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Notte di nozze
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E-book219 pagine3 ore

Notte di nozze

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1814 - Simon Clare è un ricco possidente che conduce un'esistenza solitaria. Dopo un matrimonio infelice e con un figlio ammalato cui badare, l'ultima cosa di cui ha bisogno è che una donna, per giunta aristocratica, si intrometta nella sua vita. Non importa quanto sensuale sia la sua figura e quanto voluttuose le sue labbra. Phoebe Benedict, però, non si lascia scoraggiare dai modi scostanti di Mr. Clare. Sa bene, infatti, che dietro quella facciata burbera si nasconde un uomo segnato dal dolore, alla disperata ricerca di qualcuno che lo ami davvero.
LinguaItaliano
Data di uscita9 ago 2017
ISBN9788858971154
Notte di nozze
Autore

Michelle Styles

Originaria di San Francisco, California, da quando si è sposata con un inglese, nel 1988, vive nel Northumberland, a poche miglia dal Vallo di Adriano.

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    Anteprima del libro

    Notte di nozze - Michelle Styles

    1

    Ladywell, Northumberland, gennaio 1814

    «Siamo arrivati, signorina.»

    La neve turbinava intorno all’Onorevole Phoebe Benedict mentre scendeva dalla carrozza. Non i soffici fiocchi della sua infanzia a Cotswold o quelli sporchi di Londra, ma quelli che arrivavano fino alle ossa e ci restavano, freddi come il vento pungente. Phoebe, attraverso il velo bianco della neve, guardò la casa davanti a sé, grigia, severa e senza la minima traccia di una candela accesa per darle il benvenuto.

    Per la prima volta da quando aveva iniziato quel viaggio sentì svanire l’ottimismo. Lì sarebbe stata davvero sola, senza amici o familiari.

    Phoebe ricacciò i timori di fallimento in fondo al cuore. Avrebbe dimostrato alla sua famiglia di non essere soltanto capace di ricevere visite e di versare tazze di tè all’infinito.

    «Volete portare con voi questa... questa creatura?» le domandò il cocchiere prendendo un cesto di vimini dalla carrozza e guardandolo con disgusto mentre la creatura in questione lanciava dal cesto un miagolio a dir poco irritato.

    «Certamente.»

    Phoebe prese il cesto e diede un’occhiata al gattino pelle e ossa. Due occhi verdi la guardarono prima che il gatto lanciasse un altro miagolio acuto. Non voleva pensare a che cosa gli sarebbe accaduto se non lo avesse notato accanto alla madre morta, solo e senza amici.

    «Ho rifiutato di lasciarlo morire nel freddo della locanda e non lo abbandonerò di certo ora.»

    «Non ho idea di quello che Mr. Clare dirà del gatto. Non ci sono animali domestici in casa, adesso che Miss Diana, intendo dire Lady Coltonby, se n’è andata con il suo terrier. Ve l’avrei dovuto dire prima che a Mr. Clare non piacerà.»

    «I gatti possono essere utili in ogni casa» replicò Phoebe mettendosi il cesto sotto il braccio.

    Chi avrebbe potuto cacciare via un povero gattino? La sorella di Mr. Clare, Lady Diana Coltonby, era l’incarnazione stessa della grazia e del fascino, oltre a essere dotata di molto senso pratico. Il fratello doveva somigliarle.

    «I gatti sono utili per tenere lontano i topi e chiedono in cambio solo un po’ di cibo e un posto accanto al fuoco» aggiunse.

    «Siete più coraggiosa di me. Al padrone non piace essere contrariato.»

    «Sono sicura che capirà la situazione.»

    Il cocchiere scosse il capo. «Mr. Clare mi aveva dato ordine di tornare con Miss Diana o di non tornare affatto. Forse avremmo fatto meglio a rimanere a Londra.»

    «Lady Coltonby mi ha detto di consegnargli la lettera che gli ha scritto» ribatté Phoebe indicando la propria valigia. «Sosteneva che basterà a spiegargli la situazione, e Lord Coltonby era d’accordo con lei. Mr. Clare ha bisogno di qualcuno che lo aiuti con suo figlio, e io sono qui con questo compito.»

    «Io non lo contrarierei, e di certo non per un gattino che sarebbe morto comunque. Voi non lo avete mai visto arrabbiato.»

    «Bisogna fare il proprio dovere. Dovevo salvare il gattino, che è ancora vivo e non è detto che morirà.»

