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Indizi sulla pelle (eLit): eLit
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E-book186 pagine2 ore

Indizi sulla pelle (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO

Melissa Rogers è decisa a realizzare tutte le proprie fantasie sessuali prima di incontrare "mister right" accanto al quale vivere una vita tranquilla e prevedibile. Grazie a una spiritosa e disinibita vicina, che le lascia il proprio appartamento combinandole un appuntamento con un affascinante sconosciuto, Melissa però si caccia davvero in un bel guaio...
Riley Anderson, brillante investigatore privato, nonché incarnazione delle fantasie erotiche di qualsiasi donna, deve sedurre una sospettata. Tuttavia Melissa Rogers è molto diversa dalla donna che gli è stata descritta. E Riley incomincia a confondere il dovere col piacere...
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2019
ISBN9788858999769
Indizi sulla pelle (eLit): eLit
Autore

Isabel Sharpe

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Indizi sulla pelle (eLit) - Isabel Sharpe

    successivo.

    1

    Rose si soffiò il naso, poi lasciò cadere il fazzolettino sul copriletto rosa. Guardò l'orologio, soccombendo a un'altra serie di singhiozzi. Erano le nove del mattino, era trascorsa mezz'ora da quando aveva cominciato a piangere.

    Ormai era arrivata al punto di poter osservare criticamente i propri accessi di pianto. Inizialmente aveva creduto di impazzire. Adesso, invece, considerava le lacrime una forma di sollievo per lo stress. Da quando qualcuno era penetrato nel suo appartamento, le crisi di pianto erano diventate più frequenti.

    Dieci minuti dopo, i singhiozzi si placarono. Rose si diresse verso la finestra, trasalendo quando appoggiò il peso del corpo sul piede che il Principe Rajid aveva ripetutamente pestato la sera prima. Uomo dolcissimo, ma pessimo ballerino.

    A ogni modo, tutti avevano qualche difetto. Lei sospettava che non esistesse l'uomo del quale si sarebbe potuta innamorare a tal punto, da rinunciare a tutti gli altri. In un certo senso, amava tutti gli uomini con i quali usciva. Amava come la guardavano, come la facevano sentire. Amava la propria capacità di sedurli, divertirli o eccitarli. Come un alcolista o un fumatore, anche lei era dedita a un vizio: gli uomini.

    Ma il vero amore è quello che consuma l'anima? Rose dubitava di essere in grado di provarlo, allora.

    Si asciugò l'ultima lacrima dalla guancia e scostò di lato la tenda di pizzo, per controllare se il furgone del tecnico della TV fosse ancora parcheggiato dall'altra parte della strada. Prima dell'intrusione e di quell'orribile lettera minatoria, il suo vizio le era parso innocuo. Però, negli ultimi tempi, sembrava che qualcuno l'avesse presa di mira. E Rose non aveva idea di chi fosse né di che cosa potesse volere. Alcuni dei suoi partner avevano protestato quando lei aveva posto fine alla loro relazione, ma, con la maggior parte, Rose aveva mantenuto rapporti amichevoli.

    Forse qualcuno le aveva regalato per errore un prezioso cimelio di famiglia, e la madre lo rivoleva indietro.

    Lei poteva solo sperare che fosse tanto semplice.

    Il furgone era parcheggiato sull'altro lato della strada, come sempre. Rose rabbrividì. Forse era paranoica, tuttavia aveva la netta impressione che qualcuno la stesse tenendo d'occhio da quel veicolo. Avrebbe dovuto chiamare la polizia e chiedere una verifica. D'altra parte, nel furgone ci sarebbe potuta essere proprio la polizia, decisa a tenerla d'occhio dopo l'intrusione. Polizia o criminali che fossero, Rose si sentiva minacciata, claustrofobica.

    Il telefono squillò. Lei sussultò, stringendosi nell'accappatoio. I suoi amici sapevano che il sabato era il giorno sbagliato per telefonarle. Era il suo giorno della regressione, in cui se ne restava a casa a guardare la televisione in pigiama, senza trucco, responsabilità né uomini.

