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Maschio avvisato...
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E-book223 pagine3 ore

Maschio avvisato...

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Info su questo ebook

Una vera donna sa come ottenere quello che vuole. Bello slogan, non è vero? Noi ragazze dovremmo tenerlo sempre presente e sforzarci di metterlo in pratica. Io, Jenny Hartmann, l'ho proprio fatto e ne è venuto fuori niente meno che un libro di successo. Sì, sono una specie di celebrità e le donne mi fermano per strada per chiedermi consigli mentre gli uomini, be'... su quelli ci sto ancora lavorando. Ma ho un obiettivo: Ryan Masterson. Noiosa e per nulla intraprendente. Questo il giudizio del caro Ryan sulla sottoscritta ai tempi del college. Bene, è ora di fargli cambiare idea. Speriamo che non tema il fuoco perché ve l'assicuro: con me si scotterà!

LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2015
ISBN9788858939710
Maschio avvisato...
Autore

Isabel Sharpe

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Maschio avvisato... - Isabel Sharpe

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    What Have I Done For Me Lately?

    Harlequin Blaze

    © 2006 Muna Shehadi Sill

    Traduzione di Elisabetta Elefante

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-971-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Mia moglie è un fenomeno. Mettile un filo in mano ed è capace di fare capolavori» dichiarò Jed Baxter, rivolgendo uno sguardo adorante alla donna dall’aria corrucciata che gli sedeva accanto.

    Ryan sollevò le sopracciglia come se avesse appena ascoltato una notizia sensazionale, mentre passava al setaccio le sue conoscenze in fatto di ricamo e di cucito per agganciarsi al discorso: un argomento di cui non sapeva assolutamente niente. Sedeva da due ore a un tavolo dell’Union Square Café con Jed e Patty Baxter, una coppia di sessantenni texani che si erano da poco trasferiti a Manhattan. Lo scopo era conoscerli, farsi conoscere e proporre loro il finanziamento di un grosso complesso residenziale di cui l’agenzia di Ryan si era fatta promotrice, un modo interessante per investire la liquidazione di lui. Ma la conversazione stentava a decollare. Ryan era partito parlando dei rodei, la grande passione di Jed; ma l’uomo aveva capito subito di avere a che fare con un incompetente. Così era stato costretto a parlare di tasse, un argomento nel quale almeno riusciva a barcamenarsi.

    «Davvero? E in che genere di lavori si cimenta la signora?» azzardò, sperando di aver imbroccato una domanda neutra e sufficientemente pertinente.

    Patty gli rivolse un’occhiata distratta. «Il ricamo, soprattutto. Però me la cavo anche coi ferri e con l’uncinetto. Realizzo presine, ma anche sciarpe e maglioni.»

    «Non mi dica!» Ryan sorseggiò un po’ d’acqua, prendendo tempo. Non sapeva più cosa aggiungere. In momenti del genere, gli avrebbe fatto comodo avere accanto una donna, magari qualcuno come Christine, la sua vicina di casa. Se c’erano al mondo uomini che si intendevano di uncinetto e di lavori a maglia, lui non era tra questi.

    «Sì. Ma la mia specialità è il mezzopunto. Dovrebbe vedere le mie tovaglie» continuò la donna, con una specie di sorriso, il primo che gli avesse rivolto da due ore a quella parte.

    Pur non avendo la più pallida idea di cosa fosse il mezzopunto, Ryan si mostrò debitamente colpito. «Non ho parole, signora. E non ha mai pensato di trasformare questo suo hobby in una professione... magari aprendo un negozietto?»

    La donna lo guardò come se avesse detto un’eresia. «No.»

    A quella risposta asciutta, il cameriere tornò con la ricevuta del conto, e Ryan poté mettere fine a quel supplizio. Sulla porta del ristorante mantenne un gran sorriso stampato in faccia mentre stringeva le mani dei due coniugi, sapendo che non li avrebbe rivisti: i Baxter avevano i contanti, erano nuovi in città e sicuramente in cerca di un modo per investire proficuamente i loro soldi, ma perché avrebbero dovuto investire i risparmi di tutta una vita affidandoli a una persona con cui non riuscivano a entrare in sintonia?

    «È stata una bella serata» disse.

    «Sì, certo. Grazie per la cena.» Jed e Patty gli rivolsero un sorriso di circostanza e se la svignarono, trotterellando verso la Sedicesima.

