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Affascinato dalla vedova: Harmony History
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E-book235 pagine2 ore

Affascinato dalla vedova: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1815
Dopo essere rimasto profondamente colpito dal coraggio dimostrato da Penny Henley sul banco dei testimoni in occasione di un processo, l'avvocato Lord Tristan Hadleigh decide che farà di tutto per aiutarla. Rimasta vedova e con un figlio a cui provvedere, Penny ha la possibilità di cominciare una nuova vita, in cui l'indipendenza economica è il presupposto fondamentale, ma presto si rende conto che non è facile per una donna sola trovare un lavoro onesto. Per questo Tristan le offre un impiego da governante nella sua tenuta. In breve, la convivenza forzata fra i due fa sbocciare un'attrazione a cui Lord Hadleigh non vuole cedere. Ma Penny è intenzionata a godere di tutti i benefici che la condizione di vedova le consente, compreso quello di sedurre un uomo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2019
ISBN9788830503960
Affascinato dalla vedova: Harmony History

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    Anteprima del libro

    Affascinato dalla vedova - Virginia Heath

    successivo.

    Prologo

    The Old Bailey, Londra, maggio 1820

    Aveva assistito a ogni giornata del processo. Da sola nella galleria, il volto pallido e le spalle rigide, fissava un punto avanti a sé e teneva le mani celate nelle pieghe del vestito. Tristan Hadleigh, avvocato e procuratore della Corona, aveva impiegato una settimana a capire che lo faceva per nascondere i suoi veri sentimenti, traditi dal fazzoletto ormai rovinato che stringeva tra le dita.

    Aveva un figlio di poco più di un anno, eppure non l'aveva mai portato in tribunale nel tentativo di suscitare simpatia. Non sembrava neanche notare le orde di curiosi che la osservavano e indicavano, i commenti e lo spudorato disegnatore che la ritraeva per un giornale. Il caso era talmente grave che tutti volevano saperne qualcosa. Tutti volevano conoscerla.

    Era la moglie del traditore.

    La sua quieta dignità aveva impressionato Tristan, perché gli era familiare, e la sua sincerità lo aveva scosso nel profondo. Il giorno prima, in un ultimo, disperato tentativo di salvare suo marito dando di lui un'immagine positiva, la difesa l'aveva chiamata a testimoniare. Poi era toccato a lui rivolgerle delle domande.

    «Era un buon marito?»

    Lei lo aveva guardato negli occhi. «No.» Tristan si era aspettato che mentisse, ma non aveva mostrato la propria sorpresa. Lei aveva lanciato uno sguardo incerto all'accusato, che la fissava furioso.

    «Perché no?»

    «Non era quello che speravo.»

    «La corte ha bisogno di maggiori spiegazioni, Lady Penhurst. In che senso l'imputato non era un buon marito?» In realtà Tristan aveva qualche idea, anche perché aveva vissuto in una casa in cui il matrimonio era diventato una sorta di prigione legale, ma come avvocato dell'accusa doveva presentare il caso meglio che poteva. La giuria meritava di conoscere tutta la verità, riguardo all'imputato, per quanto spiacevole e indiscreta potesse essere.

    «Era violento, Lord Hadleigh.»

    Violento e depravato, a sentire Seb Leatham. Gli ricordava un'altra donna che aveva sopportato stoicamente una situazione simile, perché non poteva fare altrimenti e non voleva pesare sul proprio figlio. Tristan sentì in gola un amaro sapore di bile a quegli orribili ricordi, sepolti da tanto tempo.

    «Vi picchiava?»

    Lei aveva lanciato uno sguardo nervoso in direzione del marito. Se fosse stato assolto, le avrebbe fatto pagare cara la sua slealtà senza che la legge potesse impedirglielo. Poi aveva raddrizzato le spalle, risoluta, e tratto un profondo respiro, come per calmarsi e trovare la forza interiore. «Se ero fortunata, una volta alla settimana.» Aveva toccato con l'indice coperto da un guanto la radice del naso, dove l'osso era un po' prominente. «Mi ha rotto il naso e incrinato una costola...»

