Una bocca... da baciare: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Carole Mortimer
Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’
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Anteprima del libro
Una bocca... da baciare - Carole Mortimer
successivo.
1
Crash!
«Accidenti!»
Logan sollevò stupito lo sguardo dalle carte che stava firmando quando udì il suono di un oggetto di vetro che andava in frantumi.
Che cosa...?
Crash!
«Doppio accidenti!»
L'espressione di Logan divenne di divertimento quando appoggiò la penna e si alzò in piedi per dirigersi verso la fonte di quel rumore, l'ufficio della direzione adiacente al suo.
Aveva pranzato in quella stanza poche ore prima con un paio di colleghi. Ne aveva approfittato per discutere di alcuni contratti mentre mangiavano. Logan lo trovava un ottimo modo di lavorare. Quando entrò, notò che il tavolo era ancora in parte apparecchiato, ma la stanza era vuota.
«Al diavolo i bicchieri!» sbottò una voce spazientita. «E così fanno due. Dovrò ripagarli... ahi!» L'ultimo era chiaramente un grido di dolore.
Logan era ormai al limite della curiosità, mentre si avvicinava furtivamente al lungo tavolo di mogano, quando scorse un casco di capelli rossi. Ecco risolto il mistero: era la ragazza - donna? - che aveva servito loro il pranzo, una dipendente di Chef Simon. Logan non le aveva prestato molta attenzione, mentre mangiava, essendo intento nelle sue discussioni d'affari, ma ricordava di averla casualmente guardata mentre si muoveva in silenzio intorno al tavolo.
La ragazza si sollevò, controllando con espressione corrucciata la sua mano sinistra, dove una considerevole quantità di sangue fuoriusciva all'estremità di una delle dita.
«Ti sei tagliata?»
Qualunque reazione Logan si aspettasse alla sua domanda premurosa non era certamente di far sobbalzare quella chioma di capelli rossi e di farle rovesciare un altro bicchiere per lo spavento.
Con un'abile mossa, Logan riuscì ad afferrare il bicchiere prima che rotolasse in terra per raggiungere gli altri due ridotti in frantumi sul pavimento di legno.
«Ti sei fatta molto male?» le chiese, tendendole la mano con l'intento di esaminare il taglio.
Ma lei ritirò la mano con un gesto repentino e se la nascose dietro la schiena. Poi sollevò gli occhi grigi con un'espressione costernata dipinta sul volto. «Mi dispiace tanto di averla disturbata, signor McKenzie» si scusò, intimidita. «Stavo solo sparecchiando e... e ho rotto i bicchieri.» Lanciò uno sguardo sconsolato ai vetri. «E... e...» Qualunque cosa stesse per dire si perse in un improvviso impeto di pianto.
Logan aggrottò le sopracciglia. «Ehi, non preoccuparti. Sono solo due bicchieri. Sono sicuro che Chef Simon non è un orco cattivo per cui dover piangere.»
L'agenzia di catering di Chef Simon si occupava dei pranzi di lavoro che di tanto in tanto Logan indiceva negli uffici della direzione ormai da un anno, e lui si era sempre compiaciuto dell'efficienza della sua organizzazione. Era la prima volta, tuttavia, che vedeva quella ragazza, perciò probabilmente era nuova e quindi temeva di perdere il posto per aver rotto i bicchieri.
«Puoi sempre raccontare a Chef Simon che li ho rotti io» cercò di consolarla Logan. Le donne in lacrime non erano proprio il suo forte!
Soprattutto quando piangevano perché erano preoccupate o turbate, ammise a se stesso con rammarico, ricordando il suo ultimo incontro con Gloria un paio di settimane prima. La fronte gli si corrugò al pensiero delle sue lacrime di rabbia e frustrazione quando lui le aveva detto che la loro storia, che durava ormai da un anno, era finita. Lei gli aveva persino scagliato contro un vaso di fiori quando lui si era rifiutato di cambiare idea, ripensò con disgusto.
«Non potrei mai farlo» rispose prontamente la ragazza. «Così finirebbe sul suo conto e non sarebbe giusto.»
Giusto... non era una parola che Logan sentisse pronunciare molto spesso, né sul lavoro né nella sua vita personale. D'altro canto, il costo di un paio di bicchieri avrebbe difficilmente ridotto sul lastrico la sua compagnia multimilionaria...
