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Frammenti di grazia
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E-book496 pagine13 ore

Frammenti di grazia

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Info su questo ebook

1291 d.c. - Keir St. Hever è un potente comandante di guarnigione per Lord Coverdale, al confine delle valli della Cumbria. Mentre è impegnato sul campo di battaglia, viene informato del fatto che il suo stesso castello è sotto attacco. Keir torna al castello di Pendragon per scoprire che sua moglie e sua figlia sono state assassinate, mentre il suo giovane figlio è scomparso. Da qui ha inizio la discesa di Keir nell’inferno di una profonda disperazione.

Tre anni dopo, Keir è ancora alla ricerca di suo figlio quando viene chiamato a soccorrere la famiglia di un alleato il cui castello è sotto assedio. Keir si fa strada nel mastio, tuttavia la damigella che dovrebbe salvare non crede che sia lì per aiutarla, sicché ne segue un grande scontro. Durante quella lotta, Keir rimane inspiegabilmente ed irrimediabilmente affascinato da Lady Chloe-Louise de Geld.

Chloe è una splendida fanciulla, molto ambita, brillante, dolce ed esuberante. Risveglia in Keir emozioni a lungo sopite, sentimenti che credeva morti a seguito della perdita della sua famiglia. Per quanto non voglia amare Chloe, non può farne a meno. Dovrebbe essere impegnato nella ricerca del figlio scomparso, invece i suoi pensieri sono rivolti alla donna di cui è sempre più innamorato.

Tuttavia un vicino vendicativo e malvagio, il quale vuole Chloe tutta per sé, viene a sapere dell'interesse di St. Hever e si risolve a far uso di menzogne e macchinazioni per convincere Keir del fatto che abbia suo figlio. Propone uno scambio: Chloe per il ragazzo. Prima che Keir possa prendere una decisione, Chloe agisce di sua iniziativa e la situazione precipita.

Tra morti, battaglie, nemici vendicativi e visitatori spettrali, l'amore di Keir e Chloe rimane forte e indistruttibile, ed alla fine Keir dovrà impugnare ancora una volta la sua spada per salvare la donna che ama. Gravato dal ricordo della famiglia che non è stato in grado di salvare, ce la farà?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita7 gen 2021
ISBN9781071583180
Frammenti di grazia

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    Anteprima del libro

    Frammenti di grazia - Kathryn Le Veque

    FRAMMENTI DI GRAZIA

    Romanzo medievale/Prequel della trilogia Dragonblade

    ––––––––

    di Kathryn Le Veque

    Copyright 2012, 2014 di Kathryn Le Veque

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta in alcun modo senza autorizzazione scritta, tranne nel caso di brevi citazioni incorporate in articoli di critica o recensioni.

    Stampato da Dragonblade Publishing negli Stati Uniti d’America

    Copyright del testo 2012, 2014 di Kathryn Le Veque

    Copyright della copertina 2012, 2014 di Kathryn Le Veque

    Numero di controllo della Library of Congress 2014-041

    ISBN 9781495949944

    ––––––––

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    CAPITOLO UNO

    Castello di Pendragon, Cumbria

    Anno del Signore 1291 d.C.

    KEIR, ti prego!

    Un grosso cavaliere con indosso un’armatura usurata e sporca di sangue gli sbarrava la strada, impedendogli di procedere su per le scale. Erano gli erti e ripidi gradini che Keir conosceva estremamente bene, poiché quello era il suo castello. In quel momento il suo più caro amico si frapponeva tra lui e quanto vi era in cima alle scale. Keir ST. Héver era a tal punto sopraffatto dall’angoscia e dal panico che gli sferrò un gran pugno, colpendolo alla mascella e spedendolo contro il muro, dopo di che cercò di superare il cavaliere. Quest’ultimo, però, non si mosse, ma anzi bloccò Keir.

    No, mormorò il cavaliere, i suoi occhi color fiordaliso erano intensi. Keir, ti prego. Non puoi...

    Keir lanciò un urlo saturo di frustrazione, superandolo ed inerpicandosi su per le scale, dal momento che Michael di Pembury non era intenzionato a lasciarlo andare, ma lo teneva stretto per le gambe nel tentativo di impedirgli di vedere cosa lo attendeva. In ogni caso Keir non si sarebbe fatto fermare, e sferrò un calcio a Michael, il suo più caro amico, colui che stava solo cercando di proteggerlo.

    Keir ne era consapevole, per Dio; sapeva che stava solo tentando di risparmiargli il dolore, eppure doveva vedere con i suoi occhi quello che Michael ed alcuni dei suoi soldati si erano trovati davanti dopo che avevano ripreso possesso della fortezza e si erano messi in cerca della sua giovane famiglia. Sua moglie ed i bambini stavano nel castello quando un crudele ed invidioso vicino, mosso da gelosia, vi aveva fatto breccia dopo aver atteso che Keir portasse più della metà della sua armata in missione in un feudo limitrofo.

