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La cometa dell'Uomo Sabbia
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E-book304 pagine4 ore

La cometa dell'Uomo Sabbia

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Info su questo ebook

In un freddo futuro, Simeon Allis, fa’ fatica ad accettare un’esistenza che non comprende. Ogni decisione è fatta per lui e i suoi cari non hanno piu’ un posto nel mondo. Lo Stato provvede a ogni cosa e gli Uomini Sabbia garantiscono la conformita’. Invenzioni orrende, gli Uomini Sabbia assicurano l’obbedienza dei cittadini nel mondo asettico nel quale Simeon vive la sua esistenza solitaria e controllata. Tuttavia è diverso dagli altri…possiede ancora dei ricordi. Una terribile notte, perso nelle vie deserte di una citta’ in rovina, s’imbatte per caso nel nascondiglio di chi ha giurato di ribaltare l’élite della classe dominante. Dopo essersi unito al loro pazzo piano per sovvertire lo Stato, Simeon scopre lentamente la verità…e chi è veramente.

LinguaItaliano
Data di uscita14 mag 2021
ISBN9781667400457
La cometa dell'Uomo Sabbia

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    Anteprima del libro

    La cometa dell'Uomo Sabbia - Stuart G. Yates

    Per Honey e il nostro futuro, che non sarà mai come questo!

    Uno

    La scorsa notte, ho sognato gli Uomini Sabbia.

    Nell’oscurità li ho sentiti mentre si avvicinavano, il rumore dei loro passi sicuri sulla ghiaia, in sincronia perfetta, un esercito, ogni passo un rintocco di morte per quelli che osano avventurarsi fuori dopo l’ultimo rintocco della campana del coprifuoco.

    Il mio giardino appariva come una macchia scura, dalla cucina, la lampada di paraffina troppo debole per contrastare le ombre scure e oppressive. In preda al freddo, in piedi senza muovermi, cercando di rallentare il respiro, tendendo l’orecchio per la sua venuta, sapendo di essere in ritardo, sapendo che ci sarebbe stata una sola conclusione.

    E poi l’ho sentito, le sue gambe possenti guadagnare la distanza tra di noi. La porta del giardino si spalancò e lui entrò, i suoi occhi enormi sotto il cappello, un ghigno maniacale fermo sulla sua faccia grigio verde e le sue braccia che si muovevano sempre piu’ vicine.

    Tiro la testa indietro e inizio a urlare, quella voce orribile, meccanica, riempiendomi di terrore e sapevo che la morte era venuta ad abbracciarmi con la sua presa fredda d’acciaio.

    Gli Uomini Sabbia

    Mi svegliai, sedendomi con il cuore che batteva contro il mio petto e mentre delineavo le forme della mia stanza buia, domandandomi se il mio sogno fosse vero. Trattenendo il respiro, non avevo il coraggio di girarmi nel caso che l’Uomo Sabbia incombesse su di me terminando tutto quello che ho sempre saputo.

    Sogni simili mi capitano spesso e mentre tengo la testa premuta sul cuscino, il loro marciare spaventoso domina ogni senso, ogni pensiero. Il battito costante e implacabile picchia forte nelle mie orecchie. Vengono ogni notte e ogni volta che sogno, sogno di loro. Gli Uomini Sabbia.

    Vivo da solo, lo lasciano fare ora. Non è sempre stato così ma quando decisero di portarci via i genitori non abbiamo avuto altra scelta se non quella di prenderci cura di noi stessi. Cose quotidiane come comprarci da mangiare, fare la lavatrice, studiare. Dormendo. Dipendeva da noi come fare le cose, fino ad un certo punto. In quel fatidico giorno ero nella mia stanza con la testa tra le nuvole come sempre, quando il videotelefono suonò. E’ sempre apparso come un suono allarmante e non sono mai stato capace di fermare il mio cuore di sussultare ogni volta che il citofono prende vita. Tutto per quello che successe molto tempo fa, mi ricordo di quando il telefono suonò la notte quando mio padre sparì. Zio Ernie sembrava così sconvolto, in uno stato terribile, la sua voce urlando nella linea telefonica. Potevo sentirlo persino da dove ero seduto.

    Quindi telefoni e videotelefoni mi danno l’ansia. Era Yolanda e sembrava mortalmente annoiata.

    Pronto. Ti sto chiamando solo per ricordarti che stasera c’è allenamento..