    Ryan si incamminò nella direzione opposta. Sospirò e, con un gesto impaziente, si ravviò all’indietro quella stupida ciocca di capelli che continuava a cadergli sugli occhi. Avrebbe dovuto accorciarli, ma gli mancava il cuore di sbarazzarsi di quell’ultimo simbolo della sua giovinezza ribelle. Forse i Baxter preferivano i capelli corti, del resto Jed sfoggiava una zazzera stile militare. E forse preferivano la birra al vino, la cucina indiana a quella italiana. Ryan aveva intuito subito che Jed stravedeva per la moglie, e lui non era riuscito a tirare fuori un solo argomento capace di trascinarla nella conversazione. Se era lei a prendere certe decisioni in famiglia, sarebbe stato inutile insistere.

    Un uomo lo urtò sulla Quinta strada e Ryan si tastò istintivamente l’orologio e la tasca in cui teneva il portafoglio, poi schivò un secondo passante che gli stava venendo addosso. New York, New York! E c’era chi si riteneva fortunato a vivere nella Grande Mela. Svoltò sulla Quattordicesima e una folata di vento tiepido gli scompigliò del tutto i capelli. Faceva caldo per essere aprile. Sembrava fosse già arrivata l’estate.

    Alla fermata della metropolitana sulla Sesta si fermò, si riempì i polmoni dell’aria stantia proveniente dal tunnel sotterraneo e si rimise in marcia. Il pensiero di scendere sottoterra, di rinchiudersi in un vagone metallico, di ritrovarsi schiacciato tra una folla di corpi estranei, accaldati e sudaticci, non lo aveva mai allettato, ma quella sera gli parve insopportabile.

    Come gli capitava sempre più spesso in quegli ultimi tempi, quell’enorme città pulsante di vita gli diede un senso di soffocamento. Non era mai stato un amante della campagna, ma cominciava a desiderare di trovarsi in spazi meno affollati, di avere ritmi di lavoro meno serrati, una bella moto da cavalcare, una ragazza allacciata a lui sul sedile, con cui fare una corsa a velocità folle senza una meta precisa.

    Quali di questi desideri sarebbe riuscito a realizzare?

    Aveva bisogno di cambiare vita, ma di andare avanti, non indietro. I giorni delle folli corse in motocicletta erano finiti da un pezzo e, con essi, anche la sua spensierata, incosciente giovinezza. Niente più gare a chi si scolava più birra con gli amici, il sabato sera... Ora la sua vita era un susseguirsi di serate insignificanti: qualche uscita coi colleghi dell’agenzia per partecipare a eventi di beneficenza, qualche partita di calcio e, più raramente, serate galanti. Insomma, era diventato un uomo adulto.

    Se mai avesse lasciato New York, lo avrebbe fatto per trasferirsi in provincia, magari nel Connecticut dove era nato, in una grande casa, con una moglie adorante e una nidiata di bambini che giocava nel giardino. Sì, questo era il suo prossimo obiettivo. E la crescente irrequietezza che ultimamente gli trasmetteva Manhattan lo esortava a fare qualche passo concreto in quella direzione.

    Un taxi frenò a due centimetri dai suoi piedi, il conducente dell’auto che lo seguiva si attaccò al clacson, alcuni passanti cominciarono a inveire.

    Non ne poteva proprio più!

    Arrivò finalmente a casa, una bassa palazzina di pietra scura del diciannovesimo secolo su Bank Street, e salì in ascensore insieme a una signora di mezza età, che teneva in braccio il suo pechinese bianco. Abitavano sopra di lui. Come al solito, la donna aveva l’aria di aver litigato col marito; il cane lo guardò coi suoi vispi occhietti pieni di ostilità, come se fosse pronto a saltargli addosso. Tutto come al solito.

    Sì, era proprio al limite della sopportazione.

    Raggiunto il quarto piano, uscì dall’ascensore, augurò educatamente la buonanotte alla signora, che non si degnò di rispondergli, e si incamminò nello stretto corridoio. Nell’attimo in cui infilò la chiave nella serratura, la porta di fronte alla sua venne aperta.

    «Ehi, Ryan, ciao!»

    La voce dolcissima e calda apparteneva a Christine. Riconoscendola, Ryan si girò... e sbarrò gli occhi. Indossava quel genere di babydoll che aveva visto solo sui cataloghi di intimo femminile.

