Una chef per il capo: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Finalmente un posto quasi tutto mio! Neen Cuthbert, di professione chef, è stata scelta tra tante candidate a dirigere il nuovo locale di un giovane rampante e alla moda, Rico D'Angelo. Lei è al settimo cielo, potrà dimostrare ciò che vale e farsi un nome nell'ambiente.
Rico mai avrebbe immaginato che assumere una vera forza della natura come Neen avrebbe potuto dargli così tanta soddisfazione. La ragazza è fantastica sotto ogni punto di vista. Peccato che lui abbia smesso di mischiare gli affari con il piacere. Rico, ora, è un altro uomo e farà di tutto per dimostrarlo a se stesso e agli altri. Ma la cosa è più facile a dirsi che a farsi.
Michelle Douglas
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Una chef per il capo - Michelle Douglas
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Redemption of Rico D’Angelo
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2013 Michelle Douglas
Traduzione di Paola Picasso
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-359-0
1
Rico diede un’ultima occhiata al plico che aveva davanti poi, sbuffando, si lasciò cadere sulla seggiola.
Aveva sperato ardentemente di trovare una persona capace e qualificata che si entusiasmasse al pari di lui per quel progetto, ma dopo un giorno e mezzo di colloqui poteva dire addio alle illusioni.
Raddrizzando la schiena con uno scatto d’impazienza, premette il pulsante dell’interfono. «Lisle» abbaiò. «Janeen Cuthbert è arrivata?»
«No, d’altra parte mancano ancora dieci minuti al suo appuntamento.»
«Grazie.»
Non era forse una buona regola presentarsi dieci minuti prima a un colloquio di lavoro?, si chiese di malumore.
Sospirando, chiuse il file di Janeen Cuthbert, poi si premette le dita sulle tempie pulsanti. Aveva creduto di trovare facilmente un ispirato direttore di ristorante, legato alla comunità in quella città piena di violenza.
Non era incontentabile: voleva semplicemente la persona giusta.
Aveva intervistato dei giovani brillanti e pieni di entusiasmo, ma privi di esperienza. Brave persone, ma sapeva in anticipo quello che sarebbe successo lavorando con loro. Quei giovani si sarebbero gettati a corpo morto nel lavoro e sarebbero rimasti delusi. Ci sarebbero state lacrime e recriminazioni e alla fine se ne sarebbero andati, lasciandolo nelle pesti.
Quel progetto era troppo importante per correre dei rischi.
L’orologio segnava cinque minuti alle due. Se Janeen Cuthbert non si fosse presentata alle due in punto, sarebbe andato dritto a casa. La donna aveva lavorato in un bar, ma lui voleva una persona che prendesse seriamente il suo compito, che vi si dedicasse anima e corpo e facesse funzionare il suo bar.
Trascorse i cinque minuti successivi tambureggiando con le dita sul ripiano della scrivania, evitando di guardare oltre la finestra il traffico della strada principale. Come direttore del reparto progetti non aveva una segretaria personale, perciò doveva dividere Lisle con altri due ufficiali governativi, ma non gli importava. Da molto tempo aveva capito che, se voleva che un lavoro fosse fatto, doveva farlo lui stesso.
Guardò l’orologio. Erano le due precise.
Fece per premere il pulsante dell’interfono, ma Lisle lo prevenne d’un soffio. «Janeen Cuthbert è qui.»
Lui digrignò i denti. «Falla entrare.»
Dopo tre secondi udì un leggero colpo alla porta. Era un modo di bussare troppo delicato. Mancava di carattere e lui ne aveva abbastanza di ragazze dolci e inefficienti.
«Si accomodi...» borbottò.
Ma la giovane donna che entrò gli fece cambiare subito opinione.
Janeen Cuthbert non sembrava priva di spina dorsale, bensì pronta a esplodere di rabbia. Cercava di nasconderlo sotto un sorriso, ma lui riconosceva i segni: occhi scintillanti, volto arrossato, narici palpitanti.
Dopo averla osservata un attimo, fu sicuro che quella donna non fosse né debole né arrendevole.
«Signor D’Angelo?»
Lui scattò in piedi e aggirò la scrivania. «Sì.»
«Piacere di conoscerla. Sono Neen Cuthbert» si presentò lei, avanzando a mano tesa.
Rico gliela strinse, notando che le sue dita erano di un rosso acceso. La giovane non portava le calze e anche le sue ginocchia erano rosse e lucide.
