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Attrazione illegale: Harmony Privé
Attrazione illegale: Harmony Privé
Attrazione illegale: Harmony Privé
E-book184 pagine3 ore

Attrazione illegale: Harmony Privé

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Info su questo ebook

"Stai diventando come un droga..."
Lui sta per scoprire che liberarsi di certe dipendenze può essere quasi impossibile

Ronan Hall ha letteralmente fatto a pezzi la reputazione di Muriel Sanz nella causa di divorzio contro il suo ex marito. Per ottenere la vittoria, per sé e per il proprio cliente, Ronan non si è fatto scrupolo di ingannare, mentire e corrompere. Per questo Muriel intende fargliela pagare, denunciandolo all'Ordine degli Avvocati e distruggendo la sua carriera. Con queste premesse, Ronan e Muriel dovrebbero odiarsi... invece non riescono a togliersi le mani di dosso. Se non si annienteranno in tribunale, potranno sempre farsi giustizia in camera da letto.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2018
ISBN9788858991343
Attrazione illegale: Harmony Privé

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    Anteprima del libro

    Attrazione illegale - Lisa Childs

    successivo.

    1

    Porca miseria! Ronan Hall continuava a vederla ovunque.

    Non che fosse una sorta di incantesimo o soffrisse di visioni. Muriel Sanz era ovunque. Su ogni cartellone pubblicitario di Times Square e sulla copertina di ogni rivista esposta in ogni edicola della città. Di ogni città, maledizione!

    Ronan non si aspettava certo di vedere quella donna anche lì, nell'ingresso del palazzo da cui stava uscendo. Lei era entrata spedita, l'attenzione tutta rivolta al cellulare che aveva in mano.

    Be', forse avresti dovuto aspettartelo dato che loro due sono amiche.

    Un'amicizia che avrebbe potuto costargli la radiazione dall'Ordine Degli Avvocati e di conseguenza il divieto di esercitare la professione, se l'associazione avesse dato credito alle bugie di Muriel e alle prove che l'arpia aveva falsificato contro di lui.

    Che sia maledetta!

    Mentre le porte dell'ascensore cominciavano a chiudersi, infilò una mano in mezzo per bloccarle. Non poteva permetterle di sfuggirgli. Non che lo stesse evitando di proposito. Non lo aveva neppure notato, mentre attraversava il pavimento lucido dell'elegante atrio intenta a digitare un messaggio sul telefonino.

    A chi scriveva? All'amica Bette o all'amante del momento? Da quanto aveva scoperto su di lei e sul suo appetito insaziabile, con ogni probabilità si trattava di un amante.

    Le porte ricominciarono a chiudersi... sulle sue dita. Così sibilando un'imprecazione si servì di entrambe le mani per forzarle ad aprirsi e poter entrare nella cabina.

    La donna era sola, un dito premuto contro il pulsante di chiusura posto sul pannello di bronzo. Eh sì, adesso l'aveva proprio visto! La pelle color miele appena arrossata, gli occhi di quell'incredibile verde acqua lucidi di collera.

    Era incredibilmente bella. Forse la donna più bella che avesse mai visto. Ragion per cui era anche una modella di successo. Aveva i capelli lunghi, morbidi e folti striati da mèches di diverse tonalità di biondo, il viso dagli zigomi pronunciati, labbra piene e quegli occhi eccezionali. Per non parlare del corpo...

    Anche se indossava un maglione extralarge su un paio di leggins neri, la lana verde aderiva alla curva del seno, ai fianchi e al fondoschiena perfetto. Non era giusto né corretto che avesse un fisico del genere.

    Un fisico che lui sospettava non fosse risultato di interventi chirurgici, perché altrimenti i media l'avrebbero scoperto e sbattuto in prima pagina come avevano fatto per ogni altro aspetto della sua vita.

    Ecco perché la vedeva ovunque. Persino nei sogni.

