Luca e altre storie
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Info su questo ebook
Tre storie, tre personaggi diversi. Luca, Mirta e Marco si raccontano.
Luca, appena andato in pensione, fa il viaggio sognato da una vita per ritrovare le sue radici. Essere o apparire? Ecco il suo dilemma, che si intreccia con quello di Simona, anche lei alla ricerca di un punto fermo nella sua esistenza.
Mirta sta vivendo un incubo; ma è davvero reale oppure un parto della sua fantasia? Lei, che è terrorizzata dal buio, si ritrova nelle tenebre.
Marco, privato della gravità dalla sua compagna, si schianta al suolo. È solo un brutto sogno, ma rivelatore dell’indole di Eliana, la donna con cui convive.
Tre voci da esplorare, in un’atmosfera nostalgica, poi inquietante, poi surreale.
Gian Paolo Marcolongo
Un giovane vecchio con la passione di scrivere. Amante delle letture cerca di trasmettere le proprie sensazioni con le parole. Laureato in Ingegneria. In pensione da qualche anno, ha riscoperto, dopo gli anni della gioventù, il gusto di scrivere poesie e racconti.Non ha pubblicato nulla con case editrici ma solo sulla piattaforma digitale di Smashwords e su quella di Lulu.
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Anteprima del libro
Luca e altre storie - Gian Paolo Marcolongo
Tavola dei Contenuti (TOC)
Ringraziamenti
Luca
Nini al Ros
In viaggio
Il viaggio continua
I ricordi
Ersilia
Simona
La festa del paese
La fine della festa paesana
Il ritorno
L’alba li coglie seduti sotto il fico
La rivelazione
Il sole era alto
Un incubo
La gravità
Nota dell’autore
Il mazzo di fiori
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Nota
Gian Paolo Marcolongo
Luca e altre storie
Racconti
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Copyright © 2017 Gian Paolo Marcolongo
Design di copertina dell’autore ©2017
Luca e altre storie di Gian Paolo Marcolongo
Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’autore.
Nota
Il presente volume è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi o avvenimenti, indirizzi email, siti web e numeri telefonici, siano realmente esistiti o esistenti è da considerarsi puramente involontario e casuale.
ISBN 9781370378456
Ringraziamenti
Ringrazio tutti i miei follower nonché lettori del mio sito web www.newwhitebear.wordpress.com per il sostegno e i suggerimenti.
Ringrazio l’editor, Sara Gavioli, www.saragavioli.it, che con pazienza e abilità mi ha seguito nell’editing del testo fino alla sua stesura definitiva.
A Giuliana
Luca
Nini al Ros
Si chiamava Luca D’Astolfi, ma era conosciuto da tutti come Nini al Ros. Non c’era speranza di chiedergli il motivo, perché era ignoto pure a lui. I capelli, prima che li perdesse, erano di un colore prossimo al nero. Non si schiarivano nemmeno col sole. Quindi il sopranome non dipendeva da questo.
Dalle tendenze politiche? No, nessuna illusione che virassero a sinistra. Lui si era sempre professato apolitico. Quando andava a votare, se ne aveva voglia, metteva la crocetta su quei partitini curiosi e impossibili da considerare come seri. Gli sembravano patetici e meritevoli della sua compassione. Nomi improbabili con simboli curiosi. Così, dentro gli squallidi gabbiotti di legno con la tenda dal colore indefinito, passava in rassegna la scheda elettorale alla ricerca del più stravagante.
Ricordava con una punta di malinconia il 1968, quando aveva contrassegnato con un’evidente X ‘PAPI’. Cosa significasse l’acronimo non lo seppe mai. Immaginò un ‘Partito Anti Partito Italiano’.
Dunque il problema del sopranome rappresentò un enigma anche per Luca, perché c’era poco da capire. Da quando aveva la memoria, dall’età di sei o sette anni circa, si era sempre sentito chiamare così in casa e fuori e lui rispondeva a tono.
