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Strega per una notte (eLit): eLit
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E-book150 pagine5 ore

Strega per una notte (eLit): eLit

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Info su questo ebook

ROMANZO INEDITO
La pozione magica migliore per conquistare un uomo? La perseveranza!
Signe non può ancora crederci: tutta la New York bene sta ammirando la mostra da lei stessa curata. C'è anche l'uomo con cui da tempo sogna di poter passare una folle notte di sesso: Gorge Garrity, detto Gorgeous. Deve assolutamente riuscire a sottrargli qualcosa di personale, ne ha bisogno per preparare la pozione magica che utilizzerà la notte delle streghe, ad Halloween. Lei è convinta che solo stregandolo Gorge cadrà ai suoi piedi.
La fatidica notte arriva e Signe fa l'incantesimo. Solo che poi... qualcosa va storto perché... l'uomo meravigliosamente nudo al suo fianco non è Gorge!
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2019
ISBN9788830504912
Strega per una notte (eLit): eLit
Autore

Jule McBride

When native West Virginian Jule McBride was a preschooler, she kept her books inside her grandmother's carved oak cabinet, to which only she had the key. Everyday, at reading time, she'd unlock the cabinet-and the magical worlds contained in the books inside. Only later did she realize the characters she'd come to love weren't real, and that's when she knew she'd one day be a writer herself. When asked why she usually writes comedy, Jule had this to say, "I've written romantic suspense novels and love them, but I probably love to write humor because laughter truly is the best medicine. Besides, ever since I can remember, funny things happen to me. Once, in first grade, I bundled up in my coat for recess-only to discover the hem hit my ankles, my arms were swallowed and my belt dragged the ground. Doing the logical thing, I fled home, convinced I was shrinking. (Mom's sleuthing-she was a great solver of conundrums-uncovered that I'd donned a sixth grader's identical coat.) Nevertheless to this day, I, like everybody, feel sometimes confused by life's little mysteries. Because of that, I love to create heroines who are in some kind of humorous jam when they meet their prince." A lover of books, Jule graduated from West Virginia State College with honors, then from the University of Pittsburgh where she also taught English. She's worked in libraries and as a book editor in New York City, but in 1993, her own dream to write finally came true with the publication of Wild Card Wedding. It received the Romantic Times Reviewers' Choice Award for Best First Series Romance, and ever since, the author has continued to pen heartwarming love stories that have repeatedly won awards and made appearances on romance bestseller lists. Today, after publishing nearly 30 Harlequin titles, Jule writes full-time, and often finds the inspiration for her stories while on the road, traveling between Pennsylvania, where she makes her home, and her family's farm in West Virginia.

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    Strega per una notte (eLit) - Jule McBride

    successivo.

    1

    «Le feste al Met sono assolutamente fa-vo-lo-se» s'infervorò C.C.

    «Divine» rincarò Diane.

    «Le pollastrelle di Sex and the City ci fanno un baffo» commentò Mara, sorridendo.

    «Dai, restate qui ancora un po'...» Mentre serviva cocktail agli ospiti in costume che affollavano il bar, Signe Sargent rivolse uno sguardo supplichevole alle amiche travestite da gattine.

    La metallica luce lunare, che filtrava attraverso la parete a vetri alle sue spalle, rimbalzava sull'antico tempio lapideo di Dendur. L'opera, strappata alle acque del Nilo e miracolosamente riassemblata nell'ala Sackler del Metropolitan Museum, era il pezzo forte della collezione permanente del museo.

    «Ci piacerebbe restare...» C.C. lasciò la frase in sospeso per sistemarsi le orecchie feline tra le seriche ciocche brune. «Ma, come sai, siamo attese da Gus.» Gus era il proprietario del bar non distante dall'edificio dell'Upper East Side presso il quale Signe lavorava.

    Diane si ritoccò le labbra, specchiandosi nel portacipria. «Peccato che tu non possa essere dei nostri, Signe!»

    «Grazie per averci inserite nell'elenco!» esclamò Mara.

    Diana richiuse il portacipria. Vuotò una coppa di champagne e ripose il bicchiere sul vassoio. «Intrufolarsi qui è valso qualche rischio» decretò, brandendo il biglietto da visita che era riuscita a estorcere a uno dei più tallonati scapoli in circolazione.

    La festa, promossa da un colosso dell'industria informatica, era riservata all'élite newyorkese e Signe era riuscita a inserire le amiche nell'elenco sotto falso nome.

    «È decisamente una delle feste più trendy alle quali abbiamo partecipato questo mese» sospirò C.C.

    «Gli antipasti erano superbi» aggiunse Mara.

    Signe ingoiò una tartina e annuì. «Gorgeous - il magnifico - Garrity, però, non si è ancora visto.»

    «Arriverà.»

