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Salvata da un milionario: Harmony Collezione
Salvata da un milionario: Harmony Collezione
Salvata da un milionario: Harmony Collezione
E-book163 pagine2 ore

Salvata da un milionario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dopo un terribile incidente, per il quale non può fare a meno di incolpare se stesso, Danilo Raffaelli si è chiuso a qualunque tipo di emozione. Il suo istinto di protezione si risveglia però alla sola vista di Tess Jones, tanto da offrirle rifugio nella sua splendida villa in Toscana.

Tess sarà anche giovane e inesperta, ma sa perfettamente cosa vuole in un uomo, e quel dispotico milionario non si avvicina neanche lontanamente al suo ideale. Ma mentre le calde notti estive si susseguono, la ragazza si scopre sempre più vicina a cedere al suo fascino tenebroso.
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2017
ISBN9788858967782
Salvata da un milionario: Harmony Collezione
Autore

Kim Lawrence

Autrice inglese, rivela nei suoi romanzi la propria passione per le commedie brillanti.

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    Anteprima del libro

    Salvata da un milionario - Kim Lawrence

    successivo.

    1

    Tess posò la fronte rovente contro il frigorifero e si sforzò di sorridere. «Sto bene» mentì. «Mi sento molto meglio.»

    «Sei una terribile bugiarda» ribatté Fiona.

    Tess raddrizzò la schiena e si portò una mano alla testa pulsante, lieta davanti all'affetto nella voce dell'amica. «No, sono un'ottima bugiarda.»

    Solo il giorno prima era risultata convincente quando aveva detto all'assistente di sua madre di essere terribilmente dispiaciuta di non poter partecipare all'inaugurazione del centro sociale che la madre avrebbe presieduto. L'influenza aveva i suoi lati positivi. In questo caso non stava mentendo, si sentiva meglio, ma considerando che poco prima era a pezzi, il suo stato di salute rimaneva precario.

    «Sarei passata da te tornando a casa, ma ho dovuto lavorare fino a tardi. Non sei l'unica con l'influenza, metà dell'ufficio è a casa in malattia. È un incubo. Ma verrò di sicuro domani mattina, dopo aver accompagnato Sally e le bambine alla stazione. Hai bisogno di qualcosa?»

    «Non c'è bisogno...»

    «Verrò.»

    Tess si coprì il naso arrossato con un fazzoletto. Era troppo stanca per discutere. «Be', non prendertela con me se ti ritroverai con l'influenza» borbottò.

    «Io non mi ammalo mai.»

    «Credo che questo si chiami sfidare la sorte» commentò Tess appoggiandosi pesantemente al piano da lavoro della cucina. Le sue gambe erano ancora deboli per lo sforzo di spostarsi dalla camera da letto alla cucina.

    «Nel frattempo assicurati di assumere abbastanza liquidi.» Tess avvertì l'apprensione nella voce dell'amica, quando aggiunse: «Hai cambiato tutte le serrature?».

    «Ho fatto tutto ciò che la polizia ha suggerito.»

    Il che l'aveva trasformata in una prigioniera in casa propria. Osservò i lucchetti che erano stati aggiunti alla porta d'ingresso quando aveva fatto cambiare la serratura.

    «Avrebbero dovuto arrestare quello schifoso pervertito.»

    «Hanno pensato a un'ordinanza restrittiva.»

    Quell'ammissione strappò a Fiona un sussulto. «Allora perché...» Seguì un gemito di comprensione. «Oh, ma certo, tua madre...?»

    Tess non disse nulla. Non ne aveva bisogno. Fiona era una delle poche persone che potesse capire la situazione. C'era quando, all'età di dieci anni, Tess era diventata il volto della campagna di sua madre contro il bullismo nelle scuole, e anche quando una sua fotografia, scattata al funerale del padre, era stata usata per vincere un'elezione in un consiglio comunale.

    «Le sue intenzioni sono buone» sostenne Tess, incapace di frenare l'istinto di difendere la madre. Era vero che Beth Tracey – era tornata al proprio nome da nubile dopo essere rimasta vedova – aveva sempre le migliori intenzioni e, pur avendo un istinto infallibile per l'autopromozione, non era mai se stessa che promuoveva, ma le buone cause delle quali si occupava.

    «Le voci dicono che ha intenzione di farsi avanti in qualità di candidata indipendente per il ruolo di sindaco?»

    «L'ho sentito dire anch'io.» Fortunatamente, pensò Tess, la sua ambiziosa madre aveva finalmente accettato il fatto che la figlia non fosse una risorsa politica, anche se ciò non le impediva di provare a sfruttarla in ogni occasione.

    «Anche se avessi seguito quella strada, non c'era alcuna garanzia che la corte avrebbe applicato un'ordinanza restrittiva. Ha un aspetto... be'... innocuo. E io non ho prove che sia stato nell'appartamento. Dopotutto non ha... preso nulla.» Odiava sentire la propria voce tremare. Aveva giurato di non essere una vittima.