    Non che lui perdesse tempo a sfogliare certi cataloghi di biancheria intima!

    «Ciao» le rispose, imponendosi di non mangiarsela con gli occhi, e felice di vedere un viso familiare dopo una serata così deludente. Avrebbe dovuto chiedere alla sua vicina di accompagnarlo all’incontro: lei sarebbe riuscita facilmente a entrare in sintonia coi Baxter, come faceva con tutti. E chissà, forse la serata si sarebbe conclusa diversamente.

    «Torni adesso dal lavoro?» Aveva in mano il sacchetto della spazzatura ed era uscita per andarlo a gettare. Lavorava in un’agenzia di assicurazioni che aveva sede nella stessa palazzina dell’agenzia di Ryan e sei mesi prima, subito dopo essere stata assunta, gli aveva chiesto se sapeva di qualche appartamentino da affittare. Ryan aveva tentennato quando, guarda caso, si era liberato proprio quello di fronte al suo. Una persona che avrebbe visto regolarmente al lavoro che diventava sua vicina di casa? In un primo momento gli era sembrato il caso di evitare.

    Ma qualcosa in Christine aveva solleticato il suo istinto protettivo, forse il fatto che lei fosse nuova in città e Manhattan aveva la capacità di divorare chiunque non fosse esperto, così alla fine l’aveva messa in contatto col proprietario della palazzina. Due settimane dopo, lei si era sistemata nell’appartamento di fronte e da quel momento aveva dimostrato di essere la migliore delle vicine: cordiale, simpatica, dolce, cucinava da Dio e, cosa importantissima, era ben felice di passargli qualche pasto caldo. Roba da leccarsi i baffi!

    La sua fantasia di una casetta in provincia cominciò a prendere forma. Un villino con vista sul mare. Una bella moglie, Christine appunto, che lo accompagnava alle cene coi clienti e preparava succulenti pranzetti a casa, per lui e per i loro bambini. Un quadretto delizioso, rassicurante e sereno.

    Lui e Christine. Perché no? Forse il destino l’aveva fatta uscire dal suo appartamento proprio mentre stava valutando l’idea di crearsi una famiglia.

    «Sì, rientro adesso da una cena con dei potenziali clienti.»

    «Oh. E com’è andata?» chiese Christine, sgranando gli occhi azzurri con interesse. E intanto Ryan si costringeva a non guardarle l’attaccatura dei seni lasciata scoperta dall’inconsistente indumento. I lunghi capelli biondi erano trattenuti sulla nuca da uno spillone, ma alcune ciocche sfuggivano, scivolando sul viso che quella sera aveva un’aria dolcissima, vulnerabile... e attraente.

    Attraente, Christine? Non aveva mai pensato a lei in questi termini.

    «È andata» rispose vago. E cedette all’impulso di squadrarla da capo a piedi. Un metro e settanta, ben messa, gambe interminabili, tutte le qualità che piacevano a lui in una donna. «È così che sei andata al lavoro?»

    Lei rise, arrossì e si richiuse addosso una vestaglietta. «Ma no. È che mi ero cambiata per mettermi comoda e speravo di riuscire a buttare la spazzatura senza incontrare nessuno.»

    Per non metterla ulteriormente a disagio, Ryan si costrinse ad alzare lo sguardo e a fissarla negli occhi. «Mi dispiace, non volevo metterti in imbarazzo.»

    «Non ti preoccupare» rispose lei. E rimase dov’era.

    Ryan si accorse che il suo corpo stava reagendo alla vista di quella splendida donna seminuda e si diede dell’idiota. Era impazzito? Se non avesse conosciuto Christine, avrebbe pensato che ci stesse provando.

    «Allora... buonanotte.» Tornò a girarsi verso la porta, la spinse e fece per entrare. Uscire con una persona che lavorava e viveva a due passi da lui poteva significare andarsi a cacciare in un brutto pasticcio.

    Tenendo la porta aperta con un piede, accese la luce dell’ingresso.

    Ma poteva anche rivelarsi una cosa piacevolissima.

    In quegli ultimi mesi aveva avuto modo di conoscere Christine. L’aveva aiutata ad ambientarsi in città, suggerendole il nome di ristoranti, ferramenta, meccanici e locali alla moda. L’aveva aiutata spesso a portare in casa la spesa e a fare un paio di riparazioni, sebbene per quelle lei avrebbe fatto meglio a rivolgersi a Fred, l’addetto alle manutenzioni della palazzina. In molte occasioni era capitato che uscissero alla stessa ora dai rispettivi uffici per la pausa pranzo ed erano andati a mangiare qualcosa insieme. Christine gli piaceva. Parecchio. E vederla con quel babydoll addosso, quella sera, gli fece scattare il desiderio di conoscerla meglio.