    Signe guardò oltre la vetrata affacciata su Central Park. Gli alberi erano un tripudio di colori autunnali. D'oro e porpora, incorniciavano una luna piena che avrebbe fatto capitolare anche il più cinico dei newyorkesi. Era lo sfondo ideale per sussurrare proposte indecenti a Garrity.

    «Ho conosciuto un Rockefeller» annunciò Diane.

    Signe annuì distrattamente mentre scrutava la sala con gli occhi.

    Il museo spalancava i battenti a rare feste private, rigorosamente offerte da personaggi illustri della Grande Mela. Quella sera, visi da copertina e mezzi busti del piccolo schermo erano ovunque.

    «Coraggio, ragazze, se non ci diamo una mossa, non troveremo anima viva da Gus» tornò alla carica C.C. L'anteprima della parata di Halloween che si svolgeva al Greenwich Village era prevista per quella sera e aggiudicarsi le prime file era un'impresa titanica.

    «Eh, così tante feste e così poco tempo» sospirò Diane.

    «Ce ne saranno sicuramente molte di più la notte di Halloween.»

    «È un bene che abbiano anticipato la parata in città.»

    Signe piazzò un Martini nella zampa pelosa di un ospite vestito da orso, un Negroni nella mano guantata di una Marlene Dietrich e rivolse uno sguardo complice alle amiche inguainate nelle tute nere gommate. Avevano lunghe code appuntate al fondoschiena, orecchie di peluche incastonate tra i capelli, vibrisse disegnate con la matita nera e mascherine a coprire gli occhi.

    Travestimento a parte, non potevano essere più diverse. C.C. era una Venere in miniatura con i capelli che sembravano finiti sotto un ferro da stiro. Diane era una bionda statuaria con effetto calamita sugli uomini. E Mara incarnava la bellezza androgina e spigolosa in perfetto stile grunge.

    «Avrei tanto voluto unirmi a voi» mormorò Signe. «Ci vediamo a colazione domani?»

    «Da Sarah nel West Side?» propose C.C. «Sfornano peccaminose crostate di mele.»

    Il consenso fu unanime.

    «E di quel progetto per il weekend che mi dite?» L'anno prima, Diane aveva aperto Strambo, un'agenzia di viaggi che offriva insolite destinazioni, pensate appositamente per solleticare la curiosità di annoiati newyorkesi. Da poco, le era giunta voce di un rito particolare che si teneva tra le Montagne di Catskills, promosso da un gruppo di donne del New Jersey.

    «È confermato» rispose Diane.

    «Penso io a noleggiare l'auto» si offrì C.C., l'unica del gruppo che adorasse guidare.

    «Prendi una decappottabile. Dovrebbe fare ancora caldo.»

    «L'estate indiana dovrebbe durare fino a tutto il weekend. L'ho sentito al meteo.»

    «Che cosa ci portiamo?» domandò Signe.

    «L'aspirina. Si dice che a quei festini circolino intrugli di radici con sgradevoli effetti collaterali.»

    Diane scosse il capo. «Io mi porto una riserva di Bloody Mary.»

    «E niente bikini, Signe» le intimò Mara. «Se fa caldo, ci si immergerà nel lago in costume adamitico.»

    C.C., che aveva in orrore la natura almeno quanto Signe, inarcò le sopracciglia. «Quale lago?»

    «Quello sul quale si affacciano i bungalow, Einstein» spiegò Mara.

    C.C. e Signe arricciarono il naso e si scambiarono occhiate perplesse. «Quindi, ci vorrà la pomata contro le punture degli insetti. Credo di averne un residuo della scorsa escursione.»

    «Bene» fece C.C. «E non dimenticare di portare qualcosa che appartenga all'uomo che intendi stregare. Il sabato sera, piazzeranno un calderone al centro del cerchio magico...»

    «E noi dovremo scaraventarci dentro un oggetto, decantando un incantesimo scritto di nostro pugno» concluse Mara.

    «Per far cadere un uomo ai nostri piedi?» domandò Signe, pensando al magnifico Garrity.

    «O farci sesso» prospettò C.C., che non smaniava per le relazioni durature.

    In quel preciso istante, gli occhi di Signe localizzarono Garrity. Il respiro le si arrestò. Da quando aveva lasciato Wall Street per succedere al padre alla guida della Garrity Enterprises, una multinazionale con sedi in tutto il mondo, il bel rampollo si era guadagnato le copertine del New York Magazine, del New York Business World e di People. E aveva anche preso in simpatia Signe.

    «Parli del diavolo...» disse Mara, sorridendo.

    «Sta puntando verso il bar» osservò C.C. «Ragazze, propongo di filare.»

    Signe si sistemò nervosamente la parrucca nera e si lisciò la blusa di seta dorata abbinata ai pantaloni in tinta. Sperava che Garrity apprezzasse il costume da Cleopatra. La sola idea di intavolare una conversazione con lui le faceva pulsare la vena alla base del collo.

    «È così vergognosamente ricco» sospirò.

    «Non pensarci» la istruì C.C. «Consideralo un qualunque maschio americano medio.»