Aveva sessantasei anni quando andò in pensione dopo una vita di lavoro dentro e fuori da quel capannone sulla via del mare. La moglie, Ersilia - ma che razza di nome le avevano appiccato si domandava spesso - era in ansia al pensiero di trovarselo tra i piedi tutto il giorno. Ofelia, la figlia, era stato un errore, perché, dopo aver litigato sul nome con lei in ospedale, per dispetto l’aveva chiamata come la tragica protagonista di Amleto. Ormai aveva superato i trentacinque anni con zero matrimoni o convivenze. Un vero record
diceva spesso a Ersilia, che alzava le spalle. Secondo lui era irrecuperabile. Eppure la figlia era una donna piacente ma pure pedante. Che sia lì il segreto dei suoi insuccessi?
pensava Luca, mentre al mattino sorbiva il caffè. Il figlio, Mario, finalmente un nome serio, se ne era andato da diversi anni per la sua strada. Faceva la vita da single incallito nonostante la corte assidua di una fanciulla, della quale Luca non ricordava né nome né viso. Però non gliene importava nulla, se il bambinone non voleva crescere in coppia. Erano affari suoi, perché lui l’errore l’aveva già commesso e non pensava minimamente di correggerlo.
Due giorni dopo avere raggiunto l’agognato traguardo decise che era venuto il momento di fare un bel viaggetto tutto solo. E lo comunicò a Ersilia.
«Parto per il mondo» le disse durante la colazione. «Mi vedrai al ritorno».
La moglie lo guardò stralunata e di sbieco, pronta a squartarlo vivo, se avesse osato mettere in piedi quel subdolo piano.
«Ho capito bene?» rimbeccò acida la donna.
«Vado a preparare la borsa con le mie cose» rispose soave e serafico Luca, per nulla intimorito dall’atteggiamento bellicoso, pronto alla rissa della moglie, e sparì nella camera da letto.
Così disse e così fece.
In viaggio
Luca D’Astolfi era un piccoletto, con la tendenza alla pinguedine, stempiato, in realtà era calvo, ed eccitato per aver raggiunto la pensione. Guardava dall’alto del suo metro e sessanta gli amici e colleghi per il traguardo toccato, che per altri potrebbe costituire un miraggio. Portava sul naso un paio di occhiali dalla montatura chiara, benché lui sostenesse che ci vedeva benissimo anche senza. In effetti faceva fatica a distinguere un tre dall’otto.
Luca prese la vecchia Fiat e si fermò al primo distributore che incontrò. Esattamente dove voleva andare era un mistero pure per lui. Sceso dall’auto, infervorato intavolò con il gestore una lunga discussione su viaggi, lavoro e pensioni da fame. Non mancò di disquisire su donne, politica e calcio. Il classico argomentare da Bar Sport.
Il benzinaio, un uomo alto, ossuto, peloso e sporco di grasso, lo ascoltò infastidito, perché non gli andava di parlare di politica, di donne con uno sconosciuto. Mentre riempiva con la verde il serbatoio della Fiat Punto, anzianotta e scrostata, pensò che i clienti parlavano solo di donne, di politica e di calcio e non stavano mai zitti. Il flusso delle parole lo investiva come raffiche di libeccio.
«Sono quarantacinque euro» disse a Luca, sperando che l’uomo cessasse di sparare parole per esaurimento delle cartucce.
Lui imperterrito continuò a parlare di Ibra e Ronaldo. E non solo. Di veline e donne, uscite alla ribalta nel gossip dei giorni precedenti, di elezioni e governo. Mostrava sicurezza, come se fosse un esperto in materia, senza prestare orecchio alle richieste dell’uomo in tuta giallo sporco. Non aveva ancora compreso che era in pensione da due giorni. Il benzinaio si comportava come gli ex colleghi di lavoro, che non lo ascoltavano.
Adesso il gestore era contrariato, perché quel cliente parlava di argomenti che non lo interessavano e stava facendo crescere la coda delle macchine in attesa.
«Mi dia quarantacinque euro. E sposti la macchina. C’è coda dietro di lei» affermò irritato con un mozzicone di sigaretta spento tra le labbra, senza prestare attenzione al fiume di parole, che sgorgavano senza posa dalla bocca di Luca.
A quella richiesta brusca la fonte cessò di colpo di zampillare, come se si fosse inaridita per un qualche accidente imprevisto. Pagò in silenzio e se ne andò offeso.
Il viaggio non era iniziato sotto i migliori auspici.
Luca spense il telefono, perché non voleva essere disturbato. Chi mi chiamerà?
si domandò, mentre prestava attenzione al traffico nervoso che scorreva attorno a lui. A parte Ersilia, che di certo non aveva nessuna intenzione di ascoltare durante il viaggio, non c’erano altre voci da incrociare via etere. Quindi era meglio che tacesse.
Girò a destra, poi a sinistra, infilando una via sconosciuta. Non lesse i cartelli