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A casa per Natale
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A casa per Natale
E-book106 pagine1 ora

A casa per Natale

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Info su questo ebook

Agosto 1939. Roger Miller e Jack O'Brien sono migliori amici fin dall'infanzia. Quando si rendono conto che fra loro c'è più di una semplice amicizia, Jack sta lasciando il loro sonnolento paesino dell'Iowa per andare al college. Ma si consolano sapendo che tornerà a casa per Natale. Giusto?

Arriva Natale prima che si rivedano, ma un Natale di sei anni e una guerra mondiale più tardi. Invecchiati e scossi dai combattimenti, non sono più i ragazzi di un tempo, ma i loro sentimenti sono più forti che mai.

Nessuno dei due sa come dire tutto ciò che si portano dentro fin dal loro primo bacio, in una lontana estate di pace. Anche quando sono nella stessa stanza, li separano un milione di chilometri.

Ma forse è una distanza che il piccolo angelo nello zaino di Roger può colmare.

Questa novella fa parte della serie "Christmas Angel".

LinguaItaliano
Data di uscita17 mag 2023
ISBN9781642300383
A casa per Natale
Autore

L. A. Witt

L.A. Witt is the author of Back Piece. She is a M/M romance writer who has finally been released from the purgatorial corn maze of Omaha, Nebraska, and now spends her time on the southwestern coast of Spain. In between wondering how she didn’t lose her mind in Omaha, she explores the country with her husband, several clairvoyant hamsters, and an ever-growing herd of rabid plot bunnies.

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    Anteprima del libro

    A casa per Natale - L. A. Witt

    Capitolo 1

    Roger

    Agosto 1939


    Questo posto non sarà più lo stesso senza di te.

    Il mio migliore amico, Jack O’Brien, mi sorrise mentre camminavamo lungo la strada sterrata che portava dal paese alle nostre case. Aveva le mani affondate nelle tasche dei pantaloni impolverati, e la tesa del cappello che gli riparava gli occhi dal sole di fine estate. Non me ne vado per sempre.

    Quattro anni sono tanti.

    Sì. È vero. Lasciò che il suo gomito sfiorasse il mio. Ma sarai così impegnato che non te ne accorgerai nemmeno.

    Risi, a malincuore. Io penso che me ne accorgerò.

    Jack mi guardò e iniziò a dire qualcosa, poi si interruppe. Gliene fui grato, perché avevo la sensazione di sapere cosa fosse stato sul punto di dire.

    "Presto ti sposerai."

    Fissai il terriccio ai nostri piedi. Non sapevo se l’avrei fatto o meno. In paese, insistevano tutti perché io e Daisy Morton ci sposassimo, e a lei si accendeva una scintilla speranzosa negli occhi ogni volta che qualcuno ne parlava. Io, invece, sentivo una strana sensazione alla bocca dello stomaco che un uomo probabilmente non avrebbe dovuto sentire al pensiero di sposare la ragazza più carina del paese.

    Proseguimmo nel calore polveroso, e finalmente raggiungemmo il bosco. Sospirammo di sollievo quando la strada ci portò all’ombra, al riparo dal sole cocente.

    Dove pensi che andrai? chiesi. Dopo il college?

    Jack si strinse nelle spalle, fissando il terreno come avevo fatto io poco prima. Dovunque ci sia del lavoro, immagino.

    Non c’era molto lavoro in paese. Non ce n’era da anni. Non avevamo neanche sofferto per la crisi del ’29 perché la vita qui era già dura. Se non fosse stato per i giornali, probabilmente non ce ne saremmo neanche accorti.

    Quindi, l’unica cosa che sentii delle parole di Jack fu: non penso che tornerò.

    Continuammo a camminare, il silenzio fra noi tanto impacciato quanto insolito. Non mi veniva in mente niente da dire. Un modo per dirgli che volevo andare con lui. Qui non c’era nulla per me, a parte la fattoria dei miei genitori, e Dio solo sapeva se sarebbe stata ancora in piedi fra qualche anno. Non pensavo ci sarebbe stato molto per me neanche in città, ma ci sarebbe stato Jack, e questo sembrava abbastanza.

    Ma non lo dissi. Il treno si sarebbe portato via Jack l’indomani, e io non sarei andato con lui, e questo era quanto. Che importava il fatto che sembrasse tutto sbagliato?

    Proseguimmo, sempre in silenzio. Il silenzio mi rendeva irrequieto. Non ci ero abituato. Non con Jack. Parlavamo tanto da far impazzire i nostri genitori e i nostri amici. Ma da quando ci eravamo incontrati alla fiera quella mattina, le cose erano state diverse. Non sapevo cosa dire. Non riuscivo neanche a guardarlo senza sentire un dolore al petto. Avevo paura di dire qualcosa perché ero certo che le uniche cose a uscirmi di bocca sarebbero state "non andartene o lasciami venire con te."