    Phoebe avrebbe fatto il proprio dovere, che andava ben al di là della salvezza della bestiola. Avrebbe dovuto affrontare Mr. Clare e dirgli che sua sorella non sarebbe tornata nel Northumberland, contrariamente a quanto le era stato chiesto. Mr. Clare avrebbe dovuto accettare la situazione.

    Una ventata gelida investì Phoebe, facendola arretrare. Con una mano tenne il cappellino in testa e con l’altra la valigia. Con il cesto sotto il braccio si avviò verso la casa. In quel momento la porta si spalancò e apparve un uomo alto, con una lanterna in mano.

    «Sei tu, Diana? Te la sei presa comoda. Vieni dentro a scaldarti, ti buscherai un malanno con questo freddo polare.»

    «Sono Miss Phoebe Benedict. La Contessa di Coltonby mi ha mandato in sua vece.» Phoebe cercò di avanzare, ma non era facile camminare nella neve. «Ho una lettera per voi.»

    «John? Diana è venuta, non è vero? Ti avevo mandato a prendere mia sorella, non un’estranea qualunque.»

    «No, Mr. Clare. Ho portato la signorina per espresso desiderio di vostra sorella. Non è colpa mia.»

    «Riportala subito indietro» ordinò Mr. Clare abbassando la lanterna che illuminò il suo viso.

    Phoebe trattenne a stento un grido quando vide com’era ridotto il viso di Mr. Clare. Metà del suo volto era ustionato, su un occhio aveva una benda e i suoi capelli erano molto più lunghi di quanto avrebbero dovuto essere. Si era aspettata di incontrare un uomo civile, invece aveva davanti una specie di selvaggio.

    «Ti avevo mandato a prendere Diana, solo lei può aiutarmi! Non ho tempo da perdere con un’estranea.»

    Si girò per rientrare e chiudere la porta. In un attimo tutte le speranze di Phoebe sarebbero andate perdute, sarebbe dovuta tornare da sua cognata e ammettere che aveva fallito, che non avrebbe dovuto nemmeno tentare. Non poteva farlo dopo tutto quello che la terribile Sophie le aveva detto, quando aveva tentato di salvare James dal suo destino. Come avrebbe potuto condannare il suo fratellastro a finire in prigione per debiti, solo perché si era spaventata vedendo un uomo con il viso ustionato?

    Phoebe si fece forza.

    «Ho una lettera per voi, da parte di Lady Coltonby, che vi spiegherà ogni cosa» disse con decisione perché non lui sparisse in casa e chiudesse la porta.

    «E chi sareste voi?»

    «Phoebe Benedict» ripeté lei. «Sono una cugina di secondo grado di Lord Coltonby.»

    «E perché mai Diana avrebbe mandato voi, per tutti i santi del Paradiso? Perché dovrebbe impormi la vostra presenza? Mia sorella sa qual è il suo dovere. Quando avrete finito di guardarmi a bocca aperta finalmente ve ne potrete andare.»

    Phoebe rimpianse di avere mostrato stupore nel vedere il suo viso. Non era affar suo il destino di quell’uomo, ma la riguardava quello di James. Aveva accettato quel lavoro per il denaro che Lord Coltonby le aveva promesso. I Benedict adesso erano poveri, ma non avrebbero mai accettato la sua carità.

    «Ho una certa esperienza con la scarlattina; il più giovane dei miei fratellastri la contrasse diversi anni fa. Lady Coltonby pensava che fossi adatta a occuparmi di vostro figlio.»

    Phoebe decise di ignorare il modo sprezzante in cui lui la stava guardando. Anche lei poteva essere irremovibile e lo fissò dritto negli occhi. Qualcosa cambiò nello sguardo di Mr. Clare e allora lei capì di avere ottenuto una piccola vittoria.

    «Miss... Miss Benedict, capisco, ma avevo mandato a prendere mia sorella. Perché non è venuta? Perché suo marito non l’ha mandata? Jenkins! Jenkins! Dov’è il maggiordomo? Quando ho bisogno di lui, non c’è mai.»

    «C’è qualche problema, Mr. Clare?» chiese un uomo alto apparendo alle sue spalle. «E Miss Diana dove si trova? Mi è parso di sentire il rumore di una carrozza.»

    «Lord Coltonby non ha voluto che partisse e invece mi ha inviato questa persona» rispose Mr. Clare indicando Phoebe con il suo bastone. «Ancora una volta mio cognato ha mandato il mio mondo a gambe all’aria.»

    «Lord Coltonby mi ha detto che avrei dovuto informarvi chiaramente che lui si era opposto al mio viaggio» dichiarò con calma Phoebe.

    E adesso ne capiva bene le ragioni.