    Attivò la segreteria telefonica. La voce del senatore Alvin Mason risuonò nella stanza. «Rose, lo so che ci sei. Rispondi. È importante.»

    Le sopracciglia di Rose si abbassarono. La voce di Alvin era strana... tirata. Erano usciti insieme per qualche mese, circa un anno prima, prima che lui decidesse che avrebbe avuto maggiore successo se fosse stato sposato, e si mettesse alla ricerca di una moglie idonea.

    Lei sollevò il ricevitore. «Eccomi.»

    «Come stai, Rose?»

    Lei si rabbuiò. Avrebbe giurato di sentire il rombo di un camion in sottofondo. Uno dei più illustri uomini politici del Massachusetts la stava forse chiamando da un telefono pubblico? «Sto bene. Ti sento malissimo, da dove stai...?»

    «Ho sentito che sono entrati nel tuo appartamento» gridò l'uomo, affinché la sua voce si sentisse sopra il rumore di un altro camion. «Hanno rubato qualcosa?»

    «No.» Rose serrò nel pugno il cavo del telefono. Come lo sapeva, Alvin? «Ho ricevuto anche una lettera minatoria, due giorni fa.»

    L'illustre senatore del Massachusetts imprecò pesantemente. «Non sarebbe dovuto succedere...»

    Rose rimase assolutamente immobile. Il cavo del telefono dondolava sopra il tavolino che la sua bisavola aveva portato con sé dall'Inghilterra. «Tu sei coinvolto in tutto questo?»

    Riconobbe a stento la propria voce. Non era il tono della ragazza dolce e sexy che tutti conoscevano, ma quello di una donna adulta, preoccupata per la sua vita.

    Il senatore inspirò profondamente, un suono udibile nonostante il traffico di sottofondo. «Rose...» La voce era calma, mortalmente seria. «Credo che faresti bene ad andartene per qualche tempo.»

    2

    Riley Anderson scivolò sulla panca di fronte a Charlie Watson, capitano nella polizia di Boston. Le mani giunte sul tavolo, Riley lo salutò e si sedette diritto, osservando Watson in modo da non tradire curiosità né sospetto. I poliziotti non invitavano segretamente a pranzo gli investigatori privati, a meno che non fossero in guai seri.

    Watson ingoiò l'ultima patatina fritta, poi guardò il suo piatto vuoto. «Non mi rivolgerei a te, se non fossi all'ultima spiaggia. Al distretto c'è un mucchio di gente che potrebbe occuparsi di questa faccenda.»

    Riley annuì, rifiutandosi di abboccare. Rimanere immobili e osservare era molto utile per spingere qualcuno a rivelare più di quanto prevedesse.

    Watson bevve un copioso sorso di soda da un bicchiere di carta. Socchiuse gli occhi azzurro pallido, che si perdevano quasi nel suo viso smorto e flaccido. «Sono coinvolte delle persone molto importanti. Non posso rischiare...»

    «Capitano» Riley alzò impercettibilmente un sopracciglio, l'unico gesto che palesò la sua impazienza, «venga al dunque.»

    Watson appallottolò la carta che aveva rivestito un hamburger. «Non mi piace dover rivolgermi a te, ma alla stazione c'è una talpa e non posso fidarmi di nessuno. Di te, invece, mi fido, anche se non mi piaci.»

    Riley annuì. L'antipatia era reciproca, inoltre lui non si fidava del poliziotto, ma probabilmente quello non era il momento migliore per dirlo. «Quale sarebbe il lavoro?»

    «C'è di mezzo l'appartamento di una donna che si chiama Rose.» Watson si scostò dalla fronte alcune ciocche di capelli sfuggite alla sostanza collosa che usava per pettinarsi. «Pensiamo che abbia ricevuto beni rubati, probabilmente a sua insaputa. Beni che siamo ansiosi di rendere... ai legittimi proprietari. Recentemente la donna ha denunciato un'effrazione, però non le è stato rubato nulla. Qualcuno sa o sospetta che sia in possesso di ciò che ci interessa. Stiamo tenendo d'occhio la casa, in caso qualcuno tentasse un'altra mossa, ma non voglio mandare i miei detective a investigare, finché non so di chi posso fidarmi.»