Ma ciò che attirò la sua attenzione furono quattro impronte di zampe sul suo abito grigio: due sulle cosce e due sopra i seni. Per la prima volta da un paio di giorni si trovò a dover nascondere un sorriso.
La ragazza sollevò il mento, come se lo sfidasse a esprimere un commento.
«Lieto di conoscerla, Neen» rispose in tono pacato. Poi scosse la testa. «Suppongo che la sua giornata sia stata stressante quanto la mia.»
Un lampo di divertimento le illuminò il viso. «È così evidente, vero?» replicò, guardando le impronte sul vestito. «Si è trattato di una specie di collaudo.»
«Si sieda, la prego.» Rico tornò dietro la scrivania e accese l’interfono. «So che siamo fuori orario, Lisle, ma sarebbe possibile avere un caffè?»
«Arriva subito» rispose la segretaria allegramente.
Rico era convinto che gli altri due dirigenti sfruttassero Lisle. A lui non sembrava che preparare il caffè facesse parte dei suoi compiti. Tuttavia, in quel caso, era disposto a fare un’eccezione.
«Lei è molto gentile.» Lo sguardo della ragazza era diretto. «Non deve disturbarsi per me.»
«Forse non mi ringrazierà dopo averlo assaggiato» rispose lui, con noncuranza. «A essere sincero, sento il bisogno di un po’ di caffeina.»
«Desumo quindi che i colloqui che ha fatto finora non siano andati bene.»
Rico si agitò sulla sedia. Non si stava comportando in modo professionale. Aveva abbassato la guardia, cosa che non gli succedeva da moltissimo tempo. Aveva bisogno di una vacanza, pensò. Poi scosse la testa. Non aveva tempo di prendersi una vacanza.
«La cosa non mi stupisce più di tanto» commentò lei, fraintendendo il suo silenzio. «Cerca un direttore di un bar-caffetteria molto qualificato, ma lo stipendio che offre non si può considerare allettante.»
«Eppure lei è qui.»
La giovane indicò il suo curriculum sulla scrivania.
«Come avrà capito, leggendolo, io non sono molto qualificata.»
«E si è presentata ugualmente al colloquio?»
«Certo, visto che mi ha convocata.»
Di sicuro non era priva di spina dorsale e questa era la dote che serviva per quel particolare lavoro.
Lisle portò i due caffè e quando se ne fu andata, Rico indicò le impronte di zampe, evitando di guardarle il seno. «Che cos’è successo?» domandò.
Non glielo avrebbe chiesto, ma lei aveva criticato lo stipendio che offriva e questo lo dispensava da uno sfoggio di galanteria. Inoltre quelle zampate lo distraevano e, se avesse capito come se le era procurate, avrebbe poi potuto concentrarsi sul colloquio.
La ragazza abbassò la tazzina di colpo, senza tuttavia far debordare il caffè. «Oggi è andato tutto storto. Mi ero preparata un bel discorso riguardo al motivo per cui sono la persona più adatta per il suo progetto e invece ho espresso un commento malevolo sullo stipendio. Poi...»
Per un attimo incurvò le spalle, ma le raddrizzò subito e sollevò di nuovo la tazza.
«Adesso voglio rilassarmi, tanto quello che dirò d’ora in avanti non avrà importanza. Dopo quello che ho passato oggi, non intendo abbattermi.»
«Mi racconti» insistette lui.
La ragazza strinse la tazzina tra le mani e incrociò le gambe, mostrando ancor meglio le ginocchia rosse.
«La mia ineffabile vicina mi ha mollato il suo cane. Me lo ha regalato, riesce a crederci? Già, perché lei è partita per l’Italia con un contratto da indossatrice e non sa quando tornerà.»
«E così il cane...»
«Montgomery.»
«È stato lui a conciarla così?»
«Ha fatto molto di più. Dovrebbe vedere in che stato ha ridotto il mio completo blu e le mie calze.»
Rico la guardò bere un sorso di caffè a occhi chiusi, con espressione beata e sollevando la sua tazzina la imitò, accorgendosi che come per magia la tensione lo stava abbandonando.
«Ma non è colpa del povero Monty. Audra non lo ha mai addestrato e a quattordici mesi è ancora un cucciolone.»
«Di che razza è?»
«Un alano» spiegò lei, disgustata. «Non un grazioso barboncino. Audra lo considerava banale. Voleva essere la modella con l’alano. Pensava che le sue foto sarebbero state meravigliose e le avrebbero offerto molte opportunità.»
