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Una fidanzata ribelle
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E-book237 pagine3 ore

Una fidanzata ribelle

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1814.
Cresciuta in campagna con i fratelli maggiori, lontano dall'ambiente compassato del bel mondo londinese, Caroline Holbrook è diventata una giovane donna dai modi troppo esuberanti e diretti per trovare facilmente marito. Ma è proprio il suo comportamento spontaneo e vivace a suscitare l'attenzione di Sir Frederick Rathbone, uno scapolo impenitente che ha scommesso di non sposarsi mai. Caroline tuttavia sembra avere i requisiti ideali per farlo capitolare.
Se non fosse che qualcuno sta cercando di ucciderla.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2018
ISBN9788858984000
Una fidanzata ribelle
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    Una fidanzata ribelle - Anne Herries

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Rake’s Rebellious Lady

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2008 Anne Herries

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-400-0

    1

    «Parola mia, Freddie, questa tua coppia è davvero eccellente» esclamò Mr. Bellingham, ammirando gli splendidi bai che Sir Frederick Rathbone conduceva per Hyde Park quella mattina di maggio. «La prossima volta che deciderò di acquistare altri cavalli ti chiederò consiglio.»

    George era a piedi e Frederick frenò il phaeton per farlo salire, poi gli offrì le redini.

    «Provali. Io ritengo di essere stato fortunato a trovare animali simili qui a Londra. Vengono dalle stalle di Farringdon. Me li ha ceduti dopo aver subito un’ingente perdita al tavolo da gioco.»

    «Non si può essere sempre fortunati» commentò Bellingham storcendo la bocca. «Ne so qualcosa anch’io.» Si fece cupo. «Mi sorprende che Farringdon li abbia ceduti. Erano il suo orgoglio.»

    «Chi è trascinato dal diavolo bisogna che cammini» commentò Freddie ridendo, mentre un bagliore d’ironia gli accendeva gli occhi scuri. Era un bel giovane di ventotto primavere, arrogante e ostinato, la sventura di tutte quelle madri che osavano prenderlo in considerazione nella loro caccia a un possibile marito per le figlie, visto che fino a quel momento era riuscito a eludere tutte le trappole che le più astute matrone gli avevano teso.

    «Fortunato al gioco, sfortunato in amore, non è così che si dice?» Freddie scoccò un’occhiata di sfida all’amico. Non aggiunse che aveva accettato quei cavalli come pagamento di un debito ben superiore al loro valore.

    «Non è il caso tuo!» ribatté Bellingham. «La tua ultima conquista è una vera bellezza. Non c’è uomo che non ti invidi la magnifica Yolanda.»

    «Un passatempo piuttosto dispendioso» commentò Freddie. La sua amante era una spettacolare bellezza, ma era anche molto esigente. «Avida tanto a letto quanto fuori. A essere sinceri, mi sto stancando di lei. È troppo prevedibile.»

    «E cosa ti aspettavi, amico mio? È una cortigiana di prima categoria. Si dice che abbia avuto relazioni con molte teste coronate. Forse anche con Bonaparte!»

    Freddie fece una smorfia. Aveva sentito quelle voci e sapeva che erano false, ma non seppe resistere alla tentazione di canzonare un po’ l’amico. «Addirittura Boney! Perché non lo sapevo?» Scosse il capo. «Che vuoi che ti dica, sono troppo esigente.»

    «Non vorrai corteggiare una di quelle ragazzine tutte sorrisi dell’alta società, vero? Oh, magari ti sei invaghito dell’adorabile Miss Avondale... Non sarai per caso alla ricerca di una moglie?»

    «Che Dio me ne scampi e liberi! Addirittura è blesa!» Freddie rise. «No, non ho intenzione di sposarmi. Eppure vorrei trovare una donna con cui poter parlare come facciamo noi due. Una compagna, non solo in senso fisico.»

    «Se una donna così esiste, allora è mia!» esclamò George, accettando la sfida. «Sarebbe senz’altro fuori dell’ordinario. Anch’io prenderei seriamente in considerazione l’idea del matrimonio.»

