Il debito del milionario: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Luca è intrigato dalla scandalosa proposta che gli è appena stata avanzata. È bastato un solo sguardo alla splendida Sofia per convincerlo che la finzione che lei gli prospetta potrebbe anche rivelarsi assai piacevole. Ciò che non sa è che l'epilogo di quella commedia deve essere ancora scritto.
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Il debito del milionario - Carol Marinelli
successivo.
Prologo
«C'è una donna alla reception che chiede di te. Sostiene di essere la tua fidanzata.»
Luca Cavaliere alzò gli occhi dal computer per incontrare il sorriso incredulo della segretaria.
«Credevo di aver sentito di tutto, fino a questo momento» considerò Tara.
Le donne avrebbero escogitato qualsiasi cosa pur di essere ricevute da Luca, ma questa era la prima che sosteneva di essere la sua fidanzata. Tara sapeva, per triste esperienza personale, che la donna mentiva. L'unica cosa a cui Luca era legato, era il lavoro.
Non serviva neppure aspettare la sua risposta.
«Avverti di farla salire» ordinò Luca con quel ricco accento italiano.
«Scusa?»
Lui non rispose e tornò al lavoro che stava svolgendo al computer. Ovviamente non era necessario ripetere le disposizioni alla segretaria, né dare spiegazioni.
«Luca?» Tara era sempre sulla porta, incredula. Come faceva a sapere chi era quella donna... non le aveva neppure chiesto il nome.
«Vuoi che te lo ripeta?» abbaiò Luca. «Ti ho già detto che non ho l'abitudine di ripetere i miei ordini.»
«No, sei tu che vuoi ripeterlo, in modo da avere un valido motivo per licenziarmi.» La voce di Tara era intrisa di lacrime. «Vuoi che me ne vada, non è vero?»
Ovvio che lo volesse.
«Perché abbiamo fatto l'amore?» sorrise scioccamente lei.
Avrebbe potuto correggerla, ma decise di non farlo. Luca non faceva l'amore, faceva sesso.
La sua ricchezza attraeva donne meschine, ma l'aspetto affascinante e l'abilità in camera da letto non portava a quei fuggevoli incontri che lui preferiva. Le donne volevano sempre più di quanto fosse disposto a dare. Sapeva che non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere con l'ultima segretaria, soprattutto quando finalmente aveva imparato bene il proprio lavoro.
«Non intendo discuterne» la zittì. «Falla salire.»
«Ma non mi hai mai detto di essere fidanzato. Non hai mai lasciato intendere che ci fosse un'altra...»
Che noia, pensò Luca. Ci risiamo. «Prenditi tutto il tempo che vuoi per il pranzo» la interruppe. Sì, voleva proprio che se ne andasse. «Anzi, puoi prenderti anche tutta la giornata libera.»
Soffocando un singhiozzo, Tara uscì dall'ufficio in modo abbastanza rumoroso.
Alla porta che sbatteva violentemente, Luca chiuse gli occhi.
Ma non aveva niente a che fare con lo scatto di nervi della segretaria, o con il rumore fastidioso della porta che sbatteva... Era a quanto stava per succedere che si stava preparando.
C'era sempre stata un'altra.
E adesso lei era lì.
Si alzò dalla scrivania per avvicinarsi alla finestra che si affacciava sulle strade di Londra. Era piena estate, non che normalmente ci facesse caso. La sua vita si svolgeva in un ambiente confortevole con aria condizionata, e indossava lo stesso tipo di abito scuro in ogni stagione.
Era buffo, rifletté Luca, che lui e Sofia, dopo tutti quegli anni, si incontrassero proprio a Londra, il luogo dei loro sogni giovanili.
Fino a quel momento era stato convinto che se si fossero trovati di nuovo faccia a faccia, sarebbe stato a Roma, forse nel corso di una delle sue visite abituali. O magari a Borgo Celeste, la cittadina sulla costa siciliana in cui entrambi erano cresciuti. Era tornato in quel luogo una sola volta, l'anno precedente, per il funerale del padre, ma si era domandato se non sarebbe tornato un'ultima volta, nel caso il padre di Sofia avesse chiesto di essere sepolto lì.
Per la verità, non aveva ancora deciso se, quando fosse giunto quel momento, avrebbe partecipato al funerale.