    La notizia del tradimento aveva raggiunto Keir, il quale si era subito affrettato a far ritorno al Castello di Pendragon, la sua guarnigione, solo per trovarlo nel caos. Il fumo si librava nell’aria dalla saracinesca bruciata, oramai ridotta ad un contorto relitto carbonizzato, mentre il cortile ed il mastio erano invasi dai soldati nemici. Keir e i suoi si erano fatti strada nel cortile, ben presto realizzando che i restanti uomini che si era lasciato alle spalle erano morti o agonizzanti, uccisi e bruciati dagli invasori. Il mastio, brulicante di nemici, era stato depredato di tutte le ricchezze che Keir aveva accumulato con tanta fatica; ma a preoccuparlo non era tanto la perdita dei beni, quanto la sorte della famiglia, sua moglie Madeleine ed i loro due bambini, la piccola Frances ed il piccolo Merritt. Per quanto avesse ritenuto che sarebbero stati al sicuro entro le solide mura del mastio di Pendragon sino al suo ritorno, quei piani gli si erano rivoltati contro nel peggiore dei modi, sicché dirigendosi di corsa verso il mastio non aveva potuto far altro che tenere il panico sotto controllo; sapeva che se quelle emozioni avessero avuto la meglio su di lui, non sarebbe stato di alcuna utilità alla sua famiglia. Era imperativo che li salvasse.

    Pembury era riuscito ad introdursi nel mastio prima di Keir, per poi salire di corsa le potenzialmente infide scale a chiocciola fino all’ultimo piano, dove erano situate le stanze della famiglia. Scoprire che queste erano state violate, e che le porte non erano oramai altro che un torto relitto, lo aveva riempito di orrore, ma ancora più lo aveva atterrito vedere cosa vi era al loro interno. Faticando a credere ai suoi occhi, per un po’ era rimasto immobile a fissare quella scena, prima di dirigersi di nuovo giù per le scale di modo da sbarrare la strada a Keir. Non voleva che questi vedesse ciò che egli stesso aveva visto. Nessun uomo avrebbe dovuto scorgere un tale infernale orrore.

    Tuttavia Keir non si sarebbe fatto fermare; in quel momento era intento a inerpicarsi su per le scale, poiché Pembury lo teneva stretto per le gambe rifiutandosi di farlo proseguire. Keir sferrò un calciò a Michael, sforzandosi di staccarselo di dosso e cedendo nel frattempo al panico, quindi iniziò a singhiozzare senza sosta mentre con tenacia proseguiva nella sua arrampicata. Stretto alle gambe dell’amico, Michael iniziò a gemere a sua volta, dal momento che quel dolore era troppo per entrambi. Keir aveva già supposto cosa Michael avesse visto all’ultimo piano; già sapeva.

    Resistendo a Michael che tentava di fermarlo, ST. Héver pareva essere in possesso di una forza soprannaturale mentre, uno gradino alla volta, affondava le sue dita guantate nella pietra. Ad un certo punto scorse il corridoio e le porte aperte delle camere, mentre la puzza di fumo e morte gli riempiva le narici. Nonostante le lacrime gli appannassero la vista ed i singhiozzi gli rendessero difficoltoso respirare, doveva vedere quello che Michael stava disperatamente cercando di tenergli nascosto. Solo un altro gradino...e un altro ancora...

    Keir era quasi giunto alla fine della sua faticosa scalata, quando si fermò il tempo necessario a sferrare un calcio nel volto di Michael, facendolo vacillare e mollare la presa. Balzato in piedi, percorse quindi gli ultimi gradini e si fiondò nella stanza del castellano, cercando la moglie ed i figli con i suoi occhi azzurri come il ghiaccio. La camera era relativamente piccola, per cui riuscì subito a farsi un’idea di quale fosse la situazione; poi la vide, in agguato, avviluppata dal fumo, simile ad una macabra visione proveniente dalle più oscure profondità di un incubo. La scena lo fece cadere sulle ginocchia. Si limitò a starsene immobile, piangendo pietosamente alla vista di quell’orrore che gli si parava di fronte. L’uomo più forte della Cumbria, famoso per la sua forza, l’equità e l’intelligenza, era ridotto ad un singhiozzante cumulo di macerie. Keir ST.Héver fissava il corpo della moglie, accasciato contro il muro, fumante in un angolo assieme a quello di una bambina.  Keir cadde in avanti sulle sue mani, avvicinandosi a quel che restava delle persone che aveva più amato al mondo. Il pesante odore di grasso e carne bruciata riempiva la stanza. Allungò una mano per afferrare il piede di Madeleine, singhiozzando così forte che finì per vomitare sul pavimento in legno. Il letto dietro di lui era stato per metà bruciato, così come parte del pavimento, adesso nero per la fuliggine e le bruciacchiature. Chiunque avesse ucciso la moglie e la figlia aveva anche tentato di dare alle fiamme la stanza. Si alzò in piedi e raggiunse la moglie, provando a prenderla tra le sue braccia, tuttavia se la ricordava dolce e morbida, adesso scottava ed era rigida. L’angoscia lo sopraffece.