    «Avanti, vecchio mio» lo canzonò Freddie, visto che George aveva trentaquattro anni ed era uno scapolo incallito, ai suoi occhi. «Dovrebbe essere davvero speciale per tentarti.»

    George annuì pensieroso. «È vero, chissà... Verrai da Almack’s stasera?»

    «Caspita, no!» esclamò Freddie, contrario all’idea di sprecare tanto inutilmente una serata. «Quando mi vedrai in quel ritrovo, saprai che ho trovato l’angelo di cui parlavamo prima. Ma credo che non accadrà mai.»

    «Oh, ci cascherai anche tu, prima o poi, te lo dico io» disse George, più per provocare l’amico che per altro. «Non me le vuoi vendere queste due bellezze?»

    «No, ma scommetto contro i tuoi due grigi.»

    «E su cosa?» domandò George sorpreso. I suoi cavalli grigi erano dei begli animali, ma non erano equiparabili alla coppia di bai.

    «Quella donna. Quella che potrebbe tentarmi a prendere in considerazione il matrimonio.»

    George sorrise. Erano soliti ingaggiare sfide del genere l’uno con l’altro. «E va bene. I miei grigi contro i tuoi bai. Ma dobbiamo darci un limite di tempo.»

    «Natale» dichiarò Freddie, un bagliore malizioso negli occhi. Aveva proposto quella scommessa per puro divertimento, perché ultimamente si stava annoiando molto.

    «Affare fatto! Ma dovrai partecipare a tutte le serate più importanti della Stagione, non rintanarti in campagna o scomparire nel tuo club.»

    «Va bene» convenne Freddie. «Ma niente Almack’s. Quando mi vedrai in quel locale, saprai di aver vinto la scommessa.»

    «E sia» accettò Bellingham. «Nemmeno io vi andrei se mia sorella non venisse a Londra con sua figlia. Ho promesso di far loro da scorta. Ma ti assicuro che Miss Julia Fairchild non è la fanciulla che stai cercando. Ha diciassette anni ed è molto timida. Farò del mio meglio per lei. Comunque, abbiamo davanti tutta la Stagione, Freddie. Chi lo sa cosa accadrà!»

    «Direi ben poco, a giudicare dalle mie passate esperienze.» Freddie nascose uno sbadiglio dietro la mano, domandandosi cosa avrebbe potuto fare quella sera. Era innegabile che Yolanda lo avesse stancato e l’idea di farle visita non gli procurava alcuna emozione. Sarebbe stato meglio porre fine alla relazione. I suoi gusti erano cambiati ed era ora di mutare anche il suo stile di vita.

    «Mamma, dobbiamo davvero andare da zia Louisa?» domandò Caroline Holbrook quella mattina. Erano passati più di due anni dalla dipartita del padre di Caroline, l’Onorevole Mr. Anthony Holbrook, e la sua vedova iniziava ad accettare la situazione soltanto ora. «Perché non affittiamo una casa per conto nostro?»

    «Dovresti sapere che non è possibile.» Marianne Holbrook emise un lungo sospiro. Era una signora pallida e magra, dall’aria fragile. Aveva dato a suo marito ben due figli maschi e una femmina, ma aveva anche sofferto una serie di gravidanze sfortunate che l’avevano resa quasi un’invalida per diversi anni. Il lutto l’aveva ancor più indebolita, così Marianne ora si lasciava guidare dalla sorella, che aveva un carattere più forte. «Tuo padre è morto con molti debiti e i tuoi fratelli hanno difficoltà a mantenere la tenuta. Non posso chiedere loro una tale somma di denaro.»

    «Il povero Tom probabilmente non riesce a risparmiare nulla» disse Caroline con amarezza. Era molto affezionata al fratello maggiore e non voleva rendergli la vita ancor più difficile. Non sembrava esserci alcuna via di scampo per lei. Sua zia, Lady Taunton, aveva contratto un matrimonio vantaggioso e, vedova da diversi anni, era in grado di mantenere una certa indipendenza. Era stato gentile da parte sua offrirsi di pagare le loro spese, ma Caroline temeva le sue imposizioni. «Non potremmo permetterci neppure un soggiorno più breve? E se risparmiassi sul mio guardaroba?»

