Riscoprirsi innamorati
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Info su questo ebook
Rientrato da una zona di guerra a causa di alcune ferite, Rick Wyatt non vuole nessuna infermiera che si occupi di lui, tanto meno sua moglie Kate, che non vede ormai da un anno. Lei lo ha lasciato non sopportando di saperlo in costante pericolo lontano da lei. Ora però, avendo appreso che Rick ha bisogno di qualcuno che lo accudisca, proprio non riesce a restargli lontana. Tenta in tutti i modi di mettere a tacere il turbine di passione che si è risvegliata in lei appena lo ha rivisto, ma è tutto inutile. Kate vorrebbe smettere di amarlo, riuscire a ricostruirsi una vita, avere finalmente dei figli. Rick, reduce da un passato di affidamenti fallimentari, infatti è sempre stato contrario ad avere un bambino, tanto che lei non gli ha mai rivelato che era fuggita da lui anche perché...
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Anteprima del libro
Riscoprirsi innamorati - Amy J. Fetzer
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Out of Uniform
Silhouette Desire
© 2005 Amy J. Fetzer
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-582-6
1
Vicinanze di Camp Lejeune, North Carolina
A un marine non piace stare fermo. Basta dargli un obiettivo e lui lo persegue con grinta, lottando con le unghie e con i denti, improvvisando, adattando il tipo di intervento alle situazioni, fino alla vittoria finale.
L’obiettivo di Nick, al momento, era molto semplice. Aprire un barattolo di sottaceti. Ma la benda stretta attorno alla spalla e l’ingessatura che partiva dal gomito fino alle nocche della mano destra, costituivano un grosso ostacolo.
Un marine con un braccio rotto non serviva a nulla. E la probabilità di restare in quelle condizioni per un bel po’ di tempo rendeva Nick di pessimo umore. Ormai, quella situazione si trascinava da quando era stato ferito ed esonerato da ogni incarico. Non vedeva l’ora di rientrare in servizio, di guarire e di raggiungere al più presto la sua squadra. Finalmente, sarebbe tornato in azione!
Ma, intanto, i sottaceti restavano intrappolati dentro quel barattolo.
Un’operazione così semplice, improvvisamente diventava difficile come la conquista del Santo Graal. Sapeva che la mano destra non era forte abbastanza da riuscire a stringere il contenitore di vetro. Inoltre, gli faceva un male cane e le bendature peggioravano la situazione. Il dolore già gli pulsava nella spalla e iniziava a risalire fino alla testa. Allentò la cinghia che gli teneva il braccio bloccato contro lo stomaco come una camicia di forza, e il peso del gesso ricadde di colpo tutto sulla spalla, levandogli il fiato. Deciso a conquistare quei benedetti sottaceti, incuneò il barattolo tra braccio e fianco e, con l’altra mano, svitò il tappo. Il coperchio saltò e il liquido gli si versò addosso e finì sul pavimento.
Con una pazienza che normalmente non possedeva, sfilò il vasetto appiccicoso da sotto il braccio e lo posò sul ripiano del mobile, contemplando il disastro.
L’odore pungente dell’aceto lo nauseò. Ci avrebbe impiegato almeno mezz’ora per ripulire tutto, nelle sue condizioni. Detestava non essere efficiente. La vita gli aveva insegnato a sbrigarsela sempre da solo.
Sbuffò, irritato. Sarebbe dovuto essere in combattimento, in quel momento, alla guida della sua squadra di ricognizione, a controllare alcuni obiettivi nemici prima dello sbarco delle truppe d’assalto. E, invece, era chiuso in casa, infermo. Per fortuna, non c’era nessuno lì con lui, ad assistere al penoso spettacolo della sua frustrazione.
Suonarono alla porta.
Come non detto. Dei testimoni.
Meditò di non aprire, poi, alla terza scampanellata insistente, strinse i bendaggi attorno al collo e si avviò con passo deciso verso la porta.
Sperava che, chiunque fosse, se ne sarebbe andato al diavolo al più presto.
