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Due Romanzi In Ebook
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E-book147 pagine2 ore

Due Romanzi In Ebook

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Info su questo ebook

Questo ebook include i miei due romanzi di fiction pubblicati su Smashwords.com:
Tutto A Ferragosto
Trovando La Via D'Uscita

LinguaItaliano
Data di uscita22 ott 2021
ISBN9781005177393
Due Romanzi In Ebook
Autore

Nunzia Castaldo

Sono nata a Bologna in Italia. Mi sono laureata in Pedagogia con indirizzo psicologico, sono stata docente per molti anni. Amo leggere e scrivere di poesia e racconti, amo fotografare dettagli di realtà e rielaborarli al computer. Amo scrivere per Smashwords, molti miei testi sono passati negli anni attraverso il suo catalogo che aggiorno. Grazie Smashwords.

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    Anteprima del libro

    Due Romanzi In Ebook - Nunzia Castaldo

    Due donne, due storie diverse, Tutto A Ferragosto tra Bologna e Isola Verde

    Qualche ora prima della partenza, lei lavorava ancora, seduta alla scrivania, nello studio di cui era titolare. Trizia controllò l’orario: era tardi e non voleva perdere l’aereo. Aveva prenotato all'hotel termale e già si vedeva nell’elegante costume dalla linea modellata immergersi nelle rigeneranti acque termali. Aveva bisogno di dedicarsi un tempo di riposo. Lei oscillò la testa come a mandare via la stanchezza; salvò il lavoro e spense il computer. Intanto si biasimava. Esagerava, era sempre impegnata nel lavoro, ma lei nutriva l’ambizione. Era una perfezionista e non si arrendeva mai. Del resto, l’aveva ereditato da suo padre Giorgio. Con tenacia, anche lei era diventata avvocato civilista stimato, e aveva un’ottima clientela. Lo Studio godeva oggi d’uguale reputazione. Dai tempi di Giorgio, il fondatore, nulla era cambiato. Lo rivide al lavoro, seduto proprio a quella scrivania. Purtroppo morì d’improvviso, quando lei si era appena abilitata alla professione. Portò alle labbra la tazzina del caffè ormai freddo. Chiudere lo studio la metteva in ansia, sempre. Adesso, basta però. S’impose. Riordinava e via, in ferie. Lei si muoveva dalla scrivania agli schedari e i mobili antichi che suo padre aveva acquistato negli anni cinquanta. Le colleghe le dicevano che era ormai ora di cambiare l'arredo, che non la rappresentava per niente, ma lei pensava che parlassero solo per invidia. Trizia mise le pratiche nell’archivio. In sottofondo le giungeva la vibrazione del vortice d’aria fredda forzata. Il nuovo condizionatore era utilissimo. Controllò l’orario. Un’ora dopo doveva essere al banco d’accettazione dell’aeroporto. Si affrettò a sistemare la stilografica in una borsa da viaggio, di lino incolore, regalo di compleanno dell’amica Carla. Amica e compagna di viaggi turistici. Non in quella circostanza per impegni di famiglia, ma pretendeva ci fosse almeno la borsa. Eccola accontentata. Già piena del necessario, la guardava misurata, e la posava sulla scrivania, prendendola per i lunghi manici fissati da bottoni ovali di legno, quando sentì bussare alla porta dell’ufficio. Era Simone, il segretario, che annunciava l’arrivo di un cliente. Lei raccolse le carte e infilò con delicatezza il computer nella valigetta. Si era dimenticata del cliente che le telefonò, a due giorni dalla chiusura dello Studio, per avere una consulenza. Voleva sapere cosa fare contro la richiesta d’esborso di un’imposta immobiliare. Lei gli aveva risposto che era necessario un ricorso. Da quanto gli aveva accennato, le sembrava possibile, ma non l’avrebbe potuto affermare con certezza. Le occorreva appurarlo. L’avrebbe verificato al suo rientro, dopo