    Nonostante il volto di Madeleine fosse stato risparmiato dalle fiamme, i suoi adorabili capelli scuri erano letteralmente andati in fumo. Provò a stringerla, a dirle quanto fosse dispiaciuto, quanto l’amasse, tuttavia il dolore lo investì e non poté proferir parola. Gli riuscì solo di piangere. Fu allora che osservò più da vicino il corpicino racchiuso nel grembo di Madeleine, notando che la carne della piccola Frances era fusa con quella della madre. Mentre Keir sedeva sul pavimento con i due cadaveri tra le sue braccia, Pembury raggiunse la stanza e si fermò all’ingresso, osservando quella scena insopportabile. Devastato, sentiva il dolore di Keir fin nelle ossa, quando ad un certo punto iniziò a venirgli in mente che uno dei bambini mancava all’appello. Se l’altro figlio di Keir era ancora in vita, allora Michael l’avrebbe trovato. Con rinnovato vigore, Pembury lasciò la stanza in tutta fretta e si mise a cercarlo. Perlustrò ogni angolo del castello fino alla notte del giorno seguente, tuttavia del figlio di due anni di Keir non vi era alcuna traccia. Alla fine Michael tornò nel mastio, in quella stanza degli orrori dove Keir rimaneva seduto con la schiena appoggiata al muro, e la moglie e la figlia tra le sue braccia. Immobile come una statua, aveva smesso di piangere, e teneva i due corpi stretti a sé. Era una scena penosa e straziante. Ci vollero Pembury, altri due cavalieri e tre soldati per riuscire a strappare Keir alla sua famiglia, il quale poi perse il senno. Michael ed un altro cavaliere, Sir Lucan de Velt, furono obbligati ad immobilizzare Keir per impedire che si facesse del male, dal momento che questi era determinato ad uccidersi, attanagliato com’era da un dolore che nessuno avrebbe potuto comprendere.

    In seguito alla dipartita di sua moglie e sua figlia, qualcosa era morto dentro di lui. L’unica cosa che lo teneva in vita era sapere che suo figlio non era ancora stato trovato. In qualche modo, da qualche parte, Merrit St. Héver era ancora vivo, ed era quella convinzione, quella fiducia a nutrire il suo cuore, la sua anima e la sua mente. Keir sapeva che suo figlio era sopravvissuto, e che questi non aspettava altro che suo padre venisse a prenderlo.

    La domanda rimaneva...dove era finito?

    CAPITOLO DUE

    Tre anni dopo, Settembre 1294 D.C.

    Assedio del castello di Exelby

    "HAI AVUTO I TUOI ordini, St.Héver, esclamò rivolto a Keir un guerriero più avanti negli anni e sporco di fango. Datti una mossa."

    I muscoli della mascella di Keir si contrassero, tuttavia era difficile scorgerlo sotto il suo sporco e bagnato usbergo. Non rispose, consapevole del fatto che il suo signore, pur sapendo quale fosse il suo stato d’animo, stava deliberatamente ignorando quello che provava.

    Avevano un lavoro da svolgere.

    La pioggia che batteva incessante da tre giorni aveva trasformato il terreno dentro e fuori del castello di Exelby in un pantano di fango imputridito. L’armata proveniente dal castello di Aysgarth, sede del Barone Coverdale, ben sapeva quale ostacolo rappresentasse il fango per la buona riuscita di un assedio, ed infatti a causa del suo spessore la potente armata del Barone era stata impossibilitata a mettere in posizione le sue cinque macchine d’assedio, sicché gli arcieri avevano preso a scoccare frecce fiammeggianti ben oliate contro le mura, nella speranza che, nonostante la pioggia battente, bruciassero abbastanza a lungo da infliggere qualche danno. Quella follia era andata avanti per due lunghi giorni.

    Keir si era occupato della saracinesca, la cui grande grata in ferro e legno era stata pesantemente bersagliata da una pioggia di fuoco, quindi dall’ariete per piegarne il ferro arroventato. Con il suo approccio metodico, Keir aveva fatto in modo che i soldati nemici sulle mura al di sopra del cancello si tenessero fuori della portata delle normali raffiche degli arcieri, così nel corso di quelle due giornate di vento selvaggio e pioggia sferzante, Keir era stato in grado, assieme ai suoi uomini, di piegare la saracinesca abbastanza da poter permettere a due soldati alla volta di infilarsi nel passaggio che si erano aperti. Quello era stato il piano che il Barone Coverdale aveva avuto in mente sin dall’inizio.

    All’alba del terzo giorno avevano finalmente fatto breccia nel castello.

    Adesso il Barone era intento ad urlare ordini che Keir era estremamente riluttante ad eseguire, tuttavia Coverdale, Lord Byron de Tiegh, non aveva intenzione di tollerare alcuna disubbidienza; avrebbe finalmente adempiuto ai suoi doveri nei confronti di Exelby, per poi far ritorno a casa, al suo caldo focolare e dalla giovane moglie dai grossi e accoglienti seni.

    Porta con te Pembury e de Velt, Coverdale sbraitò grattandosi lo sporco e bagnato cuoio capelluto prima di tirarsi di nuovo su l’usbergo. Entrate e tornate con le donne, o a Lord de Geld non rimarrà più alcun familiare. Nessuno meglio di te potrà capire cosa significhi affrontare la perdita della propria famiglia, St. Héver.