Poiché il braccio destro era bloccato contro lo stomaco, doveva necessariamente adoperare la mano sinistra per girare la maniglia, e lo sforzo della manovra gli rammentò che non riusciva più a eseguire nessun gesto, anche il più semplice, senza ripensare a quanto gli era accaduto.
Aprì la porta con uno sguardo arcigno. L’ultima persona che si aspettava di vedere era la sua ex moglie.
«Ciao, bello.»
Kate.
Come uno scoppio di granata, tutto quel che aveva ignorato nell’ultimo anno tornò a sibilargli nella mente, attaccandolo da ogni direzione. Il suo corpo vibrò come un martello pneumatico, rivivendo ogni carezza, ogni coccola che lui e Kate si erano scambiati sotto le lenzuola o in qualsiasi altro angolo di quella casa. Ondate di struggente nostalgia lo travolsero, e la consapevolezza di quanto avesse sentito la sua mancanza divenne forte e prepotente dentro di lui.
Rimaneva sempre la donna più bella che avesse mai conosciuto. Sensuale, vitale, appassionata.
E non più sua.
«Che diavolo ci fai, qui?»
Con lo sguardo le percorse la figura, cercando di non notare in che forma smagliante fosse.
Ma era tutto inutile. Aveva dei radar speciali quando si trattava di Kate. La assorbì come l’aria, cogliendo ogni particolare di lei, il modo in cui i capelli rossi le incorniciavano il viso e si ondulavano come fuoco liquido attorno alle spalle, adagiandosi sopra i seni generosi, o come la camicetta verde esaltasse il colore dei suoi occhi e le accarezzasse il busto meravigliosamente. Aveva indossato quei pantaloni a vita bassa che le lasciavano scoperto il ventre abbronzato e l’ombelico per il solo gusto di provocarlo, mostrandogli quello che lui non poteva più toccare, che non era più suo?
Il disagio di Nick si accompagnò a una tensione nel basso ventre piuttosto fastidiosa.
Kate inclinò il capo da un lato e sorrise. «Sai, Nick, è questo ciò che ho sempre amato di te: i tuoi calorosi saluti.»
Che bocca deliziosa.
«Spiritosa» grugnì. «Ora, se non ti dispiace, prendi quelle valigie» ordinò, indicando le due sacche che lei aveva adagiato davanti alla porta, «rimettile nel bagagliaio e ritornatene a casa.»
«Questa è ancora casa mia.»
Nick si irrigidì e restrinse gli occhi. «No, non più.» Perché era stata lei ad andarsene. Era stata lei ad abbandonarlo. Era trascorso un anno da quando gli aveva detto che il loro matrimonio era in crisi e che si era stufata di essere la sola a combattere per tenerlo in piedi.
Ma lei non sapeva neppure che cosa significasse davvero combattere, pensò. E poi, a suo avviso, non c’era nulla che non funzionasse nel loro matrimonio.
«Sì, va bene... Non sono qui per rivangare il passato. Sono venuta per prendermi cura di te.»
«Non ce n’è bisogno.»
«Sul serio?» ribatté lei, e Nick percepì un tono di scherno quando gli domandò: «Sbaglio o sento puzza d’aceto?». Il suo sguardo si soffermò per qualche istante sull’alone ben in evidenza sui pantaloni.
Gli occhi di Nick si restrinsero a due minacciose fessure. «No, non ti sbagli. E ora, se mi vuoi scusare...» Fece per chiudere la porta.
Kate la bloccò con la mano e avanzò. «Niente da fare, marine. Ho degli ordini ben precisi da eseguire.»
«Certo, come no.»
«Se non vuoi che mi prenda cura di te, Nick, allora dovrai ritornare all’ospedale militare. Oggi stesso.»
Lui spalancò la porta, contorcendo il viso in una smorfia di dolore quando una fitta lancinante si diramò dalla spalla al collo. Voleva strofinarsi la parte dolente, ma la fasciatura gli negava anche quel piccolo sollievo. «Chi lo dice? Io sto benissimo da solo.»
«Lo dicono il tuo comandante e i medici. Leggi qui se non mi credi.» Gli porse una lettera e lui gliela sfilò di mano, scorrendola rapidamente.
