliore amico e compagno d’armi, la intratteneva con minuziosi dettagli del loro ultimo giorno di battaglia.

    Caine badava poco alle sue parole. Conosceva bene tutta la storia e in termini assai più vividi. Li aveva vissuti, che diamine. Di sicuro Trent parlava troppo, ma i suoi sforzi erano ammirevoli. Era il suo modo di allentare la tensione e distrarre tutti quanti dal vero scopo della riunione.

    «Fummo feriti durante una carica insieme alla gran parte dei nostri compagni, la maggioranza dei quali non si sarebbe più rialzata! Caine cadde dietro di me, incapace di vedere, e io, con una gamba ruotata in maniera innaturale, non avevo la minima speranza di camminare. Ma potevamo restare lì a morire? Nossignora! Io fui la sua vista mentre lui mi portava al cavallo. Il suo era caduto, capite, perciò montammo insieme e ci ricongiungemmo alla carica, galoppando a tutta velocità. Non c’era modo di tornare indietro...»

    Qualcuno si schiarì la gola e Trent, grazie a Dio, tacque.

    «Il dottor Ackers e Miss Belinda Thoren-Snipes» annunciò Jenkins, il maggiordomo.

    «Falli accomodare! Falli accomodare!» esclamò la zia. Poi con un fruscio di gonne di taffetà, che Caine udì, si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla: «Pensavo non sarebbe più arrivato».

    «Davvero appropriato che siano giunti insieme» disse il conte. «Ho fatto inviare un biglietto affinché anche la tua Belinda si unisse a noi. Sapevo che l’avresti voluta qui.»

    Caine sospirò desiderando non l’avesse fatto. Voleva scoprire da solo, e prima di incontrare lei, se avrebbe potuto vedere di nuovo. Se fosse rimasto cieco l’avrebbe sciolta dalla promessa di matrimonio.

    Non faticava a ricordare l’aspetto della ragazza durante il loro ultimo incontro, tuttavia sperava, contro ogni speranza, di poterla rivedere. Era una bellezza bionda dalle guance rosate, la sua Belinda. Quell’immagine l’aveva sostenuto per quasi due anni mentre affrontava gli orrori della guerra.

    Udì il rumore dei passi in avvicinamento, la pesante andatura maschile del dottore inframmezzata dal delicato ticchettio delle raffinate scarpe della fanciulla sul pavimento di marmo del corridoio. Era convinto di amarla, e fin dal loro primo incontro. Malgrado ciò, si rendeva conto di sapere ben poco di lei. L’aveva infatti corteggiata per un tempo limitato e sempre sotto la più rigida sorveglianza. Le loro saltuarie conversazioni di allora e, in seguito, le sporadiche lettere piene di frivoli dettagli di vita domestica non gli avevano rivelato molto. In realtà, non aveva una grande conoscenza delle donne in generale. Portava loro rispetto a prescindere dal rango e aveva modi cavallereschi e affascinanti.

    Si sforzò di sorridere per salutare Belinda, anche se desiderava, per il bene di entrambi, che lei quella mattina fosse ovunque tranne che lì. In quel momento i sensi che gli rimanevano furono quasi sopraffatti dal profumo di violette che aveva rievocato con ardente desiderio in battaglia.

    «Capitano Morleigh!» lo salutò lei con un’allegria evidentemente forzata.

    «Come state, mia cara?» le chiese, sofferente per l’apprensione e mantenendo il sorriso con la pura forza di volontà.

    «Bene, vi ringrazio» rispose lei, mentre l’allegria si trasformava in tremito.

    Caine notò che non ricambiava la domanda. Evidentemente anche lei temeva il responso di quel giorno. Riconobbe il suono della valigetta che si apriva. «Possiamo procedere?» chiese, quando l’impazienza ebbe la meglio.

    «Ma certo, ragazzo mio» rispose il dottore, con un tono troppo cordiale che malcelava preoccupazione. «Allontanatevi dalle lampade e giratevi verso la luce tenue della finestra.»

    Lui ubbidì.

    «Belinda, dovete mettervi lì, così sarete la prima cosa che vedrà!» consigliò la zia.

    Lei mormorò un ringraziamento mentre il dottore faceva scivolare le forbici sotto la benda, all’altezza della tempia destra del paziente, e iniziava a tagliare.

