La moglie segreta: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Come una moderna Belle, Emma Carmicheal ha iniziato a fare la cameriera per riscattare i debiti del padre, ma quando a un party esclusivo si trova a servire Jack Westwood, conte di Redminster, il passato riaffiora violentemente. Emma e il conte si sono segretamente sposati anni prima, da tempo vivono separati ma Jack non l'ha mai dimenticata. Così, decide che è giunta l'ora di rivelare la verità sulla loro unione.
Da quel momento, cominciano a essere assediati dai paparazzi: fingersi una coppia felice potrebbe attenuare l'attenzione pubblica, ma quanto potrà durare la finzione?
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La moglie segreta - Christy Mckellen
successivo.
1
Emma Carmichael si rese subito conto che, servire da bere e da mangiare a quella festa piena d'invitati facoltosi, sarebbe stato più impegnativo e complicato del solito.
La casa, situata a Chelsea, il quartiere più elegante di Londra, a pochi passi da Sloane Square, era signorile e raffinata ma l'atmosfera non era vivace e brillante come ci si sarebbe aspettato da un evento simile.
Probabilmente dipendeva dall'umore dei partecipanti, immaginò Emma, scivolando tra di loro con un vassoio di calici pieni di champagne.
Atteggiamento altezzoso e aria annoiata, i presenti sembravano così avvezzi a presenziare a quel genere di feste che ormai non riuscivano più nemmeno a divertirsi. Sembrava affluissero a quelle serate mondane più per abitudine e per timore di essere tagliati fuori dagli ambienti aristocratici di Londra, che per il proprio piacere.
Durante gli anni dell'adolescenza, Emma era intervenuta a molte feste simili a quelle in cui ora serviva da bere, sia in compagnia dei suoi genitori sia delle sue compagne di Cambridge. Ma all'epoca era una ragazza completamente diversa, viziata e irresponsabile. Quei giorni spensierati erano finiti da tempo e si erano portati via suo padre e l'intera e cospicua eredità della sua famiglia.
Le sembrò che quei pensieri avessero improvvisamente evocato i suoi demoni, perché il cellulare le vibrò nella tasca. Lo estrasse con circospezione per controllare se si trattasse di un messaggio dell'ultimo creditore che le rammentava la rata in scadenza. Non si era sbagliata. Ripose il telefono al suo posto, ricordando di stamparsi sulle labbra il sorriso cordiale che il suo capo, Jolyon Fitzherbert, pretendeva da tutto il proprio staff.
«Emma! Avvicinati per favore. Vorrei scambiare due parole con te.» Il tono di Fitzherbert che la osservava dal lato opposto della stanza, circondato da un gruppo di persone raccolte intorno all'imponente caminetto di marmo, era perentorio.
Maledizione. Mi ha beccata!
Emma si voltò, e riconobbe alcuni individui ai quali già in altre occasioni aveva servito bevande e piatti prelibati, durante quei due mesi di lavoro alle dipendenze di Jolyon. Ormai non faceva caso agli sguardi sprezzanti che le riservavano ogni volta che si avvicinava a loro. In qualità di cameriera non meritava alcun tipo di considerazione.
Se solo anche Jolyon l'avesse ignorata!
Per Emma stava diventando sempre più difficile lavorare per lui. Quando erano soli, il suo capo ne approfittava per allungare le mani e lanciarle occhiate lascive e insistenti.
Fino a quel momento lei era stata in grado di tenerlo a bada ma quando Jolyon alzava il gomito, la situazione diventava difficile da gestire. Sforzandosi di restare calma, annuì mentre gli si avvicinava con un sorriso sulle labbra.
«Desidera qualcosa, signore?»
Lui la fissò con ostilità. «Spero di essermi sbagliato, ma mi è sembrato di vederla usare il cellulare mentre sa bene che dovrebbe occuparsi esclusivamente dei miei ospiti. Non vorrà che la credano una fannullona! Ho ragione?» la redarguì.
Emma sentì lo stomaco contrarsi. «Io... ehm... sì... anzi no» bofonchiò, arrossendo sotto lo sguardo sdegnoso del suo capo. «Ho guardato il cellulare solo per un istante, per controllare...»
«Non m'interessano le sue giustificazioni. Forse crede di essere troppo qualificata e in gamba per servire dei drink a gente come noi...» continuò Jolyon con una nota di sarcasmo nella voce.