    «Ha fatto una cosa ben peggiore, Tess. Quel verme ha invaso casa tua.»

    Tess fu felice del fatto che l'amica non potesse vederla, mentre le ginocchia le cedevano lasciandola accasciata sul pavimento della cucina. Quell'incidente era stato il punto di non ritorno, il momento in cui aveva capito che ignorare l'uomo, sentirsi dispiaciuta per lui, non era nemmeno da prendere in considerazione. Era pericoloso!

    Un mese dopo l'avvenimento, il ricordo aveva ancora il potere di suscitarle un forte disgusto e un profondo senso di violazione. I petali di rosa sul letto e i bicchieri di champagne disposti sul comodino erano già di per sé terrificanti, ma era stato il cassetto della biancheria intima spalancato, a provocarle un improvviso attacco di nausea.

    Sembrava quasi che il suo stalker avesse voluto farle sapere di essere stato lì, ma allo stesso tempo si era assicurato di non lasciare alcuna traccia che potesse rivelare con certezza la sua identità.

    «Lo so.» Si schiarì la gola e si sforzò di mantenere la voce ferma. «Immagino che, dal loro punto di vista, lasciare fiori e champagne non sia un reato grave.»

    «Lo stalking lo è, però. Hai detto loro delle email?»

    «Non c'era nulla di minaccioso. Gli agenti si sono mostrati molto comprensivi.» Nonostante i suoi timori, i poliziotti le avevano creduto subito quando aveva spiegato che la relazione sentimentale che Ben Morgan credeva di avere con lei consisteva solo negli impacciati saluti scambiati alla fermata dell'autobus, la mattina.

    «Be', la comprensione sarà molto utile quando ti pugnalerà nel sonno in una notte buia!»

    Allarmata dal sospiro di Tess, Fiona si arrestò di colpo e cercò di mitigare le proprie parole. «Non lo farà mai, chiaramente. Quel tizio è un perdente! Me e la mia boccaccia. Stai bene, Tess?»

    Stringendo i denti, Tess cercò di ignorare la morsa di ghiaccio che le aveva serrato lo stomaco alle parole di Fiona. Provare paura avrebbe significato darla vinta a quel folle. «Nulla che un paio di aspirine e una tazza di tè non possano curare» rispose alzandosi faticosamente in piedi.

    «Abbassa quel volume, piccola peste, o non vi lascerò più guardare i cartoni... Mi dispiace» continuò Fiona, alzando la voce per farsi sentire sopra al baccano udibile in sottofondo. «Mia sorella sta facendo il bagno e le gemelle mi stanno facendo impazzire. Bambini sotto i cinque anni e tappeti bianchi non sono una buona combinazione... Chi l'avrebbe mai detto?»

    «Vai a salvare il tuo tappeto, Fi.»

    «Sei sicura di stare bene? Hai una voce terribile.»

    Tess riuscì a emettere una risatina strozzata. «E il mio aspetto è anche peggiore.» Una rapida occhiata lanciata allo specchio, quando si era alzata dal letto poco prima, aveva rivelato un naso tremendamente arrossato, due profonde ombre scure sotto agli occhi e un pallore spettrale. «Ma sto bene.»

    All'altro capo della cornetta risuonò un sospiro esasperato.

    «D'accordo» ammise, «mi sento uno schifo, ma mi farò una tazza di tè e mi rimetterò subito a letto.»

    «Ottima idea. Ci vediamo domani.»

    Dopo aver riempito il bollitore, Tess prese un cartone di latte aperto dal frigorifero e fu solo quando un grumo rappreso atterrò sul fondo della tazza che si rese conto che il latte era andato a male.

    Tess capì che non avrebbe potuto fare a meno del latte. Il negozio di alimentari era a meno di duecento metri da casa... prendendo la scorciatoia attraverso il vicolo.

    Con indosso il pigiama, si avvolse nel cappotto di lana che il fidanzato di Fiona aveva dimenticato l'ultima volta che erano stati da lei per cena. Era un uomo gracile, ma il cappotto era abbastanza grande da avvolgere abbondantemente la figura minuta di Tess.

    Un passo dopo l'altro, consigliò alle proprie gambe instabili. Era arrivata a metà del vicolo quando le parole della poliziotta che aveva raccolto la sua denuncia iniziarono a risuonarle nella testa.

    Cerchi di non farsi prendere dalla paranoia. Ha fatto bene a eliminare la sua presenza online, una scocciatura, lo so, ma l'anonimato rende coraggiose le persone di quel genere. Per il resto, sarà sufficiente prendere qualche precauzione. Quando è in giro stia vicino a qualche amico e se è da sola rimanga in luoghi pubblici bene illuminati e pieni di gente. Molto spesso le persone di quel tipo si concentrano su qualcun altro.