    Più avanti a sinistra c’era un sentiero ben battuto che si addentrava nel bosco. Quante volte ci eravamo avventurati lungo quel sentiero nel corso degli anni? C’erano bacche che si potevano raccogliere e mangiare… e altre che, come avevamo capito in fretta, era meglio di no… e se si andava abbastanza avanti, c’era una pozza in cui nuotare. Qualche tempo addietro, Jack mi aveva detto che lì aveva dato il suo primo bacio. A quindici anni, con Dottie McAllister. Il mio primo bacio era stato con Daisy un paio di mesi prima, per sfida, davanti a tutti i nostri amici. Mi piaceva pensare che quello di Jack fosse stato più divertente del mio.

    Era difficile credere che quei tempi fossero finiti. Non quelli degli imbarazzanti primi baci, ma i nostri giorni passati a correre lungo quel sentiero, con gli arbusti che ci sferzavano i polpacci nudi, gridando e fischiando con gli amici prima di buttarci a palla di cannone nella pozza con le sanguisughe. A scommettere con Jimmy Davenport che non avrebbe potuto trattenere il fiato più a lungo di me. A gettare monetine nella pozza per poi tuffarci a cercarle, anche se di solito l’acqua era troppo profonda e fangosa. A legare corde ai rami e dondolare per poterci lanciare in aria prima di finire in acqua fra gli spruzzi, continuando a farlo anche dopo che Bobby Harwood era finito troppo in là e si era rotto un braccio. A fumare sigarette rubate e bere liquore rubato e scacciare zanzare.

    Mi sarebbero mancati quei giorni, con punture di zanzara, sanguisughe, braccia rotte e tutto.

    E, soprattutto, mi sarebbe mancato l’amico che era stato al mio fianco in tutte le avventure più incredibili.

    Avevo sempre saputo che un giorno ci saremmo persi di vista e saremmo diventati solo ricordi. Mio padre mi raccontava storie sui suoi amici d’infanzia e, anche se ogni tanto si faceva un po’ melanconico, non sembrava triste di essersi lasciato quei giorni alle spalle. Aveva una famiglia, e aveva amici in paese, e sembrava felice così. Avevo sempre saputo che un giorno sarei diventato come lui. Jack sarebbe stato una persona di cui parlavo con un sorriso, proprio come parlavo di David Sullivan, che si era trasferito in città con la sua famiglia cinque anni prima. Certo, David mancava a tutti, ma la vita era andata avanti, e anche noi.

    Sarebbe successo anche dopo la partenza di Jack. Non sapevo quando o come, ma sarebbe successo.

    Quando fummo vicini all’ingresso invaso dalle erbacce del sentierino, Jack rallentò il passo. Quindi si fermò. Lo guardai, e lui fissò per un attimo l’imboccatura erbosa. Quando si voltò finalmente verso di me, aveva quel sorriso che significava sempre che stavamo per fare qualcosa di folle. Di solito qualcosa che ci faceva guadagnare una bella sculacciata quando i nostri genitori lo scoprivano. E ne valeva la pena. Ne valeva sempre la pena.

    Nessuno si aspetta che torniamo ancora per un po’. Indicò il sentiero. Vuoi andare al laghetto?

    Sbattei le palpebre. Cosa?

    Dai. Il suo sorriso si allargò, come se sapesse che tanto non riuscivo mai a dirgli di no. Andiamo a fare un tuffo. Per rinfrescarci. Facciamoci una nuotata, in nome dei vecchi tempi?

    Era un’idea folle. Due uomini adulti che passavano il pomeriggio in un laghetto?

    Era un’idea folle e… irresistibile.

    Quindi ricambiai il sorrisetto e indicai il sentiero con un cenno del capo.

    Jack andò per primo, iniziando a correre appena lasciata la strada principale, e io gli rimasi alle calcagna. Per tutto il sentiero serpeggiante, oltre il canale dove acchiappavamo le rane, oltre l’albero su cui Jack e Dottie avevano intagliato i loro nomi due giorni prima di lasciarsi, fino alla radura che fra poche settimane sarebbe stata tappezzata di foglie d’acero.

    In mezzo alla radura c’era il laghetto, una pozza di una decina di metri di diametro e in alcuni punti così profonda che non avevamo mai raggiunto il fondo. La corda da cui un tempo ci lanciavamo era ancora appesa a un ramo, mezza coperta di muschio, a ondeggiare nel vento tiepido.

    Ogni tanto lì c’erano bambini e gente della nostra età, ma quel giorno quasi tutti erano in paese per la fiera, quindi non c’era un’anima. Avevamo

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