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Imperfetta
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E-book99 pagine1 ora

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Info su questo ebook

La vita interiore è un eterno conflitto che impone un costante esercizio di equilibrio per bilanciare pulsioni, regole del vivere sociale e il rischio di sanzioni punitive.
Eugenia è pigra, apatica, non riesce a conservare un lavoro. La sua identità dispersa si trascina nella vita come un naufrago e chi la conosce parla di lei con un senso di rassegnazione e sconfitta. Queste voci suonano alle sue orecchie come una sentenza ma costituiscono anche una scusa per non cambiare.
La sua rivalsa nei confronti del mondo, verso cui si sente perennemente in credito, nasce dal colloquio con uno specchio impietoso e dall’impulso di punire chi le porge una mano, perché colpevole del peggiore di tutti i reati: la vanità.
LinguaItaliano
Data di uscita5 feb 2021
ISBN9791220260381
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    Anteprima del libro

    Imperfetta - Nena Etturi

    dell’editore

    1

    Eugenia corre veloce, con tutta l’energia che ha in corpo.

    Sente il rumore delle scarpe da ginnastica sull’asfalto e percepisce la fatica e la rigidità delle gambe abituate a una camminata lenta e cadenzata, come la sua vita, che si dipana svogliata fra le incertezze e i non ce la faccio.

    Lo sguardo dritto avanti a sé, la frangetta che sbatte sulla fronte a ogni passo, tutto le sfreccia intorno incolore e informe al ritmo del suo respiro affannato.

    I suoi movimenti sono scoordinati, butta in avanti le gambe come se stesse calciando un pallone, la testa leggermente piegata all’indietro, le braccia che sbattono ai lati come quelle di un burattino senza fili.

    Qualcosa attira la sua attenzione e la distoglie dalla corsa forsennata, dalla stanchezza e dal sudore che le avviluppa il corpo. È il cartello della metropolitana, il suo traguardo.

    Attraversa la strada, ancora poche falcate e potrà scendere le scale che la separano dal primo treno verso la periferia. Si immagina seduta al bar del quartiere a bere qualcosa di forte per calmarsi e riprendere il controllo, con i soliti balordi che giocano a biliardo e imprecano fra una birra e un whisky. Questo pensiero le offre un’ombra di conforto ma, proprio quando la sua corsa è alle ultime battute, un SUV sbuca veloce dall’oscurità e la travolge in pieno scaraventandola dall’altra parte della strada. Dopo una brusca frenata il conducente, vedendo il corpo immobile riverso sull’asfalto, si dilegua sgommando.

    Due passanti assistono alla scena, si avvicinano trafelati a Eugenia e notano la pozza di sangue che si allarga sotto la sua testa. Non resta che chiamare i soccorsi.

    2

    È una mattina di febbraio come tante, l’aria pungente ma il cielo sgombro di nubi, con quella tonalità di azzurro che a Milano rende tutto meno opprimente, nonostante il traffico e il caos delle prime ore del giorno.

    Eugenia abita in un quartiere periferico in fondo a via Giambellino, che molti ricordano per la famosa canzone di Gaber sul Cerutti Gino, le cui gesta venivano raccontate dagli amici dell’omonimo bar.

    La sua è una palazzina anonima, di un giallo spento e scrostato, con una cancellata grigia che dà sul cortile di accesso alle quattro scale. Sui balconi di cemento si intravedono file di biancheria stesa, tende da sole verdi e qualche bandiera dell’Inter.

    Il suo appartamento si trova nella scala C, in fondo al cortile.

    È arredato in economia, con mobili comprati da Ikea, come la sedia a dondolo sulla quale le piace cullarsi mentre guarda la TV e la libreria di legno chiaro in camera da letto. Il resto lo ha trovato nei mercatini del quartiere e in un grande magazzino appena fuori città: un divano a due posti verde oliva, un tavolino basso e un mobiletto per la TV, collocati accanto all’essenziale angolo cottura. Eugenia non ama cucinare e spesso si serve della pizzeria all’angolo che fa anche kebab e piatti pronti. Per le emergenze può sempre contare su Deliveroo.

