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Un bancario scomodo
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E-book256 pagine3 ore

Un bancario scomodo

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Info su questo ebook

Il complicato mondo della banca non è caratterizzato da denaro, strutture o cervellotiche alchimie finanziarie ma dal patrimonio umano che in esso opera.
Le persone sono il punto fondamentale e cruciale di questa realtà.
Quando uomini e donne, con elevate potenzialità, non si accontentano di vivere la burocratica attività lavorativa cominciano i problemi. Il quel preciso momento questi individui diventano mine vaganti, schegge impazzite fuori controllo e non ci sono più limiti alla loro fantasia e "genialità". La loro lucida intelligenza crea ambiziosi progetti e subdole macchinazioni con esiti imprevedibili.
Ed è proprio di questo mondo che questo romanzo parla...
LinguaItaliano
Data di uscita2 feb 2021
ISBN9791220259026
Un bancario scomodo

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    Un bancario scomodo - Giampaolo Creazza

    XXII

    Capitolo I

    Il dottor Piazza parcheggiò il suo SUV nero nel parcheggio riservato alla clientela della Banca Popolare del Verbano a Intra. Sapeva che la direzione non gradiva che i dipendenti parcheggiassero lì, ma, visto che tutte le volte che da Gallarate veniva in sede aveva difficoltà a trovare un parcheggio comodo, bellamente se ne fregava. Il fatto inoltre che il direttore generale e il vice direttore generale fossero suoi amici confortava ancora di più la sua scelta. Attraversò velocemente piazza Aldo Moro, fece i pochi gradini ed entrò nel palazzo della banca, non aveva voglia di entrare dall’ingresso riservato al personale. Con il badge aprì la pesante porta di vetro che conduceva allo scalone di marmo che portava al piano superiore dove era posizionata la direzione generale. Fece i gradini a due a due e in breve si trovò a imboccare l’elegante corridoio di parquet chiaro. Sbuffò un attimo perché, pur essendo ancora abbastanza in forma, non era più giovanissimo. Percorse a passi rapidi il corridoio principale, aprì la porta che immetteva in un corridoio di servizio e si presentò alla porta dell’ufficio del Vice Direttore Generale. Attraverso la porta vide il dottor Nicora che stava lavorando chino su una pratica di fido.

    «Buongiorno… Roberto.» esordì. Nicora alzò di scatto la testa sorpreso dal suono della voce. Appena riconobbe il nuovo arrivato, il suo viso si illuminò di un ampio sorriso. Per lui era sempre un piacere rivedere il collega, erano cresciuti assieme ed erano amici. Le loro strade si erano divise poi, i casi della vita sono imprevedibili, si erano ritrovati, forse un po’ invecchiati, alla Banca Popolare del Verbano.

    «Ciao Giancarlo, che fai da queste parti?» rispose alzandosi e tendendogli la mano.

    «Sono a rapporto dal capo. Mi ha detto di venire su al più presto, ma non mi ha voluto anticipare nulla. Tu ne sai niente in proposito?»

    «Mi ha accennato vagamente a un problema, ma mi ha detto che ne avremmo parlato più diffusamente quando saresti arrivato. Mi spiace, ma più di così non ti so dire…»

    «Vorrà dire che lo chiederemo direttamente a lui… Vieni anche tu? »

    Nicora fece un cenno di assenso e si apprestò a uscire dall’ufficio. Percorsero il breve tratto fino all’ufficio del direttore, Nicora dopo aver bussato, senza attendere risposta, entrò e si rivolse al dottor Alberti:

    «Luca, guarda chi ti ho portato questa mattina…». Questi alzò lo sguardo dal giornale che stava leggendo, li guardò, sorrise e con un tono ironico:

    «Guarda guarda, il gatto e la volpe… Buongiorno… Accomodatevi…». Piazza a sua volta salutò con un ampio sorriso. Alberti indicò loro il tavolo in fondo al suo ufficio e si apprestò a seguirli. Non perse l’occasione per una piccola frecciata al collega. Piazza era solito lamentarsi tutte le volte che, per varie ragioni, doveva lasciare il suo ufficio di Gallarate e venire a Intra, motivo per cui si rivolse a lui così:

    «Il viaggio è andato bene? O è stato troppo impegnativo?».

