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Al ballo col chirurgo: Harmony Bianca
Al ballo col chirurgo: Harmony Bianca
Al ballo col chirurgo: Harmony Bianca
E-book180 pagine2 ore

Al ballo col chirurgo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Quando la passione per la medicina incontra le ragioni del cuore, la famiglia diventa il posto in cui sentirsi a casa

Madre single di un ragazzino di tredici anni e membro della squadra di elisoccorso, la dottoressa Effie Robinson ha ben poco tempo per l'amore. Ma quando il neurochirurgo Talank Basu le propone di accompagnarlo al ballo dell'ospedale, lei non trova un valido motivo per rifiutare. In fondo Talank è stato molto chiaro in proposito: ha bisogno di fingere di avere un'accompagnatrice per neutralizzare l'insistenza di sua madre che lo vorrebbe sistemato. Quindi, in fondo cosa c'è di male? Niente romanticismo, nessun coinvolgimento emotivo, niente di niente! Quello che Effie non si aspettava però era di sentirsi così protetta e desiderata tra le sue braccia...
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2020
ISBN9788830517776
Al ballo col chirurgo: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Al ballo col chirurgo - Charlotte Hawkes

    successivo.

    1

    «Stai scherzando? Mi hai fatto venire qui per questo?» Talank Basu appoggiò la spalla allo stipite della porta della sala di rianimazione, lanciando un'occhiata stizzita alla sorella minore. «Mi aspettavo un'emergenza in reparto, non l'invito a un appuntamento al buio. Nemmeno fossi un bambino!»

    «Dai, calmati» sbuffò Hetti, guardandolo in un modo in cui nessun altro avrebbe mai osato fare. «Non ti sto chiedendo di sposarla, solo di farti accompagnare da lei alla cena di gala dell'ospedale.»

    «No.»

    «Per favore, Tak. Effie è nuova all'elisoccorso, si è appena trasferita, e oltretutto è molto carina. Che io sappia ha già respinto le avances di almeno quattro medici e due infermieri, quindi se ci va da sola è come se si mettesse un bersaglio sulla schiena. Potrebbe avere bisogno di un po' di sostegno.»

    Lui sorrise. Non resisteva proprio alla tentazione di prenderla un po' in giro. «Ah, ora ho capito, è un altro dei tuoi casi umani, vero, Hetti?»

    «Smettila» rispose la sorella, dandogli una pacca bonaria. «Sei peggio della mamma. Sai com'è lei, non riconoscerebbe la compassione neppure se le passasse accanto e le si avvinghiasse addosso.»

    «Non mancarle di rispetto, Hetti» ribatté Tak contrariato.

    Lei non desistette, anzi. Lo guardò impettita. «Perché la difendi, Tak? Ancora adesso, poi! Non siamo più bambini, non ci devi più proteggere, nascondendoci il suo vero carattere. Hai sacrificato la tua vita per occuparti di me, Sasha e Rafi, facendoci da mamma e papà per supplire alle loro mancanze. Papà era sempre impegnato con le sue amanti e mamma... Be', lo sappiamo. E questo prima ancora che nascesse Saaj.»

    Tak non rispose. Non valeva la pena discutere per quei motivi. Non valeva proprio la pena discutere per i loro genitori.

    Alle spalle di Hetti, alcune persone gironzolavano in attesa che entrasse il prossimo paziente traumatizzato. Una insolita quiete prima della proverbiale tempesta. L'elicottero sarebbe arrivato di lì a poco, ed Hetti aveva già radunato tutta l'équipe e l'attrezzatura che poteva servire. Ancora una breve attesa e quel posto sarebbe stato di nuovo travolto da un vortice di attività.

    «Comunque...» Hetti scosse la testa. «Effie non è quella che tu hai definito, in modo molto indelicato, uno dei miei casi umani L'anno scorso abbiamo lavorato insieme al Pronto Soccorso di Allport. Ha fatto strada, fino a guadagnarsi un ruolo di tutto rispetto sull'eliambulanza»

    «L'eliambulanza? Allora deve essere proprio brava!»

    «Sì, infatti lo è» annuì Hetti. «Effie è eccezionale. Si accorge di dettagli che gli altri non vedono o conosce cose che persino medici più esperti non conoscono. Non c'è da stupirsi se quelli del soccorso aereo se la sono accaparrata. Anche tu rimarresti colpito.»

    «Se ti piace così tanto, perché non le chiedi tu di accompagnarti?»

    Per un attimo sembrò che Hetti stesse per ribattere in malo modo, ma poi fece un profondo respiro e sorrise con quel fare disarmante che aveva sempre avuto fin da bambina. «Sì, potrei, ma sono di turno quella sera» rispose prontamente, facendolo sorridere. «E no, prima che tu dica qualcosa, non voglio che mi cambi il turno o qualche poveretto, che non ha un fratello nell'Olimpo dei medici, dovrà rinunciare alla cena a causa mia.»

    «Come vuoi» rispose Tak con fare indifferente. «Ma sappilo, ci andrò da solo. E adesso me ne vado a casa.»