    «Pensava che fosse una perdita di tempo, con un testone come voi. Sono le sue esatte parole, non le mie. E, scusatemi, mi ha detto di riferirvele.»

    «Sono abituato al modo di esprimersi di mio cognato. Continuate pure.»

    Phoebe cercò di non badare all’espressione infuriata di Mr. Clare. Non poteva permettersi il lusso di fuggire, in gioco c’era molto di più del suo orgoglio.

    «Lady Coltonby diceva invece che voi avreste compreso, solo per questo Lord Coltonby ha accettato di mandarmi.»

    «Perché non ha mandato Rose, la sua cameriera? Lei conosce Robert.»

    «Non vorrei discutere in una tempesta di neve le ragioni per cui Lady Coltonby è rimasta a Londra. Posso entrare a scaldarmi?» chiese Phoebe facendosi avanti. Aveva gelati i piedi e le mani e Mr. Clare non poteva essere un tale mostro da chiuderle la porta in faccia dopo il viaggio che aveva fatto.

    «Il vostro cocchiere e io siamo venuti direttamente da Londra, solo con una breve sosta per cambiare i cavalli. Sono morta di stanchezza. Lord Coltonby aveva detto che mi sarei potuta riposare a casa sua se, come prevedeva, aveste rifiutato di ricevermi.»

    «Entrate, non darò a mio cognato la soddisfazione di avere indovinato» le disse Clare tornando in casa. «Domani mattina potrete tornare a Londra e informarlo che voglio mia sorella. Ma che non si dica che Simon Clare rifiuta ospitalità in una notte come questa.»

    «Non vorrei essere al vostro posto» le confidò il cocchiere sottovoce. «È da anni che non lo vedevo così in collera.»

    «È deluso perché non è arrivata sua sorella. Capirà quando gli darò la sua lettera.»

    «Domani mattina presto sarò pronto alla partenza. Adesso porto a riposare i cavalli, o non ce la faranno a ritornare indietro.»

    «Ho dato a Lady Coltonby la mia parola che avrei assistito suo nipote. L’atteggiamento di Mr. Clare non fa altro che rendermi ancora più determinata.»

    «Come ho già detto, domani mattina presto sarò pronto alla partenza» tagliò corto il cocchiere toccandosi il cappello e cominciando a portare via i cavalli.

    Phoebe andò a testa alta verso la casa, ma adesso anche la vecchia carrozza le sarebbe sembrata più accogliente.

    Quando varcò la soglia chiuse per un attimo gli occhi, per godersi il calore che regnava all’interno. Sentì un colpo impaziente di tosse, li riaprì e vide che Simon Clare la guardava, furioso. Doveva essere stato un uomo attraente, una volta, ma adesso metà del suo viso era ustionato e aveva una ciocca bianca fra i capelli. Si appoggiava al bastone come se gli dolesse un fianco. Con quella benda sull’occhio, più che un selvaggio, le sembrò un pirata.

    «Mi avete detto che mia sorella vi ha dato una lettera» le ricordò tendendo la mano.

    Phoebe gliela consegnò. Mr. Clare la lesse nel silenzio rotto solo dal ticchettio di un orologio. A ogni ticchettio le speranze di Phoebe si affievolivano. Non sarebbe mai riuscita a convincerlo e non sarebbe dovuta nemmeno venire da lui. Cercò di pensare alle parole da dire a sua cognata per ottenere il suo perdono. Il suo sogno di indipendenza svaniva sul nascere.

    Cercò di rimanere impassibile per non dare al pirata la soddisfazione di vederla piangere.

    «Come vedete, Mr. Clare, è tutto come vi ho detto.»

    Lui la guardò cercando di controllare la propria irritazione. Il mantello che lei indossava era di buona qualità ma un po’ troppo consumato. Il cappellino non sembrava dei migliori, ma il suo modo di parlare era da persona istruita e bene educata. Non era una cameriera, lo fissava a testa alta e senza timore.

    Perché sua sorella le aveva mandato quella donna, quando le sue istruzioni erano state precise? Nella lettera gli aveva scritto di essere impossibilitata a venire e aveva aggiunto che Miss Benedict era una persona di grandi capacità.

    Diana avrebbe capito in un attimo che cosa fare con suo figlio Robert, tutto sarebbe andato a posto se ci fosse stata lei. Invece aveva rifiutato la sua semplice richiesta e le aveva mandato quella specie di arpia, la cugina di suo marito.

    «Perché ha mandato voi?»

    «Lady Coltonby mi ha assicurato che vi avrebbe spiegato ogni cosa nella sua lettera.»