    «Sì, direi che il viaggio è andato bene; ma non potevamo risolvere la questione con una telefonata, senza tante storie? Era proprio necessaria la mia presenza qui? », in effetti, non si smentiva mai.

    «Piantala di lamentarti sempre, se continui così, un giorno o l’altro trasferisco tutto il tuo ufficio qui… Comunque scherzi a parte è una questione delicata che preferirei discutessimo insieme. Nel frattempo, lo volete un caffè?».

    La mattina, una proposta del genere non si rifiuta mai. Mentre loro prendevano posto, Alberti chiamò la segretaria pregandola di portare tre caffè. Rapida ed efficiente Cristina Terzi apparve con un lucido vassoio di acciaio su cui erano adagiate tre tazzine e una zuccheriera di ceramica. Alberti ringraziò e lei silenziosamente scomparve. Bevvero il caffè e Alberti si accese una sigaretta; gli altri non fumavano ma ormai sapeva che loro erano abituati a sopportare questo suo vizio. Spostarono il vassoio e questo fu il segnale che si cominciava veramente a lavorare.

    Guardavano interrogativi Alberti in attesa che si decidesse a parlare, e finalmente cominciò: «Vi ho chiamati perché penso ci sia un problema serio sulla sede di Legnano. La Vigilanza Crediti mi ha evidenziato l’andamento irregolare di un certo numero di mutui. Ci sono questi mutui che hanno dei comportamenti omogenei per blocchi. Mi spiego meglio: un’ottantina di questi, tutti dello stesso importo, sono stati erogati nell’arco di un paio di giorni. Poi, ancora una quarantina, anche questi tutti uguali, sono stati erogati tutti insieme un altro giorno. L’ultimo blocco anche questo di importi uguali erogati nell’arco di due giorni. Bene, se pagano, pagano tutti lo stesso giorno, se invece non vogliono pagare si bloccano tutti. Abbiamo visto fasi alterne, periodi di rate in sospeso e poi momenti in cui venivano regolarizzati. In questo periodo, non stanno pagando ed hanno già raggiunto tre rate morose ognuno. La faccenda appare particolarmente delicata perché queste operazioni sommano, euro più euro meno, circa venti milioni. Visto che non sono noccioline, vorrei capire meglio la situazione e voi dovreste aiutarmi. Beh, che ne dite?»

    Nicora scosse la testa perplesso e disse:

    «Bella storia! Hai ragione, ci sono dei punti che destano qualche perplessità. Se serve, io sono a disposizione… comunque, ora capisco perché hai chiamato Giancarlo. Mi sembra la persona adatta per fare chiarezza.».

    Il dottor Piazza si rivolse ai colleghi con aria poco soddisfatta e fece una smorfia. Li guardò, erano i suoi amici di sempre, forse un po’ invecchiati… qualche capello in meno, qualche chilo in più… ma per il resto… Luca grande fumatore, nervoso e intuitivo, Roberto sembrava sempre abbronzato, grande sorriso luminoso e aria da professorino, tutti e tre avevano i baffi… Strana coincidenza. Smise di osservarli e intervenne: «No scusate, avete sbagliato se pensate di poter girare a me questa patata bollente. Proprio non si siamo capiti, d’accordo? Tu Luca mi hai fatto venire dal Sanpaolo per organizzare il comparto mutui, ma non era nei piani che dovessi fare l’ispettore. Lo sai benissimo che non è il mio mestiere! Mi spiace, se posso essere utile volentieri, ma non è una cosa che io posso fare. Poi, in che modo mi presento a Legnano per fare delle verifiche? Su ragazzi, siamo seri!»

