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Anima socialista: Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)
Anima socialista: Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)
Anima socialista: Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)
E-book347 pagine4 ore

Anima socialista: Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)

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Info su questo ebook

A trent'anni dalla scomparsa di Sandro Pertini e a quarant’anni da quella di Pietro Nenni, un libro che traccia il rapporto politico ed umano tra i due leader socialisti, in prima linea nella Resistenza e protagonisti della rinascita democratica e repubblicana del nostro Paese.

Una ricostruzione possibile grazie ad un carteggio inedito, emerso per caso nel sottofondo di una vecchia valigia di Pietro Nenni. Un corpus di oltre 200 lettere, trascritte fedelmente, che attraversano le tappe più importanti della storia del Partito socialista e della vita politica italiana dal secondo dopoguerra al settennato di Sandro Pertini, passando per la stagione riformista dei governi di centro sinistra.

LinguaItaliano
Data di uscita24 feb 2020
ISBN9788832104196
Anima socialista: Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)

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    Anteprima del libro

    Anima socialista - Alessandro Giacone

    Il libro

    Il rapporto politico ed umano tra due protagonisti indiscussi della Resistenza, della rinascita del Partito socialista italiano, della ricostruzione democratica e repubblicana e della vita politica del nostro Paese, raccontato attraverso un carteggio inedito, emerso per caso nel sottofondo di una vecchia valigia di Pietro Nenni.

    Un corpus di oltre 200 lettere che attraversano le tappe più importanti della storia politica italiana dal secondo dopoguerra al settennato di Sandro Pertini.

    Sinossi

    Un volume che permette di ricostruire,

    in modo approfondito, i rapporti politici ed

    umani tra i due principali esponenti e protagonisti

    del Partito Socialista italiano, dalla Resistenza

    fino agli anni della Presidenza Pertini.

    A cura di Antonio Tedesco e Alessandro Giacone

    Anima socialista

    Nenni e Pertini in un carteggio inedito

    (1927-1979)

    Storica

    In collaborazione con Fondazione Pietro Nenni

    Collana di studi storici e politici della Fondazione Pietro Nenni

    Biblioteca della Fondazione Pietro Nenni

    Anima socialista

    Nenni e Pertini in un carteggio inedito (1927-1979)

    a cura di Antonio Tedesco e Alessandro Giacone

    Trascrizioni lettere: Antonio Tedesco, Alessandro Giacone

    Supporto archivistico e revisione dei testi: Ilaria Coletti

    Le lettere pubblicate sono conservate nei seguenti fondi archivistici:

    Archivio storico Fondazione Pietro Nenni:

    Archivio Nenni Privato

    Serie I Carteggi, Sottoserie II Carteggio Privato, Busta 2, Fasc. 14, Carteggio Nenni-Pertini 1927-1979

    Archivio Nenni

    Serie Carteggi, Busta 36, Fasc. 1713, Serie C. 1944-1979

    Serie Partito, Busta 87, Fasc. 2184

    Archivio storico Fondazione Filippo Turati:

    Archivio Pertini

    Busta 1, Busta 2 (Fascc. 14, 15, 17, 19, 21), Busta 3 (Fasc. 21),

    Busta 9 (Fascc. 10, 13, 15, 49, 50, 51, 55), Busta 10 (Fasc. 1),

    Busta 11 (Fascc. 13, 15)

    © Arcadia edizioni

    I edizione aprile 2024

    Isbn 9791256060313

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale, del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    Immagine in copertina: Archivio fotografico Fondazione Nenni. Nenni e Pertini al Comitato Centrale del PSI il 31/10/1963.

    Tutti i diritti riservati.

    Nota al testo

    Il presente carteggio tra Pertini e Nenni è in gran parte inedito. Le carte sono state rinvenute casualmente nel 2017 dalla nipote di Pietro Nenni, Maria Vittoria Tomassi e da Antonio Tedesco, durante la consegna degli originali autografi dei diari di Nenni alla Biblioteca del Senato. Nel sottofondo della valigia, che apparteneva alla figlia di Nenni, Giuliana, e dove erano conservati i diari del leader socialista, è emersa questa ricca documentazione che copre un lungo arco cronologico, dal 1944 al 1979 (con una lettera del 1927), qui riproposta fedelmente (con refusi, sottolineature e cancellature) con le trascrizioni di Antonio Tedesco ed Alessandro Giacone.