    Fu un’osservazione priva di tatto, che fece adirare Keir nonostante il suo temperamento usualmente pacato. Si sentì disgustato e nauseato. Coverdale era un buon comandante, ma un uomo insensibile. Frustrato e mosso dal senso del dovere, Keir se ne andò furioso con Pembury e de Velt al seguito, facendosi strada attraverso il fango, le pozzanghere di urina ed i rivoli di sangue, fino a che non si arrivò nei pressi del corpo di guardia. Gli uomini di Keir erano già radunati lì, tutti e centonove ad attendere disposizioni dal loro signore. Una volta che ebbe raggiunto i soldati in attesta sotto un paio di querce spoglie, per gentile concessione di Coverdale Keir urlò loro i suoi ordini.

    Dovevano irrompere nel mastio e trovare la moglie e le due figlie di Lord de Geld, il cui castello, Exelby, era stato attaccato ed invaso in circostanze simili a quelle che avevano portato all’assedio di Pendragon anni prima. Un signore della guerra locale, bramoso di impossessarsi dell’opulento castello e delle terre di de Geld, aveva atteso che il vecchio si allontanasse per affari prima di darsi all’assedio ed alla conquista. Coverdale, vecchio amico di de Geld, era stato incaricato di riappropriarsi della fortezza. Esausto ed infuriato, St. Hèver fu il primo a superare i contorti rottami della saracinesca, dopo di che i difensori gli si lanciarono contro immediatamente. Keir, tuttavia, era favorito dalle sue incredibili dimensioni, forza ed altezza; di statura moderatamente elevata, la mole e la circonferenza di braccia e petto ne faceva un uomo fuori dal comune. Facendosi faticosamente strada nel corpo di guardia, respinse gli assalitori a suon di fendenti e pugni, mentre Pembury e de Velt, anch’essi uomini forti e capaci, stavano dietro di lui.

    Miracolosamente riuscirono a superare il corpo di guardia, il che, considerato che quelli che avevano il controllo del castello si stavano avvalendo delle canditoie al suo ingresso, era stata una vera prodezza. Dopo essere irrotto nel caotico e fangoso cortile stranamente vuoto, Keir ordinò a più della metà dei suoi di impossessarsi delle mura, mentre lui si diresse in direzione del mastio assieme ad altri venti uomini. Combattendo, si fecero strada tra i soldati nemici improvvisamente sbucati da dentro il mastio, i quali si fiondavano su di loro scendendo la stretta scala retrattile in legno parzialmente bruciata, così che Keir si ritrovò a prenderli a cazzotti in pieno volto ed a lanciarli oltre il corrimano. A causa della precarietà della scala era possibile salire solo stando in fila, alla cui testa vi era Keir che, quindi, soffriva maggiormente l’urto dei soldati che si avventavano su di loro. A un certo punto un soldato nemico riuscì a fargli perdere l’equilibrio, sicché Keir afferrò il corrimano e per poco non cadde nel fango del cortile sottostante, facendo un volo di quasi cinque metri. Nonostante la pioggia che aveva reso tutto pericolosamente scivoloso, Keir riuscì a non mollare la presa. A quel punto Pembury, uomo colossale e dalle enormi mani, si pose alla testa della fila scaraventando gli uomini di lato grazie alla sua incredibile forza, mentre De Velt tirò a sé Keir e lo raddrizzò. I tre cavalieri, assieme agli altri uomini d’arme, proseguirono verso il mastio. Mentre colpiva gli aggressori con i suoi enormi pugni e respingeva gli spadoni che calavano su di lui, Keir lasciò che la rabbia e la frustrazione prendessero il sopravvento. Non desiderava essere lì, nel bel mezzo di quella scaramuccia, né, tantomeno, voleva essere incaricato di andare a trarre in salvo alcuna donna. Non aveva intenzione di salvare nessuno, ma desiderava solo far ritorno a Pendragon il prima possibile, e riprendere a pattugliare per Coverdale. Un assedio era l’ultima cosa alla quale volesse prender parte, men che meno era intenzionato ad esserne a capo. Dopo essersi introdotto nel mastio con la forza, e trovando ad attenderlo soltanto una più violenta resistenza, poté pensare ad una sola cosa.

    Maledetto Coverdale, sibilò tra sé e sé. Che sia dannato.

    ٭٭٭

    Li stava aspettando.

    Pronta nella grande camera da letto in cima al torreggiante mastio di Exelby, li attendeva con un enorme pezzo di legno tra le mani, l'unica arma che erano riuscite a reperire nella stanza. Era la camera dei suoi genitori, un ambiente sfarzosamente arredato con sete e mobili di pregio, in circostanze normali animato da un caldo focolare ma che, quel giorno, pareva essere al contrario un luogo cupo e spaventoso.

    Chloë de Geld sentiva gli uomini dall’altro lato della porta; avevano cercato di aprirla per quasi due giorni, tuttavia il pannello era fatto di un pesante legno di quercia, rinforzato con strisce di ferro fissate in modo tale da formare una sorta di rete. Il nemico aveva provato a bruciare parte della porta, che era tuttavia così spessa e vecchia da limitarsi a fumare incandescente, cadendo pezzo dopo pezzo e riempiendo la camera di un sottile strato di fumo sospeso nei pressi del soffitto. Anche quando la porta fosse bruciata completamente, le strisce di ferro sarebbero rimaste salde, impedendo che la aprissero, almeno in teoria; teoria che fino ad allora non era ancora stata messa alla prova.