    «Che diavolo ci fai qui?» gli chiese.

    Era venuto per incontrare la sua amica Bette Monroe in compagnia dei soci, fatta eccezione per Simon Kramer, il socio dirigente del loro studio legale. Dovevano informarla sullo stato fisico e psichico di Simon. Bette era stata la sua assistente e senza di lei l'uomo sembrava perso e infelice. Tra l'altro era per colpa di Ronan che Bette aveva rotto sia il rapporto personale che di lavoro con Simon.

    Per quel motivo, dopo che gli amici e soci erano andati via, lui si era trattenuto, incerto se tornare indietro per scusarsi di nuovo. O forse scusarsi sul serio perché non era sicuro di averlo fatto. Del resto, non era nemmeno sicuro se le dovesse davvero delle scuse.

    «Sto andando a trovare la tua amica» rispose con fermezza, allungando la mano verso la pulsantiera dell'ascensore.

    Era già illuminato il numero di un piano diverso da quello in cui si trovava l'appartamento di Bette. Tuttavia, prima che riuscisse a toccare il pulsante, Muriel premette entrambe le mani sulla tastiera. Le porte si chiusero e l'ascensore iniziò a salire. La cabina era piccola con specchi fumé e il pavimento a mosaico come quello dell'ingresso.

    «Che diavolo credi di fare?» l'accusò aggressivo.

    L'ascensore si fermò, le porte si aprirono ma lei non uscì. Premette invece il pulsante di chiusura e poi quello del piano terra. Solo che ormai aveva attivato tutti i pulsanti, quindi la cabina si sarebbe fermata a ogni piano prima di riscendere al pianterreno.

    «Impedirti di andare a molestare ancora Bette» gli rispose. «Non è stata lei a fornirmi le prove che ho consegnato all'Ordine degli Avvocati.»

    «Prove» ripeté lui in tono carico di disgusto. «Non sono prove. È tutta una montatura, un insieme di falsità vergognose.»

    I grandi occhi verdi si strinsero sospettosi. «Se fosse come dici, perché allora sei così teso e arrabbiato?»

    «Perché mi manda in bestia che tu sia ricorsa a metodi così bassi per vendicarti.»

    Dopo aver vissuto come un disperato anni e anni sulla strada, aveva faticato tanto per arrivare a conquistare ciò che aveva adesso e non sopportava l'idea che qualcosa, specialmente quelle bugie immonde, potessero mettere a rischio la sua carriera e il futuro dello studio legale che aveva fondato con gli amici e compagni di vita.

    Muriel sbuffò, spazientita. «Io sarei ricorsa a mezzi meschini? Tu hai assunto un'agenzia di pubbliche relazioni per distruggere la mia immagine! E per cosa? Solo per ottenere una sentenza tutta a favore del mio squallido ex marito?» Le lunghe ciglia scure palpitarono ma lui dubitò che stesse cercando di flirtare. Forse si stava sforzando di ricacciare indietro le lacrime.

    Provò un palpito... qualcosa di indefinibile. Simpatia? No, no. Non per una donna come quella. Le uniche emozioni che avrebbe dovuto provare erano sospetto e diffidenza. Doveva essere cauto. Nutriva il dubbio che stesse tentando di infinocchiarlo come aveva fatto col marito, quando lo aveva convinto a firmare quel ridicolo contratto prematrimoniale. L'unico modo per aggirarlo era stato dimostrare chi fosse veramente Muriel Sanz.

    Risuonò il segnale di arrivo al piano e le porte si aprirono ma lei premette subito il pulsante di chiusura. «Come riesci a dormire la notte?»

    Be', non molto ultimamente, perché da emerito cretino continuava a pensare a lei anche mentre era con un'altra donna. Immaginava il suo bellissimo viso, il corpo sensuale...

    Porca miseria, come fai a esserne così attratto?

    Doveva esserci qualcosa che non andava in lui.

