Dal tramonto all'alba: Harmony Destiny
Di Cindy Gerard
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Info su questo ebook
John Tyler: alto, bello e con un sorriso devastante.
Il problema di John non sono di certo le donne. Col suo sex appeal e il suo carisma ben poche riescono a resistergli. È il caso di Alison, veterinaria appena giunta in città per un nuovo lavoro. Lui le ha messo gli occhi addosso dal primo momento che l'ha vista e di sicuro non si lascia scoraggiare dal primo no che lei gli oppone: la vuole fosse anche per una sola notte!
Alison Samuels: bionda, solitaria e dal fascino accattivante.
Alison ha tentato in tutti i modi di resistere alle proposte "poco decenti" di J.T., ma quello che prova quando lo ha vicino non è controllabile e passare una notte con lui sarebbe davvero allettante. Senza andare oltre, questo è certo!
Cindy Gerard
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Dal tramonto all'alba - Cindy Gerard
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Between Midnight and Morning
Silhouette Desire
© 2005 Cindy Gerard
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-714-4
www.harlequinmondadori.it
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1
Avrebbe dovuto darle una mano. Sarebbe stata la cosa giusta da fare. Ma era così divertente guardare la brava dottoressa che tentava di ridurre all’ubbidienza il vitello.
Già, la cosa giusta sarebbe stata aiutarla perché non c’erano dubbi che sarebbe finita al tappeto. Ma lei gli aveva detto di non intervenire. E il fondoschiena di Alison Samuels era un’ottima vista da dove lui si trovava. Eccezionale.
John Tyler spinse indietro lo Stetson e piazzò uno stivale impolverato sulla prima asse dello steccato del recinto. Incrociando le braccia, si dispose a osservare lo spettacolo, che prometteva di essere molto interessante.
Nonostante la costituzione minuta, la dottoressa era davvero un bel pezzo di ragazza, con i lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo che rafforzava l’aria elegante e professionale. Almeno quando era arrivata quella mattina. A quel punto l’aveva persa. In quel momento il suo aspetto era davvero pietoso. In ogni caso, malgrado le macchie di sporco sulle guance arrossate e le ciocche di capelli che le sventolavano intorno al volto, lui doveva riconoscere che quella donna richiamava alla mente solo immagini di lenzuola sudate, di sospiri appassionati e di momenti di grande piacere dal tramonto all’alba.
John si raddrizzò, si schiarì la gola e si calò il cappello sulla fronte per difendersi dai raggi del sole di luglio. Quindi si disse di pensare a qualcos’altro che non fossero le lunghe e snelle gambe di Alison Samuels intrecciate con le sue. Per esempio, al motivo per cui una donna avesse deciso di trasferirsi da Kansas City a Sundown, nel Montana, per dirigere l’ambulatorio veterinario del vecchio dottor Sebring. E perché quella particolare donna, che sembrava più adatta a partecipare a cocktail party piuttosto che a lottare con il bestiame, avesse scelto di stabilirsi in quel luogo abbandonato da Dio lasciando la vita vivace della città.
Intrigante quasi quanto i suoi jeans, così aderenti da disegnarle ogni curva mentre si puntellava con i tacchi degli stivali nella terra e cercava di ridurre il vitello alla ragione, era evidente che, fino a quel momento della sua carriera di veterinaria, al massimo doveva esserle capitato di lottare con qualche grasso gatto.
Il vitello, un centinaio di chili di furia irascibile, lanciò un muggito e, girando di scatto la testa, la colpì sotto il mento. John fece una smorfia e scosse la testa. Oh, accidenti! Doveva fare un male cane. Lo sapeva per esperienza. C’era da scommettere che quel bocconcino di dottoressa stesse contando le stelle in preda a un attacco di nausea, anche se continuava a restare aggrappata al vitello come se stesse per vincere un rodeo.
Grinta ne aveva da vendere. Ma i suoi occhi non potevano nascondere il dolore e, quando se ne accorse, John imprecò e decise che era il momento di intervenire.
Scavalcò lo steccato, bloccò il vitello prendendolo per la testa e lo costrinse a sdraiarsi su un fianco.
«Non avevo chiesto il tuo aiuto» borbottò lei, un po’ a corto di fiato, togliendo con i denti il cappuccio di plastica di una siringa e iniettando l’antibiotico nel collo dell’animale.
«Ed era evidente che non ne avevi bisogno.» Le rivolse un sorriso cordiale e lasciò andare il vitello. «Ma non sopportavo l’idea che a divertirti fossi soltanto tu.»
Si alzò in piedi e si spazzolò i jeans. Un paio di occhi azzurri in un viso che gli ricordava la porcellana incontrarono i suoi. A giudicare dalla loro espressione, la dottoressa era incerta se arrabbiarsi. Alla fine, si limitò a scuotere la testa e a rivolgergli un debole sorriso.
«Per niente al mondo vorrei impedire a un ragazzo di divertirsi.» Rimise il cappuccio alla siringa e, senza molto entusiasmo, aggiunse: «Grazie».
Forse dipendeva dal fatto che lei aveva usato il termine ragazzo. Forse dipendeva dalla sua coraggiosa cocciutaggine anche dopo che il vitello stava per sopraffarla. Oppure dal piacere di vederla finalmente sorridere, anche se era soltanto l’ombra di un sorriso, e lui poteva perdere la testa per il sorriso di una bella donna... insomma, alla fine, le aveva fatto di nuovo la domanda che si era ripromesso di non farle mai più.
