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Passione e segreti: Harmony Destiny
Passione e segreti: Harmony Destiny
Passione e segreti: Harmony Destiny
E-book179 pagine3 ore

Passione e segreti: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Eredi dei Jameson 3/3

Rintracciare Hanna Wilde! Questo è l'ordine che Carter Jameson riceve dal padre e al quale è legata la sua eredità. Hanna, che era in fuga dalle minacce del padre di Carter, decide di accettare l'offerta di quest'ultimo e tornare in Virginia: è tempo di ricevere le risposte alle domande che la assillano da anni e di svelare i segreti che custodisce. L'attrazione nata tra Hanna e Carter viene subito messa alla prova: entrambi sono stufi delle bugie delle rispettive famiglie, così come di essere pedine in un gioco fuori dal loro controllo. Tra sospetti, desiderio e scioccanti rivelazioni, i due amanti provano ad affrontare insieme le loro paure e la verità che, pezzo dopo pezzo, viene a galla.
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2019
ISBN9788830500778
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    Anteprima del libro

    Passione e segreti - Helenkay Dimon

    successivo.

    1

    Non era possibile. Non stava succedendo.

    Hanna Wilde chiuse la telefonata con la ragazza della lavasecco della porta accanto e fissò il cellulare.

    Lui era lì, a Milton. A migliaia di chilometri di distanza dalla sua principesca abitazione – una delle tante – a Washington.

    Non era quel lui. Non quello che l'aveva pedinata e minacciata mesi prima. No. L'uomo che stava salendo nel suo appartamento era il figlio, non l'orribile padre.

    Carter Jameson. Il più giovane degli eredi di un vasto patrimonio immobiliare. Nipote di un deputato caduto in disgrazia. Rampollo della famiglia che aveva assunto la sua quando erano bambini.

    La sua detestata cotta adolescenziale.

    Sorprendente come il solo nome dei Jameson le producesse un fremito che le correva nelle ossa. Una reazione di rabbia, non di paura. O forse, a essere onesta, una combinazione delle due.

    La visita di Carter significava che la sua famiglia l'aveva trovata un'altra volta. L'ultima serie di contatti era iniziata con le lettere del padre di lui, Eldrick, seguite da quelle degli avvocati. Quando le aveva ignorate, erano iniziate le visite sgradite. Alla fine, si era arresa a ciò che Eldrick le aveva intimato: di stare lontano dalla Virginia, da Carter, e di tenere la bocca chiusa.

    Per colpa dei Jameson aveva già perso parecchio: il padre, la sorella e la pace mentale. E, a quanto pareva, non era ancora finita.

    Infilò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans e si diresse verso l'unico armadio del monolocale. Dentro ci aveva stipato abiti, prodotti per la pulizia e... basta. Non possedeva altro. Eccezion fatta per un album di foto. Così, se avessero continuato a perseguitarla, sarebbe stato più facile e rapido lasciare la città. Non aveva alcun legame, ma l'album sarebbe venuto via con lei. Era tutto ciò che le era rimasto di un passato che tentava di dimenticare.

    I colpi alla porta iniziarono appena lei si mise in ginocchio. L'anta sgangherata dell'armadio stridette, bloccandosi. Di solito, la strattonava, la sollevava per cercare di aprirla ma, a quel modo, avrebbe prodotto un rumore sgradevole e sarebbe stata costretta a muoversi. E, in quell'istante, era come paralizzata.

    Il cuore le rimbombava nelle orecchie. Unico frastuono nella stanza silenziosa.

    Bussarono ancora. «Ehi?» chiamò una profonda voce maschile.

    Si rifiutò di cedere a quel richiamo seducente. Non era più una ragazzina e la sapeva lunga adesso... In teoria. «Che c'è?»

    «Hanna?»

    Si comportava come se la conoscesse, quando erano anni che non si vedevano. Una vita.

    «Non c'è.» Fece una smorfia alla propria stupida affermazione.

    Per un istante, ci fu silenzio e Hanna si sollevò per raggiungere la porta in punta di piedi. Vide l'ombra di Carter filtrare da sotto di essa.

    «Sicura di non volere ritentare a rispondere, Hanna Wilde? Magari con qualcosa di più credibile?»

    Non poteva giocare la carta dell'appartamento sbagliato. Lui ricordava il suo nome e il suo tono possedeva ancora quella nota allegra.

    Lui. Il ragazzo da cui le era stato ingiunto di stare lontana era lì sul pianerottolo. Forse voleva dirle di non rivelare le sue malefatte passate. Comunque, non voleva essere incolpata di essergli accanto quando era stato lui a cercarla.

    Prendendo un profondo respiro, fece un passo indietro e spalancò la porta. La voce le morì in gola non appena posò gli occhi su di lui. Un sorriso gli illuminava il viso maledettamente attraente. Era alto circa un metro e ottantacinque e, sebbene lei non fosse bassa o minuta, la sovrastava di diversi centimetri.