    Chloë era appoggiata al muro accanto alla porta, mazza alla mano mentre provava a tenere calma sua sorella. Cassandra era un tipo irrequieto, come il padre, laddove Chloë era calma e composta come la madre. Persino in quel frangente, Lady Blanche de Geld sedeva in un angolo a lavorare con ago e filo su un ritaglio di lino riccamente ricamato, rilassata come un gatto impigrito in una calda giornata estiva.

    Chloë stava quindi accanto alla porta, pronta a colpire a morte chiunque fosse entrato nella stanza, e chiedendosi se sua madre si rendesse minimamente conto di cosa stava accadendo. Blanche sembrava alternare un calmo autocontrollo a pura apatia, sicché non capendo se si trattasse dell’una o dell’altra cosa, Chloë non poteva fare a meno di sentirsi disorientata di fronte all’atteggiamento della madre.

    D’un tratto il pannello della porta tremò forte, come se qualcosa vi fosse stato scagliato contro. Chloë e Cassandra strillarono per la paura, mentre la madre si limitò a sollevare a malapena lo sguardo dal suo ricamo. La porta sferragliò di nuovo, quindi un grosso pezzo di legno cadde rivelando coloro che stavano ai due lati opposti. Delle dita guantate iniziarono a spuntare dalla grata di ferro, muovendosi verso la serratura, così che Chloë subito si diede a bastonarle freneticamente.

    Dall’altra parte della porta qualcuno grugnì per il dolore sotto i colpì delle bastonate, quindi tentò di infilare nuovamente le dita nella grata, ottenendo solo che Chloë gliele colpisse di nuovo con furia.

    No! gridò, punteggiando ogni parola con un colpo di mazza. No, no, no!

    Lady! urlò il cavaliere dall'altra parte della porta. Smettetela! Sono qui per salvarvi!

    Chloë non gli credette neanche per un momento. Allorché altre dita fecero capolino dalla griglia, lei le fracassò come se stesse uccidendo degli orribili ragni su una parete. Bam, Bam, Bam!

    No! Urlò. Andatevene!

    Mentre Chloë percuoteva la grata di ferro con la sua mazza, convinta di essere l'unica cosa a frapporsi tra la sua famiglia ed il completo annientamento, non potendone più di farsi rompere le dita Keir spinse de Velt in avanti.

    Apri la porta brontolò.

    Lucan lo guardò come se fosse impazzito. No, apritela voi. Non voglio ritrovarmi con le dita rotte.

    Frustrato, Keir lo prese per il collo mentre Pembury si fiondava impetuosamente sulla porta, spingendoli entrambi di lato. Michael afferrò la griglia di ferro, ma ottenne solo di farsi spaccare le dita. Ritirata la mano, scosse le dita doloranti.

    Ragazza sciocca, urlò a Chloë. Fa maledettamente male.

    Dall'altra lato della porta, Chloë non aveva alcuna intenzione di provare rimorso. Provateci di nuovo e batterò le vostre dita fino a ridurle in polvere.

    Michael la fissò incredulo; attraverso la griglia riusciva a vedere parte del volto di lei, assieme a lunghi e scintillanti capelli di un rosso intenso. Un grande occhio castano lo stava fissando a sua volta.

    Non capite che stiamo cercando di salvarvi? chiese incredulo.

    Chloë scosse la testa, stringendo le sue bianche nocche attorno alla mazza. Il vostro intento è costringermi ad aprire questa porta, sbraitò. Non sono così stupida da arrivare a credervi.

    Ma è la verità.

    Bugiardo!

    Michael guardò Keir mettendosi le mani sui fianchi. Allora? frustrato sollevò una mano, indicando la porta semidistrutta. Che cosa vuoi fare?

    La frustrazione di Keir aveva superato il limite della sopportazione. Nonostante si stesse impegnando a portare a termine quell’ingrato compito, stava incontrando una resistenza spropositata. Sarebbe stato estremamente semplice andarsene e riferire a Coverdale che gli era stato impossibile recuperare le donne, tuttavia decise di compiere un ultimo tentativo. Si era spinto sino a quel punto e non era abituato al fallimento; andarsene avrebbe significato arrendersi. Si portò accanto alla griglia, spostando Michael.

    Ascoltatemi attentamente, disse bruscamente rivolto all’occhio castano che lo fissava. Sono Keir St. Héver, ed ho combattuto per circa due giorni al fine di liberare Exelby. Abbiamo cacciato, ucciso e catturato gran parte degli stupidi che hanno invaso il vostro castello, e l'ultima cosa di cui ho bisogno è una sciocca ragazza che opponga resistenza ai miei sforzi vòlti ad aiutarla. Non mi costerebbe nulla andarmene lasciandovi qui a marcire, se è questo che desiderate.

    Andatevene allora! Non necessitiamo del vostro aiuto, né lo vogliamo!