ferragosto. L’uomo, invece, aveva insistito per farsi ricevere. Le spiegò che si era rivolto a lei su indicazione di un cliente dello Studio legale, e che non se la sentiva di aspettare, di tenere in testa quel dubbio ancora a lungo. Lei era in procinto di partire, poteva trascurare la richiesta, liquidarlo e rimandare, ma non lo fece. Le apparteneva un forte senso del dovere, e per quel buon cliente di vecchia data, benestante e conosciuto in città. Aveva perciò convenuto di fissare l’appuntamento per mezzogiorno. Guardò all’orologio: erano quasi le tredici, aveva poco tempo e il commerciante era arrivato in ritardo di un’ora; sbuffò insofferente. Lei accolse il cliente con il sorriso appena accennato sulle labbra e il tono alquanto aspro nella voce. Stefano lo notò. Era in ritardo, lo sapeva, ma veniva dalla periferia con il mezzo pubblico. Poi aveva corso per strada, dalla fermata al palazzo, ed era salito facendo i gradini a due a due, affannava ancora. Tolse dalla tasca dei pantaloni il fazzoletto e si asciugò la fronte. Mi scusi avvocato, non sono riuscito a chiudere prima la salumeria; è rimasta a casa quest’anno la gente; c'è crisi. Trizia si appoggiò allo schienale della poltroncina e lo guardò con severità professionale. Lo sa che se ritardava oltre ne parlavamo dopo le ferie? La puntualità per lei era sinonimo di correttezza. Non teneva per sé ciò che pensava. Ha portato l’incartamento? Le toccò di estrarre dalla borsa la penna appena riposta. Si stava innervosendo. Al tatto la vecchia pregiata stilografica d’oro bianco, con le tre piccole gemme di diamante sul fermaglio del cappuccio, le ricordò suo padre. Fu di Giorgio quel regalo per la lode alla laurea. Non si era separata più dalla preziosa penna. Era fonte d’ispirazione, sussurro d’approvazione e d’incitamento. Ritrovò la solita calma. Eccolo, come mi aveva richiesto. A Stefano infastidiva il suo tono, ma non lo mostrava, aveva bisogno della consulenza. Si sieda, disse Trizia e gli indicò la sedia. Si affrettava a consultare i documenti. Era indecisa. Concentrarsi e verificare puntigliosamente le carte, com’era abituata a fare sempre, o sfogliarle veloce e affidarsi alla sua professionalità? Si adoperò per una sintesi. Il condizionatore percepiva il rialzo di temperatura portato dal cliente accaldato, e roteava più forte. Quel rumore e il frusciare dei documenti rivoltati in fretta, erano gli unici suoni sentiti da Stefano. Intanto il suo sguardo scivolava intorno, ai mobili in noce nazionale, abbelliti da intarsi e rifiniti in radica, alla libreria stracolma di tomi, allo schedario sormontato da raccoglitori lasciati in un ordine disordinato, sotto la finestra che affacciava sui viali di circonvallazione. Lui fermò per un istante lo sguardo di là dei vetri chiusi, alla verde chioma degli Ipocastani. Nell’aria dell’interno lui sentiva l’inconfondibile essenza di cera per mobili miscelata agli odori di cancelleria. Stefano apprezzò molto il buon gusto e il lusso dell’arredo. Curiosava alle pareti, tra le miniature di Bologna medievale e tra le cornici dorate di titoli accademici in bella mostra. D’improvviso, però, certo com’era d’essere incorso in un errore burocratico, si agitò pensando alla parcella, certamente salata, da pagare. Non voleva schiodare neppure una lira per quella faccenda. Era nel giusto. Era una vittima. La sua sedia scricchiolò sotto di lui allo scatto nervoso involontario. Nel frattempo l’avvocato posava l’incartamento sulla scrivania dal grande piano verde bordato in radica. Lo informava in fretta che era necessario avviare il ricorso entro il termine indicato per il pagamento. Il ricorso andava assolutamente inoltrato. L’indagine approfondita