Ma sapeva che quel giorno sarebbe arrivato molto presto.
E sapeva anche che questo era il motivo della presenza di Sofia nel suo studio.
Infilò la mano in tasca e ne estrasse non una foto, non un ricordo, ma solo una memoria brutale come ce n'erano poche.
Rimase a fissare la sottile catena d'oro che aveva avvolto intorno al dito, e poi guardò la croce che aveva sul palmo. Sì, sarebbe andato al funerale di suo padre, perché quella catenina apparteneva a quella tomba.
Ci vollero pochi minuti perché Sofia raggiungesse lo studio, e a lui pareva di aspettarla da sempre, e poi ci fu il bussare alla porta che riconobbe subito.
Quanto sarebbe stata più semplice la sua vita se non avesse risposto quel giorno lontano... Forse anche adesso sarebbe stato meglio non rispondere.
Infilò in tasca la catenina e si schiarì la gola.
«Avanti.» Trasse un profondo respiro e quando la porta si aprì non si voltò.
«La tua segretaria mi ha chiesto di riferirti che si è licenziata. Pare che io sia la goccia che ha fatto traboccare il vaso.»
Il suono della sua voce, anche se misurata, per lui era sempre una carezza.
Non aveva paura di niente, eppure adesso temeva di voltarsi.
Luca si augurò che gli anni trascorsi dall'ultima volta che si erano visti non fossero stati clementi con lei; si augurò che fosse segnata dall'età o che fosse incinta... qualsiasi cosa che soffocasse l'antica fiamma.
Si voltò, e notò che il trascorrere del tempo era stato sì crudele, ma per lui, perché i suoi occhi incontrarono la perfezione.
Ancora una volta aveva di fronte a sé Sofia Durante.
Indossava un semplice abito color crema che ne enfatizzava le curve. I capelli neri erano raccolti in uno chignon, quando lui li ricordava sciolti sulle spalle nude. Le scarpe a tacco alto, di colore neutro, mettevano in risalto le lunghe gambe abbronzate.
Si costrinse ad alzare lo sguardo che riuscì solo a focalizzarsi sulla sua bocca. Le labbra erano serrate, quando le ricordava ridenti o, comunque, sorridenti. Poi le ricordò anche altrove, ma era un'immagine sconveniente quella che gli era balzata alla mente, così si sforzò di concentrarsi sui suoi occhi marrone scuro.
Era bella come la ricordava e, esattamente come quando si erano lasciati, quegli occhi esprimevano odio.
Luca rimase immobile.
«Sofia» la salutò con un cenno.
Non sapeva come accoglierla... se darle la mano, o baciarla sulle guance.
Nel dubbio le indicò una sedia.
E lei si sedette, posando la borsa firmata a terra, e accavallando le gambe.
«Ti trovo bene» esordì Luca, sperando che a lei sfuggisse che si stava schiarendo la gola, perché il suo profumo delicato l'aveva avvolto, suscitandogli ricordi penosi.
«Sì, sto bene» convenne lei rivolgendogli un sorriso tirato. «Ovviamente sono molto impegnata.»
«Lavori?» chiese incredulo. «Hai deciso di lavorare sulle navi?»
«No.» Sofia scosse il capo. «Sono un'organizzatrice di eventi.»
«Davvero?» Non cercò neppure di nascondere la sorpresa. «Eri costantemente in ritardo.»
Fissò l'anello che lei aveva al dito. Una fascetta d'oro con incastonato un rubino. Era antico, e non certo quello che lui avrebbe scelto per lei. «Pare che io abbia un gusto terribile in fatto di anelli» ammise.
«Non ti permettere» lo mise in guardia, irritata. «Non ti permetto di insultarmi ancora.»
Fissò gli occhi dell'unica donna con cui aveva fatto l'amore mentre lei gli poneva una domanda.
«Non mi chiedi perché sono qui?»
«Immagino che tu stia per dirmelo.» Luca alzò le spalle. Sapeva bene perché si trovava lì, ma voleva che fosse lei a dirglielo, per il gusto di vederla sulle spine.
«Questo venerdì mio padre uscirà di prigione; è stata sospesa la detenzione per gravi motivi di salute.»
«Lo so.»
«Come fai a saperlo?»