    Riley si chinò in avanti e fissò Watson con sguardo fermo. «E cosa sarebbero questi... beni

    «Un'antica miniatura. Un ritratto con una cornice tempestata di gioielli. Vogliamo che tu diventi il nuovo amichetto di questa Rose, e scopra se sa qualcosa.»

    Riley rilassò la mandibola, imponendosi di restare calmo. «Chi è esattamente questa donna?»

    Watson si guardò in giro, poi appoggiò i gomiti sul tavolo e indicò a Riley di avvicinarsi. «Sembra che sia una bellezza e che le piaccia divertirsi. Un uomo diverso ogni sera. Conosci il tipo. Abbiamo parlato con alcuni degli uomini con cui è stata. Incredibile, tutti hanno fornito una descrizione completamente differente di lei, vestiti, capelli, colore degli occhi, perfino la personalità. Quando ha denunciato l'effrazione, le sono bastati dieci minuti per cucinare a puntino il più tosto dei miei detective.»

    Riley serrò le labbra, per impedire che si increspassero per il disgusto. Proprio il tipo di donna da invitare a pranzo dalla mamma, la domenica. Tuttavia, il caso lo intrigava, anche se non riusciva a capire perché. Watson sapeva più di quanto gli avesse detto. «Chi sono i legittimi proprietari del ritratto?»

    «Questo non posso dirtelo, Anderson.» Gli occhi di Watson si socchiusero, fino a diventare due sottili fessure. «Tu entra nel suo appartamento e trova il ritratto. E tienimi informato sui tuoi progressi. Non chiamare alla stazione di polizia e non parlare di questo ad anima viva. Se i miei uomini sanno che ti ho coinvolto, ci sarà un ammutinamento.»

    Riley annuì, le pulsazioni accelerate. Slate avrebbe adorato quel caso. In quel momento, il suo migliore amico, nonché socio, si trovava nel cottage della sua famiglia sulla costa del Maine, dove sua madre era morta da poco.

    Riley e Slate lavoravano insieme sin da quando, nel corpo dei Marine, avevano costituito una unità da combattimento pluridecorata, che aveva guadagnato il rispetto di camerati e comandanti allo stesso tempo: la Gemini. Sul campo avevano sviluppato un'affinità tale, che non avevano quasi bisogno di parlare per capirsi durante le missioni. Se l'istinto di Riley non si sbagliava, quel caso avrebbe potuto convincere Slate a tornare alla civilizzazione, dopo i lunghi mesi trascorsi a occuparsi della madre morente. Era passato troppo tempo dall'ultima volta in cui avevano lavorato insieme.

    Riley annuì. «Ci sto.»

    «Non penso ti sarà difficile diventare amico di questa Rose» commentò Watson, sarcastico.

    Riley si fermò nella tavola calda lo stretto indispensabile per accordarsi sui termini dell'incarico. Preferiva l'aria fresca a quella fumosa del locale, e la compagnia di chiunque sarebbe stata migliore di quella di Watson. Uscì e si diresse verso Cambridge Street, dove si trovava l'appartamento che avrebbe dovuto perquisire, assaporando l'aria tiepida di fine giugno, carica del profumo salmastro del porto poco distante. Meglio dare subito un'occhiata nei paraggi dell'appartamento. In seguito, avrebbe inviato un telegramma a Slate.

    L'inconfondibile sensazione di essere osservato lo spinse a rallentare per una frazione di secondo. Si portò dietro il muro che circondava l'entrata della metropolitana, poi si voltò.

    Un uomo. Abiti eleganti, sotto i quali lui scorse il rigonfiamento di una pistola. Un agente governativo.

    Riley allargò i piedi, le mani sui fianchi e l'espressione indifferente, mentre l'uomo gli si avvicinava. Qualunque cosa volesse quel tipo, doveva avere a che vedere con Rose la Mangiauomini e il suo amico collezionista d'arte.