    Nel volume sono state inserite, per completezza, alcune lettere inedite dell’Archivio Pertini, per gentile concessione della Fondazione di Studi Storici Filippo Turati e del suo Presidente Prof. Maurizio Degl’Innocenti.

    Il carteggio va a colmare una lacuna nella storiografia sul socialismo italiano e ci permette di ricostruire, in modo approfondito, i rapporti politici ed umani tra i due principali esponenti e protagonisti del Partito Socialista italiano, dalla Resistenza fino agli anni della Presidenza Pertini.

    Due protagonisti della ricostruzione del PSI e della rinascita democratica del Paese

    Dall’antifascismo ai fatti d’Ungheria (1927-1956)

    di Antonio Tedesco

    «Ho sempre voluto bene in modo fraterno a quest’uomo con cui mi litigavo. Non ho mai potuto dimenticare che anche lui ha dedicato la vita alla causa della libertà, della democrazia, della classe lavoratrice. Ma lui ne ha abusato, sa? Ne ha abusato eccome. Sapeva che gli volevo bene e se ne approfittava. Diceva: Tanto ho l’appoggio di Sandro! Lui si urta con me e poi, all’ultimo momento, sta con me. È così legato al partito! […] Ho sempre sentito un maggior affetto per Nenni. E non solo perché Nenni è sempre stato fedele al partito ma perché Nenni ha una carica umana che Saragat non ha»(1).

    Il 26 luglio del 1943 Nenni festeggiava la caduta del fascismo a Ponza, dove era confinato per disposizione di Mussolini, Pertini invece quel giorno partecipava a Ventotene ad un lungo applauso insieme ad altri settecento confinati antifascisti, «ma il sentimento che prevalse fu un senso di angoscia per quello che ci aspettava: una eredità fallimentare»(2). Il 28 luglio Pertini venne a sapere che al porto di Ventotene c’era una corvetta con Mussolini a bordo e che lo avrebbero scaricato lì; ma improvvisamente la barca cambiò rotta per dirigersi a Ponza, dove l’ex Duce venne sistemato nella villa del Ras Immurù, in località Santa Maria. Mussolini ricordava bene di averci mandato su quell’isola il suo ex amico Nenni(3). Il confinato socialista spinto dalla curiosità prese il cannocchiale e lo puntò sulla villa; nella penombra intravide la sagoma dell’ex Duce(4).

    Sia per Nenni che per Pertini finalmente arrivò il telegramma da Roma, che ne disponeva la Liberazione. Nenni la mattina del 5 agosto lasciò l’isola a bordo di un peschereccio, raggiunse Roma, dove, avendo con sé solo il vestito che indossava, ebbe una giacca da Giuseppe Romita e un vecchio paio di calzoni da Oreste Lizzadri(5) recandosi poco dopo presso gli uffici del Vaticano e della Croce Rossa per avere notizie della figlia Vittoria(6), internata in un campo di concentramento tedesco. Il segretario del PSI, Romita gli consegnò il ruolino degli iscritti al Partito e Nenni rimase esterrefatto: «Ma siamo pochissimi – esclamò – il Partito non c’è, ci sono solo i comunisti»(7). Romita gli rispose che il Partito non esisteva come organizzazione ma era vivo nella coscienza(8) di molti cittadini, nel cuore di molti vecchi militanti. La sera si sistemò da Olindo Vernocchi.

    Pertini invece giunse a Roma il 13 agosto e come prima cosa, insieme a Bruno Buozzi si recò dal capo della polizia Senise per pretendere la liberazione di tutti i prigionieri di Ventotene, in prevalenza comunisti. Poi pranzò a casa di Lizzadri dove rivide Nenni. Fu una grande emozione per Pertini che qualche giorno prima, mentre era ancora a Ventotene, aveva ricevuto una lettera molto affettuosa di Nenni in cui erano tracciate alcune linee programmatiche per il Partito(9).

    Parlarono della guerra, della fine del fascismo e soprattutto di come attivarsi per ricostruire l’organizzazione socialista ma entrambi, prima di mettersi al lavoro, sentirono il desiderio di tornare a casa: Pertini a Stella, in Liguria, Nenni a Faenza, in Romagna. Pertini andò a trovare la madre: «Era molto vecchia e mi attendeva. Stava sempre seduta su un muretto che circondava la nostra casa. che cosa fa Signora?, le domandavano. Aspetto Sandro, rispondeva»(10). Sta tre giorni con lei, il 24 agosto riparte.