«Non è stato così?»
Lei ridacchiò e il suo volto si trasformò. Quella ragazza aveva carattere e senso dell’umorismo. Qualità indispensabili per il lavoro che Rico aveva in mente. «Oh, le opportunità ci sono state, ma non per Audra.»
Rico scoppiò a ridere. «Perché ha accettato di prendere il suo cane?»
«Ah, ecco. Perché lei lo ha fatto entrare nel mio appartamento mentre facevo la doccia. Mi ha lasciato un biglietto e si è precipitata all’aeroporto.»
Era l’azione di una persona che sapeva che di Neen non ci si poteva approfittare.
«Che cosa pensa di fare con Monty?»
«Penso che dovrò trovargli una casa» rispose lei, scoccandogli un sorriso tanto dolce da togliergli il respiro. «Signor D’Angelo» mormorò poi, «lei sembra proprio il tipo che ha bisogno di un cane.»
Rico la fissò, lottando per recuperare la voce. «Non sto mai a casa, quindi non sarebbe giusto per il cane» rispose.
Tutta la sua dolcezza svanì. «Vorrei che tutti quelli che decidono di prendere un cane pensassero a queste cose» borbottò la ragazza. «Dovrebbero sottoporre a un esame tutte le persone che vogliono adottare un cane, prima di concedere il benestare.»
«Lo stesso principio dovrebbe valere per i bambini...» borbottò lui.
Neen lo fissò.
«Ha avuto un’infanzia difficile, giusto?»
«Svantaggiata» rettificò Rico.
«Il significato è lo stesso.»
«Bene» sospirò lui, cambiando discorso. «Lo scopo di questo bar è addestrare dei giovani in condizioni disagiate a servire a tavola e a cucinare, di modo che in seguito possano trovare un impiego nel settore della ristorazione.»
Lei finì di bere il caffè e si protese in avanti. «Signor D’Angelo, le auguro buona fortuna e la ringrazio per la breve pausa di riposo e per il caffè.»
«Neen, lei non è stata scartata.»
La ragazza, che aveva cominciato ad alzarsi, ricadde sulla sedia. «No?»
«No.»
«Perché?» domandò lei con aria sospettosa.
Rico rise. Una buona dose di diffidenza le sarebbe stata utile. Quella ragazza possedeva tutti i requisiti richiesti. «Non tutti quelli che ho interrogato sono stati una perdita di tempo. Alcuni hanno del potenziale.»
«Ma?» chiese lei.
«Dubito della loro dedizione alla causa.»
Neen incrociò le braccia.
«Come mai non dubita della mia?»
Rico non ebbe bisogno di pensarci.
«Lei è sincera. Inoltre ha grinta e possiede uno spiccato senso dell’umorismo. Qualità che serviranno in questo lavoro.»
«Vedo che non intende zuccherare la pillola, affermando che sarà il lavoro della mia vita» commentò lei.
«Sarà una sfida, ma le darà molte soddisfazioni. Inoltre lei ama i cani e chi ama i cani in genere va d’accordo con i ragazzi.»
«Non io.»
Lui sbatté le palpebre.
«Odio i cani. Non li sopporto. Sono animali rumorosi, puzzolenti e stupidi. Preferirei avere un gatto.»
«Però sta cercando di trovare una casa a Monty. Non l’ha buttato in mezzo alla strada.»
«Non è colpa del cane se la sua padrona lo ha abbandonato» tenne a precisare lei.
«Ciò significa, Neen» dichiarò lui protendendosi in avanti, «che lei è una persona integra, dote indispensabile per me.»
«E la mia mancanza di esperienza?»
Rico prese il suo curriculum e lo scorse. «Da quando ha terminato gli studi, otto anni fa, lei ha lavorato nel campo della ristorazione.»
«Ho fatto la cameriera, occasionalmente la cuoca e lavorato in un’importante ditta di catering.»
«Vedo che di recente ha completato un corso per diventare contabile.»
«La meta che mi sono posta, anche se lontana, è possedere un bar mio.»
«Una meta ambiziosa.»
«Bisogna sognare in grande, non crede?»
«Che cos’altro può aggiungere alle sue qualifiche, Neen?»
Gli occhi di lei danzarono.
«Intende oltre alla sincerità, alla grinta, al senso dell’umorismo e