    Keir serrò i denti, cercando di tenere a bada la sua ira. State mostrando enorme ingratitudine nei confronti di chi ha messo a repentaglio la propria vita per salvarvi.

    Nel frattempo Lucan si portò alla destra di lui e, furtivo, allungò un braccio per raggiungere la grata di ferro, così che mentre Keir teneva occupata la Lady spaventata, riuscì ad infilare le dita nella griglia e a sollevare, con prudenza, il chiavistello. Keir non aveva neanche finito di parlare che Lucan si scagliò improvvisamente con la sua grande spalla contro la porta, spalancandola.

    Cassandra urlò, mentre Chloë iniziò a roteare la mazza con tutte le sue forze, colpendo Lucan dietro la testa e facendolo crollare a terra.

    Keir irruppe nella camera cercando di neutralizzare l'arma con un colpo della mano, tuttavia Chloë si portò velocemente fuori dalla sua portata saltando sul morbido letto al centro della stanza, ed iniziando a roteare la mazza con tutta la forza che aveva in corpo. Nonostante Keir alzasse le braccia per deviare i colpi, le riuscì comunque di prenderlo e al gomito e alla testa.

    Furioso, Keir le strappò la mazza di mano e la gettò via, finendo per colpire Pembury che prese a lamentarsi per la botta al petto, quindi balzò sul letto allorché Chloë fece per saltare sul pavimento. Keir prese per la vita quell’esile donna dai folti capelli di un rosso intenso che le cadevano fin sulle ginocchia, ma poi perse l'equilibrio e ricadde sul letto imbottito di paglia, sicché le ciocche dei capelli lisci e setosi di lei coprirono entrambi. Di fatti, mentre era impegnato ad agguantare Chloë che lottava per la sua vita, Keir si ritrovò i capelli di lei su tutta la faccia, e persino in bocca.

    Lady, brontolò mentre lei si contorceva e lottava. Smettetela di dimenarvi. Vi prometto che non vi sarà fatto alcun male. Serviamo Lord Coverdale, siamo venuti a trarvi in salvo.

    Chloë era in preda al panico. Anche se il cavaliere che cercava di tenerla ferma era almeno tre volte più grande lei, riuscì comunque a rigirarsi tra le braccia di lui ed a sferrargli un pugno nel frontale aperto della visiera. Colpito al volto, Keir si limitò ad emettere un grugnito, quindi tentò di rialzarsi con quel feroce gatto selvatico stretto nella sua presa, col risultato che inciampò nella sopravveste di lei ed entrambi caddero sul pavimento.

    Keir rovinò su Chloë, che era caduta sulla schiena. Il colpo fu così duro che lei rimase momentaneamente stordita; d’altronde il cavaliere era enorme, e si era abbattuto su di lei con tutto il suo peso, l’armatura e tutto il resto. Finirono per ritrovarsi in una posizione molto intima, ma poi Chloë riacquistò i sensi ed andò su tutte le furie, cercando di colpirlo alla testa ed alle spalle con i suoi piccoli pugni.

    Levatevi di dosso! urlò. Bestia ripugnante, spostatevi!

    Keir era impegnato a cercare di bloccare quella moltitudine di ceffoni che, provenendo da tutte le direzioni, lo colpivano al volto, e se gli riuscì di bloccare una mano, lei continuò imperterrita a colpirlo con l’altra. Quando a un certo punto Chloë iniziò a ficcargli le dita negli occhi, Keir li chiuse entrambi, premendo la faccia contro il petto di lei mentre cercava di afferrare quell'ultima mano nell'oscurità. Sotto di lui il corpo della Lady era morbido ed elastico, tuttavia non vi si stava soffermando, dal momento che stava provando a non perdere la vista a causa di quelle frenetiche dita.

    Smettetela, esclamò infine quando bloccò l'altra mano, poi le inchiodò le braccia su entrambi i lati del suo snello corpo, osando aprire gli occhi e fissandole il volto ricoperto dai folti capelli. Avete inteso quanto ho detto? Siamo qui per salvarvi, non per farvi del male, anche se dal modo in cui vi battete sarò probabilmente io a rimanere ferito.

    Chloë non era ancora intenzionata ad arrendersi allo strano cavaliere dalla voce vellutata e profonda. Levatevi di dosso, ordinò.

    Solo quando la smetterete di colpirmi. Non intendo farmi menomare da una ragazza sciocca.

    Non sono sciocca, borbottò cercando di staccarselo di dosso.

    Osservò il viso di lei contorcersi per lo sforzo. Siete sicuramente sciocca se combattete chi sta cercando di aiutarvi.

    Lei lo guardò, mostrando i suoi denti bianchi e dritti. Non vi conosco. Potreste mentire per quanto mi è dato sapere, ed essere un nemico dalla lingua biforcuta.

    Eppure non lo sono, disse lui inarcando un sopracciglio. Ve l’ho detto: sono Keir St. Héver, onorato guerriero che ha servito Edoardo Gambelunghe nelle guerre in Galles. Sono un rispettabile cavaliere, discendente di una lunga dinastia di onorevoli cavalieri, ed il fatto che voi vi rifiutiate di credere alla mia parola è di per sé un insulto. Non mento, né certamente mentirei ad una Lady. In ogni caso siete bloccata da un uomo che è molto più grande e forte di quanto non lo siate voi, quindi al vostro posto smetterei di opporre ulteriore resistenza. È inutile.