«No, assolutamente no...»
L'espressione dell'uomo non aveva nulla di amichevole, o di condiscendente. «Dal momento che la pago per i suoi servigi, mi aspetto e pretendo serietà e professionalità.»
«Sì, certamente. Sono a sua completa disposizione, signor Fitzherbert» asserì Emma, stampandosi un sorriso di circostanza sulle labbra nonostante l'umiliazione a cui l'uomo la stava sottoponendo.
Jolyon le lanciò un'occhiata maligna, come se si divertisse a metterla a disagio. «Bene... mi porti un whisky doppio.»
Emma aprì la bocca per domandare se qualcun altro desiderasse qualcosa da bere, ma appena avvertì la carezza sprezzante della mano di Jolyon sul viso, la richiuse immediatamente e s'irrigidì ancora di più.
«Coraggio. Si sbrighi!»
Colpita dal suo tono insolente, lei indietreggiò, poi voltò le spalle a quell'uomo arrogante e subdolo e si diresse verso il mobile bar di noce antico.
Si accertò di avere ancora intorno al collo la catenina che le ricordava tempi migliori e, con le mani che le tremavano, versò due dita di liquore ambrato nel caratteristico bicchiere a forma di tulipano. Qualche goccia cadde sul piano di legno e lei l'asciugò in fretta con il grembiule prima che il suo datore di lavoro se ne potesse accorgere.
Era davvero frustante lavorare per un uomo come Jolyon. Non nutriva il minimo rispetto nei suoi confronti e la trattava alla stregua di un oggetto.
Clio Caldwell, a capo di una delle agenzie più note di Chelsea che reclutava personale domestico selezionato e qualificato da fornire alle famiglie aristocratiche londinesi, l'aveva messa in guardia sul carattere irascibile del signor Fitzherbert, una persona difficile, pretenziosa e arrogante, ma a fronte della buona ricompensa economica Emma si era dichiarata disposta a sopportare gli scoppi d'ira del datore di lavoro. Doveva risparmiare ancora un po' di denaro per poter saldare l'ultimo debito lasciatole dal padre e poi finalmente avrebbe potuto riprendere in mano la propria vita.
All'improvviso avvertì la familiare fitta al petto che le toglieva il respiro. C'erano giornate in cui la mancanza del padre le era intollerabile. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo riabbracciare, udire la sua voce calma sussurrarle che sarebbe andato tutto bene, che la amava e che niente di male le sarebbe accaduto. Ma all'insaputa di tutta la famiglia, suo padre aveva accumulato una tale quantità di debiti che li aveva portati alla rovina.
Deceduto in seguito a un infarto, l'aveva lasciata ad affrontare una situazione difficile e incerta. Sua madre era crollata per la vergogna e non le era stata di alcun aiuto.
Emma strinse con forza il bicchiere di whisky e tornò dal padrone di casa. «Prego» mormorò in tono asettico, offrendogli il liquore.
Jolyon non si degnò nemmeno di guardarla. Afferrò il bicchiere e le voltò la schiena, rivolgendosi a uno degli uomini al suo fianco, che la guardò con sufficienza.
Quanti sguardi simili a quello aveva ricevuto dopo la morte del padre! Negli occhi della gente aveva letto un misto di pietà e di condiscendenza al quale ancora oggi cercava di non prestare attenzione.
Sforzandosi di soffocare il consueto moto di rabbia che l'aggrediva appena i ricordi riaffioravano alla mente, si stampò un sorriso di circostanza sul viso e corse a rifugiarsi in cucina. Arrivando in un territorio amico, sospirò di sollievo e il cuore riprese a batterle in modo regolare. Non voleva che le persone che lavoravano con lei si accorgessero della sua agitazione. Era la responsabile del servizio e doveva dare il buon esempio. Dopo tutte le difficoltà che aveva affrontato in quegli ultimi anni non poteva crollare.
Per fortuna Clio le aveva mandato dall'agenzia un paio di cameriere in più per garantire un servizio all'altezza delle aspettative. Dopo aver lavorato con loro numerose volte negli ultimi mesi, Emma aveva finito per fare amicizia con Sophie e Grace.
Dopo lo scandalo scoppiato in seguito alla scoperta dei debiti del padre, le vecchie amiche l'avevano abbandonata al suo destino, allontanandola dagli ambienti che fino ad allora aveva frequentato.