    Staccò con attenzione il tessuto e tamponò con qualcosa di umido entrambe le palpebre, bagnandole. «Ecco fatto» disse alla fine. «Adesso aprite gli occhi con calma.»

    Lui si concentrò e sentì che il dottore si spostava di lato esponendolo alla finestra. Batté le palpebre, vide la benedetta luce...

    E udì le grida.

    1

    Londra,Cavanaugh House. 25 Agosto 1815

    «Cerca quella con meno pretese, Trent, e poi parla col suo tutore in mia vece.» Caine Moleigh sorrise all’amico mentre porgeva bastone e cilindro all’inserviente. «Dovrà essere assolutamente spaventosa, magari un po’ dura di comprendonio e limitata in ogni senso.»

    Trent sospirò, roteando gli occhi mentre si sfilava i guanti. «Non devi fare così. Stai decisamente esagerando la reazione di quella ragazza. Porridge al posto del cervello, quella.»

    «Può darsi, ma questa faccenda è un tantino più importante del mio aspetto.» Il comitato di accoglienza si era disperso e, a quanto sembrava, non sarebbero stati annunciati, dato il ritardo con cui erano giunti.

    Caine si fece strada nell’ampio corridoio seguendo la musica ed entrò nella sala da ballo. «Mi occorre una persona che richieda poche attenzioni, una donna che si accontenti di sposarsi e mi lasci in pace. Avrò già anche troppo da fare.»

    Trent sbuffò. «Una donna che richiede poche attenzioni? Credi che esista davvero una creatura simile? Secondo la mia esperienza...»

    «So già tutto della tua esperienza. Ora basta blaterare e aiutami.»

    L’ormai imminente fine della Stagione londinese aveva reso l’evento da Lord Cavanaugh tutt’altro che affollato. Guardò i ballerini muoversi con passi cadenzati, senza tanta vivacità né voglia di conversare.

    «Non una gran festa, mi pare» commentò Trent con un sospiro di rassegnazione. «Ho visto più animazione a qualche funerale.»

    «Si addice perfettamente alle mie necessità.» La gran parte delle nubili presenti erano infatti gli scarti e i loro tutori speravano in un matrimonio combinato all’ultimo.

    L’amico sbuffò. «Maledetta idea strampalata. Hai l’ossessione di controllare ogni aspetto della tua vita. È sempre stato così. E questo non è possibile.»

    «Non posso fare a meno di provarci.»

    «Stai prendendo questa cosa come una campagna militare e sai bene quanto detesti prendere ordini!»

    «Pensa all’aspetto positivo. Puoi tenerti la più bella. Ti sto solo chiedendo un piccolo favore.» Caine mitigò il tono. «Chiedendo, non ordinando. E da amico.»

    «E va bene! È tua la gola che stai tagliando. Tuo zio si sbagliava quando ti ha imposto la clausola del matrimonio. Io non lo farei se fossi in te. Avrai ugualmente il titolo qualsiasi cosa tu faccia.»

    «Sì, ma il patrimonio andrà al cugino Neville, più le tenute. Pensa a tutta quella gente che in questo momento lavora per il conte... quanto avrà da patire se Neville perderà ogni cosa in uno stupido gioco di carte o in una maledetta corsa di cavalli? Potrebbe, ed è probabile che lo faccia, sperperare tutto ciò per cui la famiglia ha lavorato negli ultimi due secoli.»

    «Non puoi esserne sicuro. Non l’hai più visto da quando eravate bambini.»

    «Oh, ne ho sentite abbastanza da mio zio sulle sue imprese esasperanti. Non riesco a immaginare perché mai stia anche solo pensando di lasciare qualcosa a Neville, ma sembra che la cosa lo diverta. Devo impedirlo in qualunque maniera, quindi mi sposerò come pretende. È mio zio, dopo tutto, e ci tengo ai suoi sentimenti. Dovrò esaudire la sua richiesta prima che renda l’anima a Dio.»

    «Ma perché proprio una donna con un disperato bisogno di sposarsi?» Trent schioccò la lingua esasperato. «Mica tutte le donne di Londra scappano urlando quando ti vedono.»

    «Una l’ha fatto di sicuro.»

    «Be’, solo quella e, come ho detto prima, non è del tutto in sé.» Si picchiò due dita sulla tempia e scosse la testa. «Stupida strega.»