La ragazza cercò di ricomporsi e si sollevò in piedi, asciugandosi le lacrime dal viso.
Logan si soffermò a osservarla per la prima volta. Era una ragazza minuta, gli arrivava a malapena alle spalle. I calzoni neri e la camicetta color panna sottolineavano il suo corpo esile, e il viso incorniciato dai capelli rossi era ricoperto di lentiggini sulle guance e sul naso. Gli occhi grigi erano circondati da lunghe ciglia scure. Aveva un mento volitivo e labbra carnose, seppure in quel momento non stesse sorridendo.
Non esattamente...
Da dove usciva quel sorriso?, si domandò Logan, mentre correggeva rapidamente la propria impressione che lo sguardo di quella ragazza non fosse degno di nota. Quando sorrideva, come in quel momento, i suoi occhi grigi s'illuminavano, sulle guance le comparivano delle accattivanti fossette e le labbra suadenti lasciavano intravedere una dentatura perfetta.
Logan si ritrovò senza fiato a fissarla.
«Apprezzo molto la sua offerta per quanto riguarda i bicchieri...» rispose lei, continuando a sorridere, completamente ignara dell'effetto che aveva prodotto su di lui. «Come ha detto lei, non vale la pena prendersela tanto» concluse, scrollando le spalle.
«E allora, perché piangi?» chiese lui con voce stridula, furioso con se stesso - e con lei! - per quella reazione inaspettata.
Il sorriso svanì dalle labbra della ragazza, e allo stesso tempo evaporò anche la confusione di Logan. «Allora?» la incalzò lui, impaziente.
Lei lo fissò con espressione di rimprovero. «Mi sono tagliata!» esclamò, sollevando il dito ferito.
Logan lo esaminò attentamente. «Ha smesso di sanguinare. E non mi sembra un taglio profondo.»
E comunque aveva già perso abbastanza tempo con quella ragazza, decise, evidentemente irritato.
«Dirò alla mia segretaria di portarti un cerotto» sbottò all'improvviso. «Nel frattempo, ti consiglio di andare a sciacquarti il dito. E anche il viso.»
Lei si portò una mano alla guancia. «Mi dispiace davvero di averla disturbata» mormorò con un filo di voce, come se fosse nuovamente sull'orlo delle lacrime.
Non aveva la più pallida idea di quanto, anche solo per un istante, lo avesse disturbato!
«Come ti chiami?»
«Darcy» rispose lei, in tono mesto.
«Bene, signorina Darcy...»
«Darcy è il mio nome di battesimo» lo corresse lei, fissandolo con gli occhi gonfi.
Oh, no, stava per mettersi a piangere di nuovo! E Darcy non era un nome maschile?
«Tuo padre voleva un maschio, non è così?» chiese Logan in tono canzonatorio.
I suoi occhi grigi lampeggiarono di rabbia. «Quello che voleva e quello che ha avuto sono certamente due cose diverse.»
«Capita spesso, quando si tratta di donne» commentò lui, beffardo.
Darcy lo fissò dietro le sue lunghe ciglia di seta. «Lei è sposato, signor McKenzie?»
Logan sollevò le sopracciglia. Che cosa c'entrava il fatto che fosse sposato o meno?
«Si dà il caso di no» rispose lui, lentamente.
Lei annuì, come se se lo fosse immaginato. «Secondo me, gli uomini hanno le donne che si meritano. Per esempio...»
«Darcy, suppongo che fossi qui per servire un pranzo, non per psicoanalizzare il cliente!» la interruppe bruscamente Logan, contraendo la mascella.
Fino a pochi minuti prima, Logan era molto soddisfatto di come stava procedendo la sua giornata; il pranzo era stato un successo, mentre lui parlava con quella giovane i contratti stavano per essere firmati e non vedeva l'ora di uscire a cena quella sera con una bellissima bionda che aveva conosciuto a una festa il sabato precedente. Quel senso di benessere era ora svanito cedendo il posto al crescente desiderio di strangolare la ragazza che aveva di fronte!
Darcy sembrava un po' turbata. «Mi dispiace moltissimo. È che... oggi non sono in me!» spiegò con voce soffocata, prima di nascondersi il viso fra le mani e ricominciare a piangere.
Logan scosse la testa, sentendosi completamente disarmato di fronte a quella nuova crisi. «Oh, per favore!» sbottò, prima di avvicinarsi e prenderla fra le braccia.