Quella sera Sophie, una bionda spumeggiante dal sorriso aperto e dall'intelligenza vivace, aveva portato con sé una sua vecchia compagna di scuola, Ashleigh, che si era trasferita in Inghilterra dall'Australia e che aveva trovato lavoro presso la loro agenzia.
Durante le brevi pause del servizio, le quattro ragazze si erano divertite a deprecare alcuni comportamenti degli invitati sebbene Emma ricordasse che anche lei, quando era più giovane e frequentava quegli ambienti, aveva avuto atteggiamenti simili, forte dei privilegi di cui godeva.
«Ragazze!» esclamò, raggiungendo le amiche che stavano riempiendo i bicchieri di rosé e di mojito.
«Emma... stavo raccontando ad Ashleigh di quanto ci siamo divertite insieme al ballo dell'ultimo dell'anno, anche se l'impegno è stato davvero sfiancante» dichiarò Sophie con gli occhi ridenti. «Dimmi che ci andremo anche quest'anno!»
«Lo spero, ma dipende da Jolyon. A Capodanno dovrebbe andare a sciare a Banff e, se così fosse, potrò rendermi disponibile» rispose Emma, lanciando all'amica un sorriso speranzoso.
Lo Snowflake Ball di fine anno era un evento imperdibile per l'alta società di Chelsea. L'anno precedente, dopo aver servito un'infinità di bevande e di piatti prelibati, lei e le ragazze si erano divertite a seguire da dietro le quinte lo svolgimento della festa, ed Emma aveva fantasticato su come sarebbe stato diverso se anche lei fosse stata un'ospite invece di una cameriera.
«Chi altri desidera andare a lavorare al ballo quest'anno?» domandò alle colleghe.
Grace, una bellissima ragazza, pratica e sbrigativa, dotata di un incredibile buon senso, le rivolse un sorriso accattivante. «Io!» esclamò. «Non me lo perderei per nessuna ragione al mondo. E... Ashleigh... dovresti parlarne subito con Clio se intendi partecipare anche tu. So che lei cerca delle persone affidabili e serie per questo genere d'impiego. Sono certa che ti terrà in considerazione.»
«Non saprei. Dovrei tornare in Australia per trascorrere le vacanze di Natale con i miei genitori, ma non ho ancora deciso» sospirò l'altra, sistemandosi una ciocca di capelli ramati dietro l'orecchio. «Temo che ci sarà poco da festeggiare se sarà presente anche il mio ex fidanzato.»
«Il tuo ex sarà ospite dei tuoi per Natale?» domandò Grace, aggrottando la fronte. «Imbarazzante.»
«Sì, molto» annuì Ashleigh. «Se deciderò di restare a Londra però, dovrò cercare un altro alloggio. Per il momento soggiorno in un B&B che mi ha dato disponibilità solo per il mese di dicembre. Per caso nessuna di voi è in cerca di una compagna con cui dividere un appartamento? Non ho grandi pretese. Posso dormire sul divano, o sul pavimento se necessario.»
«Mi dispiace, tesoro» intervenne Sophie, scuotendo la testa mentre i lunghi capelli lisci le ricadevano sulle spalle formando delle onde lucide. «Il mio appartamento è così piccolo che in camera entra a stento un materasso singolo mentre il soggiorno, che utilizzo come sartoria, è pieno di scatole, materiale per cucire e scampoli di stoffa che non saprei dove altro sistemare. E se anche liberassi il divano, non ti consiglierei di dormirci sopra. È vecchio e scomodo.»
Le altre ragazze si scambiarono un'occhiata affranta.
«Mi dispiace Ashleigh. Nemmeno io ho posto» intervenne Emma. «Mia madre si è trasferita da me in attesa che finiscano di ristrutturare il suo appartamento in Francia e non gradirebbe la presenza di un'ospite. È particolarmente sgradevole con chi non conosce bene.»
«Non preoccuparti. Prima o poi qualcosa salterà fuori.»
Una delle altre cameriere accorse in cucina preoccupata. «Emma... gli ospiti cominciano a lamentarsi. Dicono che non c'è più da bere.»
«Problema risolto» dichiarò lei, afferrando il vassoio che Grace aveva appena preparato. «A più tardi, ragazze»