    Christine non era una persona complicata, ma nemmeno un’ingenua. Al contrario: sembrava intelligente, preparata e ambiziosa. Nell’agenzia di assicurazioni per cui lavorava si era già guadagnata una promozione. E chiunque fosse in grado di trasferirsi a Manhattan senza conoscere anima viva e di fare strada, contando solo sulle proprie forze, dimostrava di avere carattere. Era capace, corretta e seria. Graziosa ed elegante, non si dava tante arie e non ti guardava dall’alto in basso.

    Insomma, si era convinto.

    Riaprì la porta proprio mentre Christine, sbarazzatasi della spazzatura, si apprestava a rientrare nel suo appartamento. «Christine?»

    «Sì?» Lei si voltò e gli sorrise. Stavolta non arrossì, né si richiuse addosso la vestaglia. E stavolta Ryan scorse distintamente un lampo di consapevolezza nei suoi occhi: sapeva di essere attraente, sapeva che lui lo aveva notato e ne era contenta.

    Bene, bene. La sua casetta nel Connecticut ora si arricchiva di un’invitante camera da letto matrimoniale.

    «Sai usare l’ago?»

    Lei rise, forse pensando che fosse impazzito. «Che genere di ago?»

    «Quelli che si usano per fare tatuaggi e piercing. Sai com’è, volevo farmene uno sul naso.» Rise a sua volta, notando l’espressione inorridita che andava apparendo sul viso di Christine. «No, scherzo. Mi riferivo a cose come il ricamo.»

    «Ah, ecco» commentò lei, posandosi una mano sul petto. «Be’, sì, so ricamare. Da ragazza, era uno dei miei passatempi preferiti. Ora ogni tanto ricamo delle copertine da regalare, in occasione di qualche nascita. Ma non so tenere in mano un uncinetto e col mezzopunto sono una frana.»

    «Però sai cosa sono.»

    Christine lo studiò incuriosita. «Sì, certo.»

    «Stasera mi avresti fatto comodo, allora.»

    «Perché, vuoi iscriverti a un corso di ricamo?»

    Lui rise della battuta. E la sua decisione fu presa. «Ceniamo insieme domani sera? È un po’ che non mangio cucina tailandese e volevo giusto portarti in uno dei miei ristoranti preferiti.»

    Christine gli rivolse un’occhiata deliziata. «Volentieri, Ryan. Grazie.»

    «Passo da te alle sette?»

    «Perfetto.» Ancora un sorriso. Poi lei oltrepassò la soglia, afferrò la maniglia della porta dall’interno e la chiuse adagio.

    Christine Bayer.

    Ryan rimase per qualche secondo a fissare la porta chiusa, poi rientrò nell’appartamento e gettò le chiavi sul tavolino di ciliegio dell’ingresso. Una scoperta interessante. E inaspettata. Ce l’aveva avuta sotto il naso per mesi, ma non aveva mai visto in lei nient’altro che una cara amica.

    E ora, forse, scopriva di avere a portata di mano una donna che poteva davvero cambiargli la vita.

    Christine aspettò di udire lo scatto della porta dell’appartamento di fronte prima di tramutare il sorriso che ancora le aleggiava sulle labbra in una risata gioiosa. Sì, ce l’hai fatta!

    Si appoggiò alla porta con tutto il proprio peso e chiuse gli occhi. Ryan l’aveva invitata a cena!

    Finalmente. Erano stati sei mesi di tentativi di ogni genere: aveva cucinato per lui mille prelibatezze, si era casualmente imbattuta in lui nella palazzina in cui abitavano o al lavoro, durante le pause pranzo, gli aveva chiesto favori che l’addetto alla manutenzione, quell’antipatico di Fred, sarebbe stato ben felice di farle, si era offerta di cucirgli i bottoni o di fargli qualche commissione al supermercato... Sì, insomma, aveva fatto di tutto pur di entrare nelle sue grazie prima di farsi avanti con lui.

    Ebbene, finalmente era arrivato il momento di osare.

    Saltare addosso a un uomo come Ryan non era una

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