    «Per favore, non fare la difficile, Caroline. Ho il mal di testa. Sai che la mia salute non è più quella di un tempo. Non riuscirei neppure ad accompagnarti a tutti i balli e ricevimenti cui dovresti partecipare.»

    «Perdonami, mamma. Suppongo che dovremmo accettare l’invito, ma spero soltanto che zia Louisa non voglia impormi il suo giudizio, soprattutto riguardo a chi dovrei sposare.»

    «Ovviamente, cara, ma dovrai scegliere qualcuno meritevole... sempre che tu riceva delle proposte.» Marianne Holbrook guardò sua figlia con aria dubbiosa. Era indubbiamente una ragazza affascinante, anche se non secondo i dettami della moda dell’epoca, che prediligeva fanciulle esili, dai capelli chiari e i modi gentili. Caroline invece aveva la figura di una tentatrice dai capelli rossi, con labbra seducenti e intriganti occhi verdi. Era alta e piena di energia. Alle volte, Marianne si domandava come avesse fatto a dare alla luce una creatura dotata di tanto spirito. Caroline assomigliava molto al vecchio marchese, suo nonno, che era stato un mascalzone, un giocatore d’azzardo dalla dubbia reputazione.

    «Tu ti sei sposata per amore, vero, mamma?»

    «Sì, e me ne sono pentita sempre. Louisa, invece, si è sposata per la posizione e il denaro. Non voglio che tu ti trovi nella mia stessa situazione, cara.»

    «Povera mamma. Ma io credo che tu sia stata felice quando papà era vivo, vero?»

    «Sì, forse...» Un gemito le sfuggì dalla gola. «Ma non mi piace che i miei figli abbiano tutte queste preoccupazioni. E Nicolas si è dovuto arruolare nell’esercito. Non dormo la notte al pensiero dei pericoli che corre.»

    «La guerra con Bonaparte è certamente finita, mamma, ora che è confinato all’Elba» la rassicurò Caroline. «D’altra parte, Nicolas non è il tipo d’uomo che sarebbe felice rimanendo a casa. Sai quanto gli siano sempre piaciute le avventure.»

    Lei e Nicolas erano nati a undici mesi di distanza. Anche se d’aspetto non si somigliavano molto, visto che lui aveva preso dalla madre, erano spiriti affini. Era stato Nicolas a insegnarle ad arrampicarsi sugli alberi, a nuotare nel fiume e a cavalcare come un uomo. Tutte quelle abilità poco femminili, ovviamente, l’avevano messa nei guai prima con la sua balia e poi con l’istitutrice. Crescendo, aveva imparato a essere più giudiziosa, ma segretamente invidiava la libertà di suo fratello.

    «L’hai sempre incoraggiato nei suoi comportamenti più sfrenati» la redarguì sua madre, «ma suppongo che tu abbia ragione. Una madre non può tenere accanto a sé i figli per tutta la vita. Comunque, è mio dovere sistemarti con un marito e una casa tua, perciò dovremo accettare l’invito di Louisa. Partiremo la prossima settimana.»

    Caroline rinunciò a dissuaderla. Se sua madre era determinata ad andare, però, lei lo era altrettanto a non lasciarsi comandare dalla zia riguardo al suo futuro marito. Sempre che qualcuno le facesse una proposta, questo era ovvio.

    «Molto appropriato» approvò Lady Taunton osservando l’abito che sua nipote indossava quella sera. «Sì, ho avuto decisamente ragione a insistere che vestissi di bianco, Caroline. Il color smeraldo che tu prediligi sarebbe stato troppo forte con dei capelli come i tuoi. È un peccato che non somigli di più a tua madre, ma non possiamo farci niente.»

    Caroline strinse le labbra in un sorriso forzato, ma tenne per sé i propri pensieri. Erano solo tre giorni che era in città e già trovava insopportabili le maniere della zia. Avrebbe preferito di gran lunga un abito di color smeraldo, ma visto che era la zia a pagare il suo guardaroba, non le era rimasto che accettare.

