Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Annabelle
Annabelle
Annabelle
E-book214 pagine5 ore

Annabelle

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Londra, 1819
Annabelle Kelland, fanciulla colta e indomita, giunge a Londra piena di aspettative e decisa a vendicare Rosabelle, la sorella gemella della quale ha assunto, in segreto, l'identità. Dopo la morte del marito, infatti, Rosa ha dovuto subire l'arroganza di Giles Stanton, cugino e unico erede di lui, e Annabelle vuole ora dargli battaglia. Il loro primo incontro, però, sconvolge tutti i piani, facendo nascere in lei uno strano sentimento di attrazione e odio nei confronti del gentiluomo. Anche Giles è disorientato da ciò che prova per colei che crede essere Rosabelle, e decide di distrarre il proprio cuore indagando sulla misteriosa morte del cugino.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2020
ISBN9788830514249
Annabelle
Autore

Sylvia Andrew

Like every writer she has ever met, Sylvia Andrew is a great reader. Her preference in fiction is for thrillers and historical romances, though she is ready to read anything if desperate. However, one benefit of writing seriously is that she no longer haunts the library looking for something new to read — she is usually too busy plotting her own! Sylvia and her husband live in Maidenhead with two delightful pets, and visit their small house in Normandy whenever they can.

Leggi altro di Sylvia Andrew

Autori correlati

Correlato a Annabelle

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Annabelle

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Annabelle - Sylvia Andrew

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Annabelle

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 1998 Sylvia Andrew

    Traduzione di Maria Letizia Montanari

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-424-9

    1

    Londra, maggio 1819

    La carrozza imboccò Park Lane a velocità sostenuta: Goss stava cercando di recuperare il tempo perduto. Annabelle Kelland chiuse gli occhi aggrappandosi al corrimano, ma si affrettò a riaprirli non appena la carrozza si raddrizzò, una volta effettuata la svolta. Quello era un momento eccitante, e lei non aveva intenzione di perderne nemmeno una frazione. La strada era affollata di veicoli e persone di ogni genere: gentiluomini in calesse e a cavallo, nobildonne in carrozza e popolane a piedi con il cestino appeso al braccio. Il rumore era assordante per le sue orecchie abituate alla pace della campagna. Era a Londra infine!

    Guardò la scena colorata ed esuberante. Per quei pochi minuti che mancavano, incapace di contenere la propria emozione per il fatto di visitare Londra per la prima volta nella sua vita, poteva ancora concedersi di essere Annabelle Kelland, la sorella gemella di Rosabelle Ordway. Solo ancora per pochi minuti... Quando la carrozza si fosse fermata davanti alla casa di lady Ordway, in Upper Brook Street, Annabelle Kelland sarebbe infatti sparita e dalla vettura sarebbe scesa Rosabelle, la giovane vedova di Stephen Ordway, di ritorno dopo un mese trascorso con la famiglia d’origine nel Berkshire.

    Annabelle si appoggiò allo schienale e cercò di apparire calma. Se veramente voleva convincere gli abitanti di casa Ordway che lei era Rosabelle, doveva dominare tutte le sue emozioni. Niente curiosità eccessive, niente stupori dinnanzi alle meraviglie della grande città. Sua sorella gemella abitava a Londra da sedici anni, da quando lady Ordway, la sua madrina, l’aveva adottata non ufficialmente portandola a vivere con sé. Rosabelle aveva finito con lo sposare Stephen, e come nuora di lady Ordway doveva aver frequentato la società alla moda di Londra. Quindi lei non avrebbe di certo trovato niente di nuovo, o strano, in ciò che la circondava.

    Perciò, nelle quattro o cinque settimane che sarebbero seguite, durante le quali Rosabelle avrebbe completato la convalescenza nell’atmosfera tranquilla del Berkshire, Annabelle avrebbe assunto i modi di fare pacati e gentili della sorella. Era abbastanza certa di potercela fare, anche se non sarebbe stato affatto semplice.

    Dopo un’altra svolta affrontata ad andatura sostenuta, imboccarono una strada costeggiata da alti alberi. Poco dopo, la carrozza accostò davanti alla casa più imponente di tutte. Prima ancora che la vettura fosse ferma, Goss scese in fretta e le aprì lo sportello.

    Dunque quella era la residenza degli Ordway! La messinscena stava per cominciare...

    Mentre la aiutava a scendere, Goss tradì un’espressione preoccupata, continuando a lanciare occhiate ansiose verso le finestre.

    «Che cosa c’è, Goss?»

    «Niente, Mrs. Ordway, proprio niente. Penso che il colonnello sia qui.»

    «Il colonnello?»

    «Il colonnello Stanton, madame. Lui... è un po’ rigido in fatto di puntualità.»

    «Davvero? Una dote encomiabile» commentò lei mentre saliva i gradini. Un istante dopo, aveva già dimenticato Goss e stava cercando di concentrarsi sul compito che la attendeva, tentando di ricordare tutti gli insegnamenti che le aveva impartito Rosabelle.

