Il piacere non ha prezzo: Harmony Destiny
Di Joan Hohl
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Info su questo ebook
Joan Hohl
E' una scrittrice eclettica, che sa dare vita a personaggi sempre coinvolgenti e reali.
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Il piacere non ha prezzo - Joan Hohl
successivo.
1
Quella donna faceva davvero girare la testa.
Tanner sollevò un sopracciglio con aria interrogativa nei confronti della ragazza mozzafiato che se ne stava ferma sulla soglia di casa sua.
«Signor Wolfe?»
Un brivido gli corse lungo la schiena. Quella voce aveva l'effetto del miele caldo che ti scivola sulla pelle. Occhi del colore del brandy, capelli di un ricco, lucido rosso rubino. Associati, quei colori gli riscaldarono il cuore.
«Sì» rispose, piuttosto orgoglioso del suono stabile, quasi annoiato della sua voce, quando la noia era l'ultima cosa che sentiva. Era eccitato, questo sì, non annoiato.
Lei se ne stava lì immobile, alta e snella come una modella, di una bellezza classica, vestita in stile casual, ma costoso.
«Posso entrare?»
Il brivido si tramutò in uno sfrigolio. Dannazione! Ne era passato di tempo, da quando una donna aveva avuto un tale effetto su di lui sin dal primo incontro. A ben pensarci, non era mai successo.
«Per curiosità, lei ha anche un nome?» le chiese con una nota divertita nella voce.
«Brianna Stewart» rispose lei, tendendogli la mano affusolata. «E adesso posso entrare?»
Il coraggio con cui quella ragazza era pronta a entrare nell'appartamento di uno sconosciuto lo incuriosiva, pensò mentre le stringeva la mano, soffocava un brivido e si faceva da parte per lasciarla passare.
«Grazie.» A testa alta, ritta come un fuso, lei entrò nel soggiorno immacolato con passo dolce e rilassato. I raggi del sole di quella tarda mattinata le accendevano riflessi infuocati sui capelli.
«Che cosa posso fare per lei, signora Stewart?» le chiese Tanner. Oltre che prenderla tra le braccia e portarla in camera da letto, naturalmente. Rimproverandosi mentalmente e dicendosi che era arrivato il momento di crescere, Tanner cercò di reprimere quel pensiero peccaminoso.
«Posso sedermi?» Con un gesto aggraziato, lei indicò una delle poltrone preferite di Tanner.
«Certo, si capisce.» E cos'altro avrebbe potuto rispondere? «Le va un caffè?»
Un sorriso. «Mi piacerebbe, sì. Molte grazie.»
Lui represse un gemito. Per quanto lieve e cortese, quel sorriso gli aveva acceso i sensi. Ma cosa diavolo gli stava prendendo? Era soltanto una donna come tante. D'accordo, era splendida, ma era pur sempre una donna!
«Non c'è di che. Mi ci vorrà solo un minuto.» Tanner si rifugiò in cucina. O meglio, la sua speranza era quella di rifugiarsi in cucina. Ma lei non si fece problemi e lo seguì.
«Spero che non le dispiaccia, ma possiamo parlare anche qui dentro.»
Facile dirlo per te, pupa. «No, non mi dispiace affatto. Si sieda, la prego.» Le indicò le sedie gialle e bianche di formica e acciaio cromato. «Posso offrirle qualcosa da sgranocchiare, insieme al caffè? Dei biscotti, cracker, fette biscottate?» Me?
«Che tipo di biscotti ha?»
«Ai mirtilli.»
«Allora li assaggio volentieri. Adoro i mirtilli.»
Ancora un altro sorriso. Questa volta per Tanner fu come prendere la scossa. Signore, quella donna era letale! Per niente al mondo avrebbe ammesso che anche lui amava i mirtilli.
Versò il caffè che aveva appena preparato in due tazze, le depose sul tavolo, aggiunse due cucchiaini e una zuccheriera.
«Gradisce anche della marmellata?»
Lei scosse la testa, facendo ondeggiare quella incredibile massa di capelli rossi. E, in quel preciso istante, lui decise che i capelli rossi erano i suoi preferiti. Strano, visto che fino a quel momento aveva sempre preferito le bionde.