    «Ted Barker, FBI» dichiarò l'uomo, mostrandogli il proprio distintivo. «Riley Anderson, investigatore privato ed ex Marine, uno della Gemini?»

    «Sono io.» Quando Riley incontrò lo sguardo dell'uomo, lo stupì scorgervi una traccia di ammirazione. «Come posso aiutarla?»

    «Vorremmo scambiare due parole con te.» Ted Barker ripose il proprio distintivo e gli indicò una Lincoln nera parcheggiata dall'altra parte della strada. «Pensiamo che tu possa aiutarci.»

    «Wow!» Melissa Rogers spalancò gli occhi e si chinò in avanti sul divano del suo appartamento, una ciotola di popcorn in grembo.

    Sullo schermo del televisore scorrevano le immagini del film 9 settimane e ½. Una Kim Basinger bendata giaceva reclinata sulla schiena, la camicetta aperta, mentre un Mickey Rourke completamente vestito di nero estraeva un cubetto di ghiaccio dal proprio drink. Gocce fredde e gelate colarono sulle labbra di Kim, lungo i suoi seni, rendendo turgidi i capezzoli, scendendo fino all'ombelico.

    «Guarda come... Oh, wow» mormorò Melissa.

    La sua amica Penny afferrò una manciata di popcorn. «Vuoi smetterla con i tuoi wow e lasciarmi vedere il film?»

    Il film proseguì e terminò. I titoli di coda apparvero sullo schermo. Un bizzarro desiderio, quasi rabbioso, percorse il corpo di Melissa. Lei colpì con un pugno il divano beige. «Perché a me non succedono mai cose del genere?»

    Penny la guardò incredula. «Vorresti incontrare un sadico psicopatico che rischi di rovinarti la vita?»

    «Certo che no.» Melissa appoggiò la ciotola sul divano e allungò le gambe. «Alludevo a quel genere di eccitazione. Vorrei essere travolta dalla passione, anche se so che non sarebbe prudente.»

    «Svegliati, Melissa. Non può succedere. Le passioni travolgenti sono cose da film.»

    «Che ne diresti di un incontro erotico con uno sconosciuto?» Melissa pronunciò quelle parole inconsciamente, scioccata di essere disposta a confessare un desiderio del genere, anche se stava parlando con la sua migliore amica.

    «Vuoi rischiare di portarti a letto un serial killer?»

    «Senti, io desidero una relazione profonda e significativa, come chiunque altro. Voglio sposarmi, un giorno, ma so che il matrimonio sarà come i cinque anni trascorsi con Bill. Confortevole intimità, appuntamenti prevedibili e litigi riguardo agli stessi argomenti di sempre.»

    Melissa lasciò cadere le mani in grembo. «Tutto questo lo capisco. Ma non sono ancora sposata. Voglio un'avventura superficiale ed eccitante, con qualcuno che sia completamente sbagliato per me.»

    Penny richiuse la bocca che aveva spalancato. «Da quando ti è venuta questa voglia?»

    Melissa raccolse le gambe sotto di sé. «Non so. Sono stufa di essere prudente, affidabile e prevedibile. Voglio provare a essere diversa.»

    L'amica alzò gli occhi. «Chi? Mata Hari?»

    «Perché no?»Melissa stiracchiò le braccia sopra la testa e sorrise. «Dopo tutti gli anni trascorsi con Bill, e i mesi cupi dopo che mi ha piantata, finalmente mi sento viva. Mi sembra di aver dormito per il resto della mia esistenza, e di aver appena incominciato a svegliarmi.»

    Penny la scrutò da sopra la montatura dei suoi occhiali, le sopracciglia sollevate. «Oggi è il primo giorno del resto della tua esistenza?»

    Melissa afferrò una manciata di popcorn e la scagliò contro l'amica. «Grazie per aver preso seriamente la mia crisi di quasi trentenne.»

    «Penso solo che il sesso non sia la cura per ciò che ti strugge» ribatté l'altra.

    «E allora, che cosa ci vorrebbe, per questo?»

    «Hai bisogno di innamorarti.»

    «Per

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