    La sua faccia apparve sullo schermo, sembrava mortalmente annoiata, glielo dissi, nonostante i suoi occhi enormi e l’incredibile grazia dei suoi lineamenti.

    Ok, grazie! Provò a sorridere ma finì col sembrare un ghigno.

    E’ perché’ ho appena finito il compito di scienze, è perché’ era molto difficile. Hai fatto il tuo?

    Certamente, sapendo di mentire, ma solo io ne ero al corrente. Se uno degli Uomini Sabbia avesse anche solo il sentore della mia non conformita’, mi butterebbero in qualche istituto di correzione, esattamente come Damien Bridges.

    Quattordici anni, primo della classe virtuale, si sono infortunato dopo aver giocato una sera allo stadio di Wembley per la coppa del mondo. Avrebbe dovuto completare il suo corso in metafisica. L’hanno tolto da Cambridge e nessuno l’ha visto da allora. Questo era sei mesi fa’. Nessuno parla piu’ di Damien, ma tutti lo pensano.

    Mi stai ascoltando?

    La voce di Yolanda tagliò netta nei miei pensieri come un laser facendomi sobbalzare, stropicciandomi gli occhi. Scusa, anch’io sono un po’ stanco.

    Stanco? Tu non sei mai stanco. Hai preso la tua razione oggi?

    Sì. Questa non era una bugia e mi fece sentire meglio. Con l’aggiunta dei miei barbiturici, come sempre, il mio corpo scoppiava di energia. Non ho mai pensato di saltare una dose. Dove sarebbe il punto? In ogni caso, chi vuol dormire per piu’ di quattro ore?

    Lei sorrise. Bene, me ne vado all’Albert Hall stasera.

    "Bello e chi questa volta Henry Cooper e Cassius Clay?

    Chi?

    Non importa, era una battuta.

    Simeon, sei strano.

    No, sono solo un enorme ricettacolo di fatti e dati, Lei non rispose, non una singola alterazione dei suoi bellissimi tratti. Allora provai di nuovo. Henry Cooper era un peso massimo del box inglese e lui... Vado a vedere la Sinfonia Corale di Beethoven condotta da Karajan."

    A si, avrei dovuto saperlo. Come sempre niente risposta. Il sarcasmo era sempre sprecato con Yolanda. Non vuoi venire?

    Mi fermai per un momento, immaginandomi una serata virtuale di musica classica con la bellissima ma anche molto noiosa Yolanda. Ha delle gambe fantastiche ma una voce noiosa come una carta da parati analogica. Non stasera, feci presto a rispondere, prima che trovasse un’alternativa. Tanto ci vediamo alle prove. Questo la fece sorridere. Gli allenamenti erano una delle poche attività reali che ci avevano lasciato. Il suo viso si avvicinò riuscendo quasi a riempire l’intero schermo. Non vedo l’ora tubò lei, la sua voce divenne bassa.

    Sentii una leggera eccitazione passarmi dentro. Non potevo obbiettare sul fatto che fosse così carina, non potevo proprio. Leale, onesta, sensibile. Splendida. Eppure, c’era qualcosa... Non so. Si potrebbe dire fatti l’uno per l’altro. Così carina, magra. Io...be’, io ero io. Ma le conversazioni erano sempre così noiose, tutto lavoro e niente divertimento. Anche così, mi piaceva esserle vicino ogni volta che potevo. Nei fine settimana, normalmente ce la facevamo per qualche momento e a lei importava di me, mi aiutava con cose di scuola, tenendomi quando i ricordi diventavano troppo forti e volevo piangere... Ma le conversazioni erano così limitate e sempre, lei doveva sempre portarle su un piano reale, come se non ne sapessi già abbastanza. In ogni caso le ricambiavo il sorriso, arricciando le labbra in un bacio immaginario e stavo per cliccare sul bottone di ‘fine chiamata’ quando lei alzò il palmo della mano. Aspetta Simeon. Hai sentito l’annuncio sugli attentati successi poco fa’?.

    Attentati?

    Oh no, Simeon, perché’ non ti interessi mai di quello che ti succede intorno? E’ importante.

    Be’, finche’ avrò te a dirmi cosa succede, non mi occorre... .

    La scorsa notte, hanno fatto esplodere uno dei sub-terminali.

    Scossi la testa, non completamente conscio delle sue parole. Per mesi, o erano anni, non sono mai sicuro, terroristi o agitatori, come si vogliano chiamare, avevano prodotto attacchi a intervalli regolari. Ci facevo raramente caso. Allora, perché’ questo è così importante?