Dopo avere preso posto a una sedia di fronte a lei, arrivò dritto al punto. «Allora, mi dica: che cosa la porta a Durango? E che posso fare io per lei?»
«Voglio che mi aiuti a cercare un uomo» replicò lei con voce calma, quasi serena.
Perché, io non vado bene? «Perché?»
La voce della donna si indurì di colpo. «Perché ha bisogno di farsi trovare.»
«Perché?» Tanner le rivolse un mezzo sorriso. «E da chi?»
«Da mia sorella» replicò lei con occhi improvvisamente più duri della sua voce. «Da mio padre, mia madre, da me... e dalla legge.»
«La legge?» Finalmente cominciava a capirci qualcosa. «Per quale motivo?»
Un lungo sospiro. Sembrava la aiutasse a contenere una rabbia troppo a lungo repressa. «Per lo stupro e l'omicidio di una ragazza e per il tentato stupro di un'altra.»
«Chi l'ha mandata da me?»
Brianna inarcò un sopracciglio. «Lei è molto conosciuto, come cacciatore di taglie. Ha anche un'ottima reputazione.»
Non attaccava. «Mi dica chi l'ha mandata da me.»
«I suoi cugini.»
Da parte di Tanner, un'altra occhiata annoiata. «Io ho molti cugini. Mi faccia dei nomi.»
La ragazza emise un secondo sospiro. «Matt e Lisa.»
«Ah, le Amazzoni gemelle!» Un sorriso gli distese le labbra al pensiero delle sue uniche cugine: Matilda, altrimenti nota come Matt, ex agente di polizia, e Lisa, l'avvocato. Il suo sorriso svanì all'istante. «Come fa a conoscerle?»
«Lisa è il mio legale. È tramite lei che ho conosciuto Matt, però conoscevo già sua madre. Era la mia professoressa di storia all'università.»
Il sorriso affezionato tornò a illuminargli il volto. «Lei è di Sprucewood?» Era quello il nome della città nella Pennsylvania in cui Tanner era nato e da cui si era da tempo trasferito in Colorado. La madre insegnava storia, il padre era il capo della polizia municipale.
«No.» La rossa scosse ancora la testa. «Vengo... vengo dalla periferia.»
C'era stata una nota di esitazione, nella sua voce, ma Tanner decise di non farci caso. «E l'uomo che vuole trovare è Jay Minnich, vero? È lei, la vittima del secondo tentativo di stupro?»
«No. La mia sorella più piccola, Danielle. La ragazza uccisa era la sua migliore amica.»
«Già, l'ho letto.»
«Può aiutarci a trovare quell'uomo?» Nella voce di Brianna, fattasi di nuovo improvvisamente dolce, si insinuò una nota implorante. «Ovviamente c'è una taglia» si affrettò ad aggiungere.
«Lo so, di diecimila dollari.» Il tono di Tanner non sembrava interessato, quasi che quella cifra per lui non rappresentasse niente. «Offerti da suo padre, fondatore e presidente della banca di Sprucewood.»
«Sì, ma mio padre ha appena aumentato la taglia.»
«Quando?»
«Adesso.»
«Prego?»
«Mi lasci spiegare.»
«La prego.»
«Mia sorella Dani è ridotta a un ammasso di nervi» esordì Brianna con voce fioca, rattristata. «Sin da quella terribile esperienza, si è chiusa in se stessa. Ha il terrore che quell'uomo terribile torni a trovarla e la uccida, visto che è stata lei a identificarlo. Si rifiuta di uscire di casa. Anzi, esce a stento dalla sua stanza da letto, che tiene sempre chiusa a chiave. Perfino i membri della sua famiglia devono identificarsi prima di potere entrare.»
«È un peccato» commentò Tanner, sinceramente dispiaciuto. «È un'esperienza orribile per qualsiasi donna, soprattutto alla sua età.» Aveva letto i giornali sul caso, quindi sapeva che la sorella di Brianna aveva appena vent'anni.