    Dopo aver segnalato la figlia, e dopo aver chiesto a Lizzadri di preoccuparsi della scarcerazione di Morandi, Nenni si recò a Faenza con la speranza di rivedere la famiglia, poi a Bologna (dove incontrò diversi compagni, tra cui Fabbri e Bentivogli) e a Milano, dove si soffermò davanti la casa in cui aveva abitato molti anni prima, che nel 1926 fu messa a soqquadro dai fascisti, e incontrò Basso, Viotto e Mazzali.

    Nel frattempo a Roma con il consenso di Nenni, che però non era presente, vennero firmati gli accordi che sancirono la fusione tra il PSI, il MUP(11) e l’UP(12) nel nuovo Partito Socialista di Unità Proletaria, alla cui guida viene nominato un comitato centrale(13).

    Fusione che fu ratificata il 22-25 agosto, in viale Parioli 44 a Roma, in casa di Oreste Lizzadri dove era stato convocato un piccolo congresso socialista in semiclandestinità(14), al quale parteciparono delegati di diverse regioni, che sancirono la nascita del PSIUP. Pertini aveva raggiunto l’assemblea il 24 agosto, in tempo per essere nominato vice segretario(15), in supporto a Nenni, acclamato leader del Partito e direttore dell’«Avanti!». Dei compagni presenti quattordici vennero designati all’unanimità per la nuova direzione del Partito. Per il quindicesimo Nenni chiese un voto di fiducia per un compagno che rientrerà dalla Francia entro pochi giorni: Giuseppe Saragat. Alla sollevazione dei giovani turchi (così Nenni definiva Corona, Zagari ed altri giovani del Partito) che domandano chi fosse, Nenni si alzò e, allargando le braccia, in tono fra il risentito e il meravigliato disse: «Come non lo conoscete? Giuseppe Saragat è il migliore di tutti noi»(16).

    Nella direzione entrarono uomini di primissimo ordine, con elementi della vecchia guardia come Buozzi, Romita, Vernocchi, Viotto, elementi della generazione di mezzo come Lizzadri e giovani intellettuali come Colorni, Basso, Corona, Vassalli e Zagari. Al vertice arrivarono uomini che avevano vissuto sofferenze, sacrifici e privazioni in carcere, al confino o in esilio che si confrontarono con giovani intellettuali antifascisti cresciuti in Italia durante il regime. Non sempre la convivenza tra i giovani e gli anziani sarà semplice.

    Una buona squadra secondo Nenni, che però nutriva qualche diffidenza verso il settarismo dei dirigenti che provenivano dal MUP (come Andreoni, che aveva iniziato la sua milizia con la Gioventù Comunista(17)), e sperava nell’arrivo di Saragat – ancora bloccato in Francia – e di Morandi, convalescente dopo la scarcerazione, per rafforzare l’organizzazione del Partito.

    Un attestato di fiducia per Nenni che venne riconosciuto il leader a cui affidare la direzione del Partito che si apprestava a riprendersi un importante spazio politico: un uomo di piazza, di barricate, un agitatore, giornalista e scrittore sopraffino, a lungo dirigente del PSI nell’astratto laboratorio dell’emigrazione(18); mentre Pertini(19), a cui era stata affidata la vice direzione del Partito, «quando aveva lasciato l’Italia nel 1926 era soltanto uno dei tanti militanti socialisti che avevano scelto la via dell’esilio, noto essenzialmente per il processo subito a Savona nel giugno 1925 e per aver aiutato Turati ad espatriare in Corsica. Nel periodo trascorso in Francia, grazie anche al processo per antifascismo subito a Nizza nel gennaio del 1929, egli aveva accresciuto la propria fama, senza diventare tuttavia ancora un vero e proprio leader all’interno del movimento socialista»(20). Grazie alla sua indefessa condotta morale, all’atteggiamento assunto nei confronti dei tribunali fascisti, e dopo la condanna, che lo portò ad una lunga fase detentiva e al confino, si diffuse, soprattutto tra gli antifascisti in esilio, il culto di Pertini e la sua immagine comparve negli anni ‘30 su alcuni annulli filatelici, realizzati dal Movimento di Giustizia e Libertà(21), sulle pareti delle sedi antifasciste e sulla tessera del PSI del 1938 (insieme a Morandi e Pesenti).

