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Una questione di giustizia (eLit): eLit
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E-book155 pagine2 ore

Una questione di giustizia (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Un uomo e una donna che si battono per la stessa causa, che scoprono di credere negli stessi valori e che si sentono legati dal destino...



Gli occhi di tutti, nella contea di Conard nel Wyoming, sono puntati sul processo che vede, sul banco degli imputati, un uomo accusato di violenza nei confronti di un'adolescente. Lui si dichiara innocente e anche Sandy Keller, il suo avvocato, ne è fermamente convinta, così come fra gli innocentisti si schiera anche Garrett Hancock, un funzionario dell'ordine, sempre a caccia della verità.
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2017
ISBN9788858972052
Una questione di giustizia (eLit): eLit

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    Una questione di giustizia (eLit) - Rachel Lee

    successivo.

    1

    «La difesa ha qualche domanda per il testimone?»

    «Sì, vostro onore.» Alzatasi dalla scrivania, Sandy Keller prese il blocco degli appunti e distolse lo sguardo dal viso accigliato del suo cliente. Se andava avanti così, Les Walker sarebbe stato condannato a causa di quel cipiglio, e non per le prove circostanziali raccolte contro di lui. Nel frattempo, a lei non restava altro da fare che fornirgli la migliore difesa di cui era capace.

    Al banco dei testimoni era seduto il vicesceriffo della contea di Conard, Micah Parish.

    «Signor Parish.» Sandy gli rivolse tutta la propria attenzione. «È stato lei a prelevare le impronte digitali del mio cliente dalla cassa del Freitag's Mercantile la sera della rapina?»

    «Sì, sono stato io.»

    «Quante altre impronte digitali ha trovato sulla stessa cassa quella sera?»

    Micah si strinse nelle spalle. «Non ricordo il numero esatto.»

    Ottima risposta, ma Sandy non era disposta ad accettarla per buona. Spettava a lei chiarire alla giuria che le impronte digitali, da sole, dimostravano ben poco. «Non ricorda il numero esatto» ripeté quindi annuendo. «Può darci almeno un'indicazione approssimativa? Più di mezza dozzina? Meno?»

    «Più di mezza dozzina.»

    «Più di mezza dozzina» ripeté ancora Sandy. «E mi dica, signor Parish, le impronte forniscono anche l'indicazione della data e dell'ora in cui sono state lasciate?»

    Con la coda dell'occhio, si accorse che Micah si irrigidiva. «No, avvocato. Dall'analisi scientifica delle impronte è impossibile verificare la data e l'ora in cui sono state lasciate.»

    «Quindi è probabile che il mio cliente le abbia lasciate qualche ora prima del furto, magari durante il normale orario di apertura dei negozi?»

    Suo malgrado, Micah dovette rispondere affermativamente.

    Sandy emise un sospiro. «Dunque, vicesceriffo, l'unica cosa che lei può affermare con certezza è che il mio cliente è stato di recente nel Freitag's Mercantile. Dico bene?»

    «Sì.»

    «E quante persone entrano nel Mercantile ogni giorno?»

    «Obiezione!» Sam Haversham, l'avvocato dell'accusa, balzò in piedi come un fulmine. «L'avvocato richiede al testimone di speculare.»

    Sandy si rivolse al giudice. «Ritiro la domanda, vostro onore. Signor Parish» proseguì rivolta a Micah, «ha identificato tutte le impronte rilevate sul registratore di cassa la sera della rapina?»

    «No, signora.»

    «Ed è possibile che tra queste ci siano le impronte del vero ladro?»

    «Sì, è possibile, ma...»

    «Non ho altre domande, signor Parish.» Soddisfatta del lavoro svolto, Sandy girò sui tacchi per tornare a sedere. Non era sua intenzione fare liberare un colpevole, si augurava di non dovere mai arrivare a niente del genere, ma voleva che la giuria valutasse correttamente le prove a disposizione, e che dunque non attribuisse a delle impronte digitali più valore di quanto ne avessero in realtà.

    Mentre tornava a sedere, scrutò con lo sguardo le ultime file di posti nella sala delle udienze, e quasi incespicò sui suoi passi quando riconobbe un viso fra gli altri.

    Garrett Hancock? No, impossibile! Che motivo poteva mai avere un Texas Ranger di stare seduto in un'aula di tribunale nel Wyoming? Nessuno. Assolutamente nessuno.

