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Passione illegale: Harmony Privé
Passione illegale: Harmony Privé
Passione illegale: Harmony Privé
E-book184 pagine2 ore

Passione illegale: Harmony Privé

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Info su questo ebook

"Mi dichiaro colpevole, vostro onore."
Quando per corrompere Miss Perfettina si usano armi illegali, il verdetto può essere uno solo.

Stone Michaelsen è famoso per non aver mai perso una causa, ma la sua rivale Hillary Bellows è determinata a batterlo in tribunale e, per farlo, è disposta a tutto. Non appena escono dall'aula però, Stone e Hillary lasciano cadere il guanto di sfida... insieme a ogni altro indumento! Tanto autorevoli e severi in aula, quanto audaci e appassionati in privato, non riescono a stare lontani uno dall'altra. Il loro però è un gioco pericoloso che rischia seriamente di compromettere la carriera di entrambi. A meno che l'amore non arrivi a sovvertire ogni regola.
LinguaItaliano
Data di uscita21 gen 2019
ISBN9788858993101
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    Anteprima del libro

    Passione illegale - Lisa Childs

    successivo.

    1

    «Vi proverò senza ombra di dubbio che quell'uomo è un uomo cattivo» disse l'assistente del procuratore distrettuale indicando il tavolo della difesa.

    Stone Michaelsen ebbe la spiacevole sensazione che stesse indicando lui invece del suo cliente. Ma non poteva certo fare obiezione. In effetti lui era un uomo cattivo... A volte.

    In quel preciso momento poi, mentre guardava Hillary Bellows lavorarsi la giuria, avrebbe voluto davvero essere molto cattivo con lei. Era maledettamente sexy con quel tailleur blu cielo che metteva in risalto gli splendidi occhi azzurri. La gonna aderiva in maniera perfetta al delizioso fondoschiena e la giacca non riusciva a nascondere il seno generoso e lasciava intravedere uno spicchio della canotta di seta color carne. Aveva l'attenzione rapita di ogni giurato maschio e, data la sua evidente serietà, anche della maggior parte delle donne. Quando si volse di nuovo verso la giuria il caschetto biondo le sfiorò le guance, i capelli così soffici e setosi che lui provò un impulso assurdo di toccarli. Di toccarla.

    Ma come sempre quando si trovava in aula, dovette sforzarsi di tenere sotto controllo la forte attrazione che sentiva per quella donna. Hillary Bellows era off limits. Ma anche se non lo fosse stata, gli aveva fatto capire molto chiaramente di non nutrire una buona opinione su di lui. Avrebbe dovuto cercare di affascinarla, se voleva che cambiasse idea a riguardo.

    Stone però non era per natura un rubacuori, un tombeur des femmes come i suoi amici. Era troppo diretto, troppo brusco e franco. Per niente adulatore. Come del resto anche Hillary.

    Quest'ultima intanto continuava la propria dichiarazione di apertura. «Proverò al di sopra di ogni ragionevole dubbio che l'accusato ha ucciso la giovane moglie in un raptus di gelosia. L'avvocato della difesa, Stone Michaelsen, del famoso studio legale Street Legal, cercherà di manipolarvi per far assolvere il proprio cliente, perché sia lui sia i suoi soci farebbero qualsiasi cosa pur di vincere.»

    Stone strinse i pugni impedendosi di reagire. La donna stava colpendo basso sfruttando i recenti problemi dello studio per metterlo in cattiva luce. Problemi che non erano stati certo causati né da lui né dai suoi amici e colleghi. Purtroppo all'interno dello studio agiva una talpa. Qualcuno che riusciva a gettare fango sul loro lavoro e sulla loro reputazione. Dall'acredine con cui Hillary si esprimeva, avrebbe potuto pensare che fosse lei la responsabile di quelle pericolose fughe di notizie. Ma l'assistente del procuratore non aveva accesso in alcun modo alle documentazioni riservate dello Street Legal.