    Un milionario nato in una famiglia dai grandi privilegi. Quel genere di persone che potevano fare ciò che volevano senza doverne pagare le conseguenze. Una dinastia di possidenti terrieri della Virginia che si consideravano nobili del sud; una discendenza macchiata solo da una nonna giapponese che aveva, tuttavia, donato a Carter occhi e capelli neri come la notte.

    Lui era il minore dei ragazzi Jameson. Il playboy dalla reputazione frivola e goliardica. Quello da cui non ci si aspettava che rispettasse le regole come i fratelli maggiori. Era il figlio extra. Eldrick aveva usato quell'odioso appellativo durante alcune interviste televisive e lei lo aveva detestato ancora di più.

    Carter viveva in California da oltre un anno, da quando aveva distrutto la vita della sorella di lei.

    «È passato molto tempo.» Lui apparve sinceramente felice di vederla.

    Hanna non fece caso alle emozioni traditrici che le avvilupparono lo stomaco al semplice suono della sua voce. «Che cosa vuoi?»

    «Che bella accoglienza.»

    Avrebbe giurato di avere scorto una scintilla balenargli negli occhi. Sollevò lo sguardo al soffitto, augurandosi che si trattasse solo del gioco delle luci provenienti dal pianerottolo. Invece no, gli occhi di Carter erano davvero caldi, luminosi e cordiali.

    Lui – che aveva portato sua sorella in ristoranti costosi, facendole grandi promesse per poi sparire dalla città – si comportava come se non fosse accaduto niente. Come se avesse interrotto i contatti per caso, non perché il padre le aveva imposto un ordine restrittivo. Carter non l'aveva mai notata prima di allora, quando lei era stata una ragazzina infatuata, alla ricerca delle sue attenzioni.

    «Perché sei qui?» Conficcò le unghie nella porta, mantenendola davanti a sé come scudo difensivo, pronta a sbattergliela in faccia.

    Più tardi, avrebbe analizzato il motivo per cui il solo vederlo, il registrare una sua occhiata, le scatenavano mille sensazioni, lanciandole il cuore in una folle galoppata. Nonostante si rendesse conto di quella nefasta reazione – che le suggeriva di non aver affatto superato la convinzione di non essere alla sua altezza – non sapeva come bloccarla.

    Più rimanevano lì, uno di fronte all'altro, più gli occhi di lui si incupivano. Finì con il ridurli in due strette fessure. «Hanna, ti ricordi di me?»

    Accennò una smorfia. Carter non si immaginava quanto avesse fantasticato su di lui.

    «Naturalmente.»

    Lo sguardo di lui vagò all'interno del monolocale alle sue spalle. «Stai bene?»

    «Stavo d'incanto fino a tre minuti fa.»

    Carter esalò un lungo sospiro, controllando i nervi. «Ricominciamo da capo. È stato mio padre a mandarmi.»

    I ricordi della cotta giovanile svanirono all'istante e lo stomaco le si annodò fino quasi a provocarle la necessità di gridare. «Per avvertirmi di rimanere alla larga? Be', l'ho fatto. Se è risentito, è affar suo, o tuo, perché sei venuto a cercarmi tu.»

    «Di cosa stai parlando?»

    «Qualunque cosa lui voglia questa volta, la risposta è no.» Si scostò e spinse la porta.

    Carter la afferrò prima che si schiantasse contro la sua spalla. «Ehi, cosa significa questa volta? Non capisco.»

    I suoi riflessi erano pronti. D'altra parte, era tutto muscoli. Con quelle gambe lunghe, gli zigomi perfetti... Accidenti, odiava i Jameson e i loro geni maschili dannatamente provocanti.

    «È meglio che tu vada.»

    «Che cosa ha fatto mio padre? La tua reazione... è eloquente.»

    Era impossibile che Carter fosse all'oscuro. Non si trattava solo di Eldrick, ma anche di lui stesso. Aveva combinato un casino e il vecchio paparino aveva risolto il problema. Tutto risaliva a un anno prima e adesso lui si presentava lì, fingendo di cadere dalle nuvole.

    «Oh, ti prego.»

    «Hanna» sbuffò seccato. «Non ci vediamo da... quanto? Dieci anni.»

    Vero. Pareva un secolo o un secondo allo stesso tempo. «E allora?»

    «Normalmente, devo vedere una donna più spesso perché lei sia così arrabbiata con me.» Sollevò un sopracciglio. «Presumo che sia mio padre il responsabile del tuo umore.»

    Oh, tenero e giovane Jameson. Se ne stava lì calmo con le mani infilate nelle tasche dei calzoni neri. Un corto giaccone grigio da inverno evidenziava la vita stretta e probabilmente costava più della malandata auto di Hanna, il cui specchietto laterale reggeva grazie a una striscia di nastro isolante.

    Carter dondolava sui talloni come se stessero chiacchierando amichevolmente. Doveva ammetterlo, il rampollo dei Jameson era passato dall'essere un bel ragazzo a essere un uomo affascinante. Emanava sicurezza tutto intorno a sé. La combinazione di geni perfetti e l'atteggiamento di chi conosce il proprio posto nel mondo erano decisamente efficaci.

