Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Regole milionarie: Harmony Collezione
Regole milionarie: Harmony Collezione
Regole milionarie: Harmony Collezione
E-book164 pagine3 ore

Regole milionarie: Harmony Collezione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Durante un viaggio d'affari, la dottoressa Francesca Ristori, giovane ricercatrice di talento, non riesce a resistere alle seducenti avance del milionario italiano Nicola Falcone e si lascia travolgere da una passione che non aveva mai provato prima. Per lei, abituata a prendere soltanto decisioni razionali, Nicola rappresenta tutto ciò che non si è mai concessa: un seducente strappo a tutte le proprie ferree regole.
Ma per ogni trasgressione c'è sempre un prezzo da pagare, e quello di Francesca potrebbe trascinare a fondo anche la sua carriera.
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2019
ISBN9788830508415
Regole milionarie: Harmony Collezione
Autore

Julia James

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Leggi altro di Julia James

Autori correlati

Correlato a Regole milionarie

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Regole milionarie

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Regole milionarie - Julia James

    successivo.

    1

    Nicola Falcone, entrando nel casinò dalla porta di servizio, si guardò intorno con aria soddisfatta. Sì, era stata proprio una buona idea acquistare e restaurare quella fatiscente hacienda nel mezzo del deserto dell'ovest – ma raggiungibile senza alcuna difficoltà da Las Vegas e dalla West Coast – e trasformarla in un albergo. Un'altra fonte di prestigio, e di guadagno, da aggiungere alla catena di alberghi di lusso Falcone. Una prova lampante di quanto fosse arrivato in alto nei suoi trent'anni – dalle strade di Roma fino a essere uno degli uomini più ricchi d'Italia.

    Il ragazzino senza padre dei bassifondi che aveva cominciato a lavorare a sedici anni nello scantinato – letteralmente – del favoloso Hotel Viscari di Roma, con le sue sole forze era giunto più in alto di quel dilettante playboy, Vito Viscari, che aveva ricevuto dalla propria famiglia la leggendaria catena di alberghi su un piatto d'argento.

    Al pensiero, l'espressione di Nic si rabbuiò. Con il duro lavoro si era conquistato una posizione di prestigio, guadagnandosi ogni promozione col sudore della fronte finché non era giunto alla soglia della direzione per la quale sapeva di essere qualificato.

    Ma lo zio di Vito, l'amministratore delegato della compagnia, aveva preferito che fosse il nipote inesperto – fresco di università – a ricoprire quel ruolo, in modo da avere un assaggio della sua futura eredità.

    Nic era stato messo da parte e da quel momento aveva capito che d'ora in avanti avrebbe dovuto lavorare solo per se stesso. Il seme della catena alberghiera Falcone era stato gettato. Falcone sarebbe stato il rivale che una volta per tutte avrebbe offuscato la fama della catena di alberghi Vitale.

    E con il duro lavoro che aveva assorbito tutta la sua vita c'era riuscito – in modo fantastico. Al punto che l'anno precedente era stato in grado di avventarsi sulla preda, traendo vantaggio da una lotta interna di potere che aveva diviso la famiglia Viscari, appropriandosi di metà del loro portfolio.

    Ma si era dimostrato un successo destinato a finire in cenere. Ancora una volta Nic era stato sconfitto dal nepotismo. Questa volta era stata la suocera di Vito a convincere i suoi finanziatori a rivendere a lei il cinquanta per cento della catena di alberghi in modo da poterli cedere al genero, Vito.

    Così, di nuovo, Vito l'aveva spuntata senza alzare un dito, grazie all'aiuto della famiglia.

    Ma la determinazione che aveva sostenuto il ragazzino di strada si era fatta ancora più decisa e nei mesi successivi alla perdita del portfolio Viscari, aveva reagito riuscendo ad acquisire nuovi potenziali Falcone, incluso l'appena inaugurato Falcone Nevada con il suo redditizio casinò.

    L'occhio acuto scrutò la sala da giochi notando che diversi avventori provenivano dalla sala conferenze dell'albergo in cui si teneva la riunione annuale di accademici astrofisici, oltre ad alcuni giovani pieni di speranza che avevano disertato il bar per dirigersi alla sala giochi, lasciando sola una giovane che stava alzando la mano in un cenno di saluto.

    Una donna che attirò immediatamente la sua attenzione. Alta, graziosa e bionda.

    I sensi furono allerta. A suo tempo aveva visto – e frequentato – molte donne bellissime, ma nessuna come questa. Sentì contrarsi i muscoli dello stomaco, si rese conto di trattenere il respiro. Se la mangiava con gli occhi. E il desiderio... infuocato, intenso, immediato... rischiò di travolgerlo.