    «Potrei porti la stessa domanda. Sei una manipolatrice eccezionale. È così che hai convinto Bette a darti la carta con l'intestazione Street Legal, eh?»

    Aveva incominciato a credere che l'assistente di Simon non avesse avuto parte nell'inganno tramato da Muriel. Bette Monroe era apparsa stupita quando le aveva dato la notizia che l'amica l'aveva denunciato presso l'Ordine degli Avvocati.

    «Te l'ho detto e te lo ripeto» replicò lei sillabando le parole come se si rivolgesse a un povero ebete. «Bette non mi ha dato niente di niente.»

    «Quindi gliel'hai sottratta senza che se ne accorgesse?» Sarebbe stato abbastanza facile se fosse venuta a trovare l'amica allo studio. Ma aveva controllato e non ci aveva messo mai piede. Forse Bette si era portata il lavoro a casa... Doveva domandarglielo.

    L'ascensore si fermò di nuovo, le porte si riaprirono e Muriel spinse per l'ennesima volta il pulsante di chiusura. «Non le ho sottratto un cavolo di niente!»

    Lui scosse la testa con aria scettica. «Controllerò se ricorda qualcosa.» L'aveva già interrogata in merito e Bette aveva negato di aver aiutato Muriel, ma forse si sarebbe ricordata se l'aveva scoperta a frugare nella sua borsa o a portare via qualcosa da casa sua. La vera domanda era: l'avrebbe ammesso o avrebbe continuato a difendere l'amica?

    «Tu e quel verme del vostro socio dirigente avete già trattato Bette come un essere spregevole» ribatté lei. «Non ti permetterò di offenderla di nuovo.» E premette il pulsante di stop facendo bloccare di colpo la cabina a metà tra due piani.

    «Sei pazza? Che cosa diavolo fai?» l'aggredì mentre risuonava il segnale di allarme. La testa cominciò a battergli così forte come aveva iniziato a tambureggiargli il cuore dal momento in cui l'aveva vista.

    Ronan non amava gli spazi chiusi e ristretti. Esservi imprigionato con quella donna aumentava il suo disagio. Premette il pulsante di avvio con rabbia e l'ascensore si mise in movimento di botto incominciando a scendere veloce. Troppo veloce. Poco prima si preoccupava di venire radiato ma, a giudicare dalle circostanze, Muriel Sanz non gli sarebbe costata soltanto quello. Sarebbe stato fortunato se fosse sopravvissuto a quella corsa in ascensore con lei.

    Le sfuggì un urlo di paura quando si sentì mancare la terra sotto i piedi. L'ascensore stava precipitando. Poi si bloccò di colpo e lei vacillò cadendo rovinosamente. Ma non finì sul pavimento bensì su un corpo muscoloso.

    Ronan Hall era lungo disteso sulla base della cabina, le gambe divaricate, le spalle contro una delle pareti a specchio. Forse aveva battuto la testa perché aveva gli occhi chiusi.

    Aveva perso conoscenza?

    Era finita contro il suo torace muscoloso, così sollevò la testa a osservare il viso indubbiamente bello. I lineamenti sembravano scolpiti nel granito. La mascella squadrata, gli zigomi affilati come il naso. Le ciglia erano lunghe, folte e nere. Non si muovevano.

    Nonostante avesse tutte le ragioni per odiarlo, fu colta dalla preoccupazione. «Stai bene?»

    «Non lo so.» La voce profonda fu un basso mormorio. «Sembra che il trabiccolo abbia smesso di precipitare.»

    Muriel aveva paura di muoversi nel caso non fosse stato così. La paura era l'unico motivo che la teneva distesa immobile sopra di lui, le gambe intrecciate a quelle lunghe e solide dell'uomo. Altrimenti si sarebbe alzata subito.

    Inspirò a fondo e fu assalita dal suo odore. Un odore inebriante che le diede alla testa. Non si trattava di profumo costoso ma di sapone, di pulito...