    Forse Hillary provava un acuto risentimento nei suoi confronti per tutte le volte che l'aveva battuta in aula. A sentirla parlare sembrava che l'arringa di apertura fosse quasi un attacco personale, più che una descrizione del caso e del modo in cui voleva procedere.

    «E come i suoi soci» proseguì lei, «Stone Michaelsen userà i media e altri trucchetti per averla vinta semplicemente per il fatto che non ha prove in mano.»

    Lui s'impose di non sobbalzare. Tanto per cambiare l'aveva colto alla sprovvista. In effetti aveva un appuntamento più tardi con Allison McCann, della McCann Public Relations. Dovevano discutere insieme del prossimo comunicato stampa. Allison aveva già pubblicato una dichiarazione da parte dello Street Legal in cui si metteva in evidenza il comportamento anomalo dell'accusa, in quanto non aveva preso in considerazione il fatto che il suo cliente avesse un alibi di ferro per l'ora dell'omicidio. Byron Mueller non avrebbe dovuto nemmeno essere arrestato. E proprio per quell'alibi Stone era sicuro di poter conquistare un'altra vittoria e infliggere a Hillary un'ennesima sconfitta.

    Era per quel motivo che l'avvocatessa parlava con tanta durezza? Sapeva già che avrebbe perso, come ogni volta che si era scontrata in aula contro di lui? Chissà come sarebbe andata se lo scontro si fosse trasferito sul piano fisico? Tutte quelle curve lussuriose premute contro il suo corpo...

    A quel punto dovette sopprimere un sorriso. Al momento non era il caso di mostrarsi compiaciuto davanti alla giuria. Tuttavia Hillary appariva fin troppo soddisfatta. Strano... Fu allora che gli rivolse una rapida occhiata e Stone scorse un lampo di divertimento negli occhi azzurri.

    Non poteva essere certo per la consapevolezza di una sconfitta vicina. Era troppo ambiziosa per trovare la cosa divertente.

    Poi lei si girò di nuovo verso il banco della giuria, la voce più bassa come se stesse per confidare un segreto importante. «Anche l'alibi che il suo cliente sostiene di avere per l'ora dell'omicidio è stato demolito dalle prove che ci sono arrivate direttamente dallo studio dell'avvocato Michaelsen.»

    Che accidenti sta dicendo?

    Stone balzò in piedi e protestò con foga: «Obiezione, Vostro Onore. L'assistente del procuratore sta facendo accuse...».

    «Che posso provare» lo interruppe Hillary.

    Il giudice batté il martelletto. «Questa è la dichiarazione di apertura dell'avvocatessa Bellows. Avvocato Michaelsen, lei avrà l'opportunità di difendere il suo cliente durante il processo.»

    «Sembra che sia io che debba difendermi» mormorò lui rimettendosi seduto.

    «Avvocato...» La voce del giudice era gelida. Harrison presiedeva i processi da molto tempo. I capelli ormai erano tutti bianchi e il viso era indurito da rughe profonde e da una chiara espressione di disapprovazione.

    Per Stone era sempre un elemento a sfavore, quando era Harrison a sedere sullo scranno più alto nell'aula di giustizia. Ma non poteva non appellarsi a lui in quel caso.

    «Per favore, Vostro Onore, ricordi all'assistente del procuratore che non è il mio studio legale a essere sotto accusa ma solo il mio cliente.»

    Il giudice non diede a Hillary Bellows un avvertimento verbale ma soltanto un'occhiata significativa. La giovane donna non parve per nulla turbata, anzi guardò in direzione di Stone, gli occhi blu pungenti, un lievissimo sorriso sulle labbra. Stava godendosela un mondo a punzecchiarlo.

    E lui si scoprì eccitato. Non tanto per l'importanza del processo in corso, quanto per l'emozione di scontrarsi di nuovo con lei. L'aveva già battuta prima e non era stato affatto facile. Come avvocato era davvero in gamba, una sfida esaltante.