    Fran osservò gli studenti appena laureati che andavano ad acquistare i gettoni e si augurò che non perdessero la camicia. Erano chiaramente allegri e desiderosi di sfruttare in pieno l'ultima serata del ciclo di conferenze. Per quanto la riguardava se ne sarebbe andata in camera poiché il mattino successivo avrebbe dovuto presentare una relazione e sarebbe stato opportuno dare di nuovo una scorsa al proprio lavoro.

    Ma quando stava per rivolgersi al barman per chiedere il conto sentì una voce alle proprie spalle.

    «Non ha la tentazione di sfidare la fortuna ai tavoli?»

    Era una voce profonda, con accento americano non dell'Ovest.

    Si voltò e sbarrò gli occhi.

    Oh, caspita...

    L'uomo che si ritrovava davanti, l'atteggiamento rilassato, era alto – molto più di lei – con spalle ampie e una mascella decisa che un tempo doveva avere ricevuto un pugno, ma quel segno aggiungeva solo fascino al suo aspetto.

    Un membro della squadra di sicurezza? si chiese confusa, la mente ancora turbata dall'impatto viscerale che quell'uomo aveva avuto su di lei. Era stato come andare a sbattere contro un muro – un muro che non aveva visto.

    Per un attimo le si gelò il sangue per aver reagito a lui come mai le era successo prima. Neppure Cesare, l'uomo che era stata sul punto di sposare, aveva avuto un tale impatto su di lei.

    Ma comunque non è per niente il genere d'uomo che trovo attraente!

    A eccezione di Cesare, con i suoi tratti aristocratici, le erano sempre piaciuti gli uomini con l'aspetto dello studioso, non quelli muscolosi che aveva sempre considerato... be', dei bruti.

    Ma in quell'uomo non c'era niente di brutale. Non con quegli occhi che brillavano d'intelligenza.

    E azzurri – un azzurro cupo – ed era strano perché la pelle abbronzata e i capelli scuri lasciavano intendere un'origine latino-americana.

    Ma mentre ragionava tra sé si rese conto di dover far qualcos'altro oltre che fissarlo allibita. Avrebbe dovuto rispondergli? Senza essere vanitosa sapeva per esperienza che il suo aspetto attirava le occhiate maschili – e anche più delle occhiate – e se le facevano una domanda, normalmente si teneva sul vago in modo da scoraggiare chi l'aveva avvicinata. Era oltremodo necessario bloccare questo tipo di persone.

    Al momento, invece, si limitò a scuotere il capo lasciandosi andare a un lieve sorriso.

    «No, non m'interessa il gioco» rispose mentre prendeva il conto e lo firmava.

    «È qui per la conferenza?»

    Di nuovo quella voce imbarazzante che la spinse ad alzare gli occhi mentre restituiva il conto firmato al barman.

    «Sì» ammise.

    Stava per scendere dallo sgabello quando la mano dello sconosciuto fu pronta ad aiutarla. Lei lo guardò mormorando un grazie, augurandosi di riuscire a esibire quell'aria d'indifferenza che sapeva di dover mostrare in quelle situazioni.

    Solo che le era impossibile, impossibile non provare quel profondo e intenso impatto che lui le provocava.

    Un impatto che all'improvviso crebbe in modo esponenziale.

    Lui stava sorridendo, un sorriso come quello di un lupo del deserto.

    Fran ebbe l'impressione che i polmoni si contraessero. Il sorriso era stato veloce, un lieve incurvare di labbra, un'esibizione di denti, i tratti del viso che si addolcivano come se fosse sbucato all'improvviso il sole, per poi scomparire di nuovo.

    «Mi scusi, ma lei non ha proprio l'aria di un'astrofisica!»

    L'espressione tradiva un certo divertimento, come se lui fosse consapevole che si trattava di un'osservazione da cliché, ma non aveva la minima importanza, perché il bagliore negli occhi azzurri le stava spiegando perché le avesse detto una cosa del genere.

    Era intenzionato a fare qualsiasi cosa pur di proseguire quella conversazione.

    Fran arcuò un sopracciglio. Di qualsiasi cosa si trattasse, la sua tenacia non aveva niente a che fare con il ruolo di quell'uomo, forse membro delle guardie di sicurezza, se poi era questo il suo lavoro. E se non lo era, e semplicemente fosse stato un altro ospite, la situazione non migliorava. Stava cercando di abbordarla. Quindi era meglio andarsene subito.

