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Una luce nella notte (eLit): eLit
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E-book215 pagine2 ore

Una luce nella notte (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO

43 Light Street 9

Dopo l'omicidio dell'amica Marianne, Jenny Larkin viene interrogata dall'agente Ben Brisco. Lei non ricorda nulla di quell'uomo, indirettamente responsabile del tragico incidente che anni prima l'ha resa cieca. Lui, invece, non ha scordato quel volto. Adesso è l'unica che possa condurlo al pericoloso assassino. Decisa a collaborare con la polizia, Jenny comincia a sentire passi che la seguono, ad avvertire occhi che la guardano, presenze che la turbano. C'è soltanto un uomo in grado di aiutarla, ma il prezzo per far tornare Ben Brisco nella propria vita è forse troppo alto da pagare.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2019
ISBN9788858999936
Una luce nella notte (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Una luce nella notte (eLit) - Rebecca York

    successivo.

    Prologo

    Si sentiva l'eccitazione nel sangue. Nelle ossa. Nei polpastrelli che sfioravano la tastiera del computer mentre aspettava che il modem si collegasse.

    L'aveva in pugno!

    Quello era il gran giorno. Lo sapeva con l'istinto di un abile cacciatore che aveva finalmente sfinito la sua preda.

    Dominando appena l'euforia, inserì il numero di abbonamento e la password fasulla che si era procurato. Marianne era già on-line, in attesa dell'uomo che conosceva come Oliver.

    Lui aveva riflettuto molto su quello pseudonimo. Scaturiva dalle sue molte letture. Questa volta il libro ispiratore era stato il romantico Love Story, protagonista un giovane marito chiamato Oliver. Un tipo sensibile e comprensivo. Nessuno chiamato Oliver avrebbe mai potuto nuocere a qualcuno.

    Marianne rispose al suo messaggio sul computer con un saluto immediato.

    Ciao, digitò lui. Non vedevo l'ora di scambiare quattro chiacchiere con te.

    È stata una giornata lunga.

    Lui capì subito l'allusione. A certe donne piaceva un pizzico di commiserazione. Grane sul lavoro?, le chiese.

    Già.

    Dovette sorbirsi un elenco di noiosissime lamentele sul capo e sui colleghi. Ma aveva già pronte le risposte appropriate.

    Poverina. Perché non ti scarichi venendo a cena con me?

    Ci fu una breve pausa prima che Marianne rispondesse: Non credo che sia una buona idea.

    Perché?

    Non ci siamo mai incontrati.

    Il suo commento fu rassicurante. E non c'incontreremo finché non ti rilasserai e non mi farai entrare nella tua vita.

    Lo so.

    È da due mesi che dialoghiamo. Un'attesa lunga per lui. Mi hai raccontato molte cose su di te. E mi conosci anche tu, credo.

    Come si può conoscere una persona al computer?, precisò la donna temporeggiando.

    Vorrei passare alla fase successiva.

    E se... se ti deludessi?

    Dunque, era quello. Non era preoccupata per lui. Era preoccupata per ciò che avrebbe pensato di lei quando si fossero finalmente incontrati. Fu travolto dall'emozione. Era un bene che stesse scrivendo e non parlando perché sapeva che non sarebbe riuscito a controllare la propria voce. So in partenza che non mi deluderai, digitò. Ti conosco già così bene. Il tuo umorismo. La tua intelligenza... Si fermò lì perché non voleva calcare troppo la mano.

    Oliver, c'è qualcosa che non ti ho detto. Qualcosa che potrebbe cambiare tutto.

    Abbiamo fatto trenta. Possiamo fare trentuno, le fece notare lui con filosofia.

    Marianne rispose in fretta, facendola finita. Ho problemi alla vista. Non sono cieca. Ma devo portare lenti molto spesse. E uso un computer speciale che mi legge i messaggi.

    La sensazione di potere fu violenta e assoluta. Ecco l'informazione che faceva funzionare il rapporto per lui. La donna gli aveva svelato il suo segreto. Pensi davvero che m'importi?

    Temevo di sì.

    Si finse ferito. Marianne, credevo che ti fidassi di me.

    Infatti è così. Sapessi come sono sollevata.

    Vediamoci stasera. C'è un locale a Fells Point che va per la maggiore. Berremo un drink e ceneremo. E il complesso è fantastico. È il posto ideale per rilassarsi.

    Va bene.