    A Nenni e Pertini fu affidato il compito di ricostruire il Partito Socialista Italiano. Dopo un ventennio di dittatura fascista era un banco di prova importante per riaffermare l’influenza socialista tra le masse operaie e contadine, per porre il tema della Repubblica e per indirizzare «verso una democrazia dei lavoratori la ricostruzione politica e istituzionale dell’Italia post-fascista»(22). Nenni e Pertini si erano conosciuti in Francia nella comunità degli esuli fuoriusciti dall’Italia fascista. Poi Pertini nel 1929 decise di rientrare in Italia, fu arrestato e per lui iniziò il lungo e fiero calvario in carcere e al confino.

    Il 26 agosto del 1943 sull’«Avanti!» venne diffusa la dichiarazione politica, firmata dal Comitato Centrale del PSIUP, dove in sette punti vennero presentati i compiti, le linee guida e gli obiettivi del Partito, un Partito che non si rivolgeva solo agli operai ma anche ai contadini, ai piccoli proprietari, ai mezzadri e agli impiegati con il fine di lottare per la liquidazione del fascismo e della monarchia, per il ripristino di tutte le libertà civili: «Impegnando la battaglia per la Repubblica Socialista dei Lavoratori, il PSI si fa l’assertore più tenace e più coerente dei postulati di libertà e di democrazia, indissolubilmente connessi al postulato fondamentale dell’eguaglianza sociale»(23). Nel documento, tra i punti prioritari troviamo la fusione con i comunisti al fine di giungere alla realizzazione del Partito unico del proletariato(24).

    L’azione di Nenni e Pertini mirava alla riorganizzazione del Partito nei diversi territori, con il coinvolgimento di lavoratori, operai e studenti e ben presto cominciò a dare i suoi frutti, come si evince da un dispaccio della polizia: «Si vocifera, che il Partito Socialista si andrebbe alacremente costituendo e che molte persone farebbero propaganda distribuendo agli aderenti appositi moduli. Detti moduli verrebbero distribuiti largamente anche nei ranghi dell’esercito e non pochi aderirebbero a movimento, versando anche denaro»(25).

    Man mano si venne a delineare un Partito piuttosto articolato in sui si sovrapponevano divergenze ideologiche tra esponenti portatori di esperienze e progetti molto diversi tra di loro. Nel Partito, confluiranno esuli e carcerati, riformisti e rivoluzionari, marxisti kautzskiani, marxisti lussemburghiani e marxisti leninisti: c’è di tutto, mancano in modo assoluto quadri, persone con esperienza di gestione politica ed amministrativa(26).

    Il 30 agosto del 1943 si costituì un comitato interpartitico composto da Riccardo Bauer per il Partito d’Azione, Luigi Longo per il Partito Comunista e Sandro Pertini per il Partito Socialista, con l’obiettivo di preparare l’imminente lotta al nazifascismo. Pertini con l’aiuto di Gracceva e Vassalli ebbe il compito di organizzare le prime formazioni militari del PSIUP che vedranno protagonisti giovani militanti di grande valore, molti dei quali perderanno la vita(27). Pertini nominò Gracceva vice comandante delle formazioni militari del PSIUP(28) e responsabile del Centro militare socialista di Roma, il quale avviò l’addestramento dei suoi uomini con dei mitra che il dottor Monaco aveva requisito nella caserma della polizia dell’Africa italiana nel quartiere di Trastevere(29).

    Ma non ci fu il tempo di mettere a punto la struttura organizzativa e militare del Partito che nella serata dell’8 settembre del 1943 si ebbe, con il messaggio di Badoglio, la conferma dell’armistizio. Il giorno successivo Roma si svegliò al rombo dei cannoni tedeschi, la città era in preda al panico. In un appartamento in via Adda si riunì il comitato delle correnti antifasciste con Scoccimarro e Amendola per i comunisti, Nenni e Romita per i socialisti, La Malfa e Fenoaltea per il Partito d’Azione, Ruini per i democratici del lavoro, De Gasperi per i democratici cristiani, Casati per i liberali e Ivanoe Bonomi che la presiede: nacque il Comitato di Liberazione Nazionale(30). Pertini rientrò a Roma da Firenze e riferì a Nenni, che alloggiava in Piazza Vescovio da alcuni amici, della situazione al Nord, dei fermi propositi di resistenza e della necessità di organizzare i giovani del Partito. Il 10 settembre Roma sembrava una città morta. Alle ore 13 Nenni, Buozzi, Lizzadri e Zagari in automobile si avviarono verso il Testaccio e incontrarono Vassalli alla testa di due camion di operai armati. Incontrarono pure tanti soldati diretti al centro e disarmati. Il re e Badoglio e i più alti vertici militari erano fuggiti abbandonando la Capitale con un primo convoglio di sette auto: destinazione Pescara e da lì a Brindisi. Nell’esercito italiano impegnato su vari fronti regnava il caos e il disordine. La sera del 10 settembre Nenni insieme a Scoccimarro, Roveda e Amendola si diressero verso Piazza Colonna: «Ci si direbbe al prologo di insurrezione popolare, mentre siamo invece all’epilogo di un’insurrezione mancata»(31).