    Chloë smise di dimenarsi, fissando Keir con uno sguardo minaccioso. Quest’ultimo non riusciva a scorgere altro se non due grandi sfere marroni in mezzo a quella confusa massa di lunghi capelli rossi che ricopriva entrambi. In quelle marroni profondità Keir intravide dell’agitazione, simile ad un vorticoso turbinio, ma al contempo trovò che erano gli occhi più belli che avesse mai visto. Il pensiero lo colse di sorpresa.

    Avete capito cosa vi ho detto? chiese di nuovo, stavolta con più calma e domandandosi perché mai quegli occhi lo incantassero a tal punto.

    Chloë annuì incerta. Mi colpirete di nuovo? chiese lui.

    Lei scosse la testa, al che Keir le liberò le braccia e, per necessità, iniziò a sfilare le ciocche di lunghi capelli rossi dagli anelli della sua cotta di maglia, di modo da potersi alzare in piedi senza strapparle i capelli. Chloë lo guardò un po’impaurita mentre questi si allontanava da lei spingendosi sulle braccia, per poi prenderla per il polso e tirarla su.

    Ora che l'atmosfera era più calma e le donne si erano rese conto che dopo due giorni di inferno i nemici non le avevano catturate, Chloë si sentì debole, e parve vacillare. Era come se la lotta avesse prosciugato tutte le sue energie. Si lasciò cadere contro il muro, espirando pesantemente mentre spostava i capelli davanti al volto e provava a lisciarli. La lunga e sontuosa chioma rossa era il suo orgoglio e la sua gioia, per la quale era rinomata nella contea quasi quanto lo era per la sua bellezza. Per quelli dello Yorkshire occidentale lo splendore di Chloë de Geld era materia di leggende.

    Ciò non era sfuggito all'attenzione di Keir, nonostante si impegnasse a non badarvi; frustrato, arrabbiato ed esausto com’era, si rese conto che tra tutte quelle emozioni era sorto anche un certo interesse per il bell'aspetto della Lady. Salvare una megera sarebbe stato un dovere, ma trarre in salvo un angelo era qualcosa di totalmente diverso. Non avrebbe dovuto fare distinzioni, ma la verità era che la maggior parte degli uomini avrebbe preferito la compagnia di una graziosa Lady a quella di una signora vecchia e smunta. Per quanto fosse orribile, era nondimeno vero.

    La Lady che gli stava di fronte era alta nella norma, ma snella di corporatura e con grandi seni morbidi che aveva sentito quando era caduto su di lei, nonostante la cotta di maglia e gli strati della giubba. Il suo incarnato era pallido, come la panna, ed aveva un viso dalla forma perfetta, con la pelle di porcellana e labbra di un rosa acceso. Ma erano gli occhi che lo fissavano a loro volta a catturare la sua attenzione, di una tonalità di marrone intenso e brillante, come una gemma.

    Erano grandi e splendidi. Keir osservò lo sforzo della Lady nel ritrovare il suo contegno.

    Come vi chiamate? chiese infine.

    Lei lo guardò. Sono Lady Chloë de Geld, mormorò con una voce dolce e vellutata. Mio padre è Anton de Geld, il Barone Kirklington. Queste sono mia madre, Lady Blanche, e mia sorella, Lady Cassandra.

    Chloë. Keir non aveva udito nient’altro. Il resto gli era suonato come un borbottio: sono Lady Chloë blah, blah, blah. Schioccò le dita in direzione di Pembury e de Velt, dando indicazioni affinché ognuno di loro prendesse una Lady per mano, sicché i due si affrettarono per vedere chi sarebbe riuscito a scortare Lady Cassandra, una graziosa ragazza bionda dai grandi occhi castani come la sorella. Michael fu di poco più veloce di Lucan, e dopo che ebbe preso la Lady per il gomito, schernì l’amico con un ghigno da sopra la testa di lei.

    La verità era che Pembury era un uomo imponente ed in possesso di una grande forza, con cui persino Lucan de Velt, egli stesso dalla forza e abilità considerevoli, non si sarebbe voluto scontrare. Così, a malincuore, a Lucan toccò occuparsi della madre, una donna anziana che era rimasta seduta in un angolo a ricamare mentre la battaglia infuriava intorno a lei. Per tutta la durata dell’azzuffata tra Keir e Chloë, la donna non si era mossa.

    Con calma, Lucan aiutò l’anziana donna a rimettersi in piedi ed a raccogliere i suoi lavori di cucito, anche se riteneva che cucire per tenersi occupati nel bel mezzo di una battaglia fosse una cosa piuttosto stupida da farsi, quindi seguì Pembury fuori dalla camera. Mentre nessuno guardava diede persino uno scappellotto dietro la testa a quest’ultimo.