    Le diede l'indirizzo e chiacchierarono per qualche altro minuto. Quando tolse il collegamento, restò seduto a sfregarsi le mani, stringendo sempre più forte... pregustando l'attimo in cui le sue dita si sarebbero chiuse intorno alla morbida gola di Marianne.

    1

    Il timer della cyclette trillò, segnalando la fine dei suoi quarantacinque minuti di allenamento. Ravviandosi all'indietro i folti capelli castano chiaro, Jenny Larkin rallentò le pedalate, concedendosi un breve raffreddamento. Mentre le sue lunghe gambe continuavano a seguire il ritmo di una vecchia canzone dei Beatles, s'intrecciò le mani dietro la nuca e si stirò. Si sentiva meravigliosamente carica grazie all'esercizio fisico.

    Trasformare quella camera da letto inutilizzata in una piccola palestra era stato un colpo di genio, nonché uno dei primi passi del suo piano per organizzarsi la vita esattamente come la voleva lei. Tipo ritornare in quella vecchia casa di campagna dove aveva vissuto con la nonna da bambina. Alcune delle sue amiche avevano pensato che fosse pericoloso per qualcuno come Jenny vivere sola in una fattoria sperduta. Avrebbe fatto meglio a vendere la proprietà e a investire parte del ricavato nell'acquisto di un comodo appartamento di città. Ma lei non aveva bisogno di altri soldi. Aveva bisogno di libertà e autonomia. E quella fattoria era il rifugio ideale... un posto in cui poteva rilassarsi ed essere se stessa senza bisogno di soddisfare le aspettative altrui.

    Prima di passare al vogatore, spense il mangiacassette e accese la radio, sintonizzandosi su una stazione di attualità. L'annunciatore stava riportando i risultati degli incontri di basket del giorno prima. Ascoltando con un orecchio soltanto, Jenny si posizionò sul sedile e incominciò a vogare con impegno. La notizia successiva, però, la fece trasalire.

    Si trattava di un fatto di cronaca. Il cadavere di una donna sui trentacinque anni era stato rinvenuto quella notte dietro una casa vuota di West Baltimore. La vittima era stata strangolata. La polizia avrebbe reso note le generalità non appena i parenti fossero stati rintracciati e avvertiti.

    Jenny rabbrividì. Con le mani ancora strette intorno alle impugnature di gomma del manubrio, restò in ascolto, ma non ci fu nessun'altra informazione... niente che indicasse che potesse trattarsi di Marianne Blaisdell.

    «Non è lei» si disse Jenny. «Non può essere lei.»

    Tuttavia, continuava a pensare a come le era parsa l'amica quando l'aveva chiamata da un locale notturno la sera prima. Era troppo allegra e spumeggiante, eccitatissima all'idea di uscire finalmente con l'uomo che aveva conosciuto grazie alla posta elettronica. I locali non rientravano nelle abitudini di Marianne. E nemmeno gli appuntamenti al buio.

    «Questo tipo... quanto sai di lui?» aveva chiesto Jenny gentilmente.

    «È dolce e sensibile.»

    «Potrebbe essere una finta.»

    «Perché sei di colpo così cinica? Sei quella che mi ha incoraggiata a conoscere persone nuove.»

    Lei aveva sospirato. «Lo so, lo so. Ma ho l'impressione che tu abbia preso una decisione affrettata. Perlomeno promettimi che non salirai in macchina con lui.»

    «Sei ridicola» aveva ribattuto l'amica prima di riattaccare.

    Jenny non aveva potuto fare altro la sera prima.

    Adesso, staccando le mani dal manubrio, s'invitò alla calma. Si era abituata a prendere la vita come veniva, senza fare troppe congetture. Nondimeno, i suoi movimenti furono bruschi mentre si alzava dal vogatore. Era così turbata che urtò contro il telefono a muro nell'angolo della stanza prima di rendersi conto di averlo raggiunto.

    «Accidenti» brontolò mentre si massaggiava il braccio. Inspirando, compose il numero di Marianne. Quando non rispose nessuno ai primi due squilli, si addossò alla parete.

    Tre squilli... quattro... cinque... sei...

    A ogni secondo che passava diventava più difficile respirare. E la sua angoscia aumentò quando scattò la segreteria telefonica.