    Il cuore di Tess ebbe un sussulto e lei si immobilizzò, a un tratto consapevole dell'oscurità opprimente che la circondava. Si era messa esattamente nel tipo di situazione che la polizia le aveva suggerito di evitare.

    Barcollando, sempre più vicina a un attacco di panico, prese un paio di profondi respiri che invece di calmarla la fecero tossire. Il suono rimbombò nel vicolo deserto e la sua mente confusa cercò di convincerla a voltarsi e scappare da lì, azione impossibile per due motivi: non era in grado di correre ed era in ogni caso ormai più vicina all'altra uscita del vicolo, la strada principale, dove c'erano luci, persone, la salvezza.

    Va tutto bene... Tutto bene, non sei una vittima... Non sei una vittima... Il mantra le morì in gola mentre una figura compariva all'ingresso del vicolo. Esitò un istante prima di dirigersi verso di lei.

    Tess aprì la bocca per urlare ma non uscì alcun suono. Il suo peggiore incubo era diventato realtà e si sentiva paralizzata. Non riusciva a respirare.

    «Rilassati, sono qui per prendermi cura di te, tesoro...»

    Non fu un grido, ma almeno riuscì a emettere un suono. Tentò disperatamente di richiamare di nuovo l'attenzione...

    «Senza conoscere i dettagli del caso di sua sorella non posso esserne sicuro, ma da quello che mi ha detto dubito molto che sia una candidata idonea all'intervento.»

    Non prendertela con il messaggero. Danilo socchiuse le palpebre nascondendo la propria espressione prima di rilasciare un respiro carico di tensione.

    «Ma se vuole che la esamini...?» Il medico lesse la domanda negli occhi a un tratto vigili di Danilo. «Ovviamente vorrà parlarne con lei?»

    «Chi?»

    «Sua sorella. Mi sembra di capire che sia già stata sottoposta senza successo a diversi trattamenti?»

    Le parole del ragazzino a cui aveva intimato di stare lontano dalla sorella gli tornarono di colpo in mente. Tu non vuoi vedermi mai più, ma cosa vuole Nat? Lei vuole vedermi e io voglio vedere lei. La amo. Quando ti deciderai a lasciarle vivere la propria vita?

    «Lei vuole camminare.» L'espressione comprensiva del medico non aiutò a risollevare l'umore di Danilo, che si alzò in piedi chinando leggermente la testa. «Mi terrò in contatto.»

    La propria vita.

    Una vita. Era questo che voleva per sua sorella. A quello scopo l'aveva portata da tutti i migliori chirurghi spinali esistenti, aveva esaminato i risultati di ogni nuova ricerca pubblicata. Non si sarebbe arreso, ma le avrebbe proposto di sottoporsi a una nuova visita e lei avrebbe accettato. Lo faceva sempre.

    Mettendo a tacere la voce della propria coscienza, fece un cenno all'autista che era sceso dalla limousine pronto ad aprirgli la portiera.

    «Preferisco camminare.»

    Si avviò lungo il marciapiede, le mani sprofondate nelle tasche, talmente immerso nei suoi pensieri da non accorgersi della spolverata di grandine fuori stagione che gli ricoprì rapidamente la testa e le spalle. Una tipica estate inglese.

    A volte la vita mette gli uomini di fronte ai loro fallimenti e debolezze. Lui era a Londra la notte in cui aveva dovuto affrontare i propri, la notte dell'incidente che aveva rubato la vita ai genitori e lasciato la sorella, ancora adolescente, su una sedia a rotelle.

    Avrebbe dovuto essere con loro, essere al volante della macchina, e forse le cose sarebbero andate in modo diverso. Ma aveva ricevuto un'offerta migliore. Una notte con una bellissima bionda a Londra. Trovare una scusa per allontanarsi da Roma era stato facile.

    Ancora una volta provò un profondo disgusto per se stesso ripensando al momento in cui la polizia era finalmente riuscita a rintracciarlo nella camera d'albergo. Il cielo iniziava a essere rischiarato dalle prime luci del mattino mentre gli agenti lo informavano che sua sorella stava lottando tra la vita e la morte in una sala operatoria ormai da più di sette ore. Ed era sola, perché i loro genitori giacevano su un tavolo dell'obitorio.

    Aveva anteposto una notte di sesso occasionale ai doveri nei confronti della famiglia. Se non fosse stato tanto egoista... Chi poteva dirlo? Le cose avrebbero potuto andare diversamente. I suoi riflessi più pronti avrebbero fatto la differenza? Non l'avrebbe mai saputo e quella sarebbe stata la sua punizione. Una punizione comunque molto leggera, in confronto a ciò che aveva dovuto affrontare Nat, ma di una cosa era sicuro: finché avesse avuto vita, non avrebbe mai smesso di cercare

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