    Pertini combatte a Porta San Paolo dove giungono numerosi cittadini per dar manforte alle organizzazioni della resistenza, ai Granatieri di Sardegna, ai carabinieri, costruendo la prima barricata ed incitando alla lotta. Con lui ci sono Buozzi, Monaco, Zagari, Gracceva, Vassalli e tanti giovani socialisti pieni di entusiasmo che vedevano Pertini come loro punto di riferimento. Disselciarono «persino le strade per fare armi dei sassi»(32), ma la città venne velocemente conquistata dalle truppe naziste lasciando sul campo oltre 1.000 caduti. Occupata Roma cominciò la guerra clandestina.

    Pietro Nenni, che era ospite di Romita, si riunì con la moglie e le figlie Luciana e Giuliana, giunte a Roma dopo un viaggio rocambolesco in cui avevano rischiato due volte l’arresto(33).

    Con l’occupazione della Capitale Nenni dovette trovare un rifugio più sicuro per sé e per la famiglia. In un primo momento, si sistemarono dalla Signora Anna in Piazza Vescovio. Pertini, invece, sotto il nome di Nicola Durano e poi di Mario Clerici, passò molte notti in casa del compagno Mercurelli, in via Merulana, insieme ad Amendola(34). Non di rado Nenni e Pertini condivisero una stanza in clandestinità: parlavano del Partito, del futuro dell’Italia, delle tragedie della vita. Nenni gli parlava con apprensione della figlia Vittoria, internata in un campo di concentramento nazista(35). Si venne a creare, durante il periodo cospirativo, una collaborazione politica tra Nenni e Pertini feconda e sincera, e un’amicizia leale e fraterna(36). Muoversi nella Capitale occupata diventava sempre più rischioso. Il 18 ottobre del 1943 dopo una riunione presso lo studio del medico L’Eltore, in via Nazionale, Nenni e Pertini vennero fermati insieme a Giuseppe Saragat, a Ulisse Ducci, Luigi Andreoni, Luigi Allori, Torquato Lunedei(37), Carlo Bracco e Filippo Lupis da poliziotti in borghese e da alcuni militi in divisa della PAI (Polizia Africana Italiana) armati di mitra e con il casco coloniale. Si fece avanti Pietro Nenni con il suo certificato medico falso e venne fatto passare. Anche Lupis, con i suoi documenti da avvocato, non venne trattenuto (la polizia lo conosceva). Non toccò la stessa sorte a Pertini, Saragat, Torquato Lunedei (scambiato per Nenni(38)) e gli altri quattro, che non avevano documenti. Impaurito Ulisse Ducci, che era ricercato da tempo dalla polizia, rivelò l’identità di Pertini e Saragat.

    In Questura Pertini, sotto tortura e legato ad una sedia, per due giorni e due notti, si rifiutò – a costo di farsi fucilare – di fornire l’indirizzo di Pietro Nenni e venne sbattuto, insieme ad altri compagni, prima nel carcere nazista di via Tasso e poi a Regina Coeli. Senza processo Pertini e Saragat vennero condannati a morte in via amministrativa(39).

    Nenni convocò d’urgenza Vassalli, Lizzadri e Andreoni, che prese la guida dell’organizzazione militare del PSIUP al posto di Pertini. L’arresto di Saragat e Pertini rappresentò un duro colpo per l’organizzazione del Partito e Nenni stabilì, per ragioni di sicurezza, di ridurre l’esecutivo a tre membri e di convocare con urgenza il Comitato Centrale.

    Il 5 novembre del 1943 il fratello di Lizzadri andò a prendere in automobile Nenni, Buozzi, Romita e Vernocchi per condurli alla riunione del Comitato Centrale che si tenne al primo piano in via del Pozzetto, al centro di Roma. Alla riunione, molto partecipata – in beffa alle SS – si elesse il nuovo esecutivo segreto: Nenni, Lizzadri e Vassalli; a quest’ultimo fu affidata la guida dell’organizzazione militare(40).