    Aspettò che finisse il saluto familiare, poi lasciò un breve messaggio in cui diceva a Marianne che stava andando al lavoro e le ricordava il numero dell'ufficio. Avrebbe potuto aggiungere che era curiosa di sapere come fosse andato l'appuntamento con Oliver, ma nervosa com'era lasciò soltanto il numero di telefono.

    Dopo aver riattaccato, restò a lungo contro la parete, ripensando alla conversazione della sera prima. Alla fine, con un sospiro, si riscosse. Non poteva restare lì in eterno. O avrebbe fatto aspettare l'autista del pulmino.

    Questa volta, quando attraversò la stanza e percorse il corridoio, fece attenzione a ciò che la circondava: il familiare parquet consunto che s'incurvava leggermente nel mezzo, l'alta balaustra che segnava l'inizio delle scale. In bagno, si spogliò ed entrò nella cabina della doccia. Il getto caldo la fece sentire meglio, così che quando incominciò ad asciugarsi i capelli, si era quasi convinta che avrebbe trovato un messaggio di Marianne al suo arrivo in ufficio.

    L'uomo risalì lentamente la strada di Marianne Blaisdell, osservando il quartiere operaio con le sue file di modeste casette. Molte facciate avrebbero avuto bisogno di una bella ritinteggiata e alcuni giardini traboccavano di erbacce e auto scassate. Girando l'angolo, tirò diritto per un tratto, come se fosse diretto alla piccola caffetteria poco più avanti. Invece, dopo aver parcheggiato, si avviò nella direzione opposta. Indossava ancora la divisa della sera prima, quella da letturista del gas completa di computer tascabile. Calcandosi il cappellino sulla fronte, si servì dei vicoli per raggiungere casa Blaisdell.

    Dopo aver indossato un paio di guanti di lattice, inserì la chiave nella serratura della porta posteriore. Guardò il cucinino con gli elettrodomestici antiquati, il pavimento sciupato e le pareti beige. In qualche modo si era immaginato che Marianne vivesse in un ambiente più raffinato. Per un attimo gli balenò l'immagine di un'altra cucina squallida: Meema che si chinava rabbiosamente su di lui con una cinghia di cuoio tra le mani...

    L'uomo non aveva bisogno di quel ricordo. Non lì, non in quel momento, non quando aveva del lavoro da sbrigare. Ma non riuscì a fermare l'ondata di antico dolore. Sette anni. Il suo primo litigio. Il sangue che gli colava dal naso e un livido scuro nel punto in cui Willy Dumbrauski lo aveva colpito. Era tornato a casa di corsa, cercando conforto. Invece, si era beccato dieci cinghiate per essersi comportato da mascalzoncello. Non era stata colpa sua. Ma Meema non gli aveva dato retta. Lo aveva sempre odiato. Aveva imparato a odiarla anche lui. E a odiare il terribile segreto che lei lo costringeva a tenere. Disprezzava le donne che avevano segreti. Ma aveva trovato il modo di sistemarle. Il che lo riportava a Marianne.

    Con la volontà di ferro che aveva imparato a esercitare da bambino, scacciò i ricordi e si concentrò sul presente. L'odio fu sostituito da un calore innaturale. Un brivido gli corse giù per la schiena al pensiero di trovarsi in casa di Marianne dopo ciò che avevano condiviso.

    Il PC della ragazza era nell'angolo di una delle camere da letto. Non si trattava di un modello qualsiasi. Oh, no. Era un processore personalizzato con un set di periferiche che avrebbe mandato in visibilio un appassionato.

    Con che cosa diavolo aveva a che fare?

    Incuriosito, accese il computer. La macchina si caricò con un bip e lanciò un programma che rilevò il sistema e bloccò la tastiera. L'uomo provò lo stesso a digitare qualcosa. Quando non successe niente, si spazientì. Dannazione, odiava gli imprevisti.

    Trovò un manuale accanto a un porta floppy. Ma al posto delle parole, c'erano tanti puntolini in rilievo. Braille, pensò lui, dal momento che Marianne gli aveva detto di vederci poco. I puntolini incominciarono a danzargli davanti agli occhi. Travolto dalla rabbia, diede un pugno al tavolo. Il dolore alle nocche lo aiutò a calmarsi e a pensare razionalmente.

    Alla fine capì l'arcano. Il sistema doveva essere azionato da un telecomando. Gli accessori. La chiave era negli accessori. Sì, un qualche dispositivo di realtà virtuale. Forse ad attivazione vocale. Aveva visto alcuni prototipi alla fiera informatica di Las Vegas. Ma la stessa tecnologia avrebbe potuto aiutare una persona con problemi di vista. Qualcuno come Marianne, insomma.