    Avrebbe dovuto essere fuori già da dieci minuti. Anzi, il suo turno era finito già da tre ore. Ma aveva voluto rimanere un po' più a lungo con il suo ultimo paziente e inoltre quella notte c'era stato parecchio movimento in Neurologia.

    E ora era qui. Perché glielo aveva chiesto Hetti che, medico o no, era pur sempre la sua sorellina.

    Se avesse saputo che Hetti non lo aveva chiamato per un paziente ma per combinargli un appuntamento non si sarebbe scomodato. In special modo per una scocciatura come questa.

    «Wow, una vera chicca per i pettegoli. Lo scapolone d'oro Tak Basu partecipa da solo a uno degli eventi più importanti dell'anno. Complimenti. Non penso che avresti potuto inventare un modo migliore per alimentare l'interesse già fervido sulla tua vita sentimentale e, allo stesso tempo, incoraggiare la mamma a organizzarti un matrimonio combinato a sua discrezione.»

    «Ma è esattamente per questi motivi che vado da solo» borbottò Tak, senza però sortire particolare effetto sulla sua imperturbabile sorella. «Sono stanco di trovarmi potenzialmente sposato a ogni donna con cui parlo.»

    «Solo perché preferiresti sposarti con la tua carriera. Il re delle craniotomie in stato di veglia: determinato a essere migliore di tutti noi, che invece desideriamo cose umili come l'amore e una relazione.»

    «Lo trovi divertente, vero? Non ho mai detto che sono migliore di tutti» rispose Tak con una smorfia.

    «No, ma so che lo pensi. Come persona che ti vuole bene e desidera il meglio per te, ho il dovere di informarti che, se parteciperai al gala da solo, rivelerai a tutti che in questo momento sei single, che ti piaccia o no. E ti ritroverai alla porta tutte le donne che vivono nel raggio di centocinquanta chilometri e che sperano di avere una chance. E la mia non è che una stima prudente.»

    Tak sorrise, suo malgrado «Fammi capire bene. Mi staresti chiedendo di portare la nuova traumatologa al ballo per fare un favore a me

    Hetti arricciò il naso. «Sto dicendo che tu ed Effie potreste essere la copertura perfetta l'uno per l'altra. Non volete una relazione, ma entrambi avete bisogno di qualcuno che tenga a bada possibili scocciatori. E anche per guadagnare un po' di tempo con la mamma, le zie e lo stuolo di potenziali mogli già schierate.»

    «Sì, solo che questa Effie prima dirà che non vuole una relazione, ma poi cambierà idea. Fanno sempre così.»

    «E per fortuna che non ti credi il top di gamma!» Hetti gli diede un pugno scherzoso sul braccio. O almeno ci provò, perché ritrasse la mano con una smorfia dolorosa e stupita. «Oh, mio Dio! Allora è vero. Hai davvero il fisico di un istruttore di fitness. Ora capisco perché sei così arrogante.»

    «Non si tratta di arroganza.» Tak scrollò le spalle impassibile. «Almeno, non di proposito. Per quanto io cerchi fin dall' inizio di essere il più chiaro possibile, tutte le donne con cui sono uscito hanno iniziato a parlare di matrimonio.»

    «Be', questa volta non accadrà. La conosco, ho visto come si comporta con quelli che ci provano con lei. Li respinge tutti, con cortesia e fermezza, ma senza esitazione. Credimi, non cambierà idea sull'argomento per niente al mondo.»

    «Non c'è bisogno che ti creda.» Tak diede un'occhiata all' orologio e si avviò per uscire. «Non lo farò. Neanche per te, piccola Hemavati.»

    «Solo la mamma mi chiama Hemavati. Come chiama te Talank. È il suo modo contorto di mostrare che ha il controllo su di noi. Almeno, però, aspetta di vedere Effie. Non si sa mai. Magari ti piace. È concentrata e motivata, proprio come te. E anche parecchio bella.»

    «Sì, sì. Ora vado.» Tak si mise lo zaino in spalla e si diresse verso il corridoio proprio mentre le doppie porte della Rianimazione si spalancavano per far entrare l'équipe dell'eliambulanza con il paziente. Il medico davanti a tutti doveva essere proprio questa Effie.

    Tutto d'un tratto si ricordò di averla già vista. Qualche mese prima era arrivata con un paziente di quarantotto anni con una ferita alla testa, Douglas Jacobs, precipitato da un pendio roccioso.

    «Si chiama Danny, è maschio, ciclista sui vent'anni» annunciò la donna con voce chiara e risoluta, mentre gli occhi si muovevano rapidi, catalizzando l'attenzione dei colleghi della Rianimazione che istruiva con disinvoltura. «Un'ora fa correva a circa quaranta all'ora quando un'auto è sbucata da una via laterale davanti a lui. Danny ha cercato di sterzare, ma ha preso in pieno l'auto che l'ha scaraventato a terra dopo un volo di tre metri.»

    Tak si ritolse lo zaino, intento a guardare la nuova dottoressa. Non capiva cosa lo trattenesse lì. O forse semplicemente non voleva saperlo.