    «Obiezione!» L'avvocato della difesa era balzato in piedi. «Il mio onorevole collega sa bene che ciò che accade in privato tra moglie e marito non è pertinente a questo caso.»

    Tristan si era rivolto al giudice. «Invece ritengo che lo sia, Vostro Onore, giacché permette alla giuria di conoscere il carattere del Visconte Penhurst.» Un uomo che picchiava la moglie non era una brava persona, una lezione che sua madre aveva imparato bene.

    «Ne abbiamo già discusso, Lord Hadleigh. La legge non solleva obiezioni, se un marito punisce la moglie, lo sapete bene. Abbandonate subito questo tipo di domande. Le risposte della testimone saranno cancellate dagli atti» aveva risposto il giudice.

    Tristan aveva annuito a denti stretti, consolandosi con il pensiero che almeno un seme era stato gettato. Erano almeno due i giurati che apparivano inorriditi all'idea che un uomo potesse picchiare a sangue la moglie senza che la legge intervenisse, si era detto, compiaciuto. «Le mie scuse.» Non aveva nemmeno tentato di apparire sincero, per poi riprendere l'interrogatorio. «Lady Penhurst, durante il vostro matrimonio avete quasi sempre vissuto a Penhurst Hall, nel Sussex, è esatto?»

    «Sì.»

    «Dunque come potete aspettarvi che la corte creda che non abbiate mai nutrito sospetti riguardo a ciò che accadeva nelle cantine?» Il marito faceva parte di una vasta rete di contrabbandieri e approfittava della vicinanza della sua tenuta al mare per ricevere e vendere migliaia di galloni di brandy in cambio di fucili destinati alla Francia e ai seguaci di Napoleone che, disperati per la prigionia dell'imperatore, erano pronti a tutto per riportarlo al potere.

    «Ho occhi e orecchie, Lord Hadleigh, dunque sapevo che stava succedendo qualcosa, ma con mia grande vergogna non ho mai cercato di scoprire di cosa si trattava, di preciso.»

    «Perché parlate di vergogna?»

    «Perché la mia vita era più semplice, se non facevo domande. Non è facile essere sposata con un uomo che risponde con i pugni.» Un'altra cosa che Tristan aveva imparato per diretta, amara esperienza. «Con il senno di poi però mi pento di non averne parlato a nessuno.»

    Poi aveva cominciato a raccontare ciò che aveva visto e sentito, cose che non aveva menzionato quando lui l'aveva interrogata subito dopo l'arresto del marito, senza dubbio per timore di una rappresaglia. Tristan non aveva voluto chiamarla a testimoniare proprio per quel motivo – le mogli, anche quelle più maltrattate, di rado si schieravano contro i mariti – ed era rimasto sorpreso dal suo inatteso e dettagliato resoconto.

    Aveva riferito degli uomini di guardia alle cantine, i minacciosi domestici che sorvegliavano ogni sua mossa e riferivano al marito, degli strani messaggi che arrivavano a ore ancora più strane e che Penhurst bruciava dopo averli letti, e del nuovo flusso di denaro che il visconte spendeva a piene mani. Le date menzionate erano significative: coincidevano sempre con quelle in cui i dazieri avevano avvistato navi di contrabbandieri al largo della costa del Sussex. Tutto sommato era stata una testimonianza dettagliata, schiacciante e coraggiosa, nonostante lei fosse stata chiamata come testimone per la difesa.

    Sì, Lady Penhurst era una donna molto coraggiosa.

    Come risultato, era stata sottoposta dall'odioso marito e dall'avvocato della difesa alla più perfida confutazione a cui Tristan avesse assistito in tutti i suoi anni in un'aula di tribunale, a dimostrazione della disparità di trattamento tra uomini e donne. Il giudice lo aveva redarguito per aver parlato delle botte del marito, per poi ignorare tutte le sue obiezioni a quel trattamento, con la motivazione che la corte meritava di sapere che tipo di donna era, prima di crederle.

    E così l'avevano accusata di essere una bugiarda pronta a giacere con una successione di uomini per denaro, una squilibrata fredda e frigida, un'ubriacona e una madre indegna. La postura di lei era rimasta fiera e determinata per tutta quella litania, e Tristan l'aveva ammirata anche per quello.

