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Un conte in incognito
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E-book168 pagine2 ore

Un conte in incognito

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Info su questo ebook

L'estate è la stagione perfetta per le vacanze, i flirt... e il matrimonio!
Daisy Huntingdon-Cross si è sempre sentita inferiore, e ora quella sensazione è più forte che mai. Non solo ha passato una notte con un uomo dopo averlo appena incontrato, ma resta anche incinta! Desiderosa di fare la cosa giusta, decide di informare il padre del bambino. Seb. Nome completo, Sebastian Beresford, Conte di Holgate. Peccato che lei lo scopra solo durante il loro secondo incontro. Lui, che le era sembrato così scanzonato, in realtà si rivela un barbagianni ancorato al passato. Perché mai, sennò, le avrebbe proposto un matrimonio riparatore?
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788830515840
Un conte in incognito

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    Anteprima del libro

    Un conte in incognito - Jessica Gilmore

    vero.

    1

    Sei settimane dopo...

    Daisy sentì un brivido lungo la schiena quando, percorrendo il vialetto, ebbe un déjà vu. Era tutto molto familiare, eppure molto diverso.

    L'ultima volta che era stata a Hawksley, il castello e il parco erano coperti di neve e l'intero edificio sembrava uscito da un film storico. Adesso, invece, l'erba era verde e il prato punteggiato di crochi e primule, che facevano capolino ai raggi di un sole insolitamente caldo. La vecchia torre si ergeva maestosamente sulla sinistra, in netto contrasto con il fascino dell'edificio a tre piani in stile Tudor.

    Davanti a lei, invece, si stagliava la costruzione georgiana.

    Daisy deglutì. L'istinto le suggeriva di girare sui tacchi e fuggire. Avrebbe potuto aspettare qualche settimana e poi riprovare. Magari poteva inviare una lettera...

    No. Non era una vigliacca. Suo padre le aveva insegnato ad affrontare le difficoltà di petto, a testa alta.

    Inoltre, aveva bisogno di parlare con qualcuno. Non voleva affrontare la sua famiglia, non ancora... e nessuno dei suoi amici avrebbe capito. Lui era l'unica persona coinvolta quanto lei.

    Oppure no, ma doveva correre il rischio.

    Presa la decisione, fu pronta ad andare. Se solo avesse scoperto che lui...

    Il castello aveva un'aria arcigna. La piccola biglietteria era chiusa e Daisy cercò di individuare qualche segno di vita.

    Nessuno.

    C'era una piccola porta grigia, alla fine dell'ala georgiana, che riconobbe dalla sua precedente visita. Era un punto di partenza come un altro.

    Daisy si avvicinò alla porta inspirando a fondo l'aria primaverile, poi la spinse.

    «Perfetto» sospirò. Era chiusa a chiave e non c'era un campanello. «È evidente che non vogliono visitatori.» Be', che ne volessero o no, lei era lì. Bussò più forte che poté, poi arretrò di un passo e attese, l'inquietudine che le serrava lo stomaco.

    La porta si aprì. Lentamente. Daisy trattenne il respiro. Si sarebbe ricordato di lei?

    Le avrebbe creduto?

    Una figura comparve sulla soglia. Daisy rilasciò l'aria trattenuta nei polmoni, incerta tra la delusione e il sollievo. A meno che Seb non fosse invecchiato di venticinque anni, si fosse abbassato di venti centimetri e avesse cambiato sesso, chi aveva aperto non era lui.

    Spinse indietro il cappello di feltro e rivolse un sorriso accattivante alla donna che faceva la guardia alla porta con scritto Privato. «Mi scusi, sa dirmi dove posso trovare Seb?»

    La sua domanda fu accolta con le braccia incrociate e un'espressione torva. «Seb?»

    «Sì.» Daisy si morse il labbro, improvvisamente a disagio. Era quello il nome, no? Molti ricordi di quella notte erano confusi... «Il tuttofare» aggiunse.

    «Abbiamo una squadra di manutentori» sibilò la gorgone. «Ma nessuno di loro si chiama Seb. Forse è venuta nel posto sbagliato?»

    Daisy fece un passo indietro, pronta alla guerra. Aveva immaginato più e più volte lo svolgimento di quell'incontro, ma mai aveva previsto di non trovare Seb. Oppure di scoprire che non esisteva.

    E se fosse stato davvero un fantasma?

    Sicuramente no. Non era certa di che cosa fossero gli ectoplasmi, ma era abbastanza sicura che fossero freddi e appiccicosi. I fantasmi non erano caldi e muscolosi.

    No, meglio non soffermarsi a pensare ai muscoli. O al calore. «Questo è Hawksley Castle, vero?»

    «Sì, e saremo chiusi fino a Pentecoste. Quindi, se vuole visitarlo, le consiglio di tornare allora e di comprare un biglietto.»