    I colleghi non si stupirono dalla sua risposta, lo conoscevano, erano certi che avrebbe reagito in quel modo. Una certa vena di polemica era insita nella sua natura.

    «D’accordo» riprese Alberti «non sei un ispettore… Ma la tua esperienza ci serve per avere un quadro preciso della situazione. Non c’è problema, vediamo di trovare una soluzione che funzioni. Hai qualche idea?»

    Piazza sbuffò, in qualsiasi modo si sviluppasse l’iniziativa, non gli piaceva, cercò di prendere tempo mentre pensava a una soluzione ma si stava rassegnando all’idea che ormai lo avevano incastrato. Con un tono vagamente petulante riprese: «Non ricordo bene chi è il direttore di Legnano. È per caso quello stronzo di Farioli… l’amico del tuo predecessore, di Donati insomma?»

    Luca fece un cenno di conferma e Piazza continuò: «Allora non mi stupisco di nulla, con un soggetto di questo genere può succedere di tutto… Ma proprio di tutto. A questo punto, se proprio non riuscite a lasciarmi fuori, dobbiamo trovare un modo adeguato per muoverci. Non possiamo non partire da un’ispezione… Sì, ma fatta da un ispettore vero! Potremmo fare così, se voi siete d’accordo, lui e i suoi uomini ci mettono la faccia, com’è giusto, e io, se volete, faccio le verifiche per capire che cosa ci sta sotto. Che ve ne pare?».

    Non era entusiasta, ma che cosa ci poteva fare? Qualche favore forse glielo doveva!

    Parvero soddisfatti, l’idea poteva anche andare, bisognava solo organizzarsi. Alberti riprese:

    «Bene, vedi che quando vuoi quei due neuroni che ti sono rimasti a qualcosa servono! Coinvolgiamo il capo dell’Internal Audit e con lui concordiamo come muoverci, va bene così o hai altre obiezioni?»

    «D’accordo, fatemi sapere…» cercò di chiudere il discorso con aria rassegnata e fece per alzarsi.

    «Calma, calma… Non pensare di potertene andare prima di aver stabilito il piano di lavoro. Adesso chiamiamo subito Giannone e con lui vediamo come muoverci.»

    Piazza confermò che andava bene, d’altra parte non si poteva fare diversamente. Nicora telefonò al capo degli ispettivi pregandolo di raggiungerli al più presto. Nel giro di pochi minuti bussò alla porta dell’ufficio. Lo fecero accomodare e si sedette al tavolo con loro. Circospetto e abbastanza prevenuto, erano tutti colleghi che venivano da altre banche e li sentiva ancora come intrusi, restò in attesa di capire che cosa volessero mai da lui. Non li amava ed era certo che avrebbero trovato un modo per interferire con la sua attività. Finalmente Alberti, cominciando a parlare, interruppe la sua attesa nervosa:

    «Caro Giannone, penso che i tabulati che estraggono i colleghi della Vigilanza oltre che a me vengano anche a te per conoscenza.» Non attese conferma e proseguì: «Mi sto preoccupando per una serie abbastanza ampia di mutui su Legnano…».