    «Indossava il caschetto, ma nell'impatto si è frantumato. I testimoni dicono che deve essere rimasto privo di conoscenza per almeno dieci secondi. Quando siamo arrivati il GCS era nove.»

    Non c'era niente di eclatante in tutto questo. Né il paziente, né le ferite, né il medico. Allora perché era rimasto così incantato nel vederla impartire ordini all'équipe nell'uniforme di volo arancione, i capelli di un intenso rosso ramato, rigidamente raccolti all'indietro in uno chignon talmente stretto da lasciarlo senza fiato?

    Durante il loro primo incontro non ci aveva fatto troppo caso. Era stato concentrato sul paziente. Ma questa volta non si trattava di un suo caso. E l'attenzione era tutta su di lei.

    Perché? Per i capelli rossi e gli occhi azzurri?

    Non aveva niente che potesse addolcire il suo aspetto, neppure un filo di trucco. Eppure, era bellissima. C'era anche dell'altro che non riusciva a decifrare, annidato in quei profondi occhi azzurri. Suo malgrado, rimase a guardarla ipnotizzato e incapace di muoversi.

    Lei non aveva quasi neppure bisogno di controllare gli appunti. Parlava in modo fluido e naturale, mantenendo un controllo impeccabile della situazione. Ne aveva visti molti di medici dell'eliambulanza efficienti e capaci, ma lei spiccava decisamente.

    Tak si avvicinò pur senza averne motivo, come un ritardatario che si aggrega all'ultimo momento. Effie parlava con espressione attenta, poi alzò gli occhi e incrociò lo sguardo di Tak.

    Tutto si fermò. Ogni pensiero evaporò, lasciando il vuoto. Qualcosa che non gli era mai capitato prima.

    Era frastornato, incapace di distogliere lo sguardo, poi un battito di ciglia e lei riprese a istruire l'équipe. Con voce ferma, chiara, regolare come se niente fosse successo tra loro. Il cuore di Tak invece ebbe un sobbalzo come durante un vuoto d'aria in elicottero. Un'esperienza che gli era del tutto estranea.

    «È stato intubato e ha una toracotomia destra con un segmento escluso. Ferite da capo a piedi: trauma cranico, lesione di sei centimetri in sede temporale sinistra, frattura alla clavicola destra, sospetta slogatura alla spalla, sospetta frattura costale multipla, applicata cintura pelvica. Gli è stata somministrata morfina e midazolam per la sedazione ed è apparso stabile durante il viaggio. Si consigliano ulteriori controlli e radiografie per verificare lo stato degli organi interni.»

    «Bene, avremo bisogno di una TAC di tutto il corpo, ma al momento non è ancora abbastanza stabile per portarlo in Radiologia» Hetti intervenne calma. «Allison, come sono la pressione e il battito?»

    Effie si scostò per permettere ai colleghi dell'ospedale di subentrare. Il passaggio era avvenuto in modo fluido da un'équipe all'altra e ora Effie si apprestava a compilare la cartella clinica.

    Lui era ancora immobile. Continuava a guardarla mentre il cervello si sforzava di riavviarsi.

    Gli unici pensieri che gli ronzavano per la testa erano echi delle parole di Hetti. Quel discorso assurdo che poteva andare bene per dei ragazzini a scuola.

    Ma che ora non riusciva a togliersi dalla testa. Non era certo uno scolaretto, non lo era mai stato, almeno non nel vero senso del termine.

    Aveva sempre fatto l'uomo di casa, anche da adolescente. Hetti aveva ragione: aveva praticamente cresciuto lei, Rafi e Sasha. A volte con la madre, o mami come la chiamava Hetti, ma spesso e volentieri da solo. Soprattutto dopo la nascita di Saaj, che fin dai primi giorni e in ogni istante dei suoi due anni di vita aveva dovuto lottare con tutte le sue forze.

    Per anni Tak aveva protetto come poteva i suoi fratelli più piccoli dalle assenze del padre. Ascoltando le scuse continue confezionate dalla madre, che lodava il suo lavoro di medico, per fare in modo che non si accorgessero di che razza di padre derelitto e marito crudele fosse.

    Quel tipo di uomo che Tak non voleva diventare.

    Hetti poteva anche credere che per lui il lavoro fosse più importante della famiglia, ma si sbagliava. O perlomeno aveva ragione solo in parte. Costruirsi una carriera come neurochirurgo in grado di eseguire una vasta gamma di craniotomie su pazienti in stato di veglia lo rendeva automaticamente il compagno inaffidabile per eccellenza. E a lui stava bene così.

    La carriera non era però il vero nocciolo della questione. In realtà, temeva di essere quel tipo di uomo egoista ed egocentrico che ferisce la moglie e i figli, come aveva fatto il padre con loro. E la verità era che anche lui sarebbe diventato così. Per quanto detestasse l'idea, era inevitabile. Inesorabile. Ce l'aveva nel sangue.

    Proprio lo stesso che scorreva nelle vene di Rafi.

    Pur volendo molto bene al fratello, vedeva che Rafi era tale e quale al padre. E Tak non lo sopportava. E ora eccolo qui, a guardare

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