    Perché’ questa volta hanno ucciso degli Spazzini. La sicurezza sarà piu’ serrata ovunque. Ti chiedo solo di fare attenzione quando vieni alle prove ok?.

    Si, ok Yolli. Grazie.

    Ti amo Simeon.

    Le sue parole rimasero nell’aria, piccoli pezzetti luccicanti di nuvole di zucchero filato, alla deriva verso di me, stabilendosi dentro, avvolgendomi tutto nel calore.

    Lei mi ama. Anch’io Yolli.

    Chiuse la comunicazione.

    Per un tempo abbastanza lungo rimasi seduto guardando lo schermo, divorato dalle preoccupazioni. Avrei dovuto fare il mio compito di scienze.

    Questo fu’ quando tutto ebbe inizio, parlando con Yolanda. Se non mi avesse chiamato per ricordarmi delle prove, probabilmente non sarei andato. E se non fossi andato sarei stato nei guai grossi. Un Uomo Sabbia avrebbe chiamato e tutti sanno cosa vuol dire. Eppure forse anche quello sarebbe stato preferibile a quello che stavo per andare incontro.

    Così, mi feci strada stancamente tra le strade vuote verso l’arena pubblica situata sopra la citta’. Il mio viaggio non fu’ diverso dalle altre volte, mi muovevo tra spazi silenziosi, passando tra blocchi di appartamenti brutti e senza facciate nel carattere, in piedi come tante tombe dimenticate. Lavati recentemente da macchine pulitrici automatiche, tutto emanava un odore di antisettico che mascherava la sporcizia dal recente lavaggio. La lucentezza dell’asfalto rifletteva l’oscurità del cielo, cupo come il mio umore. Avevo parecchi pensieri in testa, come per esempio il mio compito di scienze. Non è che non ero capace di farlo, è solo che non me ne poteva importare di meno, troppo noioso. Continuavo a pensare che forse se avessi chiesto a Kevin Phelps o, il signor so’ tutto, Roger Kennedy, avrei potuto avere delle risposte. Soprattutto se li avessi pagati.  Avevo della gomma da masticare del tipo Americano che trovai su di un cadavere al fiume. Avrebbero fatto qualsiasi cosa per quella.

    Mentre ero così assorbito nei miei pensieri, mi fermai un attimo guardandomi intorno e rendendomi conto con terrore che avevo preso la strada sbagliata. Maledicendo la mia stessa stupidità, mi girai per tornare sui miei passi. Sentivo I primi spasmi di panico crescermi nello stomaco. Mi girai su me stesso cercando di trovare qualcosa di familiare, qualsiasi cosa che mi avrebbe riportato sulla strada principale.

    Ma nel buio invadente, tutte le strade laterali sembrano uguali e presto mi resi conto di essermi perso.  Potrebbe volerci piu’ di un’ora per ritrovare la strada sulla via principale per l’arena. Forse anche di piu’. Quando pensai di aver sentito il marciare di un’a pattuglia di Uomini Sabbia mi infilai in fretta e furia in un ingresso. Ripensandoci ora questa è stata probabilmente una decisione stupida. Non avevo ragione di nascondermi, non avevo fatto niente di male, non avevo nulla per cui sentirmi colpevole e mancavano ore prima del coprifuoco. La pattuglia potrebbe fermarmi, controllare il mio chip e identificazione e lasciarmi andare con un D-emerito da scaricare a scuola il giorno dopo. Eppure la paura di incontrarli in quel posto così sinistro era troppo per me, e pressai il mio corpo ancora piu’ dentro la porta d’ingresso. All’improvviso la porta cedette con un rumore stridente di legni marci. Temendo che si rompesse cedendo all’interno, facendomi sembrare piu’ colpevole di quello che fossi, provai a contenere la situazione ed entrai chiudendomi la porta sgangherata alle spalle.

    Trattenni il respiro, all’interno l’oscurità era totale. Stetti fermo per qualche secondo aspettando che gli occhi si abituassero all’oscurità, ascoltando. Fuori, sentii la pattuglia degli Uomini Sabbia passare con passo pesante, il suono dei loro stivali crescendo d’intensità ogni secondo che passava. Questo, naturalmente, era il momento del non ritorno. Se questi Uomini Sabbia mi avessero visto o sentito entrare la porta, cosa avrei potuto raccontare per spiegare un’azione così bizzarra? Un D-emerito sarebbe stato come un regalo di benvenuto se paragonato a una serata interrogato da quelle palle molle crudeli.