    Alla fine si era ritrovato a odiare se stesso e la sua professione per non averla difesa in modo adeguato, anche se non toccava a lui farlo. D'altra parte lei aveva risposto alle sue domande indiscrete aiutandolo a incastrare il marito in modo definitivo, nonostante l'alto prezzo pagato.

    Aveva lasciato il banco dei testimoni a testa alta, ma con un'espressione abbattuta che Tristan conosceva bene per averla vista tante volte sul viso della madre. Eppure, ogni volta l'aveva assecondata, fingendo che tutto andasse bene. Oh, se solo fosse potuto tornare indietro nel tempo! Si sarebbe comportato in modo molto diverso.

    Il giorno dopo Tristan non era riuscito a liberarsi del senso di colpa e della vergogna, durante l'arringa finale, anche se quelle emozioni bizzarre, dolorose e poco professionali avevano reso le sue parole più incisive che mai. Forse perché si era battuto per lei. A parte il tradimento, ora desiderava più che mai che il Visconte Penhurst pagasse per ciò che aveva fatto a quella donna silenziosa, fiera, coraggiosa e stoica seduta tutta sola nella galleria.

    La giuria, che si era ritirata per discutere il verdetto, rientrò in aula una decina di minuti dopo. Il Visconte Penhurst venne giudicato colpevole di alto tradimento.

    Lei impallidì, gli occhi azzurri che si riempivano di lacrime, mentre il marito urlante veniva trascinato via. Tristan aveva fatto un buon lavoro e poteva osservare la sua inevitabile rovina in modo distaccato e pragmatico, ma per lei ci sarebbero state complicate ripercussioni, al di là della liberazione da tanta sofferenza. Penhurst era il padre di suo figlio, ed era stato suo marito. Molti, nel ton, l'avrebbero giudicata in modo ingiusto, emarginandola per peccati che non aveva commesso.

    Mentre il giudice si ritirava per stabilire la condanna, lei si era allontanata da sola, come sempre, senza immaginare che considerazioni al di fuori del suo controllo avrebbero reso il suo futuro ancor meno sopportabile di quanto già non fosse.

    La Corona, infatti, aveva confiscato la fortuna e la tenuta di suo marito. Era un meschino atto di vendetta, deciso per intimorire i complici ancora sconosciuti, e un modo per ricordare ciò che un traditore doveva aspettarsi per aver agito contro l'Inghilterra e il suo re. Il figlioletto di Penhurst non era un traditore, così come non lo era la madre, eppure entrambi avrebbero pagato a caro prezzo per quei crimini, molto più a lungo del corrotto visconte. La loro vita era stata rovinata con un unico, vendicativo tratto di penna.

    Non erano affari suoi, o almeno non avrebbero dovuto esserlo ma, guardandola in quel momento, mentre aspettava, tutta sola nella galleria, di conoscere il destino del violento, odioso marito, Tristan non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. E non poteva fare a meno di sentirsi almeno in parte responsabile di ciò che lei avrebbe dovuto sopportare. Nessun parente l'aveva accompagnata al processo, né l'aveva difesa, in tutti i resoconti pieni di accuse infamanti comparsi sui giornali. L'avevano diseredata, o era davvero sola?, si chiese Tristan. E perché mai lui si preoccupava tanto di quella donna, quando aveva fatto condannare tanti criminali senza curarsi delle conseguenze per le loro famiglie?

    Finse di studiare un documento e nel frattempo tornò a fissare le mani di Lady Penhurst, come sempre nascoste nelle pieghe dell'abito modesto e austero. Notò che la corta giacca di lana marrone le andava larga, segno che aveva perso peso. Le occhiaie scure dimostravano l'insonnia patita nelle settimane successive all'arresto del marito. Come avrebbe dormito, quella notte? E dopo? Non erano affari suoi.

    Né lei né suo figlio lo riguardavano. Se avesse avuto un po' di buonsenso, si sarebbe trasferita all'altro capo del paese e avrebbe cambiato nome. O magari doveva suggerirglielo, una volta finito tutto?