    Alberti dettagliò i suoi dubbi e quanto aveva già esposto ai colleghi, a mano a mano che procedeva l’esposizione, Giannone cominciava a rilassarsi, non vedeva nulla di particolare quindi il suo intervento era opportuno e sembrava anche non ci fossero altre finalità, tutto nella norma. Comprese perfettamente il messaggio e le modalità di intervento quindi fu facile accordarsi con Piazza su che cosa cercare e quale documentazione acquisire. Ritenne non particolarmente invasivo l’intervento del collega, anzi certi approfondimenti fatti da lui potevano essere utili. Non ci volle molto, tutti sembravano concordare sulla linea d’intervento e anche lui, a questo punto, era pronto a fare la sua parte. Pensò solo che l’impegno che stavano per affrontare non sarebbe stato agevole. Una volta, quando c’era il vecchio direttore, era tutto più semplice. Le ispezioni di allora erano delle formalità, non bisognava far perdere troppo tempo alle filiali e se poi c’era veramente un problema era Donati stesso che, nei limitatissimi casi verificatisi, si incaricava di sistemare la situazione. Ora tutto era diverso, nuove modalità, più burocrazia, certe volte sembrava di essere in un ministero… D’altro canto i tempi cambiano e bisogna adeguarsi… Non c’era altro da fare. Chiusero la riunione, ormai Giannone e Piazza avevano le idee chiare, ognuno sapeva perfettamente che cosa avrebbe dovuto fare.

    Capitolo II

    Giannone non amava guidare e soprattutto non amava la zona del milanese: per lui che veniva dal lago erano zone squallide e tristi e quando ci doveva andare per lavoro lo faceva, ma ci andava malvolentieri. Quel giorno aveva lasciato che fosse Mandelli a guidare fino alla sede di Legnano, obiettivo della loro ispezione. Giannone non aveva dato particolari spiegazioni, per il suo collega doveva trattarsi di un’ispezione normale, un intervento di routine. Quando furono abbastanza in zona, telefonò al responsabile amministrativo affinché provvedesse ad aprire il cancello che conduceva al tunnel dei box sotterranei, dove la banca aveva alcuni posti auto a disposizione. Quando arrivarono, andarono diretti, ringraziando per quella possibilità perché, tutto attorno alla loro moderna sede, i parcheggi erano abbastanza scarsi. Parcheggiata l’auto, tornarono a livello strada e si apprestarono ad entrare. Le porte automatiche antirapina erano una seccatura perché tutte le volte diventava un problema entrare con una borsa o con un cellulare. Per fortuna questa volta, visto che si erano annunciati, al loro arrivo le porte furono sbloccate e fu semplice entrare. Appena dentro furono accolti dal solerte capo salone che era lì ad attenderli. Salutò i due nuovi arrivati e, anche se sapeva chi erano e che cosa potessero volere, chiese loro come poteva essere utile. Lo pregarono di accompagnarli dal direttore. Li guidò attraverso la sede e li annunciò a Farioli, il quale senza troppo entusiasmo disse di farli accomodare. Sapeva che gli ispettori portavano solo grattacapi. Sperò ardentemente che venissero a fare ispezione alle casse contanti e non al resto. Vedendoli entrare si alzò. Vide la propria immagine, alta e massiccia riflessa nel vetro della libreria sulla destra dell’ufficio, che tendeva la mano ai due colleghi. Come estraniato dalla scena sentì la propria voce che, innestato il pilota automatico, in tono cortese e mellifluo diceva: «Buongiorno signori, benvenuti, è un piacere vedervi. Accomodatevi. A che devo l’onore della vostra visita?»

    Giannone sapeva perfettamente che, nonostante le dimostrazioni di amicizia e affabilità, nessuno era contento di ricevere la sua visita. Quel modo di comportarsi era una consolidata ipocrisia, anch’egli si era adeguato quindi rispose con lo stesso tono amichevole: «Caro Paolo è il dovere che ci porta in questa filiale. Un’ispezione di routine, nulla di particolare. Qui c’è la lettera di comunicazione di avvio ispezione. Tutto secondo la tradizione.»

    Mentre parlava consegnò una busta bianca indirizzata al direttore della filiale di Legnano.

    Farioli la prese e, più per cortesia che per curiosità, estrasse il foglio in essa contenuta. Lesse velocemente il testo, le parole fatidiche apparvero subito ai suoi occhi: ispezione crediti. Purtroppo non era una questione amministrativa come sperava. Peccato! La faccenda era meno simpatica del previsto. Comunque fece buon viso a cattiva sorte. Con le solite frasi di rito, offrì disponibilità e collaborazione. Giannone le incassò esprimendo soddisfazione, il teatrino stava continuando secondo copione. Gli ispettori, finiti quindi i convenevoli, chiesero un ufficio per poter svolgere il loro lavoro. Farioli chiamò un collega e lo incaricò di provvedere alle loro necessità. Giannone ringraziò e uscì seguito da Mandelli.