    Quando tutti se ne furono andati ed il frastuono della baruffa era oramai cessato, la camera piombò improvvisamente nel silenzio. Debole ed esausta, Chloë rimaneva appoggiata al muro mentre Keir si dirigeva verso la porta, sistemandosi sulla testa l’elmo che lei aveva colpito con tanta rabbia. Armeggiando con l'usbergo sotto di esso, si voltò verso Chloë.

    Andiamo, mia Lady, disse piano.

    Lei alzò lo sguardo dal punto sul pavimento che stava fissando.

    Dove ci porterete?

    Questa decisione spetta a Lord Coverdale e vostro padre.

    Chloë sospirò debolmente e si alzò allontanandosi dal muro, quindi si guardò intorno come se stesse cercando qualcosa. Mio padre era a Darlington quando tutto ha avuto inizio, mormorò. Il castello ha subito gravi danni?

    Keir finì di armeggiare con la cotta di maglia. Abbastanza, le disse. Attualmente non è sicuro.

    Allorché lei lo guardò, Keir notò i suoi tristi occhi castani, ritrovandosi a pensare che erano davvero incantevoli, ma poi subito cercò di scacciare quel tipo di pensieri. Gli era già successo una volta, il che era comprensibile, naturale; tuttavia pensarlo due volte lo turbava. Era troppo destabilizzante e doloroso anche solo da prendere in considerazione, poiché non si era soffermato a pensare ad una incantevole donna da...

    Chi ci ha attaccati? chiese Chloë.

    Keir si rese conto che si stava sforzando di non provare nessun sentimento di dolcezza o compassione nei confronti di quella donna. Nonostante fosse consapevole del fatto che il motivo di tale sforzo era la bellezza di lei, avvertiva nondimeno del calore. Era nauseato e furioso con sé stesso, poiché sapeva di essere stolto e smidollato a pensare quel genere di cose. Era ridicolo. Fece un profondo respiro, nel tentativo di liberarsi sia dell’idiozia che della stanchezza.

    Sono venuti da Sandhutton, le disse. Crediamo che Ingilby sia coinvolto.

    I grandi occhi castani di Chloë si spalancarono. Il Barone Ingilby di Ripon?

    Proprio lui.

    La bocca graziosa e proporzionata di Chloë si aprì per l’indignazione e la sorpresa, quindi si richiuse quando lei tornò ad esaminare la stanza. Keir rimase accanto alla porta, osservandola imbattersi in ciò che stava apparentemente cercando.

    Chloë prese il mantello che era stato infilato dietro la sedia da cucito di sua madre, quindi lo scrollò e silenziosamente di diresse verso la porta mentre se lo avvolgeva attorno alle spalle sottili. Precedendola fuori della stanza, Keir non la sfiorò, evitando di prenderla e per il gomito e per il braccio, dal momento che temeva le sensazioni che avrebbe provato se l'avesse toccata di nuovo.

    Avevano quasi varcato la soglia della stanza, superando la porta ridotta oramai ad un relitto carbonizzato, quando Chloë si fermò di colpo e lo guardò.

    Vi ho fatto male alle dita? chiese.

    Pareva piuttosto spenta e cupa, per nulla simile alla sobillatrice che l’aveva messo alle strette pochi istanti prima. Lui la fissò.

    No, Lady, non l'avete fatto.

    Lei si limitò ad annuire, in apparenza piuttosto contrita. Mi dispiace...intendo nel caso in cui vi abbia fatto del male, si voltò e si diresse verso le scale. Dovete comprendere che per quasi due giorni degli sconosciuti violenti hanno tentato di irrompere nella stanza.

    Keir osservò i suoi seducenti capelli rossi mentre lei iniziava a scendere le scale. Suppongo che avreste dato loro del filo da torcere se fossero riusciti a sfondare la porta.

    Nonostante la stanchezza, Chloë accennò un debole sorriso. Un pezzo di legno non può certo competere con un uomo dotato di spada.

    Keir sbuffò in segno di dissenso. Vi sottovalutate, Lady, disse mentre raggiungevano il pianerottolo al terzo piano. Siete un formidabile avversario. Le mie dita possono attestarlo.

    Lei fece un gran sorriso e si voltò a guardarlo. Siete nondimeno riuscito a catturarmi.

    Alla vista di quel sorriso, bello ed armonioso come ogni cosa che la caratterizzasse, Keir sentì che il cuore prese a battergli stranamente, quindi alzò le spalle, respingendo i confusi sentimenti che iniziavano a prender forma dentro di lui. Forse, borbottò. Ma c’è mancato poco che non perdessi un occhio.

    Quel commento la spinse a scrutarlo più da vicino, così che fece caso ai suoi occhi azzurri come il ghiaccio, pallidi al punto da risultare quasi bianchi. Questo è piuttosto arrossato, ammise. Mi dispiace se vi ho ferito gli occhi.

    Keir fu sul punto di indietreggiare di un passo allorché lei si sporse in avanti per osservare meglio gli occhi di lui, come naturalmente accade al palesarsi di qualcosa di perfetto e che ispira stupore. Chloë già lo intimoriva, capace com’era di ridestare dentro di lui sensazioni sopite senza nemmeno sforzarsi, sicché Keir non voleva avere niente a che fare

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