    Un profumo tutto suo.

    Accidenti, non è solo bello e affascinante, ma ha anche un buon odore! Non è giusto!

    Non avrebbe dovuto sorprendersene, del resto. La vita non era stata molto buona con lei ultimamente.

    Però aveva un carattere troppo positivo per lasciarsi abbattere.

    Devo tirarmi su.

    Sempre che la cabina non avesse ripreso a precipitare come un sasso...

    «Tu stai bene?» La voce profonda la fece sussultare.

    Lo guardò constatando che aveva gli occhi aperti fissi sulla sua faccia. In risposta scrollò appena le spalle e quella scatola maledetta cigolò. Lui la strinse a sé saldamente per tenerla ferma. Forse era già tesa per il fatto che lui la stava toccando, ma rimase come paralizzata. Per il panico e per le sensazioni che Ronan le faceva provare.

    «Non muoverti» le disse, la voce così bassa da sembrare una sorta di brontolio.

    Non aveva alcuna intenzione di muoversi ma non riusciva a controllare il battito impazzito del proprio cuore. Così forte e veloce da scuoterle tutto il corpo. E non era soltanto il suo a sembrare fuori controllo. Poteva sentire quello di Ronan, avendo il seno schiacciato contro il torace muscoloso di lui.

    «Posso respirare?» domandò, i polmoni doloranti per lo sforzo di trattenere il respiro.

    «Non so se dovremmo...» le mormorò, mentre bisbigliava quelle parole.

    Qualche filo le si impigliò tra le ciglia. Le dava fastidio ma non osò spostarlo. Fu allora che realizzò dove aveva le mani. Per attutire la caduta le aveva istintivamente tese in avanti e adesso una era aggrappata ai bicipiti sodi di un braccio e l'altra abbarbicata a una coscia poderosa. Il guaio era che sentiva guizzare sotto le dita i muscoli dell'uomo, come se lui fosse stato consapevole di quel contatto.

    Il problema però non finiva lì. Sembrava infatti che quel corpo sexy e atletico stesse reagendo a lei. Reagendo in maniera pericolosa, perché Muriel percepiva contro lo stomaco la pressione crescente di un'erezione.

    Ronan doveva essere venuto a trovare Bette direttamente dall'ufficio, dato che indossava un completo. Nelle foto che apparivano sui giornali indossava sempre jeans e T-shirt. Foto scattate durante il suo tempo libero, ovviamente. Del resto, se lo Street Legal non fosse stato così famoso a Manhattan, nessuno avrebbe fotografato né lui né i suoi soci. Ma Ronan Hall e company erano noti per essere avvocati senza scrupoli e don Giovanni impenitenti. Quando venivano ripresi fuori dalle aule di giustizia, erano tutti e quattro in compagnia di donne celebri nel mondo della moda o dello spettacolo. Attrici, modelle o stiliste di grido.

    Muriel provò a spostarsi in modo da avere un contatto meno intimo, ma lui gemette roco mentre con una mano le bloccava un fianco.

    «Non muoverti» l'ammonì a denti stretti.

    L'ascensore aveva ricominciato a scendere. Poi si fermò di nuovo cigolando ma senza scosse. «Speriamo che tenga» si augurò lei.

    «Non è l'ascensore a preoccuparmi» fu la risposta inaspettata.

    «Allora perché continuiamo a stare stesi in terra con la paura di muoverci?»

    Ronan gemette, la stretta implacabile, mentre la bocca sensuale si curvava in un sorriso malizioso. «Forse perché mi sto godendo la sensazione di te che ti getti tra le mie braccia.»

    Le mancò il respiro per lo shock e si contorse per liberarsi, ma non riuscì a fare altro che strusciarsi ancora di più contro di lui e a far ondeggiare la cabina.

    Furono i cavi a gemere questa volta ma tennero. E di colpo lei non si preoccupò più di

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