    Per queste circostanze era sempre disponibile un salottino, gli ispettori ne presero immediato possesso.

    Il direttore appena rimasto solo, chiamò subito a voce alta il vice direttore perché aveva fretta, il telefono gli sembrava uno strumento troppo lento per le sue necessità. Anzini si presentò appena possibile, era abituato ai modi sbrigativi del superiore. Non era un tipo troppo agitato, prendeva tutto con una certa flemma come se gli eventi fossero frutto di un destino ineluttabile. Di mezza età aveva un aspetto pacioso, capelli radi di un castano chiaro, occhi sfuggenti nascosti sotto due lenti abbastanza spesse. Era facile trovare sul suo viso un sorriso canzonatorio che spesso accompagnava battute spiritose e un tono leggermente smargiasso. Nel complesso un buon diavolo, come si sarebbe detto una volta.

    Guardò il suo capo e la domanda scritta sul suo viso era particolarmente evidente. Farioli si sentì in dovere di rispondergli: «Abbiamo visite! Giannone e Mandelli, ispezione crediti. Bella rottura di coglioni! Come siamo messi? Abbiamo molte posizioni fuori posto? Ce n’è qualcuna di cui dobbiamo preoccuparci in modo particolare?"

    Il collega rimase pensieroso per alcuni secondi poi, dopo una scrollata di spalle, rispose: «Non mi sembra nulla di tragico. I soliti quattro sconfinati, qualche supero di anticipi sul portafoglio ma per il resto… Ecco, forse, il problema potrebbe essere costituito da quel blocco di mutui che attualmente non sono aggiornati con i pagamenti. Sono un po’ numerosi, potrebbe essere una situazione che salta all’occhio, poi abbiamo la solita immobiliare Fiordaliso che bene conosci. Se riuscissimo a far sistemare le rate in sospeso, penso che potrebbero, rientrando nella normalità, essere depennati dalle verifiche. Puoi fare qualcosa in proposito?»

    Farioli assentì in silenzio, lo sapeva anche lui che il problema c’era. Anzini aveva ragione bisognava fare un intervento, comunque rispose: «Sì, penso tu abbia ragione, dobbiamo metterli a posto al più presto. Tu nel frattempo stai vicino agli ispettori, dagli tutto quello che chiedono… Se però chiedono dei mutui, prendi tempo fino a quando li ho fatti sistemare. Ci siamo capiti? Adesso vai e controlla quello che fanno… Poi fammi sapere.»

    Anzini senza aggiungere altro fece un cenno di conferma e si avviò verso il salottino per svolgere il suo incarico. Bussò alla porta e appena gli risposero entrò. Con il tono più naturale e amichevole esordì: «Buongiorno… Mi ha detto il capo che per qualche giorno starete con noi! Bene, spero vi stiate organizzando… Se avete bisogno non fatevi scrupoli, chiedete pure. I colleghi della segreteria a volte sono leggermente imbranati, quindi meglio se venite direttamente da me. Bene, allora, vi lascio e vi auguro un buon lavoro».

    Gli ispettori ringraziarono e confermarono che avrebbero fatto riferimento a lui. Il vice direttore uscì soddisfatto.