    Salvo che non voleva. Il brivido improvviso, il cuore che accelerava il battito le faceva presente che stava reagendo a quell'uomo come mai le era capitato, che le stava succedendo qualcosa che non aveva mai provato.

    Quindi invece di ciò che avrebbe dovuto replicare, udì la propria voce chiara e con una punta di divertimento, dire: «E lei ha conosciuto molti astrofisici, vero?».

    Sapeva di aver arcuato le sopracciglia, così come la bocca si era incurvata in una smorfia divertita, consapevole di quel sorriso abbagliante che lui aveva di nuovo esibito. Pareva proprio che quell'uomo fosse del tutto a proprio agio. Anche se era una guardia di sicurezza che cercava di abbordare una delle ospiti dell'albergo, non gli importava, e le stava suggerendo che anche a lei non sarebbe dovuto importare. Era semplicemente un uomo che aveva avvicinato una donna che aveva attratto il suo sguardo...

    Prima di rispondere lui socchiuse gli occhi. «Abbastanza» ammise laconico.

    Fran strizzò gli occhi. «Allora mi dica tre nomi» lo sfidò.

    E lui rise, un suono di gola, basso, che si accompagnava al sorriso abbagliante e agli occhi vivaci. Tutte cose che le provocavano emozioni incredibili.

    Ma cosa mi sta succedendo? Sono stata abbordata da un tipo nel bar di un casinò e all'improvviso mi sembra di avere di nuovo diciotto anni. Non una mente lucida come dovrei, alla soglia dei venticinque anni, che scrive astrusi trattati scientifici sulla cosmologia in una prestigiosa università della West Coast.

    I ricercatori accademici seri non vanno fuori di testa perché un tipo tutto muscoli sorride loro. E soprattutto, fu la considerazione che la fece riflettere, non una donna come lei, la dottoressa Fran Ristori.

    Donna Francesca di Ristori, discendente di due nobili casate – una italiana e una inglese – entrambe antiche di centinaia di anni, proprietarie di acri e acri di terra, castelli e palazzi. Era la figlia del Marchese d'Arromento e nipote di uno dei Pari del regno d'Inghilterra, il Duca di Revinscourt.

    Non che qualcuno negli Stati Uniti ne fosse a conoscenza o che gli importasse. Nell'accademia aveva importanza solo la qualità delle ricerche, nient'altro. Era qualcosa che sua madre – nata Lady Emma e attuale Marchesa d'Arromento – non aveva mai del tutto capito. Ma, del resto, sua madre non aveva mai capito perché Fran avesse lasciato la vita per la quale era nata per inseguire il proprio sogno accademico.

    Era qualcosa di cui Fran era consapevole, che aveva causato un certo attrito tra loro, e solo quando aveva acconsentito a sposare un aristocratico italiano sua madre aveva accettato la sua carriera di ricercatrice.

    Ma l'anno precedente Fran aveva rotto con Cesare, il Conte di Mantegna, col quale era fidanzata da lungo tempo e adesso sua madre le rivolgeva a stento la parola.

    «Ma era perfetto per te!» aveva protestato piangendo. «Vi conoscete da una vita e ti avrebbe permesso di continuare con la carriera che tu insisti nel seguire, pur essendo la sua Contessa!»

    «Ho avuto una proposta migliore» fu tutto ciò che Fran era riuscita a rispondere. Si trattava di un'offerta che sua madre non avrebbe apprezzato, l'eccitante proposta di far parte di un gruppo di ricerca in California, sotto la direzione di un Premio Nobel.

    Fran era stata felice di accettare quella proposta e non soltanto per sé. Cesare era un amico – un buon amico – e lo sarebbe sempre stato, ma era innamorato di un'altra con la quale in seguito si era sposato.

    Era felice per Cesare, per Carla, la sposa, e per il bambino che avevano avuto e augurava loro tutta la felicità del mondo.

    Si era trasferita nella West Coast, aveva affittato un appartamento e si godeva l'atmosfera di uno dei centri più avanzati sulla cosmologia. Benché le sembrasse strano non avere più Cesare nella propria vita – anche se al di là dell'Atlantico – si era buttata a capofitto nel lavoro, entusiasta di essere a fianco a fianco di quel Premio Nobel.

    Ma nel semestre precedente l'illustre professore aveva avuto un attacco cardiaco ed era andato in pensione prematuramente; il suo successore non era in gamba quanto lui. Fran aveva già deciso di rivolgersi a un'altra università. Avrebbe seguito queste conferenze e poi si sarebbe

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1