    Ma nulla nel fisico di super Garrity rientrava nella media. Era slanciato, impeccabile e disinvoltamente chic quanto le giacche sportive che indossava al Met durante la pausa pranzo.

    «Sta decisamente venendo da questa parte» notò Diane. «Non appena quel balenottero travestito da lattaia avrà mollato la presa...»

    «Vorrà qualcosa da bere» arguì Signe.

    «Io non credo proprio!» ribadì C.C. «Oberato dal lavoro com'è alla Garrity Enterprises, potrebbe risparmiarsi la quotidiana puntata al museo per il caffè dopo pranzo. È semplicemente una scusa per poter flirtare con te, cara la mia Signe.»

    Esattamente come pensava lei. «Mi ha detto di chiamarlo Gorge.»

    «Gorge?» ripeterono le amiche in coro.

    «È così che si chiama.»

    «È una vita che lo chiamano il magnifico

    «E non c'è da scervellarsi troppo sul motivo» convenne Mara. «Eccolo in dirittura d'arrivo.»

    «Non voglio illudermi» si ricordò Signe. Dopotutto, lei era soltanto una cameriera che serviva ai tavoli del caffè del museo, un'occupazione poco indicata per rinsaldare l'autostima di una fanciulla.

    Si sforzò di non confrontarsi alle amiche. Nell'ultimo anno le aveva viste tagliare ambiziosi traguardi professionali.

    Diane aveva avviato Strambo, C.C. si era affermata come commercialista e Mara aveva sfondato come agente immobiliare.

    Non per questo Signe aveva gettato la spugna. Al college aveva studiato arte e scienze librarie. Mentre lavorava presso la biblioteca pubblica newyorkese, aveva invano risposto a tutti gli annunci di posti vacanti al Met. Stanca di inanellare rifiuti, aveva cambiato tattica. Avrebbe fatto di tutto per incontrare i curatori e indurli a prendere in seria considerazione la sua candidatura ad archivista.

    Adorava quel museo. I lunghi corridoi costantemente in penombra, le scalinate in marmo e l'odore dei dipinti a olio le gonfiavano il cuore. E i sei mesi trascorsi a versare caffè e servire tartine alle feste private avevano finalmente dato i frutti sperati.

    Edmond Styles, il suo capo, le aveva confidato che una delle assistenti archiviste stava per lasciarli. Quel lunedì mattina, quando il preavviso di due settimane fosse diventato ufficiale, a Signe sarebbe stato offerto il lavoro dei suoi sogni.

    Edmond era un quotato stimatore d'arte. Correva voce che fosse anche solidamente agganciato ai Garrity che figuravano tra i più generosi donatori della fondazione.

    Signe trasse un respiro profondo. Se soltanto fosse accaduto qualcosa con Gorge. Anche una sola notte di sesso sfrenato...

    Era un'innocua fantasia, ma chissà che non potesse avverarsi. Il vento aveva cominciato a girare. Sospirando soddisfatta, dirottò lo sguardo sulle statue pagane che il mago dell'informatica aveva preso in prestito per i festeggiamenti di quella sera. Provenivano perlopiù da collezioni private ed erano state posizionate su piedistalli illuminati.

    L'effetto era sorprendentemente suggestivo. Doveva riconoscerlo, era stata brava. In previsione della futura promozione, Edmond le aveva affidato il compito di disporre i capolavori in prestito nelle sale dell'archivio, di curare l'illuminazione e attivare l'allarme. Quella mostra era la sua prima creatura e poteva andarne fiera.

    «Queste statue sono impressionanti» commentò Diane, seguendo la direzione del suo sguardo.

    «Decisamente ben messe» aggiunse Mara.

    Signe sorrise. Le opere ritraevano satiri della mitologia greco-romana ed esibivano sproporzionati attributi maschili.

    Diane ne additò uno. «Credo di esserci uscita una volta» disse ridendo.

    «Ti piacerebbe» malignò Mara.

    «Attenzione, il magnifico è in avvicinamento» annunciò C.C.

    «È talmente... fuori della mia portata.» Benché i suoi fossero stimati professionisti di Minneapolis, suo padre avvocato e sua madre docente di storia contemporanea, il loro tenore di vita sbiadiva in confronto alle frequentazioni da jet-set di Gorge.

    «Non sminuirti» la spronò Mara. «Sei pur sempre una Winona Ryder.»

    «È vero.» Tutte convennero che fosse la copia sputata della celebre attrice. «Il che potrebbe non deporre a mio favore. È finita dentro per cleptomania.»

    «È accaduto secoli fa» la rassicurò Diane.

    Signe non la udì nemmeno. Gorge era spettacolare in tenuta da nobile del diciottesimo secolo. Una giacca porpora con ricami dorati sovrastava una camicia bianca con maniche e collo a sbuffo. La spada, agganciata al fianco, gli sfiorava i pantaloni, stretti

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