    Tristan sentì il suo sguardo su di sé, si rese conto di averla fissata con intensità e si calò sul viso la solita maschera impassibile. C'era qualcosa, in quegli occhi azzurri, che lo disarmava e lo chiamava, quasi avesse bisogno di lui, ma l'incomprensibile senso di colpa che gli gravava sulle spalle lo indusse a distogliere in fretta lo sguardo.

    Era assurdo: Penhurst era un traditore. Aveva derubato la Corona. Come complice del cervello ancora sconosciuto di quella banda criminale, noto solo come il Boss, aveva complottato con i peggiori nemici dell'Inghilterra e aveva le mani sporche di sangue. Troppi uomini innocenti erano morti a causa della rete di contrabbandieri, non era colpa di Tristan se le prove schiaccianti gli erano valse una giusta punizione. Non aveva alcun motivo di rimproverarsi per aver fatto bene il proprio lavoro. E allora perché si sentiva così in colpa? Forse per via di quegli occhi azzurri?

    «Tutti in piedi.»

    Tristan si liberò di quelle strane emozioni e si alzò, lo sguardo fisso sul giudice. Questi si sedette, e tutti lo imitarono. Penhurst venne riportato nell'aula per ascoltare la sentenza. Appariva terrorizzato e si guardava intorno, frenetico. Poi, come tutti si aspettavano, un quadrato di seta nera venne posato sulla parrucca del giudice, e nell'aula calò il silenzio.

    Tristan lanciò un'occhiata alla donna: il suo volto era terreo, e gli occhi azzurri colmi di emozione. Chissà a cosa stava pensando? Chissà che ne sarebbe stato di lei, senza marito, casa e denaro? E niente di quanto era accaduto poteva essere attribuito a lei.

    Al diavolo il distacco professionale! Tristan non poteva abbandonarla, dandola in pasto ai lupi. L'avrebbe accompagnata a casa, le avrebbe offerto del denaro e la possibilità di ricominciare da capo. Qualsiasi cosa, pur di placare la coscienza.

    «William Henry Ashley, ex Visconte Penhurst e Barone Scarsdale, vi condanno all'impiccagione. Il vostro corpo sarà sepolto nella prigione in cui verrete confinato dopo la condanna. E che Dio abbia pietà della vostra anima.»

    «No!» Penhurst si liberò delle guardie e si lanciò in avanti. D'istinto Tristan cercò di bloccarlo, e le dita del visconte si aggrapparono alla sua toga. «Vi dirò tutto quello che so!» gridò atterrito. «Potete appellarvi e far rinviare l'esecuzione. Deportatemi, imprigionatemi, frustatemi... Fate tutto ciò che vi sembra adatto, ma di certo vi servo più da vivo che da morto!»

    Intorno a loro tutti erano balzati in piedi per vedere cosa stava accadendo. Ci vollero diversi uomini per tenere fermo Penhurst e parecchi minuti per trascinarlo via. Quando l'ordine venne infine ristabilito, la sedia di sua moglie era vuota, e il fazzoletto spiegazzato e zuppo di lacrime giaceva a terra.

    1

    Cheapside, Londra, cinque mesi dopo

    «Vi sbagliate, Mr. Palmer. Non ho ancora saldato il mio conto. Anzi, oggi sono qui proprio per questo.» Penny cercò ancora una volta di restituire il denaro che il padrone del banco dei pegni le aveva dato poco prima per la spilla di giada di sua madre.

    Il negoziante le sorrise con gentilezza, e non accennò a riprenderlo. «È stato tutto pagato, Mrs. Henley.» Girò il registro e glielo mostrò. «Non ci sono errori, ve lo assicuro. Se non c'è altro, sarà meglio che mi dedichi agli altri clienti.»

    «Ma non vi ho pagato, Mr. Palmer!»

    «Qualcuno lo ha fatto, però. È tutto annotato, e non prenderei mai il denaro due volte. Non sarebbe onesto, e io tengo molto all'onestà. Spendetelo per il vostro bambino, di certo avrà bisogno di qualcosa.» L'uomo chiuse con decisione il registro contabile. «Avete bisogno d'altro, Mrs. Henley?»