    «Senta.» Daisy si era stancata di essere gentile. «Non sono venuta per un giro turistico. Sei settimane fa ho partecipato al matrimonio Porter-Halstead e sono rimasta bloccata dalla neve. Seb mi ha aiutata e adesso ho bisogno di vederlo. Devo... ringraziarlo.» Per nessun motivo avrebbe rivelato a quella donna il motivo della sua visita. L'avrebbe sicuramente lasciata di sasso.

    La gorgone alzò un sopracciglio. «Sei settimane dopo?»

    «Non sono venuta per una lezione di buone maniere.» Daisy si pentì di quello scatto subito dopo aver pronunciato le parole. «Io... sono stata occupata. Ma meglio tardi che mai. Pensavo che fosse il tuttofare e... be', conosceva bene la tenuta.» Oh, sì, molto bene. «Forse invece è il gestore della proprietà. Ha un ufficio, in questo edificio. Ascolti...»

    Daisy si bloccò quando qualcosa di umido e freddo le sfiorò la mano. Abbassando lo sguardo, vide un paio di tristi occhi marrone che la fissavano. «Monty!»

    Ecco la prova che non stava impazzendo e che Seb era lì! La ragazza si accovacciò e accarezzò lo springer spaniel. «Come stai? È bello vederti di nuovo. Ora potresti convincere questa signora che ho bisogno di vedere il tuo padrone?»

    «Monty! Vieni qui. Qui, ho detto!» Il tono perentorio risuonò nel cortile e il cuore di Daisy accelerò. Lentamente si rialzò e si girò, un sorriso sul volto.

    «Ciao, Seb.»

    Era stata una mattinata lunga. Non che Seb non fosse grato per la sua istruzione costosa, per le credenziali accademiche e le varie lauree, ma vi erano momenti in cui si domandava quale fosse l'utilità di saper recitare versi in latino e di dibattere sull'utilizzo della cavalleria alle Termopili.

    Economia aziendale, contabilità di base e come riparare e conservare un antico pozzo senza fondo di spese senza prostituirsi sarebbero state materie molto più utili.

    Aveva bisogno di un business plan. Continuare ad attingere al patrimonio familiare lo avrebbe condotto alla rovina. In qualche modo il castello doveva riuscire a mantenersi da solo, e presto.

    E, adesso, il suo cane gli disobbediva per ricevere le carezze di una donna bionda, vestita inverosimilmente con un paio di pantaloncini corti e un cappello di feltro, il tutto abbinato a un panciotto sgargiante. D'altra parte... I suoi occhi osservarono attentamente le lunghe gambe della ragazza: il suo cane aveva buongusto.

    «Monty! Vieni qui. Qui, ho detto!» La voce venne meno, quando la ragazza si girò. Seb rimase senza fiato, quando si accorse di avere davanti la donna il cui ricordo lo aveva tormentato nelle ultime sei settimane. «Daisy?»

    «Ciao, Seb.»

    Che cosa aveva portato di nuovo la fotografa di nozze alla sua porta? Dopo che si erano conosciuti, per qualche giorno si era domandato se lei lo avrebbe contattato. E che cosa le avrebbe detto, se lo avesse fatto.

    Per sei settimane aveva preso in considerazione l'idea di chiamarla lui.

    La ragazza sembrava stranamente vulnerabile, nonostante il ridicolo cappello inclinato in modo sbarazzino e il rossetto luminoso.

    «Seb, possiamo parlare?»

    Sembrava seria e Seb si tese. «Certo, entriamo.» Con un gesto la invitò in casa. «Grazie, signora Suffolk. Adesso mi occuperò io della nostra ospite.» Seb sorrise alla donna, che si fece da parte con uno sbuffo di chiara disapprovazione.

    «Credo di non piacerle» mormorò Daisy.

    «Non le piace nessuno. Comunque, di certo nessuna donna sotto i trent'anni.»

    Seb le fece strada lungo lo stretto corridoio che conduceva agli uffici amministrativi della vasta tenuta. Il poco personale che lavorava al castello viveva in cottage fuori dalle mura, cosicché Seb dormiva da solo in un luogo che anticamente aveva ospitato decine di persone.

    Avrebbe avuto senso convertire un piano di camere da letto non utilizzate e offrire ospitalità per la notte a chi prenotava il castello per celebrare i matrimoni, ma una cosa era avere turisti che vagavano intorno al maestoso mastio, un'altra era affittare la polverosa e fredda ala georgiana. Quella era la sua casa. Enorme, antica, piena di oggetti di antiquariato e di fantasmi. Casa. E, al suo fianco, stava camminando l'ultima persona che vi aveva soggiornato con lui.

    «Bentornata.» Seb notò come, nonostante l'aria abbastanza spensierata, la ragazza continuasse a torcersi le mani. «Bel cappello.»

    «Grazie. Ogni abito ha bisogno di un cappello.»

    «Non ricordo che ne indossassi uno, l'altra volta.»

    «Ero vestita per lavoro.»