    Per ragioni di sicurezza Pietro Nenni decise di lasciare l’appartamento di Piazza Vescovio, rifugiandosi con la famiglia poco lontano, in un piccolo alloggio in via Trasone 18 messo a disposizione dall’avvocato Filippo Lupis(41).

    Il rifugio dopo poco tempo venne scoperto. Il palazzo di fronte era stato messo a soqquadro dai tedeschi e Nenni venne invitato a trasferirsi nel più sicuro seminario di San Giovanni in Laterano dove il rettore, monsignor Roberto Ronca, che sarà poi ricordato come il vescovo delle carceri, ospitava politici ricercati, ebrei e militari sbandati(42). La mattina del 19 novembre, Ronca incaricò un sacerdote marista, Padre Francesco Merlino di consegnare una segreta missiva alla Signora Carmen Nenni in Piazza Verbano. Nella missiva, da consegnare urgentemente al marito, vi era scritto il fraterno consiglio e l’ordine perentorio, pena il rischio della vita, di predisporsi a partire subito dopo il tramonto(43). Ronca incaricò Don Palazzini(44), trentenne sacerdote pesarese, di andare a prendere, con la massima precauzione, Pietro Nenni che si trovava dal Monsignor Barbieri(45) la cui abitazione, in via Cernaia 14, a due passi da Porta Pia, presso i padri maristi, era divenuta rapidamente un luogo di accoglienza temporanea e di riunioni clandestine: «Andai in via Cernaia 14; mi fu presentata una persona; dissi che non avevo a disposizione nessun mezzo di trasporto e che pertanto non restava che prendere insieme il tram n. 16. Lo sconosciuto si mise un paio di occhiali da sole e salimmo sul tram. Il viaggio fu senza incidenti. Condussi il nuovo ospite nella stanza che il mons. Ronca mi aveva indicata»(46).

    In quel luogo Pietro Nenni giunse il 19 novembre nel tardo pomeriggio, e andò ad abitare al secondo piano, zona nord del Palazzo del Seminario Romano Maggiore insieme a De Gasperi, Bonomi, Casati, Ruini, Severi. Nenni venne ospitato nella cameretta del chierico Porta, una semplice e austera stanza come si conviene ai giovani seminaristi dedicatesi al servizio divino(47). Come tutti i resistenti rifugiati nelle mura vaticane venne dotato di uno pseudonimo e di una carta d’identità falsa. Nenni diventò Pietro Emiliani(48) ma qualcuno lo chiamava Don Porta perché il chierico omonimo, nella fretta del trasloco, si era dimenticato di strappare il nome Porta dalla targhetta dell’uscio della cella occupata in seguito da Nenni.

    Nenni insisteva con Vassalli per la liberazione di Saragat e Pertini. Era necessario escogitare un piano per la fuga ma bisognava fare in fretta. I due rischiavano quotidianamente la fucilazione. Vassalli, aiutato da Gracceva contattò il medico Alfredo Monaco, anch’egli socialista, che lavorava all’interno del carcere, e pianificarono un evasione legalizzata. Nenni si era raccomandato con Vassalli di pensare subito «a Peppino [Saragat], perché Peppino non è mai stato in carcere. Sandro il carcere lo conosce, c’è abituato, poi penseremo a lui»(49).

    Con l’aiuto di Massimo Severo Giannini e altri partigiani socialisti della Brigata Matteotti, Vassalli ottenne moduli, carta intestata e timbri originali con i quali costruirono gli ordini di scarcerazione. Il 24 gennaio del 1944, verso le 19, le operazioni di evasione si erano quasi concluse ma mentre si apprestavano ad uscire dal carcere Pertini bloccò tutto: pretendeva che fossero liberati anche gli altri compagni presenti nella cella, cinque soldati badogliani. Appena usciti dal carcere si sparpagliarono rapidamente per strade diverse. Saragat e Pertini rientrano a Regina Coeli da un altro ingresso per trascorrere la notte nell’appartamento del dott. Monaco, insieme a Vassalli e Gracceva. Il giorno dopo, all’alba raggiunsero l’appartamento di Vassalli, dove ad attenderli c’era Nenni.

    Pertini riprese il suo posto al comando dell’organizzazione militare del Partito, nella segreteria del PSIUP e nella giunta militare centrale del CLN, insieme a Bauer del Partito d’Azione e Amendola del

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