    «Andiamo, dunque, Caroline.» Lady Taunton si diresse verso la carrozza che le attendeva. «È un peccato che tua madre non se la senta di partecipare al ballo di questa sera.»

    Caroline non rispose, visto che sapeva che la sua opinione non era richiesta. Sua madre le aveva accompagnate a una serata musicale e a due cene, dopo di che si era dichiarata esausta. Era chiaro che aveva ormai demandato il suo compito alla sorella e non si sarebbe più occupata di Caroline a meno che non fosse stato davvero necessario.

    Durante il tragitto, Caroline dovette sorbirsi l’ennesima predica da parte della zia.

    «Mi preme ricordarti di tenere un comportamento moderato, diversamente da quello che tieni di solito, Caroline» iniziò a spiegarle Louisa Taunton. «Spero che tu abbia imparato come ci si comporta.»

    Caroline non replicò, perché se l’avesse fatto era sicura che avrebbe potuto offendere sua zia.

    «Mi hai udita, Caroline?»

    «Sì, zia, certo.» Strinse le mani in grembo.

    «Ovviamente» rimarcò Louisa, gli occhi che si strizzavano sospettosi. «Spero tanto che tu non stia facendo il broncio. Non lo tollero.»

    «No, zia, non metto il broncio.» Se fosse stato sempre così, avrebbe di gran lunga preferito tornarsene a casa e non sposarsi mai! Trovò difficile prodursi in più che uno stentato sorriso quando fu presentata alla padrona di casa.

    L’orchestra stava suonando nella sala da ballo e l’atmosfera gioiosa contagiò anche Caroline. Si guardò attorno ammirando gli abiti delle signore e cogliendo il luccichio dei loro costosi gioielli.

    «Caroline, ti prego di prestare attenzione» la chiamò Lady Taunton. «Questo gentiluomo è Sir Henry Forsythe, e ti ha appena chiesto l’onore della prossima danza.»

    «Oh... grazie» disse Caroline, sollevata che il gentiluomo in questione non fosse troppo vecchio e che anzi fosse piuttosto attraente. «Siete molto gentile.»

    «No, affatto, Miss Holbrook» rispose Sir Henry con un sorriso d’approvazione. «Per me è un piacere e un privilegio.»

    Caroline gli diede la mano, sentendosi un po’ eccitata mentre lui la conduceva sulla pista. Subito, cominciando a ballare insieme agli altri, si sentì più leggera e felice.

    Continuò a provare quella sensazione anche dopo aver danzato con Sir Forsythe, perché fu avvicinata da diversi giovanotti che le chiedevano un ballo. Caroline rise contenta, dato che molti di quei gentiluomini erano giovani e piuttosto di bell’aspetto.

    Le ore parvero volare e non si annoiò neppure per un momento. Si trovava al centro di un nutrito gruppo di coetanei quando un altro gentiluomo si presentò ricordandole l’impegno di danzare con lui il ballo che precedeva la cena.

    «George Bellingham. Ricordate?»

    «Sì.» Caroline sorrise. «Non vedevo l’ora, anzi.»«Davvero?» Bellingham sollevò un sopracciglio. «Avete ballato con diversi giovanotti, Miss Holbrook. Temo di non poter competere con gente come Asbury o Brackley.»

    «Non sono d’accordo» ribatté pronta Caroline, dimenticando l’ammonimento di sua zia di non parlare troppo liberamente. «Non credo che dobbiate temerli. Sono affascinanti, certo, ma interessati solo ai cavalli e agli sport.»

    «Ma uno è erede di un conte e l’altro ha uno zio marchese.» George però sorrise, poiché la fanciulla aveva formulato una descrizione perfetta dei due.