sulla possibilità di vincerlo, la faceva al ritorno. I suoi occhi azzurrognoli brillavano di forza imbattibile. Per lei far applicare la giustizia era come una missione e restituire serenità ai suoi clienti, una soddisfazione. Adesso lei gli spiegava che il mandato andava compilato e firmato. Lo compilarono. Allora ascolti bene, prima di firmare, glielo leggo. Alzava e abbassava la voce, saltava le frasi ovvie. Adesso voleva andarsene. Il negoziante seguiva muto, sedeva incassato nelle spalle e torturava le mani strappando le pellicole dalle unghie. Stavolta lo sguardo era fisso alla dottoressa, ai suoi capelli lisci. Li portava lunghi appena a coprirle il collo. Le sfumature ramate, sul rosso Tiziano, le donavano carattere, pensò lui. Poi scese dalle sopracciglia sottilissime, alle labbra turgide, alle guance sporgenti. La dottoressa era sensuale; si sorprese, lei incarnava la controparte, non poteva esserlo. L’avvocato per un attimo sollevò la testa, scostò dagli occhiali un ciuffo caduto dalla frangia, poi si mosse e accavallò le gambe; impaziente ne muoveva una a ritmo di lettura. Con lo sguardo al mandato, scrisse la data e gli indicò la biro nera nel portapenne conico in cuoio. Ecco, firmi qui. Trombetti si curvò sul foglio e appose una firma tremolante. Era molto contrariato. Lei non mancò di notare l’espressione inquieta sul suo volto. Stefano parlava a scatti e cercava parole di circostanza, ma altro era ciò che avrebbe voluto urlare per davvero. Quel negozio era stato la rovina della sua vita. Gli aveva procurato molti fastidi, gli era costato un sacco di soldi e non smetteva di portargli sfortuna. C’era di mezzo suo padre. Ricordi sgradevolissimi riaffioravano. Il pensiero di Trizia invece era oltre, alle cose da prendere, a quelle da lasciare. Consegnò la pratica a Simone, il segretario e gli disse di controllare se il taxi era arrivato. Al ritorno, avrebbero completato l’atto. Ora pensava soltanto ad andarsene in ferie. Si affrettava a lasciare l’ufficio e tagliò corto col cliente. Non lo assecondava. L’aveva classificato come il tipo che non si toglieva più d’attorno. Non voleva arrivare in ritardo al cancello d’imbarco. Stefano, invece era in ansia per la trafila burocratica da affrontare, continuò. Dottoressa, avevo delle cose da domandare, posso stare tranquillo? Trizia intanto, con la borsa a tracolla, afferrava con rapidità la valigetta porta computer e con l’altra mano trascinava la valigia rossa rigida a rotelle per il corridoio lucido. Lui le trasmetteva ansia, lo rassicurò, anche se non se ne sentiva il dovere. Non si preoccupi! Non sottovalutava le richieste dei suoi clienti, mai. Guardò il sottile incartamento nelle mani del segretario, sull’uscio. Facciamo così: preparerò la pratica in ferie; in questo modo anticipiamo i tempi del ricorso. Grazie, dottoressa, grazie. Il salumiere accennava un sorriso e a Trizia faceva piacere. Il giovane segretario s’intromise nervoso, si era fatto tardi per la pausa pranzo, aveva fame. L’avvocato lo sapeva che quella settimana, in sua assenza, Simone se la sarebbe presa con calma, ma era preciso sul lavoro, non voleva esagerare nelle richieste. Ecco, dottoressa il taxi è in strada che la aspetta, vada e faccia buon viaggio! Con un sorrisetto sulle labbra, li faceva scorrere fuori veloci. Simone era tornato alla scrivania, d’umore più sollevato. Finalmente la dottoressa non l’avrebbe strizzato come un limone. Lei non gli dava un minuto di libertà! Spense il computer e sollevò il ricevitore. Pregustava i giorni di lavoro senza il capo e l’inizio delle ferie. Telefonò alla fidanzata. Intanto l’avvocato e il cliente erano alla rampa di scale. Lasci che l’aiuto. Stefano si sentiva