    Dopo aver trovato il telecomando a infrarossi che sbloccava la tastiera, l'uomo sollevò dal tavolo la cuffia col microfono incorporato. Non riuscì a infilarla del tutto ma se l'accostò al viso per usarla. In fretta rovistò il sistema dei file, cercando messaggi che potessero ricollegarlo alla Blaisdell.

    Guardò l'orologio. Si trovava lì da mezz'ora. La polizia aveva già trovato il cadavere grazie a una vecchia pettegola insonne che aveva sbirciato dalla finestra. Lui l'aveva vista balzare indietro quando aveva alzato lo sguardo e controllato la casa di fronte. Aveva pensato di sistemarla, ma sapeva che la donna avrebbe chiamato la polizia prima che lui avesse avuto il tempo di raggiungerla. E non c'era la possibilità che lo identificasse. Non con quella divisa da letturista, con quel cappellino calcato sugli occhi. Anche l'auto era a posto. L'aveva rubata per l'occasione. Era tuttavia logico supporre che la polizia sarebbe arrivata presto. In fretta, cercò di cancellare i file di World Connect, il servizio di posta elettronica, ma il sistema richiese la verifica vocale.

    Con un trucco che aveva imparato durante i suoi giorni da programmatore free-lance, l'uomo riuscì a manomettere la directory. Con un po' di fortuna, aveva fatto abbastanza danni da distruggere l'accesso al sistema dei file.

    Dopo aver spento il computer, prese il manuale in Braille e raggiunse l'uscita. Col fatto che non sapeva leggere la scrittura Braille, il libro non gli sarebbe servito a niente. Ma non sarebbe servito nemmeno alla polizia, se non lo avesse avuto.

    La mano di Ben Brisco si chiuse intorno alla tazza vuota che occupava un angolo della sua scrivania. La mano era come le sue spalle, massiccia e salda. Non era un uomo alto. Ma era proporzionato, con muscoli armoniosi e quel genere di tensione latente che al bisogno sapeva trasformare il pensiero in azione immediata. Il corpo si abbinava a un viso squadrato che rafforzava l'immagine del duro. Brenna, la sua ex moglie, gli aveva detto che i suoi tratti migliori erano gli zigomi alti e gli occhi nocciola. Ben sospettava che, per certe donne, gli occhi tradissero una sensibilità involontaria che lui avrebbe preferito tenere nascosta.

    Alzandosi, puntò verso la macchinetta del caffè nell'angolo dello stanzone situato al sesto piano della Centrale di polizia. Ci sapeva fare come agente investigativo. Ma di recente si era chiesto se non fosse ora di uscire dalla Omicidi, dalla polizia in generale, come il suo amico Mike Lancer che se la stava cavando benone nella sua nuova veste di investigatore privato. Oppure sarebbe potuto entrare in una delle sezioni meno impegnative... l'antitruffa o la buoncostume, dove non si sarebbe dovuto confrontare con giovani trafficanti di droga e teppisti che si accoltellavano a vicenda. E anche quando ne sbattevi dentro uno, ecco che un altro prendeva subito il suo posto.

    Però, c'erano ancora casi che risvegliavano il suo istinto protettivo. Come quello del bambino che era rimasto colpito in una sparatoria. O l'omicidio di cui sentiva parlare adesso Pete Diangelo e il tenente Morgan. Il corpo di una giovane donna era stato rinvenuto alle due del mattino a West Baltimore. L'assassino aveva seviziato la poveretta prima di strangolarla. Un altro psicopatico in libertà.

    Diangelo, in servizio da mezzanotte, era già nel vivo dell'indagine. Stava dicendo al tenente che si era fermato a casa della vittima intorno alle otto e trenta del mattino. Aveva rovistato tra gli effetti personali senza trovare un'agenda. Forse la donna annotava tutto sul computer, ma lui non era riuscito a farlo funzionare perché si trattava di un modello speciale. Per il momento, quindi, brancolava nel buio. Indizi, non ce n'erano.

    Ben non invidiava Diangelo. L'amico avrebbe dovuto spulciare scartoffie e interrogare chiunque gli fosse capitato a tiro finché non avesse trovato una traccia che con tutta probabilità

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