«Già» replicò Brianna dopo qualche istante, poi proseguì. «Abbiamo fiducia nella legge, sappiamo che un giorno la polizia troverà quel mostro, ma, per la tranquillità di Dani, vorremmo che fosse incarcerato quanto prima. È per questo che mio padre mi ha dato il compito di individuare il miglior cacciatore di taglie sul mercato e di offrirgli una ricompensa per ritrovare quell'uomo.»
Dalle informazioni che aveva ottenuto in giro di recente, Tanner sospettava che quel delinquente si nascondesse nel vasto territorio delle Montagne Rocciose, anche se negli ultimi tempi qualcuno sosteneva di averlo individuato nei pressi di Mesa Verde e della catena montuosa di San Juan. Una zona più circoscritta, non c'erano dubbi, ma sempre piuttosto estesa. Tanner avrebbe anche preso in considerazione l'idea di dargli la caccia, però era stanco morto dopo il suo ultimo incarico. Ciononostante, il denaro gli avrebbe fatto comodo.
«A quanto ammonta, adesso, la taglia?»
«Un milione di dollari.»
Era una bella cifra. Un bel mucchietto di dollari che gli avrebbe permesso di sistemarsi per la vita.
«Ebbene?» Un misto di ansia e impazienza vibrò nella voce di lei. «Accetta?»
Tanner assentì. «Sì» replicò. «Accetto.»
«Bene.» Brianna si lasciò sfuggire un sospiro. «E un'altra cosa, signor Wolfe. Io verrò con lei.»
Per un attimo, lui temette di esplodere, elencandole tutti i motivi per cui un'eventualità del genere era assolutamente fuori discussione. Alla fine reagì esplodendo in una sonora risata.
«No, non credo proprio» obiettò, quando finalmente riuscì a controllare la risata. «Non intendo fare da baby-sitter alla figlia di un riccone. Con quei tacchi a spillo, non potrebbe mai seguirmi sui sentieri di montagna.»
«Non mi serve un baby-sitter, signor Wolfe. La ringrazio, ma so badare a me stessa.»
«Oh, sicuro!» la schernì lui. «Saprà badare a se stessa in un ristorante o in una boutique di abbigliamento. Torni a casa da papà» le suggerì. «Io lavoro da solo.»
«No, non credo proprio» replicò lei di rimando. «Questa volta saranno due, i cacciatori di taglie su quelle montagne.»
Tanner scoppiò di nuovo a ridere.
Invece avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa.
Brianna se ne stava seduta, impalata come un manico di scopa, a fissare Tanner in malo modo. Per niente al mondo gli avrebbe permesso di partire per la caccia senza di lei, non quando la vita e la felicità di sua sorella dipendevano dalla cattura del suo aggressore.
Brianna non poteva restarsene lì seduta con le mani in mano. Doveva muoversi, agire, partecipare alla caccia. Era in quel modo che era stata allevata, in quel modo che aveva vissuto tutta la sua vita. La famiglia veniva prima di tutto. E anche in Pennsylvania, all'università, era in quel modo che conduceva le sue ricerche in biblioteca: assumendo sempre il controllo.
Certo, in questo caso si trattava di vita vera, non di ricerche di biblioteca, ma lei voleva farlo per Dani.
Scoccò a Tanner lo sguardo più glaciale di cui era capace e restò in attesa della sua risposta.
«Ho detto di no, signorina Stewart. Non posso assumermi la responsabilità di nessun altro. Lavoro sempre da solo, io.»
«Perché?»
«Perché? Perché lei è una donna, ecco perché.»
Già, una donna. Brianna lo avrebbe volentieri preso a morsi. Il tono arrogante e superiore di quel tipo incominciava a darle sui nervi. «Ho sentito parlare di altre donne che fanno le cacciatrici di taglie.»
«Infatti ce ne sono, ma sono dure, non gentili ed eleganti figlie di papà.» Il sorriso di lui era tutt'altro che gentile. «E comunque, non lavorerei mai nemmeno con loro.»
Adesso Brianna era davvero irritata. Depose la tazza per evitare di lanciargliela addosso. Detestava quell'atteggiamento condiscendente da macho.
«Signor Wolfe, non saprei definire una