    Quando non sentii piu’ il costante bum bum, aprii gli occhi. Qualcuno mi disse, o forse l’ho letto su internet, che se chiudi gli occhi per dieci secondi, quando li riapri vedi per prime le forme piu’ scure della stanza. Successe esattamente questo e indovina un po’ funzionò.

    O almeno è quello che credevo, perché’ la luce che vidi non aveva niente a che fare con il chiudere i miei occhi serrati. Aveva a che fare con il fatto che c’erano tre o quattro uomini in piedi davanti a me e quello piu’ vicino aveva una torcia con la luce puntata direttamente in faccia. Sussultai e girai la testa dalla luce alzando la mano per difendermi. All’improvviso, altre mani, mi presero malamente per le spalle tirandomi piu’ all’interno della stanza scura.

    Non mi lasciarono andare finche’ non fui in un’altra stanza, situata alla fine del palazzo. Gettandomi su una sedia, uno di loro deve aver acceso l’interruttore principale perché’ la stanza si riempì all’improvviso di un bagliore giallo. Guardando avanti facendo un’altra smorfia con la mia faccia. Una lampadina solitaria attaccata al soffitto, coperta da uno spesso strato di polvere e mosche morte. Non so come fece sembrare tutto piu’ terrificante e continuai a torcere la testa in tutte le direzioni non sapendo cosa sarebbe successo.

    Qualcuno parlò dell’oscurità. E tu chi diavolo sei?

    Guardai nella direzione dove mi sembrava che provenisse la voce. Un omone molto piu’ grande degli altri troneggiava su di me, la sua faccia umida di sudore. Lungo i lati della sua bocca c’erano linee profonde create da risate o dolore, non sapevo quali delle due, gli solcavano la pelle che dava un’aria di minaccia alla sua espressione. Non importa quanto o con quanta forza tentai, non potevo togliere i miei occhi dai suoi. Erano ipnotici.

    Te lo chiedo di nuovo. Tu chi sei?

    Simeon, risposi io velocemente, sperando che fosse abbastanza. Ovviamente non lo era dato che uno di loro si fece Avanti e mi colpì la faccia con forza con il dorso della mano. Il colpo mi fece piegare la testa all’indietro con una forza tale quasi da farmi cadere. la mia testa risuonava come una campana colpita da un ,martello enorme. Prima di rovesciarmi completamente l’omone mi afferrò per un braccio e mi rimise seduto dritto.

    Mi guardò allungo. Non avevo la forza di parlare ne tantomeno di muovermi, il mio terrore era totale. Ma niente poteva fermare il dolore. Si dilagò sulla mia faccia finche’ fui avvolto da un’agonizzante nebbia calda e pulsante. Piagnucolando e straparlando, tenevo la mano sulla guancia colpita e singhiozzando, ce la feci a urlare, E questo perché’ cosa era? volevo sembrare sicuro di me ma non ero molto convincente. Posso fronteggiare senza problema qualcuno della mia età ma questi erano uomini adulti e tre di loro. In questa situazione cercare di sembrare un duro non avrebbe funzionato.

    Per essere un sapientone, disse l’omone. Chi ti ha mandato?

    Sbattei le palpebre non capendo la domanda. Come avrei potuto, era ovviamente una domanda idiota. Nessuno, continuai a ripetere, perché’ nessuno mi aveva mandato. Guardai oltre la sua spalla gli altri, nascosti dietro nella penombra. Chi erano queste persone e perché’ si nascondevano in un palazzo poco illuminato, lontano dagli sguardi indiscreti degli Uomini Sabbia? Volevo chiederglielo ma sapevo non sarebbe stata una buona idea quando li vidi scambiarsi sguardi pericolosi. L’atmosfera era piena di tensione.

    Stoker, liberati di lui, disse l’uomo che lo aveva colpito, o lo faccio io. Armeggiò dentro la sua giacca. Guardai con terrore mentre tirava fuori un revolver nero e sapientemente aggiunse un silenziatore sinistro alla fine della canna.