    Rimasto solo, Farioli non poté trattenere un paio di imprecazioni. Ci mancavano anche gli ispettori! Proprio adesso che stavano per chiudere il discorso e farla finita! In questo modo le cose si complicavano, cazzo, doveva trovare una soluzione provvisoria per mettere tutto a tacere e non avere complicazioni. Decise di chiamare Donati. Uscì dalla banca. Era meglio che non ci fossero orecchie indiscrete. Accese una sigaretta e prese il suo telefonino personale, formò il numero, qualche squillo poi la risposta. Farioli partì velocemente a parlare: «Ciao Enrico, abbiamo un problema! Ho qui gli ispettori e come sai quelle posizioni, oggi, non sono regolari. Dobbiamo mettere tutto a posto per sperare che non vengano sollevati rilievi, ciò ovviamente per poter concludere l’ultima tranche e finire. Devi far arrivare subito dei soldi. Per pagare le rate arretrate ci vogliono, compresi gli interessi di mora, circa quattrocentomila euro. Sono stato chiaro?»

    Donati ascoltò in silenzio, poi rispose con calma: «Paolo, stai tranquillo, non ti agitare, è tutto sotto controllo. Se per poter portare a buon fine il progetto dobbiamo fare quel versamento, non c’è problema. Per domani avrai i soldi. Non ti preoccupare siamo seri, noi le promesse le manteniamo, quello che si deve fare lo facciamo. Quindi, ripeto, stai tranquillo! In futuro, non mi chiamare, ti chiamo io. Ti saluto». Chiuse la telefonata senza che Farioli potesse aggiungere una parola. Pensò che Donati, nonostante non fosse più il Direttore della Banca Popolare del Verbano, continuava a comportarsi come tale. Forse ancora peggio perché oggi non aveva più la facciata ufficiale da mantenere. Sperando che le promesse non fossero solo parole, spense la sigaretta e rientrò in ufficio di pessimo umore. Si rassegnò al fatto che per il momento non poteva fare assolutamente nulla, non poteva che aspettare.

    Nel frattempo Giannone e Mandelli si erano organizzati. Avevano preso possesso dell’ufficio e avevano collegato alla rete i propri portatili. Con molta naturalezza gli ispettori avevano cominciato a richiedere un certo numero di pratiche da visionare. Anzini non rimase stupito dall’elenco dei nominativi, era esattamente quello che si era immaginato. Pensò che gli ispettori sono dei soggetti assolutamente prevedibili. Era certo che se i famosi mutui non fossero stati regolarizzati nel giro di un paio di giorni, anche questi sarebbero ricaduti nella verifica. Per il momento era meglio non pensarci, avrebbe affrontato il problema al momento opportuno.

    Con la consegna della prima documentazione Giannone incaricò il collega Mandelli di espletare le formalità di prassi. Lui, invece, senza esplicitare in modo chiaro il suo lavoro, cominciò ad appuntare la propria attenzione su quel maledetto stock di mutui. Decise di effettuare le prime verifiche in modo riservato, per il momento era meglio non far trasparire l’obiettivo delle sue verifiche. Lavorò in modo intenso, fece una serie quasi interminabile di controlli e di approfondimenti. Dovette dare atto che il dottor Alberti aveva visto giusto, stavano emergendo degli elementi decisamente preoccupanti. Cominciò a predisporre un piccolo archivio elettronico che avrebbe poi trasmesso a Piazza con il resto della documentazione che gli aveva richiesto.

    Capitolo III

    Erano trascorsi circa quindici giorni dall’incontro a Intra con la direzione quando la mattina il dottor Piazza, esaminando la posta in arrivo al Centro Mutui a Gallarate, notò la presenza di tre grossi faldoni di cartoncino color blu tenuti insieme da un paio di grossi elastici. Erano zeppi di documenti ed erano accompagnati da un semplice foglio di carta su cui era scritto a mano: appena li ricevi chiamami. Giannone. Piazza li prese e, sbuffando, li portò nel suo elegante ufficio in fondo al corridoio di marmo grigio. Li depose pesantemente sulla scrivania e tolse gli elastici. Ogni faldone aveva una etichetta adesiva bianca su cui campeggiavano dei nomi: Teglio, Milano, Olbia. Ne aprì uno, giusto per

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