    Peccato fosse un lurido ammasso di immondizia.

    «Le minacce.» Lo fissò, scorgendo un'ombra di confusione nei suoi occhi. Bella mossa. «Il bambino.»

    Carter impallidì di colpo. «Ti prego, dimmi che non hai avuto una relazione con mio padre e sei rimasta incinta.»

    Lei quasi soffocò. «Che cosa?»

    «Senti...» Carter alzò le mani. «Lo so che è un tipo affascinante. Almeno così dicono le donne, sebbene io non lo comprenda...»

    «Taci.» Gli afferrò un braccio quando un vicino curioso aprì la porta, e lo trascinò all'interno, chiudendo la porta. Ora erano intrappolati. Insieme. Il suo incubo. «Non sono andata a letto con tuo padre» sibilò.

    «Buono a sapersi» sospirò lui, riacquistando un po' di colorito in volto. «Però hai parlato di un bambino...»

    Non avrebbe dovuto menzionarlo e ripercorrere quella strada straziante. «Come ha fatto tuo padre a trovarmi?»

    Carter strinse gli occhi. «Perché, ti eri persa?»

    Hanna non si bevve la sua recita. Quella visita aveva uno scopo e Carter lo sapeva bene. «Spiegami come e perché ti trovi qui.»

    «D'accordo.» Corrugò la fronte e incrociò i loro sguardi, riprendendo il controllo delle emozioni che si agitavano in lui. Assunse un'espressione indecifrabile. «È una lunga storia. Ti basti sapere che mio padre mi ha chiesto di consegnarti questa.»

    Le porse una busta. Un'altra, simile alle precedenti che Eldrick le aveva inviato insieme a un messaggio. Non aveva alcuna voglia di leggere l'ennesimo biglietto. Non avrebbe dato a nessuno dei due la soddisfazione di ubbidire ai loro ordini.

    «Mettila via.»

    Lui la sventolò in aria. «Non la vuoi?»

    Parve sbalordito e la cosa quasi le strappò una risata. Come se lui non conoscesse suo padre e fosse all'oscuro del suo modo d'agire. C'era sempre un secondo fine dietro i comportamenti di un Jameson.

    «Risparmia a entrambi un'inutile perdita di tempo e dimmi cosa c'è dentro.»

    Carter scrollò le spalle. «Come faccio a saperlo?»

    «Non l'hai aperta? Ti sei precipitato qui senza cedere alla tentazione?» Era contro la natura umana.

    «Mi sembra di capire che tu voglia sapere che cosa contiene questa busta.» Quando lei tacque, abbassò la mano. «So solo che l'ha lasciata a me affinché te la recapitassi.»

    «Perché?»

    «Credevo che tu lo sapessi.»

    Rabbia e frustrazione si combinarono dentro di lei, confondendola. Dal tono di scuse di Carter, pareva che anche lui fosse perplesso. «Davvero non hai idea di che cosa si tratti?»

    «Purtroppo, no.» Si mosse in giro per la stanza, prestando attenzione a non andare a urtare il cassettone e i piedi del letto per raggiungere la finestra. «Non so come dirlo, tuttavia mi scuso in anticipo per questa consegna.»

    «Suona parecchio minaccioso e...»

    «Hai avuto un debole per mio padre? Forse non di carattere sessuale, ma... di altro genere?»

    La domanda sembrava tanto orribile quanto la prima volta che gliel'aveva posta. Parole diverse, ma stesso ripugnante significato. «Non voglio, né ho mai voluto, avere niente a che fare con tuo padre.»

    «Strano.» Carter scosse la testa. «È stato sposato quattro volte e ha avuto una lunga serie di fidanzate e amanti. Credevo che piacesse a tutte le donne.»

    Hanna rabbrividì. «Non riesco neppure a pensare come sia possibile.»

    «Sono assolutamente d'accordo.» Increspò le labbra in un sorriso e prese a girare per la stanza.

    Quel passo sicuro... Il modo in cui dominava il monolocale...

    Ora aveva qualche anno di più e le esperienze della vita lo avevano reso più attraente, forgiandolo in una persona diversa. Cesellando i suoi lineamenti, raffinando il mento e il sorriso.

    Da ragazzina, aveva sofferto per la tremenda cotta che aveva preso per lui, balbettando e abbassando lo sguardo ogni volta che lo aveva incontrato. L'Hanna adulta, quella che aveva affrontato dolori e angosce per colpa dei Jameson, apprezzava il nuovo stile, ma era abbastanza scaltra da essere prudente.

    «Quindi, le sole istruzioni di tuo padre erano di trovarmi e consegnarmi questa.»

    «Sì.» Le porse di nuovo la busta.

    Niente di tutto ciò aveva senso. Lei non aveva mai detto nulla, né cercato di vedere Carter. Aveva strappato l'assegno che Eldrick le aveva dato come

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