    Ciononostante, da quel momento in poi non riuscì più a concentrarsi sul processo, né sulle domande che Sam Haversham stava rivolgendo a Micah.

    In fondo al cuore sapeva che Les Walker sarebbe stato condannato per la rapina al Freitag's Mercantile. Lo sceriffo lo aveva trovato in possesso della merce rubata, nonché di una motocicletta acquistata di seconda mano per la stessa cifra sottratta dalla cassa del magazzino.

    Nemmeno la migliore difesa del mondo lo avrebbe salvato dalla galera.

    «Ci sono altre domande?»

    La voce del giudice la riportò alla realtà.

    «No, vostro onore. Nessuna domanda.»

    «Bene. In questo caso, visto che sono quasi le tre, aggiorno la seduta a domattina alle dieci.» Il giudice si alzò, abbandonando in fretta l'aula, e presto tutti i presenti poterono fare altrettanto.

    Les Walker si allontanò scortato da due guardie.

    «Che tiro mancino ha tirato al povero Micah» mormorò una voce dietro di lei.

    Sandy girò su se stessa per trovarsi di fronte al Texas Ranger. Era stupita che si ricordasse ancora di lei, dopo quell'unico, breve incontro di due anni prima. Ed era delusa perché si rendeva conto che Hancock non aveva usato un tono amichevole.

    Più di ogni altra cosa, però, era arrabbiata per le parole che lui le aveva rivolto. «Non è stato affatto un tiro mancino, Ranger. Sa bene anche lei che le impronte digitali non dimostrano niente, se prese da sole.»

    «A mio avviso dimostrano moltissimo, invece. Stando a quello che dice Micah, quel Walker ha una fedina penale lunga un chilometro.»

    «Lei mangia uova a colazione, signor Hancock?»

    Il Ranger la guardò stupito. «Sì.»

    «Bene. Nel lavandino della mia cucina c'è un piatto sporco di uova. Devo dedurne che è stato lei a mangiarle a casa mia stamattina?»

    «No, ma...»

    «Il fatto che Walker abbia commesso molti furti in passato non significa che sia responsabile anche di questo.»

    Un attimo dopo le labbra di Hancock si distesero in un sorriso. «Ha ragione, ma con tutte le prove a disposizione...»

    «Con tutte le prove a disposizione, il mio lavoro consiste nell'assicurare al mio assistito un processo equo, e voglio che la giuria si renda conto che le semplici impronte digitali non dimostrano la sua colpevo lezza, ma soltanto il fatto che Les è stato al Mercantile la sera del furto.»

    Il Ranger la guardò torvo. «Voi avvocati riuscite sempre a fare rilasciare dei balordi grazie a questi cavilli legali.»

    «Non tanto spesso quanto credete voi poliziotti» ribatté Sandy irritata, quindi si girò per raccogliere le sue carte e andarsene. In fondo al cuore, però, non poteva trattenere la gioia che provava nel rivedere Hancock.

    Due anni prima era stata colpita dalla sua sensibilità nei confronti di Faith Parish. Prima di fuggire nella contea di Conard e di sposare Micah Parish, Faith era stata la moglie di un poliziotto texano che la picchiava e abusava di lei. Garrett Hancock l'aveva raggiunta per estradare l'ex marito e, in quel frangente, Sandy era stata nominata avvocato d'ufficio per la difesa del poliziotto violento.

    A quell'epoca era rimasta favorevolmente colpita da Garrett, ma adesso non ne era più tanto sicura. Non sopportava i poliziotti che non capivano l'importanza degli avvocati della difesa.

    «Andiamo, Garrett?» risuonò in quel momento accanto a lei la voce di Micah Parish.

    «Sicuro. Volevo solo salutare la signora Keller.»

    «Capisco.» Micah rivolse a Sandy uno dei suoi impercettibili sorrisi. «Spero che venga a cenare qualche volta da noi, signora Keller, mentre Garrett si trattiene da noi.»

    Sandy riuscì a rispondere senza prendere impegni, poi seguì con lo sguardo i due uomini mentre lasciavano l'aula. Ecco dunque spiegata la presenza di Garrett in tribunale. Era venuto a fare visita ai Parish.

    Sandy finì di raccogliere le sue carte, quindi uscì in fretta per dirigersi verso il suo studio, che era situato in un vecchio edificio dall'altra parte della strada.

    Nina, la segretaria, era occupata a battere una lettera quando Sandy entrò in ufficio. «Ciao» la salutò sollevando lo sguardo.