    «E non è neppure qui, che è poi la ragione per cui sono venuto.» Sbuffò irritato e iniziò a passeggiare per il perimetro della stanza con l’amico al suo fianco. «Guarda come tutte queste signorine mi inviano occhiate di repulsione, mentre passiamo.» Scosse la testa. «In momenti come questo la cecità sarebbe una benedizione.»

    «Ebbene, io sono proprio contento che tu non sia cieco e dovresti esserlo anche tu! Forse il loro sguardo è solo una reazione alla tua espressione truce. Prova a sorridere di tanto in tanto. E allora? Hai qualche cicatrice. Una moglie ci si abituerà dopo il primo impatto.»

    «Spero che tu abbia ragione, ma ritengo che sia meglio scegliere una donna non incline a fare la frivola in società. Disprezzo quel tipo di situazioni e vorrei evitarle per il resto della mia vita.»

    Non aveva sempre odiato gli eventi mondani, almeno non quando era stato un giovane tenente che corteggiava le deliziose debuttanti, facendo concorrenza a Trent. In quel modo aveva incontrato un gioiellino di ottima famiglia che aveva ritenuto essere la perfetta compagna per un ufficiale in carriera dell’esercito.

    Uno stupido errore di gioventù. Adesso lo sapeva bene. A quei tempi era terzo in linea di successione al titolo di conte e aveva una carriera militare in corso.

    Le morti del padre e del fratello lo avevano reso diretto discendente. E il vecchio conte, al quale restava poco tempo da vivere, aveva preteso di nominarlo, rendendo così obbligatorio il fatto che lui prendesse immediatamente moglie.

    E così eccolo lì a guardarsi intorno. Le donne che aveva conosciuto fino a quel momento si erano dimostrate alquanto superficiali, visto che avevano valutato un bel volto, fascino e modi esperti sopra ogni cosa. Doveva trovare una donna abbastanza disperata da tralasciare il suo aspetto e la scarsa inclinazione per la vita di società e accontentarsi della sua futura ricchezza e del titolo. Soprattutto, come aveva detto a Trent, voleva una donna che non lo distraesse dai doveri di conte.

    D’un tratto, notò una ragazza in abito giallo chiaro, una figura penosamente esile, con opachi capelli castani, incarnato pallido ed enormi occhi da cerbiatta. Percepì subito in lei un misto di sfiducia e rassegnazione, anche se conservava in qualche modo un’aria di calma dignità, che gli piacque.

    «Una sicura candidata laggiù» mormorò, più a se stesso che all’amico.

    La ragazza non era proprio brutta, ma di sicuro nessuno l’avrebbe definita una bellezza. Provò una stretta di... che cosa? Compassione? No, meglio condivisione. Anche lei non voleva trovarsi lì, e probabilmente per le sue stesse ragioni. Eppure dovevano starci, tesi verso lo stesso obiettivo: l’incontro giusto.

    Quei rituali di relazione rappresentavano un enorme problema per chi non fosse benedetto dal fascino necessario ad attrarre il sesso opposto. Almeno lui aveva ricchezza e titolo dalla sua parte. A lei, a quanto sembrava, restava solo la dignità.

    Se Caine era in grado di vedere oltre il suo aspetto esteriore, forse anche lei avrebbe potuto farlo. Insomma, doveva avanzare una proposta tale da indurla ad accettare. Poteva contare su una sufficiente dose di fascino, persuasione e audace spudoratezza per convincerla? Decise di sì: avvicinarla poteva valere il rischio di un rifiuto.

    «Quella, Trent» disse, indicando la candidata. «Quella con l’abito giallo limone. È perfetta.»

    «Cosa? Ma è un gambo di sedano, Morleigh, e sembra che le foglie non siano ancora spuntate.»

    «Non vado in cerca di foglie di sedano» tagliò corto, lo sguardo fisso sulla ragazza, che sembrava una bambina smarrita.

    «Va bene, sembra più morta che viva. Dubito che sopravvivrà oltre questo mese, e ancor meno a un matrimonio.» Toccò col gomito l’amico. «Oltretutto, avevi detto che mi avresti lasciato scegliere.»

    «Non tediarmi. Credo sia l’unica, quindi vai. Fa’ quello per cui siamo venuti» fu la secca replica.

    Sperò di concludere la scelta con quell’incursione in società, perché era terribilmente sgradevole sottoporsi a quegli sguardi.