    Aspetta, urlai io, entrambe le mani avanti in atto di difesa, per l’amor di Dio, aspetta! La mia spiegazione rotolò fuori di me, "Il mio nome è Simeon, Simeon Allis. Vivo nel complesso di Beckford. Stavo andando alle prove nell’arena pubblica quando ho preso la strada sbagliata e mi sono perso. E’ la verità, lo prometto

    Il sicario con la pistola si fermò per un attimo, soppesando la mia storia. Guardò gli altri che fecero spallucce "Non sembra vero, Simeon Alice? so’ che pensava fosse un nome da ragazza. Non me la sentivo di correggerlo. Che razza di nome è?"

    Un nome da frocio,sputo’ uno di loro e gli altri risero.

    Sta zitto, ordinò l’omone, quello chiamato Stoker. Lui non aveva riso. I suoi occhi fissi su di me, inespressivi. Mi credeva o no? Dove’ la tua carta d’identificazione?

    Frugai nelle mie tasche e la tirai fuori. Stoker me la strappò di mano e la portò dall’altra parte della stanza. Lo seguii con lo sguardo mentre accendeva la luce tenendo la carta d’identificazione sotto la luce. Fui sorpreso nel vedere l’ammontare di equipaggiamento ammassato ordinatamente nella stanza, compreso uno scanner governativo per le carte d’identificazione. Quella fu’ la cosa che mi sorprese piu’ di ogni altra, un attrezzo del genere non aveva prezzo oltre ad essere segretissimo. Sapevo tutto questo perché’ avevo cercato di scoprire di piu’ sull’argomento cercando di entrare illegalmente nel sito della Sicurezza Interna e fallendo miseramente. Come aveva fatto a procurarsene uno? A meno che....No, squotei la testa co decisione, questi non erano agenti governativi, non potevano essere. Mentre questi pensieri roteavano nella mia testa stordita, Stoker infilò la mia carta nella macchina, aspettò qualche secondo e lesse le informazioni. Tornò preso dai suoi pensieri mentre si mordeva le labbra.

    Il sicario con la pistola sospirò con disappunto. Mi guardò, I suoi lineamenti erano duri. Così ti sei perso? E per caso, per puro caso sei venuto a bussarci alla porta?"

    C’erano gli Uomini Sabbia, balbettai in fretta. Ho preso la strada sbagliata: se mi avessero preso, mi avrebbero dato un D-emerito. Ne ho già troppi di quelli e un’altra potrebbe significare dover andare a vedere il preside.

    Come, di persona?

    Annuii docilmente, sapendo che questa era una cosa oltraggiosa da dire. Nessuno aveva piu’ dei veri insegnanti.. Tutto era virtuale; tutti stavamo in casa nelle nostre stanze, connessi con I nostri chip incorporati, le lezioni scaricate direttamente nelle nostre cortecce cerebrali. Non s’interagiva quasi mai a un livello fisico. Eccezione fatta per le prove e occasionalmente una figura autorevole. Questo spiegava come mai il sicario era così scioccato nell’apprendere che il preside era vero. Niente di piu’ che un programmatore glorificato per assoluta accuratezza, probabilmente senza nessun precedente in educazione. Ma quello non importava. Il suo dovere era mantenere l’ordine delle cose, non impartire conoscenza. Quello era compito del governo. Se c’era un fallimento nel sistema era l’uomo a doverlo aggiustare. Se uno studente deviava dal suo cammino o riceveva troppe note di D-emerito, il preside doveva parlargli. Mettere le carte in tavola, le conseguenze di non raggiungere i risultati desiderati. Deportazione e riprogrammazione a Cambridge.

    Muovendosi nell’angolo piu’ lontano, gli uomini parlarono velocemente l’uno con l’altro. Per un istante ebbi l’insana idea di provare a correre fuori, spalancare la porta e correre dietro gli Uomini Sabbia. Dicendogli tutto quello che avevo scoperto...che non era molto, ma ero sicuro che sarebbero stati interessati. Allungai il collo e spiai attraverso la porta, nient’altro che ombre nell’oscurità,  tirai un lungo sospiro. Impossibile, nessuna speranza, decisi. Il proiettile mi colpirebbe dietro la testa  prima di raggiungere un paio di metri e questo sarebbe tutto. Così stetti seduto e aspettai, massaggiandomi di tanto in tanto la guancia colpita che si stava rapidamente gonfiando.  Come avrei potuto spiegarlo a Piperson o il capo della banda? Se mai fossi riuscito a uscire da quel pasticcio, chiaro. Se avessi mai rivisto Piperson o chiunque altro, specialmente Yolanda . Dio, quanto mi mancava in quel momento.