    La camera da letto affacciata sul cortile è piccola e poco luminosa, contiene a stento un letto e un armadio regalati da sua madre. Vi ha aggiunto un paravento in finta seta recuperato a un’asta online, fiorato e in stile orientaleggiante, dietro al quale spesso ammucchia i vestiti del giorno prima.

    Insomma, non è certo una casa calda e accogliente ma è anche vero che Eugenia non ha fatto molto per renderla tale, forse perché in quel piccolo appartamento si sente di passaggio.

    Non ha amici nella zona, conosce qualcuno di vista che incrocia occasionalmente scambiando un saluto sibilato, senza nessuna chiacchiera di circostanza. Di fronte a dove abita ci sono un cinema porno, chiuso un anno prima a seguito di un’indagine sulla prostituzione, una tintoria a gettoni e una pizzeria gestita da egiziani. Da lì in poi le case si rincorrono a perdita d’occhio nell’anonimato desolante tipico della zona.

    Questa mattina il suo sonno profondo, indotto dai farmaci che prende da quasi due anni, viene bruscamente interrotto dallo squillo del cellulare; quando vede che ci sono ben otto chiamate da parte del suo datore di lavoro le prende un colpo. Sono le dieci e avrebbe dovuto essere in ufficio da un’ora.

    Risponde con la voce impastata.

    «Che cazzo di fine hai fatto?» tuona Gerry, il titolare dell’agenzia di viaggi in cui suo padre è riuscito a farla assumere come segretaria.

    «Scusa, non ho sentito la sveglia, sono stata poco bene stanotte».

    «La solita scusa, trovane un’altra. Alza le chiappe e fiondati qui, devo uscire» dice Gerry, poi riattacca.

    Gerry non è un tipo facile ma bisogna dire che lei ci mette del suo a complicare le cose. Da qualche settimana è distratta e assonnata e combina pasticci con i clienti.

    La settimana precedente ha avuto una fastidiosa discussione con una cliente, una giovane mamma che cercava una soluzione low-cost per fare qualche giorno al mare con i bambini. Eugenia non lo aveva mai fatto prima, non sapeva quale catalogo prendere, e quella continuava a tempestarla di domande sugli orari dei treni, sulla navetta per il tragitto stazione-hotel, sulla mezza pensione o la pensione intera, sulla colazione compresa oppure no, se la spiaggia era a parte, e non ci sarà pure la caparra…. Eugenia non la sopportava più, la sua voce petulante non le permetteva nemmeno di pensare, le sue domande a raffica erano un interrogatorio di terzo grado e non faceva in tempo a trovare una risposta che quella attaccava con un’altra domanda.

    «Senta, signora, io questa notte non ho dormito, non me ne frega niente della sua vacanza, si tolga dai piedi e vada pure in un’altra agenzia, ce ne sono tante» era esplosa proprio mentre Gerry rientrava.

    Naturalmente lui era riuscito a rabbonire la signora e aveva spedito Eugenia a casa con la scusa di una commissione inesistente. Aveva preso in mano la situazione come sa fare quando lo ritiene conveniente, nonostante in altri momenti – e con altre persone – sia scostante e maleducato, quasi offensivo.

    Quell’episodio è stato lo spartiacque della sua breve esperienza presso l’agenzia, perché Gerry le ha dato un ultimatum che non lascia alternative: al primo errore, anche banale, la licenzierà.

    «Il cliente è sacro, ricordatelo sempre, stordita!» le aveva urlato contro il giorno dopo.

    Eugenia sa cosa l’aspetta appena arriverà in agenzia. Si veste in fretta e furia, prende le prime cose che le capitano a tiro ed esce di casa. In meno di mezz’ora se lo ritroverà di fronte con il solito tono sprezzante, il sorrisetto sardonico e la soddisfazione di sbatterla fuori. E questo è un enorme problema: l’affitto di tre mesi da versare al proprietario, le bollette arretrate, le visite dallo psichiatra che, per quanto le abbia concesso una tariffa vantaggiosa, data la sua situazione, non può certo farle credito. E lei ha maledettamente bisogno di andarci, i farmaci che prende non li danno senza prescrizione.

    La metropolitana è quasi vuota, riesce a trovare posto per sedersi. Sono solo poche fermate ma si sente uno straccio e le gira la testa. Di fronte a lei è seduta una donna di mezza età, parla al telefono a

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