«Maledizione.»
«Lo so che non stai nella pelle dalla gioia.» Kate si esibì in una smorfia che gli strappò quasi un sorriso.
Quasi.
Ma tutto ciò cui lui riusciva a pensare, in quel momento, era la prospettiva di averla lì, ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette. Si sarebbero sbranati a vicenda prima della fine della settimana. «Perché?»
«Perché loro ti conoscono bene quanto me. Sanno che non stai a riposo, che te ne vai in giro per casa, che non prendi le medicine, ostinandoti a recitare la parte del duro, del vero marine.»
«È quello che sono.»
«Non per questa settimana né per i prossimi due mesi, almeno. E questo nelle migliori delle ipotesi, comportandoti come si deve e seguendo le prescrizioni mediche.»
Nick strinse gli occhi. Kate Wyatt sapeva molto bene che suo marito avrebbe sopportato di tutto, piuttosto che ammettere di avere bisogno di qualcuno. Specialmente di lei.
«Hai bisogno di assistenza, Nick. E io sono un’infermiera. Poiché ti sei rifiutato di rimanere in ospedale, è così che ha ordinato il tuo comandante.» Lo sguardo di Kate perlustrò la casa. «E da quel che vedo in giro, be’, consentimi di dire che per un uomo che si vanta di essere preciso e ordinato...»
«Lo so, c’è un po’ di disordine.» Che diamine, perché si era messo sulla difensiva? Non si doveva certo giustificare con lei.
Kate sollevò le valigie. «Scansati e fammi entrare. Io mi fermo qui. Non si discute.»
Lui non si mosse, riflettendo su come levarsi da quella situazione. L’ultima cosa che desiderava era avere in casa l’unica donna in grado di accendergli il sangue nelle vene. Maledizione, gli batteva già forte il cuore.
«Vuoi rileggere gli ordini, capitano?» insistette lei.
Messo così alle strette, Nick non aveva scelta. Da militare qual era, sapeva quando era il caso di arrendersi. E poi non voleva che i suoi vicini li vedessero, lì fuori, per dare il via a nuovi pettegolezzi. Così, si scostò, consentendole di entrare in casa. In una casa che avevano arredato insieme e di cui lei si era presa cura per tanto tempo, prima di andarsene.
Kate gli passò davanti e lui inalò il suo profumo, sentì il calore del suo corpo.
Digrignò i denti, resistendo alla tentazione di protendersi verso di lei per baciare la sua pelle, inebriarsi della sua calda fragranza, della sua prorompente femminilità.
Non immaginava che sarebbe stato così duro averla di nuovo accanto.
Quando andò a prendere le valigie, lei lo bloccò: «Non devi usare quel braccio se vuoi ritornare in servizio. Con entrambi gli arti superiori funzionanti, ovviamente.»
«Lo uso benissimo, vedi?» Nick ondeggiò le dita della mano destra, poi le chiuse attorno al gomito sinistro.
«I muscoli sono collegati, Nick, e affaticare la parte sana significherebbe rallentare il processo di guarigione. Senza contare che diventeresti asimmetrico» scherzò, ondeggiando il braccio come una scimmia.
Lui, però, non sembrava affatto divertito. Staccò la mano dalla maniglia della valigia e lasciò che Kate trascinasse i bagagli dentro casa, prima l’uno, poi l’altro, e li portasse nella camera degli ospiti.
Nick la osservò senza muovere un dito, avvilito per non poterle essere d’aiuto. Lui, che con le donne si era sempre comportato da perfetto cavaliere, detestava ora sentirsi come un bimbetto di cinque anni che andava accudito.
Quando Kate ritornò, gli si fermò davanti. «Hai l’aria stanca» notò.
Nick indossava una T-shirt con una manica tagliata all’attaccatura della spalla che, tirando attorno alla fasciatura, gli aderiva ai pronunciati pettorali. Non si radeva da un paio di giorni, e la barba incolta esaltava quel suo aspetto da duro di cui lei si era innamorata quattro anni prima.
«Sono solo nervoso» ribatté. «E mi sento bene.» Ma non era vero. Si