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Un eredità sotto l'albero: Harmony Collezione
Un eredità sotto l'albero: Harmony Collezione
Un eredità sotto l'albero: Harmony Collezione
E-book153 pagine2 ore

Un eredità sotto l'albero: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Aveva parlato sul serio?

Nicole Carrington è rimasta senza parole, nel sentire quello che l'arrogante proprietario della tenuta dove vive le ha appena detto: lui si trasferirà lì, ma... lei non può andarsene perché una clausola del testamento paterno li obbliga ad almeno sei mesi di convivenza!

Inoltre, beffa ancora peggiore, è previsto...
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2016
ISBN9788858958513
Un eredità sotto l'albero: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Un eredità sotto l'albero - Stella Bagwell

    successivo.

    1

    Nicole Carrington guardò con aria assente fuori dalla finestra, oltre il vasto porticato, lungo il viale fiancheggiato dalle querce secolari ricoperte di muschio. L'ultima auto degli ospiti era finalmente scomparsa alla vista, ma il dolore per la perdita della madre era ben lungi dall'attenuarsi.

    L'uomo seduto dietro di lei sul sofà di broccato non poteva che ricordarle quanto era appena accaduto. Erano passati quattro anni dall'ultima volta che Logan McNally aveva messo piede a Belle Rouge: Nicole aveva patito la sua presenza allora, e ancora più la pativa in quel momento.

    Attraverso il salone, Logan guardò in modo quasi sfacciato la giovane sorellastra. Era cambiata radicalmente, dall'ultima volta che l'aveva vista, e la differenza lo colpì in un modo che lui non si sarebbe mai aspettato.

    Non era più l'alta, impacciata adolescente che aveva lasciato sotto il portico a fissarlo con due occhi marroni pieni di risentimento. La sua figura sottile si era trasformata nel corpo sinuoso di una giovane donna, la cui grazia e sicurezza dimostravano più dei suoi ventidue anni.

    Dietro la veletta nera i lineamenti parevano delicati come porcellana dipinta a mano. La capigliatura biondo oro non era più trascurata e selvaggia, ma ricadeva sciolta sulle spalle, liscia e lucida come seta, in un'acconciatura semplice, consona al lutto. Le mani che reggevano il bianco fiore di magnolia erano piccole e aggraziate, perfettamente curate e prive di gioielli.

    Se non avesse saputo che si trattava di una Carrington, Logan l'avrebbe considerata l'immagine perfetta della vera donna del Sud. Ma l'aspetto esteriore non poteva camuffare la reale essenza della persona. Tale madre, tale figlia, pensò tristemente. Qualche povero sciocco sarebbe stato tratto in inganno dalla sua bellezza, ma non Logan. Lui sapeva esattamente chi e che cosa fosse.

    Nicole si costrinse ad allontanarsi dalla finestra, ma con stupore si rese conto che stava tremando. Durante la cerimonia funebre e fino a quel momento si era mostrata forte e composta. Arrivata a quel punto, però, non poteva più fingere. Non con Logan che la squadrava come un gatto che sta puntando un uccello già intrappolato in un angolo.

    Si diresse verso una sedia sufficientemente lontana da lui, ma a metà strada sentì un braccio robusto circondarle la schiena.

    «Va tutto bene?»

    La profonda voce maschile la fece sussultare e Nicole rivolse lo sguardo al suo duro e aspro profilo. Logan era arrivato due giorni prima, e nel frattempo non aveva sprecato una sola parola di simpatia nei suoi confronti. Sembrava ipocrita che adesso recitasse la parte del parente addolorato.

    «Andrà meglio quando mi sarò seduta. Non è il caso che ti disturbi» tagliò corto Nicole.

    Gli occhi grigi dell'uomo ispezionarono il suo viso pallido senza indulgenza. «Da un momento all'altro potrebbe arrivare altra gente a porgere le condoglianze. Sarebbe piuttosto stupido se ti trovassero svenuta sul pavimento.»