    E come donna...

    No! Assolutamente no! Non poteva pensare a lei come donna ma solo come avversario in quella causa.

    È così difficile, accidenti a me!

    Non gli sarebbe certo dispiaciuto se Hillary si fosse spinta a colpirlo sotto la sua cintura. Per quanto lo riguardava, l'avrebbe fatta andare sotto la cintura, i pantaloni e i boxer...

    Il cliente gli toccò un braccio. «Non mi sembra vada molto bene» mormorò preoccupato. «Non capisco, che significa questa storia delle prove che discreditano il mio alibi?»

    «Non lo so» bisbigliò Stone. Ma aveva tutta l'intenzione di scoprirlo.

    «Avvocato Michaelsen, è la sua collega ad aver diritto di parola adesso. Lei e il suo cliente dovete rimandare la vostra discussione al termine della seduta.»

    Lui s'irrigidì. Peggio di così non poteva andare. Aveva fatto arrabbiare il giudice. Non che fosse una novità. Harrison era sempre di cattivo umore, a ogni processo.

    Strinse il braccio del cliente per rassicurarlo ma Byron Mueller parve all'improvviso molto più vecchio dei suoi sessant'anni. Il milionario era conosciuto per il suo spirito combattivo, per essere esuberante, persino un po' gradasso. Ma sino a quel momento non si era mai trovato ad affrontare un problema tanto grave. Per questo aveva assunto Stone. Doveva aver pensato che potesse aiutarlo a uscire da quella grana. Solo che l'accusa di omicidio era una cosa parecchio seria.

    Seria come Hillary Bellows mentre proseguiva nella propria dichiarazione di apertura, sottolineando alla giuria tutte le ragioni per cui avrebbe dovuto ritenere l'imputato colpevole.

    E il motivo più importante era il fatto stesso che Mueller avesse incaricato Stone di rappresentarlo. Se fosse stato innocente, non si sarebbe mai rivolto a un avvocato così privo di scrupoli.

    Ma Byron era davvero innocente, qualsiasi cosa Hillary avesse scoperto. Il suo alibi era reale...

    Certo che se lei riuscisse a mandarlo all'aria, la situazione diventerebbe dura.

    Praticamente come stava diventando lui mentre osservava la bellissima donna al lavoro.

    Non le importava che fosse tardi. Hillary Bellows non era per niente stanca. L'eccitazione era enorme. Non riusciva a smettere di sorridere. Questa volta avrebbe vinto. Questa volta Michaelsen non sarebbe riuscito a salvare il proprio cliente.

    Si appoggiò con un sospiro soddisfatto allo lo schienale della sedia ripensando all'espressione stupita sul suo volto virile e maledettamente affascinante. L'aveva colto di sorpresa, non c'era dubbio. Il che, doveva ammettere, l'aveva confusa. Da dove poteva essere arrivata quell'informazione se non dal suo studio legale?

    Comunque non aveva importanza.

    Avrebbe vinto. Be', non avrebbe potuto festeggiare come le sarebbe piaciuto... Stone che l'accarezzava e la faceva venire. Era così bello, con quei folti capelli neri e quegli occhi grigi profondi. Per non parlare del fisico...

    Spalle larghe, torace ampio, braccia muscolose, cosce lunghe e possenti. Per la miseria, un corpo perfetto! Non era giusto.

    E poi come diavolo faceva a mantenersi così in forma? Era sempre pieno di lavoro. Cause difficili che dovevano tenerlo occupato l'intera giornata. Dove trovava il tempo per allenarsi? Lei non riusciva a ritagliarsi nemmeno mezz'ora in palestra.

    Forse sollevava pesi... O forse donne.

    Come vorrei che sollevasse me, che mi prendesse con quelle braccia forti e mi portasse nella sua camera da letto...