sollevato. La pratica era in buone mani. Si curvò in avanti a prenderle la valigia. Beata lei che va in ferie, avrei anch’io bisogno di una vacanza; non sono stato bene di salute, mi sono dovuto operare, non le racconto l’esperienza, adesso che finalmente cominciavo a sentirmi meglio, mi arriva questa comunicazione; per giunta vogliono dei milioni dal sottoscritto; sono negoziante da oltre venti anni e non ho rubato una lira di tasse!. Sotto la lamentela, situazioni irrisolte della sua adolescenza, ribollivano. Lui le conosceva. Tante volte aveva cercato di dimenticarle, senza mai riuscirci. Ha l'aria da cane bastonato, non è un problema irrisolvibile. Scesero la bella scalinata di marmo grigio tenendosi al corrimano di ferro battuto e si fermarono all’interno del cortile dell’antico palazzo. Ora mi scusi, si sta facendo tardi; la saluto. Trizia trascinò la valigia in direzione del tassista. Poi salì sul mezzo che lentamente imboccò i viali di circonvallazione. Guardò, come di solito, all’ingresso del parco cittadino dei Giardini Margherita. Si rivide quando la domenica mattina, con Niki, il suo bianco barboncino, nel cestello sul manubrio, risaliva in bicicletta il viale, respirando l’aria fresca della mattina intrisa d’aromi oleosi e pungenti di platani e ipocastani. Una domenica mattina, nell'antico e frequentato parco pubblico, aveva conosciuto Duilio. Era stato proprio il giocherellone barboncino a farli incontrare. Si era ostinato ad abbaiare, ad alzarsi sulle zampette, a insistere per farsi prendere in braccio da lui. Duilio non rimase insensibile né a Niki, né alla sua padrona. S’innamorarono. Era felice a quel tempo. Erano passati tanti anni, perché ricordarlo proprio adesso? Non sapeva spiegarselo. Il caldo afoso invadeva l’abitacolo, mentre il taxi percorreva, lento, i viali assolati. Intanto, sempre più nervosa, controllò l’orario dal gioiello che portava allacciato al poso. Con la mano destra a sostenerne il bracciale, pensò al molto denaro speso per l’orologio, era di un lusso smaccato. Lei saliva di credito agli occhi di tutti, quando lo ostentava. Stimolava anche la competizione nei colleghi maschi. Loro sapevano bene apprezzarne il valore. Si stimava. Pensò che indossarlo l’avrebbe vestita di finezza. Lei balzò sul sedile. Aveva fatto bene a portarlo con sé? Allontanò dalla mente l’apprensione che le era venuta, subire uno scippo nei luoghi di turismo era all’ordine del giorno, ma si tranquillizzò subito. Pensò che all’occorrenza avrebbe usato la cassetta di sicurezza dell'albergo. Pulì col fazzoletto il vetro di zaffiro e la ghiera di diamanti. Aveva colto l'occasione del compleanno per premiarsi di un suo recente successo professionale. Con esaltazione compiaciuta di sé si complimentò per la scelta riuscita del regalo che si era fatta. Era tardissimo. Trizia invitò il tassista a usare il condizionatore e a sbrigarsi che l’aereo era in partenza. Nel frattempo il commerciante si era fermato al voltone del palazzo, davanti al giardino interno e alla fontana zampillante al centro della vasca circolare. L’oasi artificiale stemperava la calura della strada. Sedette sulla panca in pietra, a lato. Piegato, con i gomiti appoggiati sulle cosce e le dita dinoccolate poste a sostegno del mento, ripassò sulla fronte il fazzoletto stropicciato. Parlava da solo. Accidenti a mio padre che non ha mai avuto premura per me, accidenti anche a me; Il passato ritorna sempre a torturarmi. Agitava la testa. Guardò le sculture che circondavano la vasca. C’erano un leone sul bufalo abbattuto, una tigre in lotta col serpente, e due gruppi di sirene tra le alghe marine e gli scogli. Vide che erano come

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