«Ho l'abitudine di leggere i giornali.» Il sarcasmo di Luca non ottenne risultati, quindi il tono si addolcì quando le fece la domanda. «Come sta?»
«Non fingere che ti interessi.»
«E tu non permetterti di pensare che non m'importi!» ringhiò osservando che lei sbatteva le palpebre.
Il vederla gli aveva fatto perdere momentaneamente il controllo, ma adesso era tornato in sé e si ripromise che, in sua presenza, non sarebbe mai più successo.
«Ma si tratta del passato, Sofia. Tu avevi già deciso prima ancora che fosse emesso il verdetto. Te lo chiedo di nuovo: come sta tuo padre?»
«È invecchiato, svanito. Spesso molto confuso.»
«Mi dispiace.»
«Non è questo che succede a un innocente in galera?»
Luca la fissò in silenzio.
Paolo non era innocente come sosteneva Sofia.
«Non che un Cavaliere abbia idea di cosa significhi essere in prigione» aggiunse lei.
«Io ho trascorso sei mesi in galera in attesa di giudizio» le ricordò Luca. «O forse ti riferivi a mio padre che è stato riconosciuto estraneo ai fatti?»
«Non ho nessuna intenzione di discutere di quell'individuo.» Non poteva, si rese conto Luca, neppure pronunciarne il nome. Quanto sarebbe stata più difficile quella conversazione se avesse saputo la verità?, si chiese. Gli pareva di sentire il calore della catenina che aveva in tasca. Era tentato di buttarla sul tavolo, davanti ai suoi occhi, di farla finita una volta per tutte.
«Dimmi, come mai sei qui Sofia? Pensavo che avessimo rotto il fidanzamento molto tempo fa.»
«Premetto che non voglio che tu creda, neppure per un attimo, che sia per motivi romantici.»
«Meglio così, perché in questo caso sarebbe stato un viaggio sprecato.»
«Comunque sia» proseguì lei, «mio padre è convinto che tu abbia tenuto fede alla promessa. Crede che siamo fidanzati e che viviamo insieme a Roma.»
«Per quale motivo Paolo si è fatto quest'idea?»
«È stato facile mentirgli, facendoglielo credere. Gli ha dato un po' di sollievo. Non avrei mai pensato che uscisse di prigione, e adesso che presto sarà libero devo proseguire con la finzione. L'ho convinto che quelle cose orribili che hai detto di me al processo erano un tentativo per proteggerlo.»
«Ed era così» convenne Luca. «Ho detto quel che ho detto nella speranza di proteggerlo o, piuttosto, di proteggere te. Semplicemente ti rifiuti di vederla sotto questo aspetto.» La guardò a lungo e si rese conto di non resistere con lei nella stessa stanza, quindi scosse il capo. «Non funzionerebbe.»
«Deve funzionare» ribadì Sofia. «Me lo devi.»
«Lo so.» Non era un'ammissione a caso. Sapeva che lei diceva la verità. «Ma a parte il fatto che nessuno di noi due sopporta di trovarsi insieme nella stessa stanza, io ho una vita mia. Potrei aver voglia di frequentare qualcuno...»
«Non m'importa se questo sconvolgerebbe un poco la tua vita. Doveva succedere, Luca. Puoi anche essere un uomo ricco e vivere una vita più che agiata nel tuo ufficio di Londra, ma sei sempre nato a Borgo Celeste, non puoi rinnegare le tue radici. Puoi anche avere avuto tutte le donne del mondo, ma resta il fatto che noi siamo stati promessi l'uno all'altro fin dall'infanzia. E nel nostro paese questo conta molto.» Quando Luca trasse un profondo sospiro, gli chiese: «Mi aiuterai a lasciar morire in pace mio padre?».
«Vuoi che mi trasferisca da te, fingendo di vivere insieme?»
«No, ho letto che hai una casa a Roma... Abiteremo là.»
«Perché non a casa tua?»
«Condivido l'appartamento con la mia amica Bella. Immagino te la ricordi...»
Luca ingoiò una battuta sarcastica. Da quanto aveva sentito, molti uomini si ricordavano di Bella!
«Svolge un'attività a domicilio.»
Mentre Sofia parlava, Luca si rese conto che le era sfuggita la sua espressione sarcastica che lasciava intendere cosa ne pensava.
«Non