    Le parole rimasero sospese nell'aria e Seb fu immediatamente trasportato indietro nel tempo. Tornò alla cerniera che si abbassava e al modo in cui il vestito di seta della ragazza era scivolato a terra in un movimento perfetto.

    Non portava un cappello, allora, ed era un peccato. Gli sarebbe piaciuto vederla distesa sul divano, alla luce d'oro delle candele, con gli occhi arrossati dallo champagne e dall'eccitazione e un cappello addosso. Un cappello e nient'altro.

    Seb inspirò a fondo, cercando di ignorare il battito accelerato del suo cuore e il desiderio viscerale evocato da quell'immagine.

    Si fermò a riflettere. Il vecchio ufficio dove si stava dirigendo era un insolito mix di mobili antichi, un vecchio divano e scaffalature moderne, ma era abitato da un fantasma. Un fantasma vecchio di sei settimane, con la pelle di seta e la voce che emetteva gemiti di piacere. Riportare Daisy lì sarebbe stato un errore.

    Aprì dunque la porta che conduceva alla parte anteriore della casa. «Andiamo in biblioteca.» Non era un atto di viltà, ma di buonsenso. «La casa è fredda e la biblioteca è la stanza più calda, probabilmente perché non è affatto modernizzata. Le tende di velluto possono essere polverose, ma tengono lontano il freddo.»

    Daisy si aggiustò il cappello, nervosa. «Bene.»

    Seb spinse la pesante porta di legno e si fece da parte per lasciarla entrare per prima. «Allora, questa sì che è una sorpresa.»

    Daisy arrossì. «Bella, spero.» Ma non incontrò il suo sguardo. Lui rimase immobile a fissarla. Stava succedendo qualcosa che andava oltre il desiderio che la ragazza poteva provare per la sua compagnia.

    Daisy entrò nella stanza rivestita di pannelli di quercia e si guardò intorno con curiosità. Si avvicinò poi a uno degli scaffali e tirò fuori un libro, sollevando una nuvola di polvere.

    «È bello vedere che il proprietario di questo posto è un lettore appassionato.»

    «La maggior parte dei libri inglesi è stata letta. Questa è la sezione dei testi in latino.»

    Lei sollevò il mento. «Latino o no, hanno bisogno di una spolverata.»

    «Metterò subito all'opera i valletti» ribatté lui, acido. «Siediti. Vuoi qualcosa da bere?»

    «Sarà un valletto a portarlo?»

    «No.» Seb si concesse un sorriso. «C'è un bollitore, in quell'angolo. C'è molta strada, da qui alla cucina.»

    «Pratico. Un tè, per favore.»

    «Limone o latte?»

    Sedendosi cautamente su una poltrona di velluto, il libro polveroso ancora in mano, Daisy sollevò un sopracciglio, arcuandolo elegantemente. «Hai del limone? Potrei avere, allora, solo un po' di acqua calda e limone, per favore?»

    «Certamente.»

    Seb impiegò solo un minuto a preparare le bevande, ma quella pausa gli fu necessaria. Era inquietante avere la ragazza nel suo spazio privato. Il profumo floreale, le lunghe gambe, il rossetto rosso che disegnava le sue labbra piene lo mettevano a disagio. Il problema di seppellirsi nel lavoro era che rendeva completamente impreparati a qualsiasi interazione umana. Soprattutto con il genere femminile.

    «Tazza e piattino abbinati. Sei stato educato bene» commentò la ragazza, sollevando la tazza. «È porcellana finissima, vero?»

    «Probabilmente.»

    Seb sedette di fronte a lei, facendo di tutto per sembrare a proprio agio, come se la sua inattesa apparizione non lo avesse scombussolato. «Come sta andando lo spaccio di sogni ridicoli e di fantasie esagerate?»

    Daisy sorseggiò l'acqua e limone. «Il lavoro va bene, grazie.»

    «Non mi sorprende» commentò lui, osservandola in modo critico. «Foto del fidanzamento, presenza per quindici ore al giorno, blog. Con i prezzi che pratichi, se calcolassi la tua tariffa oraria ti accorgeresti di guadagnare un salario ridicolo.»

    «L'ho messo in conto» rispose lei, sulla difensiva. «Al giorno d'oggi chiunque possieda una macchina fotografica può scattare delle foto. I fotografi di matrimoni devono offrire qualcosa di più, devono indagare nell'anima della coppia. È imprescindibile che nemmeno un secondo del loro giorno speciale rimanga non documentato.»

    Seb scosse la testa. «Matrimoni! Che fine hanno fatto le cerimonie semplici e sentite? Non che io mi lamenti. Il castello è prenotato per i prossimi due anni. È pazzesco. Spendere tanti soldi per un solo giorno.»

    «Ma è il giorno più bello della loro vita.»

    «Io sinceramente spero di no. È solamente il primo giorno della loro vita insieme» la corresse lui. «Le fantasie romantiche come questa sono il più grande disservizio che si possa dare a un matrimonio. La gente riversa tutte le proprie energie – e una marea di denaro –

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