Sembrava un cucciolo spaventato, mentre lui la cullava contro il suo petto muscoloso... i capelli rossi parevano seta fra le sue dita, mentre li accarezzava distrattamente... le spalle così esili e fragili...
Che cosa diavolo stava facendo?, si chiese Logan a un tratto, cercando di ricomporsi. Stava consolando la cameriera che era venuta a servirgli il pranzo, accidenti! Per giunta, se fosse entrato qualcuno, avrebbe potuto fraintendere la situazione!
Logan cercò di scostarsi, visibilmente imbarazzato. «Ehm... Darcy...?»
A quel punto, lei affondò maggiormente la testa contro il suo petto, trasmettendogli l'umidità delle sue lacrime.
Logan si sentiva completamente disarmato e iniziò a desiderare che qualcuno entrasse e li interrompesse.
«Tieni» mormorò con voce roca, porgendole un fazzoletto bianco e tirando un sospiro di sollievo quando lei si scostò per asciugarsi gli occhi.
«Mi dispiace moltissimo» mormorò Darcy in tono mesto. «È solo che poco fa, prima di uscire, ho ricevuto una notizia molto brutta. Di solito, non scoppio a piangere davanti ai perfetti sconosciuti, le assicuro» aggiunse, sforzandosi di sorridere.
Logan accennò un ghigno. «Non importa... mi ritengo tutt'altro che perfetto!» commentò in tono ironico, domandandosi quale notizia avesse potuto ridurla in quello stato. «Posso esserti di aiuto in qualcosa?» si ritrovò a chiederle, per poi aggrottare la fronte per quell'inusuale interessamento nei confronti di una sconosciuta, perfetta o meno che fosse!
Discendendo da una numerosa famiglia scozzese, composta dall'anziano nonno, una coppia di zii e vari cugini, Logan trovava abbastanza facile estraniarsi dalle difficoltà che sembravano assillare costantemente i suoi parenti. Se così non fosse stato, si sarebbe trovato spesso coinvolto in un intrigo o nell'altro, e lui preferiva condurre una vita molto più tranquilla. Per questo trascorreva la maggior parte del suo tempo nel suo appartamento di Londra!
Perché si sarebbe dovuto interessare ai problemi di una perfetta sconosciuta, che oltretutto gli aveva bagnato tutta la camicia con le sue lacrime?
Il sorriso di Darcy si era fatto amaro. «Ne dubito» spiegò, scuotendo la testa. «Ma grazie lo stesso.»
Logan si sentì irritato perché quella ragazza non voleva confidarle che cosa la tormentava! Cosa diavolo gli era preso?
«Un problema condiviso è un problema dimezzato» cercò di incoraggiarla lui.
«Dubito che potrebbe interessarle.» Lei scosse la testa, e sul suo viso comparve un'espressione decisamente imbarazzata.
«Mettimi alla prova, allora» insistette Logan in tono persuasivo.
Darcy strinse le spalle. «È solo che... No, davvero non posso» concluse in tono risoluto. «Da... Chef Simon» si corresse all'istante «non apprezzerebbe se discutessi della sua vita personale con uno dei suoi clienti.»
Chef Simon? Daniel Simon...? Perché, poco ma sicuro, quella ragazza stava per chiamare il famoso chef per nome. E, a giudicare dal suo pianto dirotto, quel piccolo lapsus sembrava indicare un rapporto molto più intimo di quello fra un dipendente e il suo datore di lavoro.
Daniel Simon e quella ragazza, Darcy?
Logan non riuscì a nascondere la sua sorpresa. Quella ragazza doveva avere poco più di vent'anni, mentre, da quello che sapeva, Daniel Simon aveva passato i cinquanta. Non che fosse una situazione inusuale, solo non aveva mai pensato a quell'uomo in questa particolare ottica. In effetti, non si era mai soffermato nemmeno per un istante a riflettere sulla vita privata di Daniel Simon!
E non voleva di certo iniziare ora! «Probabilmente hai ragione» tagliò corto Logan. «Manderò Karen a portarti un cerotto» aggiunse, prima di voltarle le spalle per andarsene.
«Signor McKenzie...?»
Lui si girò con aria riluttante. «Sì, Darcy?» replicò in tono cauto.
«Grazie» rispose lei, sfoderandogli un