    Nicole lo guardò con disprezzo. Logan McNally era tremendamente attraente, con quei capelli scuri come caffè e la carnagione altrettanto scura. Gli occhi grigio chiaro, orlati da sottili ciglia nere, erano penetranti come una lama. Al di sopra del mento lievemente pronunciato, trovavano posto labbra perfettamente cesellate. Come se tutto questo non fosse sufficiente per conquistare una donna, era anche dotato di un vigoroso corpo scultoreo.

    Tuttavia Nicole era indifferente al fascino di Logan. Aveva appreso fin troppo presto che sotto tale vistosa mascolinità si nascondeva un arrogante mascalzone che si preoccupava soltanto di se stesso.

    «Sempre attento alle apparenze, vedo» commentò acida. «Be', ti assicuro che sono in grado di superare questa giornata senza metterti in imbarazzo.»

    Logan strinse la presa attorno alla vita di Nicole, forzandola a sedersi.

    «Non mi stavo preoccupando di questo.»

    Lei non poté trattenere un commento ironico. «Oh, certo. Io e mia madre ti abbiamo messo in imbarazzo fin dal primo giorno. Suppongo che oggi per te sia un'occasione da festeggiare: finalmente ti sei liberato di una di noi. E chissà, magari nei prossimi tempi potresti essere anche più fortunato. Potrei essere investita da un'auto o colpita da un fulmine.»

    La guardò di sbieco mentre si allontanava da lei. «Adesso mi sembri veramente un'isterica» osservò con commiserazione.

    Raddrizzando le spalle Nicole si tolse il cappello e lasciò che alcune ciocche dorate le ricadessero sul viso. «Sono sicura che ti andrebbe bene anche così» continuò in tono gelido. «Se mi facessi internare, non ci sarebbero più ostacoli tra te e Belle Rouge

    Logan si fermò a osservare la scena: lei, seduta nel grande salone, con indosso un costoso abito nero e i tacchi alti. L'ultima volta che l'aveva vista era una diciottenne ingenua; ora aveva ventidue anni ed era già così cinica. Si chiese che cosa avesse causato quella trasformazione; da quando suo padre era morto, quattro anni prima, aveva rotto ogni contatto con Nicole e sua madre, nonostante loro avessero continuato a vivere nella casa di famiglia dei McNally.

    «È evidente che sei cresciuta, Nicole. Ma sfortunatamente il tuo cervello non è maturato quanto il tuo corpo.»

    Nicole riuscì a tenere a freno l'ira che le faceva ribollire il sangue. Più di ogni altra cosa, non voleva lasciargli credere che riuscisse a turbarla come faceva un tempo: ora lei era una donna adulta, non l'adolescente che poteva affascinare o insultare a seconda di come girasse il vento. E doveva rendersene conto.

    «Stai forse cercando di dirmi che non ti interessa la tenuta?»

    Logan tentò di decifrare le diverse emozioni che si stavano impossessando di lui. Non voleva provare alcuna simpatia per quella donna: in un certo senso lei gli aveva portato via il padre e la casa. Tuttavia non gli piaceva l'idea che dovesse affrontare da sola il dolore. E ancora, non accettava l'immagine di persona aspra e fredda che gli stava mostrando.

    «Mentirei se dicessi che non mi interessa Belle Rouge. Questa piantagione appartiene ai McNally dal Settecento e non ho alcuna intenzione di lasciarla andare in rovina.»

    Nicole si alzò dalla sedia e, con una smorfia di stanchezza, si diresse alla porta.

    «Dove stai andando?» le domandò Logan seguendola come un'ombra.

    «A riposare. Puoi fare il signore del castello per un po', dato che è quello che vuoi.» Senza dargli il tempo di ribattere, uscì rapidamente dal salone e si affrettò verso la camera da letto.

    Indossato un leggero abito di cotone, si accoccolò sulla poltrona e si rivolse verso la grande finestra che dava sul frutteto. Era il primo di aprile e la primavera era decisamente arrivata nelle terre del fiume Cane. Sul retro della casa, le piante mostravano rigogliose i fiori multicolori e le canne da zucchero erano già state piantate nei campi.

    Di solito Nicole amava quel periodo dell'anno, ma ora era fisicamente e mentalmente esausta per poterlo apprezzare. Da quando la madre aveva avuto un infarto, due anni prima, la sua vita era stata una sfida continua per riuscire a diplomarsi al college e allo stesso tempo occuparsi dell'unico familiare che le fosse rimasto al mondo.