«Cosa ne dici di ringraziarmi venendo a cena con me stasera?»
Lei non batté nemmeno ciglio mentre prendeva la sua borsa e si dirigeva al suo furgone. Dopo essersi lavata le mani in un secchio d’acqua, rovistò nel frigo portatile, trovò quello che cercava e riempì due siringhe di antibiotico.
«Il tuo vitello avrà bisogno di una seconda dose domani e di un’altra dopodomani» disse, porgendogliele. «Se non vedi miglioramenti entro la metà della settimana prossima, chiamami.»
John mise le siringhe nel taschino della camicia. «Capito. E... a proposito della cena?»
Ignorando la sua domanda, lei richiuse il frigo e gli girò intorno per andare a mettersi al volante. «Buona giornata, John» disse.
Lui bloccò la portiera prima che potesse chiuderla e la guardò sorridendo.
«J.T. Gli amici mi chiamano J.T.»
Alison lo guardò in cagnesco. «Devo andare.»
Accidenti, che pezzo di donna. Il sudore le colava lungo le tempie, aveva le guance sporche di terra e ciocche di capelli incollate alla faccia e al collo, per non parlare del livido che le si stava formando sul mento.
Ciononostante, era un gran pezzo di donna. E, di certo, valeva la pena sentirsi opporre un rifiuto... per la sesta volta da quando si era stabilita a Sundown un mese prima.
«Meglio metterci del ghiaccio» le suggerì, puntando l’indice contro il proprio mento.
«Lo farò appena ne avrò la possibilità.»
Cioè mai, dedusse John, a giudicare dal tono con cui l’aveva detto.
«Aspetta un momento. Ti porto del ghiaccio.»
«Non ti disturbare.»
«Nessun disturbo» insistette lui. «Non ti muovere.»
Rientrò nella stalla prima che lei potesse protestare. Dopo aver trovato una confezione di ghiaccio nel freezer, sempre pronto in quanto lividi e distorsioni erano all’ordine del giorno se si allevava bestiame, tornò al furgone.
«Grazie» ripeté lei con scontrosa riluttanza.
«Puoi ringraziarmi venendo a cena con me. Ehi, cosa ne dici? È un dèjà vu, vero?»
Ad Alison sfuggì un verso esasperato. «Cosa ti prende? Perché insisti, pur sapendo quale sarà la risposta?»
«Oh, immagino che sia sempre per la questione del divertimento!»
«Secondo me, è piuttosto una questione di cocciutaggine.»
John si tirò il lobo dell’orecchio. «Anche. Sono molto testardo se una cosa è importante per me.»
«Ed è importante che io esca a cena con te? Perché? Non lo capisco.»
«Santo cielo, donna. Non ti guardi mai allo specchio?»
I loro occhi si incontrarono per una frazione di secondo.
Alison emise un sospiro profondo. «Mi sento molto lusingata. Sei gentile...»
«E anche di bell’aspetto» le fece notare lui, gongolando quando quel suo commento le strappò un altro sorriso, seppur stentato.
«Per non parlare della modestia» lo rimbeccò, scuotendo la testa. «Ma io non...»
«Non sei interessata. Lo so. D’accordo... perciò non considerarlo un appuntamento serio. Prendilo come l’invito di un vicino a una vicina. Ascolta, tu sei single. Io sono single. Tu devi mangiare. Io devo mangiare. Che cosa ti trattiene?»
Lei girò la chiave nell’accensione, afferrò il volante con le due mani e lo guardò dritto negli occhi. «Non succederà.» Un altro sospiro. «Se vorrai rivolgerti a un altro veterinario, lo capirò.»
L’uomo liquidò quelle parole con un gesto della mano e la fissò socchiudendo gli occhi. «È per via dell’età? Perché se è così...»
«Piantala!» Alison appoggiò la fronte sul volante con un gemito. «La differenza di età non c’entra niente.»
«Bene, allora è fatta.» Lui aveva trentadue anni e lei quaranta... l’aveva saputo dalla sua amica Peg Reno, che era diventata anche amica della dottoressa. Per John non rappresentava un problema ma, a quanto pareva, lo rappresentava per lei, benché sostenesse il contrario.
«Suvvia, dottoressa» la blandì con aria innocente. «Stiamo parlando di una cena, per amor del cielo! Non ti sto chiedendo di venire a letto con me.»
Lei inarcò un sopracciglio e lo fissò con l’aria di chiedere: Davvero?
Già. Non era facile imbrogliarla. L’uomo si grattò il mento. Be’, sì, era proprio quello che voleva. E mentre i loro sguardi s’incontravano, vide qualcosa in quello di lei che ebbe l’effetto di un pugno nello stomaco. Per un attimo, l’espressione accusatoria svanì per cedere il posto a un desiderio struggente... prima che subentrasse il panico.
Se non avesse prestato attenzione, quel susseguirsi di emozioni gli sarebbe sfuggito perché un istante dopo lei inseriva la marcia e partiva sgommando e sollevando una nuvola di polvere.
E alla fine John, rimasto immobile al suo posto, capì.
«Che mi venga un colpo» borbottò, dirigendosi alla stalla. Lei voleva esattamente la stessa cosa che voleva lui, cioè molto di più di una cena, ma per chissà quale