    Sbuffò irritata da quelle fantasie. Purtroppo erano solo quello. Niente di reale.

    Si allungò con un sospiro un po' triste a prendere una barretta di cioccolato. La sua cena. E chiuse gli occhi mentre la cioccolata fondente le si scioglieva in bocca. Dolce e amara nello stesso tempo. Così deliziosa da strapparle un gemito di piacere.

    Gemito che ebbe un'eco imprevista e allarmante.

    Colta alla sprovvista, sobbalzò sulla sedia con tale violenza da rischiare di cadere e, aprendo gli occhi, si trovò a fissare Stone Michaelsen appoggiato contro lo stipite della porta del suo ufficio.

    Era sicura di averla chiusa. Lo faceva sempre, specialmente fuori orario. Forse erano stati gli addetti alle pulizie, quando erano entrati e li aveva pregati di tornare più tardi. Ma era successo parecchio tempo prima.

    «Come diavolo hai fatto a entrare?» lo aggredì irritata.

    Come diavolo ho fatto a non sentire la porta aprirsi e a non accorgermi che mi stava guardando, accidenti! Eri troppo presa a pensare a lui, cara mia.

    Lui sollevò una spalla con noncuranza. «Non sono un uomo così cattivo da non poter superare il controllo della sicurezza» le rispose con un mezzo sorriso. «Tenendo anche conto che ho difeso il nipote della guardia di turno. Era accusato di spaccio.»

    «Non mi sorprende» fu il commento sarcastico di Hillary. Con ogni probabilità, era riuscito a ridurre le accuse o addirittura a farle cadere.

    Ma in quel caso non avrebbe avuto tanta fortuna.

    Comunque non aveva dubbi sul perché fosse venuto. Così si appoggiò alla sedia e lo osservò con aria interrogativa. «Vediamo un po', lasciami indovinare... Vuoi un patteggiamento?»

    «Ho una richiesta da farti» replicò lui entrando nella stanza e chiudendo la porta.

    L'ufficio era già piccolo ma adesso pareva ancora più stretto. La sua presenza, con quel fisico grande e grosso, riempiva l'intero spazio. Aveva i capelli un po' scomposti, come se vi avesse passato diverse volte le mani. O forse era stata una donna ad affondarvi le dita? E poi quegli incredibili occhi grigi puntati su di lei...

    Hillary sentì il battito del cuore accelerare mentre lui si avvicinava alla scrivania. Posò i palmi sul ripiano chinandosi in avanti in modo che i loro visi fossero allo stesso livello.

    Il cuore le balzò in gola. Voleva baciarla?

    L'impulso di coprire la poca distanza che li separava e posare le labbra sulle sue era forte. Ma lei sapeva che non era ciò che lui voleva. Non avrebbe mai potuto desiderare una come lei.

    Sia Michaelsen sia i suoi soci frequentavano modelle, stiliste, attrici ed ereditiere. Non impiegate sottopagate, anche se laureate, e assistenti del procuratore distrettuale. Ma quella era la sua professione e la vita che aveva scelto. Le stava bene e le piaceva anche che lui fosse il protagonista indiscusso di tutte le sue fantasie erotiche. Era molto meno pericoloso così che nella realtà.

    D'altronde il vero Stone Michaelsen non le andava a genio. Era arrogante, senza scrupoli e amorale. No, no. Preferiva di gran lunga lo Stone immaginario, che non parlava ma si limitava a baciarla e ad accarezzarla.

    «Non vuoi conoscere la mia richiesta?» le domandò.

    Hillary si sforzò di tornare al presente. Inspirò profondamente e si trovò immersa nel suo profumo. Una fragranza di pulito, sapone, muschio e qualcosa che era soltanto suo. «Clemenza? Tu non l'hai mai mostrata nei miei confronti.»

    Almeno non in aula. E nemmeno in quei dannati comunicati stampa fatti dalla loro agenzia.

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