    Va bene , disse Stoker venendo di nuovo verso di me. Notai che dietro di lui il sicario non teneva piu’ la pistola in mano. Questo era gia qualcosa un piccolo barlume di speranza. Vogliamo che tu faccia qualcosa per noi.

    Aggrottai la fronte confuso. Io...che cosa intendi?

    Il sicario si fece avanti oltrepassando Stoker, sporgendosi mento in avanti, ringhiando. Intendiamo, piccolo fifone, che se non fai quello che ti chiediamo, ti lasciamo con gli Uomini Sabbia...

    Finche’ non ci sei dentro sino al collo. Disse un’altro, quello che mi chiamo’ ‘frocio’. Di tutti e quattro era quello che odiavo di piu’. Un’aura malvagita’ latente mi venne incontro, inquietandomi, cercando di evitare il suo sguardo penetrante.

    E’ semplice, disse Stoker. Vogliamo tu consegni un pacco al Protettore.

    Due

    Il sorriso di Yolanda era disgustosamente dolce mentre entravo dalla porta principale. La fermai con un cenno dal corrermi incontro, ma non ce n’era bisogno, stava gia’ rallentando, erano apparse dei solchi sulle sue sopracciglia. Sperai che fosse abbastanza come spiegazione.

    Sembrava abbastanza, almeno per ora. Non chiese nulla, corrugo’ un poco la fronte, prendendomi per il gomito mi indirizzo’ delicatamente verso l’assemblea dei giocatori. Appoggio’ la testa sul mio braccio. Non ci eravamo visti di persona per una saettimana e sapevo di essergli mancato. Spesso pensavo che per Yolanda sembravo essere la personificazione di tutto quello che c’e’ di puro e buono al mondo. Non mi aveva mai proferito una mala parola e se mai bofonchiavo o grugnivo si limitava a sorridere, facendomi capire che mi perdonava. A volte le sue attenzionim erano troppo quasi soffocanti. Come se fossi l’amore di mamma. Come se qualcuso sapesse cosa volesse dire amore materno ovviamente. Le madri non erano piu’ necessarie gia’ da qualche tempo. Yolanda tuttavia forse era altrettanto brava, specialmente dopo quello che ho passato faceva piacere avere qualcuno che ti ama.

    Volevo dirle ogni cosa ma ovviamente non potevo. Quegli uomini mi avevano detto, senza mezzi termini, che se avessi detto qualcosa anche ad una sola persona mi avrebbero dato agli Uomini Sabbia. Stoker aveva deframmentato il mio chip e aveva trovato giusto abbastanza spazio per piazzarci un piccolo programma di sua invenzione. Inseri’ le informazioni ed eccomi sullo schermo. Tutto. Mi stupii della sua conoscenza , ma l’idea che ora mi possedeva, mi riempiva di terrore. Ero suo, ogni parte di me. In ogni momento, sapeva dov’ero, con chi stavo parlando, cosa stavo mangiando, persino cosa stavo indossando...Era completamente sotto controllo.

    Allis, ragazzo mio, e’ carino da parte tua unirti a noi.

    Guardai su’e annuii lievemente verso Piperson mentre attraversava l’arena verso di me. Quando fu’ piu’ vicino potei sentire l’odore di cipolle e formaggio nel suo alito , una connessione rassicurante verso il mondo reale, la mia vecchia vita. La vita di ieri. La vita di quel pomeriggio. Mi dispiace capitano Peterson, signore,sbattei i tacchi e portai la mano destra sulla tempia in segno di saluto rigido. Sono stato trattenuto.

    Non importa Allis. Sei qui ora quindi possiamo iniziare. Ruoto’ intorno e guardai verso il resto della banda e mi misi in una posizione nella quale speravo forzarli a distogliere lo sguardo da me. L’ultima cosa che volevo ora, erano un sacco di domande. Se ne stavano in piedi, rigidi come colonne portanti, uniformi bianche luccicavano persino nella luce grigia e lugubre, aspettavano. Senza una seconda pausa presi il corno dalla mano distesa di Yolanda e andai dietro gli altri.

    La voce di piperson diruppe,Alla sinistra...pronti...VIA!

    Bramble Fawlkes batte’ il tamburo e le prove iniziarono.

    Solo dopo alter due ore massacranti Yolanda e me camminavamo in quello che rimaneva del parco centrale della citta’, fermandoci vicino ad uno dei laghetti stagnanti, immaginando che ci fossero ancora delle anatre a nuotarci dentro, aspettando che gli

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