    Non le sembrava uno stupido, ma di sicuro era troppo ostinato e orgoglioso per ammettere un errore. Forse sua moglie avrebbe capito la situazione. «Porgete i miei saluti a Mrs. Palmer. Speravo di vederla, oggi.» Lanciò un'occhiata alla piccola anticamera dietro il banco. «Se è qui, potrei farlo di persona.» La donna era molto meticolosa, e di certo avrebbe trovato il modo di correggere l'errore del marito.

    «È andata a trovare nostra figlia e i nipotini. Le trasmetterò i vostri saluti quando tornerà, la settimana prossima» rispose il negoziante.

    Non volendo mettersi a discutere in pubblico, Penny decise che sarebbe tornata la settimana seguente. Salutò l'uomo e si avviò a passo deciso verso King Street, dove abitava Mr. Cohen, il suo padrone di casa. Intendeva pagare in anticipo un mese di affitto, e invece scoprì che anche in quel caso, qualcuno l'aveva preceduta. A differenza del cordiale negoziante, però, Mr. Cohen era un tipo poche parole.

    «Vi dico che sono già stati pagati dodici mesi di affitto, Mrs. Henley» insistette l'uomo.

    «Ma è impossibile! Chi è stato?»

    «Non posso dirvelo. Il vostro benefattore vuole restare anonimo.»

    «Benefattore?»

    Il vecchio si accigliò e scosse il capo, fissandola con aria d'accusa. «Per ora lo definirò così, Mrs. Henley, perché mi ha assicurato di non essere il vostro amico, e io scelgo di pensare il meglio dei miei inquilini.»

    «Amico?» ripeté Penny, indignata. «Vi assicuro che...»

    Il vecchio sollevò una mano a interromperla. «E io vi assicuro che, affitto o meno, vi butterò fuori se verrò a sapere che lo è. Non tollero scandali nelle mie case, Mrs. Henley. Ammesso che siate mai stata sposata. Se Mr. Leatham non avesse garantito di persona per voi, non vi avrei mai accettata. Mi chiedo cosa avrà da dire, sull'uomo che vi ha pagato un anno di affitto.»

    Una domanda interessante. Seb Leatham era un tipo di poche parole, abituato a confondersi nell'ombra e a svolgere missioni segrete. Se sua moglie Clarissa glielo avesse chiesto, però, avrebbe camminato sui carboni ardenti.

    All'improvviso uno spiacevole sospetto cominciò a formarsi nella sua mente. Meno di ventiquattr'ore prima aveva avuto un battibecco con Clarissa, l'unica amica che le era rimasta, riguardo alla sua decisione di cercare lavoro come istitutrice, o governante. Sulle prime Clarissa si era ribellata all'idea, finendo poi per affermare che rispettava la sua decisione, pur non condividendola. E adesso, come per miracolo, l'affitto e i conti nei negozi venivano saldati da un misterioso benefattore! Dodici mesi di alloggio gratuito a Cheapside avrebbero permesso all'amica di tenerla d'occhio, senza che Penny fosse costretta a sporcarsi le mani con un lavoro.

    «Dovete restituire il denaro, Mr. Cohen!» proruppe. «Sono in grado di pagare da sola il mio affitto.» Non era più la donna patetica di un tempo. Aveva odiato il marito, ma ancor di più la persona che era diventata durante il loro matrimonio: una donna spaventata, debole e stupida, che aveva ignorato gli ammonimenti altrui per sposarlo e poi pentirsene amaramente. Aveva detestato quella donna impotente e sottomessa, ed era decisa a cambiare. Non era inutile e indegna, e voleva provvedere da sola a se stessa e suo figlio.

    Accettare la carità e sentirsi in debito avrebbe consentito ad altri di controllare la sua vita, e non intendeva permetterlo. I suoi amici erano animati dalle migliori intenzioni, certo, ma non avevano il diritto di usare la propria ricchezza in segreto per averla vinta. Dopo tre interminabili anni di controllo e sottomissione, l'unico ad aver voce in capitolo nella sua vita era suo figlio Freddie e, visto che non parlava ancora, nessun altro deteneva quel potere.

    Penny prese a frugare nella reticella, in cerca del denaro. Cosa

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