    Simon guardò il soffitto cercando di non perdere il controllo. Detestava essere infermo, detestava essere costretto a chiedere aiuto, ma soprattutto non poteva sopportare che sua sorella lo avesse abbandonato per il marito e per le luci della capitale. Perfino la sua lettera non era altro che un breve messaggio, un solo foglio che ripiegò e si mise in tasca.

    «Mi chiedo che cosa mia sorella non abbia capito nella lettera che le avevo scritto.»

    «Vostra sorella ha detto che sareste stato contrariato, ma che, alla fine, avreste compreso le sue ragioni» gli spiegò con calma l’arpia togliendosi il cappellino e il mantello e consegnandoli a Jenkins.

    Simon vedendola senza mantello cambiò opinione. Non era un’arpia ma una donna. Non più giovanissima ma comunque di una bellezza radiosa. Il suo vestito era senza forma, tuttavia poteva intuire che era ben fatta, con la vita affusolata, il seno generoso e le gambe lunghe. Era peggio di quanto aveva pensato. Non un’arpia, ma un’ex debuttante giunta dal Sud.

    Che cosa era venuto in mente a Diana di mandarla da lui? Londra le aveva fatto perdere il senno?

    «Vorrei sapere quali sono i termini per cui avete accettato di venire qui» le disse mentre andavano in salotto.

    Le braci nel caminetto si stavano spegnendo, tuttavia la stanza era ancora piacevolmente calda. Phoebe andò a scaldarsi le mani, mentre i riflessi del debole fuoco le illuminavano i capelli dorati e le colorivano le gote.

    Una donna così sarebbe stata bene in un salone da ballo, non nella casa di un malato.

    «Non mi avete risposto, Miss Benedict. Perché avete accettato di venire? E perché mia sorella ha mandato proprio voi?»

    Lei lo guardò con i suoi occhi grigi come l’acciaio.

    «Ho preso accordi con Lord e Lady Coltonby. Non dovete preoccuparvi di nulla, nemmeno del mio compenso.»

    «Non è il denaro che mi preoccupa. È la reazione di mio figlio. Vuole sua zia.»

    Simon cercò di non pensare ai capricci sempre più frequenti di Robert e all’esasperazione dell’infermiera che si occupava attualmente di lui. Aveva contato i minuti che lo separavano dal momento in cui avrebbe rivisto la zia, proprio come un tempo faceva con Jayne, sua madre, prima che morisse.

    «Robert ha una personalità molto forte.»

    «Sarà un piacere conoscerlo. Vostra sorella mi ha parlato di lui con molto affetto.»

    «Perché mia sorella non può viaggiare? È malata? In pericolo di morte?»

    Prima Jayne, adesso Diana. Quanti altri parenti avrebbe perso? Coltonby era in grado di occuparsi di sua sorella?

    «Non preoccupatevi, vostra sorella sta bene. Londra le piace e vivere nella capitale le fa bene.»

    «Non è quello che vi chiedevo, e voi lo sapete.»

    Tutto era contro di lui, quel giorno, dalla tempesta di neve al caminetto che non si voleva accendere nel suo studio. E adesso le conseguenze dell’incidente dell’autunno precedente si facevano sentire. Avrebbe voluto starsene comodo in poltrona, ma non voleva mostrare quanto si sentisse debole.

    «Ditemi la verità su Diana. Che cosa mi state nascondendo?»

    «La contessa è in una condizione delicata. Il conte non vuole rischiare che perda il bambino.»

    Diana era incinta? Avrebbe dovuto immaginarlo, una preoccupazione in più per lui, tuttavia cercò di non pensarci. Diana era sempre stata di forte costituzione e avrebbe dato alla luce il figlio senza problemi. Non poteva biasimare Coltonby per averla trattenuta a Londra.

    «Dov’è la sua cameriera? Robert è molto affezionato a Rose.»

    «La cameriera di Lady Coltonby sta per sposarsi con il valletto di Lord Coltonby, perciò non è potuta venire. Non poteva neppure rimandare il matrimonio, perché suo fratello, che serve in Marina, ha una licenza molto breve.»

    Scuse, sempre scuse. Perché mai avrebbe dovuto accettare quella donna che non faceva assolutamente per lui?

    «Immagino che dobbiamo tutti arrenderci all’amore e ai suoi privilegi» commentò Mr. Clare.

    «Tutti erano convinti che voi avreste capito che era la soluzione più logica.»

    «Nessuno si è preso la briga di consultarmi.»

    «La vostra lettera diceva che avevate urgente bisogno di aiuto. Ho

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