    «Ciao, Nina. Ci sono novità?»

    «Sì. Hanno telefonato dall'ufficio dello sceriffo. Hanno un cliente per te.»

    «Oh, no! Non può essere di nuovo il mio turno.»

    «Infatti, non si tratta di un caso d'ufficio. Lo sceriffo Tate dice di andare al più presto da lui. Hanno arrestato un uomo, e lui ha chiesto di te.»

    «Va bene, ci vado.» Sandy si sfilò le scarpe e crollò su una sedia, massaggiandosi i piedi indolenziti. «Ma soltanto dopo avere preso un caffè.» Forse, si disse intanto, adesso che aveva quarantasette anni avrebbe fatto meglio ad abbandonare quei tacchi vertiginosi e a scegliere scarpe più comode. «Hai parlato con lo sceriffo in persona?» domandò a Nina mentre si alzava per andarsi a versare una tazza di caffè.

    «Sì.»

    «E ti ha detto di cosa è accusato l'uomo che hanno arrestato?»

    «No, però ho l'impressione che voglia fare passare la cosa sotto silenzio.»

    Sandy non replicò. Se lo sceriffo manteneva il riserbo su qualcosa, doveva trattarsi di una questione importante. La sua curiosità fu subito all'erta. Non che in vita sua non avesse mai trattato casi importanti, tutt'altro. Per molto tempo, prima di tornare alla vita tranquilla della contea di Conard, aveva lavorato nello studio legale di una grande città.

    Ma proprio per questo era tornata in quella contea sperduta del Wyoming: perché la vita laggiù era più serena, e perché la serenità era la prima cosa di cui aveva bisogno.

    Affrontare un grosso caso una volta ogni tanto, però, non le dispiaceva, e in quel momento ne aveva bisogno per riprendersi dalla delusione del processo a Walker.

    Dimenticando completamente il caffè, si infilò di nuovo le scarpe, afferrò la cartella di pelle, e dopo avere rivolto un saluto a Nina, si precipitò fuori per incontrare lo sceriffo.

    La tensione nell'ufficio dello sceriffo Tate era palpabile. Perfino Velma Jansen, la segretaria, non le rivolse il solito sorriso cordiale, ma si limitò a indicarle l'ufficio del capo.

    «Nate ti aspetta, Sandy» le disse senza perdersi in chiacchiere. «Va' da lui.»

    Sandy si avviò lungo il corridoio. La porta dell'ufficio era aperta e lo sceriffo, Nathan Tate, era seduto alla scrivania. Nell'attimo stesso in cui la vide arrivare, però, scattò in piedi per andarle incontro.

    «Ciao, Sandy. Micah mi ha detto che hai svolto un ottimo lavoro, oggi in aula.»

    Nate e Sandy erano cresciuti insieme, avevano frequentato la stessa scuola, e per Sandy era facile intuire che qualcosa turbava l'amico.

    «Ti avrà anche detto che era giusto che lo facessi» rispose sorridendo. «Les Walker sarà anche un poco di buono, ma ha diritto a un processo equo e a un giudizio obiettivo, come tutti. Piuttosto, ho visto Micah in compagnia di quel Texas Ranger, Garrett Hancock. È qui per lavoro?»

    «No, è solo venuto a trovare i Parish. Due anni fa fu lui a occuparsi dell'estradizione dell'ex marito di Faith, e da allora è rimasto in ottimi rapporti sia con lei sia con Micah.»

    Sandy annuì, poi si sedette sulla poltrona che Tate le stava indicando. «Nina mi ha detto che hai un cliente per me.»

    «Pare di sì.» Anche Nate prese posto alla scrivania. «Prima che io cominci a parlarti da sceriffo, però, voglio parlarti da amico. Voglio che tu rifletta a lungo prima di accettare questo caso, Sandy, perché potrebbe avere conseguenze molto serie, sia a livello personale sia professionale. Se lo accetti, potresti essere addirittura costretta ad abbandonare la professione nella contea di Conard.»

    Sandy sentì un tremito attraversarle la schiena. «Di quale crimine si tratta?»

    «Lo stupro di una bambina di sei anni.»

    Sandy non incontrò subito il potenziale cliente, perché Nate fu chiamato in un altro ufficio e dovette lasciarla sola per qualche minuto.

    Lei ne approfittò per riflettere. Sapeva che un caso del genere avrebbe sollevato l'indignazione del pubblico, e che gran parte di questa indignazione si sarebbe riversata sull'avvocato

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