    Perdere Simone per un secondo infarto era stato un vero e proprio incubo. E, cosa ancor peggiore, l'incubo non sarebbe finito fino a quando Logan non fosse ritornato a Shreveport o lei stessa non avesse trovato un'altra sistemazione.

    Doveva essersi addormentata, a un certo punto, per ché quando più tardi aprì gli occhi si era fatto buio e si sentiva infreddolita. Con scarso entusiasmo si costrinse ad alzarsi e si avvicinò alla specchiera, dove non poté trattenere una smorfia di disgusto.

    I capelli scomposti, pareva cinerea e sciupata. Se sua madre l'avesse vista in quello stato ne sarebbe rimasta ferita. Simone era una bella donna e aveva sempre insegnato alla figlia a prendersi cura del proprio aspetto.

    Ma ora Simone se ne era andata per sempre, e Nicole era sola e abbandonata a se stessa. Accasciatasi sulla sedia davanti allo specchio, si coprì il volto con le mani per cercare di bloccare le lacrime silenziose. Non si rese conto della presenza di Logan fino a che lui non le posò le mani sulle spalle.

    «Cosa stai facendo qui?»

    Nicole cercò disperatamente di nascondere le lacrime, perché non voleva fargli credere che stesse cercando la sua compassione.

    «Ho bussato alla porta ma non hai risposto» continuò Logan. «Ho fatto dei panini, ho pensato che potessi aver appetito.»

    Avrebbe voluto dirgli che l'ultima cosa che voleva fare era mangiare, soprattutto in sua compagnia. Ma non voleva mostrarsi più debole di quanto avesse già lasciato intuire, e poi, dopotutto, era il gesto più gentile che Logan avesse fatto da molto tempo.

    «Mi vesto e scendo tra cinque minuti.»

    Tornato in cucina, Logan preparò la tavola muovendosi a proprio agio tra le stoviglie. Era da anni che non si sentiva a casa a Belle Rouge, e lo rattristava il fatto che fosse stata necessaria la morte di Simone perché questo accadesse.

    Qualunque cosa Nicole potesse pensare, lui non aveva mai sperato che morisse. Per anni si era augurato che uscisse dalla vita di suo padre e dalla sua casa, ma non era così infame da augurare del male a lei o a sua figlia.

    Senza dubbio, però, Nicole non gli avrebbe mai creduto su questo punto. Lei pensava sinceramente che lui le odiasse. Forse un tempo era stato così, quando era giovane e aveva bisogno di un padre, e loro glielo avevano portato via. Ma quei sentimenti erano ormai morti da tempo. Ora, semplicemente, non sapeva cosa provava per Nicole, né sapeva come avrebbe gestito la situazione.

    Il suono dei passi sul pavimento lo riscosse. Lei aveva indossato un paio di jeans e una camicetta azzurra, ma per quanto fosse pallida e avesse gli occhi arrossati per il pianto i segni della sofferenza non riuscivano a intaccare la sua bellezza.

    «Ho versato del tè freddo, ma se vuoi c'è anche il caffè» esordì schiarendosi la voce.

    «Il tè va benissimo» replicò lei prendendo posto.

    Logan posò sul tavolo il vassoio con i panini e si sedette di fronte a lei.

    «Il frigorifero è ancora colmo delle pietanze e dei dolci che hanno portato gli amici» rimarcò Nicole afferrando un tramezzino al prosciutto.

    «Lo so, ma sono stufo di cibi sofisticati» spiegò Logan.

    Anche Nicole ne era stufa. L'unica cosa che desiderava era tornare alla normalità; nel cibo, ma soprattutto nella vita quotidiana. Però non sapeva bene quale sarebbe stata la sua casa d'ora in avanti, visto che non c'era più motivo che lei restasse a Belle Rouge.

    Mangiarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, per questo la domanda di Logan sembrò una spiacevole intrusione.

    «Allora, che cosa pensi di fare?» le chiese di punto in bianco.

    «Che cosa penso di fare? Hanno appena sotterrato mia madre e tu mi chiedi che progetti ho?»

    Logan fece una smorfia. «Lo so

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