    Le esigue cicatrici dell’occhio sinistro lasciavano immaginare che quello coperto, il destro, fosse decisamente peggiore. Il fatto che lo celasse dietro un’ampia benda ogniqualvolta si trovava in compagnia era probabilmente un inutile vezzo dovuto al commento, tanto ampiamente diffuso ai quattro venti, della sua precedente promessa sposa, Miss Thoren-Snipes.

    Quest’ultima aveva dichiarato a destra e a manca che era una vista orribile, nauseante, che le aveva procurato uno spavento difficilmente dimenticabile, causa di incubi. E la reazione della zia aveva confermato che Belinda non aveva esagerato di molto.

    Trent non capiva. E perché mai avrebbe dovuto? Nessuna donna avrebbe rifiutato Gavin Trent, bello e astuto come il demonio, oltre che eroe di guerra. Lui gli doveva la vita, lo ammirava moltissimo e gli augurava ogni bene. L’invidia non trovava spazio in un’amicizia duratura come la loro. Ma l’eterno ottimismo e le burle infernali dell’amico sfidavano la sua pazienza.

    La ragazza in giallo stava ascoltando una vera e propria sfuriata da una delle altre sventurate, una tracagnotta sovrappeso che sembrava decisamente troppo vivace per abilitarsi a seconda scelta, se ce ne fosse stato bisogno. E comunque era evidente chi era l’oggetto di quella conversazione.

    Caine pensò di essere, forse, un po’ troppo suscettibile, ma quello era il primo evento a cui prendeva parte dal suo ritorno a Londra.

    L’oggetto della sua scelta alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo. Sarebbe bastato andare a chiederle di ballare. Per tre volte. Avrebbe suggellato il patto. Ma non era ancora il momento.

    Afferrò un bicchiere di champagne dal vassoio d’argento di un cameriere e lo sollevò leggermente verso la ragazza, sforzandosi di sorridere. «Vai, Trent. Scopri chi è. Ti aspetto qui.»

    «Sei sicuro di voler andare fino in fondo?»

    «Sì, assolutamente.» Sorseggiò il vino spumeggiante e nascose un fremito. Avrebbe preferito qualcosa di più forte.

    Un quarto d’ora più tardi Trent raggiunse Caine. «È la nipote di Wardfelton, Lady Grace Renfair» disse. «Sua Signoria mi ha riso in faccia quando gli ho parlato. Mi ha detto che non ha dote. È senza un soldo. Senza valore sono le parole che ha usato per descriverla, una malaticcia di una certa età e nemmeno troppo sveglia.»

    «Di una certa età? Quanti anni ha?»

    «Ventiquattro o giù di lì. Mi sono informato con altri, oltre che con suo zio. Lady Nebbins, quella vecchia ciarlona, mi ha detto che la fanciulla è rimasta orfana a sedici anni, si è fidanzata col secondogenito di Barkley, un tenente di marina morto a bordo della Langston sei anni fa. Ha vissuto in compagnia della vedova madre del giovanotto finché la signora si è risposata. Ha trascorso a casa di Wardfelton gli ultimi due anni.»

    «Ah, bene. Quindi di nascita adeguata. E abbiamo già qualcosa in comune, nobili zii che ci tengono il fiato sul collo. Magari è pronta a un cambiamento.»

    Trent mormorò il proprio assenso. «Non ne dubito. Correva voce che fosse morta. Si pensa che stasera Wardfelton l’abbia tirata fuori per sottrarsi alle dicerie. Temo che le potrebbe davvero succedere di morire. Definirla gracile sarebbe una cortesia.»

    Caine sorrise. «Non importa. Posso procedere, dunque.»

    «Ah, giusto, c’è un piccolo neo» lo informò l’amico. «Wardfelton non mi ha tenuto... o meglio, non ha tenuto la mia richiesta da parte tua in alcuna considerazione. Pensa che ci stiamo facendo beffe della sua ingenua nipote e sembra trovi la cosa molto divertente.»

    «Ingenua?» Caine non lo credette neppure per un attimo.

    «Non ha una grande considerazione di lei. Vorrei solo ricordarti che cercavi una fanciulla piuttosto dura di comprendonio.»

    «Non si è rifiutato del tutto di lasciare che le rivolga la parola, non è così?»

    «Non si aspetta che tu lo faccia davvero. Ho

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