    «Oh, quello!» Caroline fece una smorfia. «Come se m’importasse di certe cose. Penso che un gentiluomo come voi, invece, possa essere interessato alla poesia e alla lettura, così come allo sport, ovviamente. Ma non pensate che sia contro gli sport, mio fratello Nicolas ne è un grande sostenitore e io mi sono divertita molte volte con lui a pescare trote, per esempio.» Il suo viso s’illuminò nel ricordare le avventure dell’infanzia.

    «L’avete fatto davvero?» George era affascinato. Ricordò la scommessa con Freddie Rathbone e sorrise tra sé e sé. «Raccontatemi di più di voi...» Ma la musica finì in quel momento. «Oh, mi è sembrato che sia trascorso solo un minuto!»

    «Non pensate anche voi che il tempo voli quando ci si diverte e sembri interminabile quando invece ci si annoia?»

    George mascherò la propria risata con un colpo di tosse. Stava per chiederle di accompagnarlo a cena, quando lei venne raggiunta da diversi giovanotti che reclamavano proprio la stessa cosa.

    «Miss Holbrook, posso accompagnarvi?»

    «Ignorate Brent, Miss Holbrook. Sono certo che avete concesso quel privilegio a me.»

    «Oh, Asbury, lei sa benissimo di non aver fatto niente del genere. L’ha promesso a me, infatti.»

    «No, no, signori» ribatté Caroline ridendo. «Non l’ho promesso a nessuno, ma andrò a cena con il gentiluomo che saprà declamare in modo accurato dei versi di Richard Lovelace.»

    Intorno a lei ci fu silenzio per un lungo istante. Nessuno sembrava in grado di ricordare qualche verso di un poeta del XVII secolo.

    «Le mura di pietra non fanno una prigione,

    né le sbarre di ferro una gabbia;

    le menti innocenti e tranquille prendono

    questo come un eremo;

    io voglio essere libero di amare,

    e in tal modo sono libero nella mia anima;

    solo gli angeli che si librano lassù,

    godono di un’uguale libertà

    «Oh, molto bene, signore!» Caroline batté le mani e si voltò. «Eccellente...» Aveva di fronte un gentiluomo sconosciuto, ma anche il più bello che avesse mai incontrato. I suoi capelli erano del colore delle ali di un corvo, quasi blu tanto erano scuri, i suoi occhi neri la guardavano ironici, la bocca era atteggiata a un sorriso che le fece mancare un battito, prima di farle scorrere il sangue più velocemente.

    «Buonasera, Miss Holbrook.» Freddie Rathbone le offrì il braccio, mentre un mormorio di disapprovazione si diffondeva tra gli altri. «L’onore spetta a me, credo. Sarete più fortunati la prossima volta. George. Signori.» Chinò il capo in segno di saluto, un po’ ironico e un po’ arrogante, mentre reclamava il suo premio.

    Caroline posò la mano sul suo braccio, e avrebbe voluto scoppiare a ridere di gioia, ma fece del suo meglio per trattenersi. «Non credo che siamo ancora stati presentati.»

    «Sir Frederick Rathbone, al vostro servizio» le disse il giovane sorridendo. «Sono arrivato tardi e purtroppo ho scoperto che eravate già impegnata per tutti i balli. Quanto ad Asbury e a molti altri, credo che vi farà piacere sapere che avete colto nel segno.»

    «Sono molto cari» affermò Caroline arrossendo un poco. Non era facile al rossore, ma c’era qualcosa nello sguardo di quell’uomo che la metteva a disagio. Sembrava volerle leggere nei pensieri, e lei non era sicura di volerli condividere. C’era qualcosa in lui che sembrava proporle una sfida. E accettarla avrebbe potuto essere molto pericoloso.

    «Avanti, non fingete modestia» l’incalzò lui. «Dovete riconoscere che siete al centro di questa serata. Oserei direi che siete la reginetta della festa, o forse della Stagione, anche se è presto per stabilirlo.»

    «Questo è il mio primo ballo» confessò Caroline. «Sono stata già fortunata a non fare da tappezzeria per tutta la serata, ma non credo di essere la signorina più popolare.»

    «È vero, ma la gente parla di voi. Tutti vogliono sapere da dove venite, forse siete stata portata qui

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