    L’individuo dall’aspetto pieno di dignità che le stava venendo incontro doveva essere il maggiordomo di lady Ordway. Annabelle esitò solo un istante, poi trasse un profondo respiro e avanzò. «Buonasera, Whitcroft. Che bella giornata è stata!»

    «Buonasera, Mrs. Ordway. In effetti è così. Posso sperare che abbiate fatto buon viaggio?» Il volto rugoso del maggiordomo era increspato in un sorriso e Annabelle si rilassò un poco. Il primo ostacolo era stato superato con successo. Whitcroft era con la famiglia da anni, e conosceva Rosabelle fin dal primo giorno in cui era arrivata a Londra. Il fatto di essere stata accolta da lui senza problemi era molto incoraggiante.

    Gli sorrise a sua volta e rispose: «Molto piacevole, grazie. Come sta lady Ordway?».

    «Meglio, signora. Sua Signoria vi sta aspettando.»

    Annabelle varcò la porta e si guardò attorno come se fosse contenta di essere tornata. Sì, era tutto come se l’era immaginato. Un atrio spazioso, con il pavimento in marmo, con una bella scala che a sinistra si innalzava verso i piani superiori. A destra, una porta si apriva sulla sala da pranzo, più avanti, la biblioteca. E, al primo piano, il salone. La stanza di lady Ordway era al secondo piano. Annabelle salì i primi due gradini per recarsi da lei, proprio mentre una voce attraversava l’atrio.

    «Whitcroft, volete chiamarmi Goss, per favore? Prima che porti la carrozza nelle scuderie. Voglio parlare con lui.»

    La voce era brusca, ma profonda e attraente. Il suo proprietario era appena uscito dalla biblioteca. Era in ombra, ma quando avanzò per parlare con il maggiordomo, Annabelle si fermò e trattenne il respiro. Era un uomo molto attraente, sui trent’anni, alto e atletico, i capelli scuri tagliati corti... La linea ferma della bocca e della mascella denotavano disciplina e determinazione. Tuttavia dal bel viso trasparivano intelligenza e senso dell’umorismo.

    Poteva essere, quello, l’odioso Giles Stanton? Il mostro che si era mostrato così crudele con Rosabelle da provocarle un esaurimento nervoso? L’uomo la cui ostinata insistenza perché lei tornasse a Londra proprio quel giorno aveva convinto Annabelle a prendere il posto della sorella? No, era impossibile!

    Da quel che le aveva raccontato Rosabelle, Annabelle si era immaginata un uomo di mezza età, animato da un inflessibile rigore, che con le sue dure critiche e il suo sarcasmo aveva condotto la povera Rosabelle alle soglie della disperazione. Era stata quasi certa che il colonnello avesse un volto segnato dal tempo e dalle intemperie, un viso da soldato, con tanto di baffi militareschi. Non si era certo immaginata una... sorpresa del genere!

    Era una vera fortuna che l’attenzione del gentiluomo fosse focalizzata su Whitcroft, altrimenti si sarebbe senz’altro chiesto che cosa le fosse preso: Annabelle non riusciva più a muoversi. Affascinata, una mano posata sul corrimano, un piede su un gradino, l’altro su quello successivo, fissava quell’uomo vestito con eleganza per la serata. Non si poteva comunque definire un damerino, anche se doveva essere uomo di sostanza. La giacca a redingote cadeva magnificamente sulle ampie spalle e la camicia candida era piacevolmente priva di pizzi e fronzoli. Annabelle dovette ammettere che, a prima vista, non le dava nemmeno l’idea di essere un tiranno: il modo con cui si rivolgeva a Whitcroft era autorevole, ma gentile, e la sua voce era così bella...

    Il maggiordomo si allontanò e Giles Stanton concentrò la propria attenzione su Annabelle. Nonostante lei fosse sulle scale, i loro occhi erano alla stessa altezza. Quelli del colonnello erano occhi color nocciola, una singolare mistura di oro e verde...

    «Buonasera, Rosabelle. Credevo che sareste arrivata prima. Vi avevo inviato la carrozza piuttosto presto.»

    La voce era cambiata... non era più né calorosa, né accomodante.

    «Che cosa succede? Avete forse lasciato la lingua nel Berkshire?»

    Annabelle deglutì sforzandosi di trovare qualcosa da dire e lui sbuffò con impazienza.

    «Quando avrete finito di fissarmi come se mi fossero cresciute due teste, sarebbe opportuno che andaste da zia Laura» proseguì senza attendere una sua replica. «Vi aspetta da ore. Dove diavolo eravate finita?»

    Annabelle recuperò di colpo il senso della realtà. Adesso lui era molto più simile alla creatura che si era immaginata. Dunque non aveva sbagliato, dopotutto, anche se all’inizio si era lasciata ingannare dal suo bell’aspetto. Superando un lieve senso di delusione, lo osservò con maggiore calma. Dunque quello era Giles Stanton, cugino di Stephen Ordway e attualmente unico erede dell’enorme fortuna di famiglia. Che modo veramente rude per accogliere la vedova di suo cugino, appena tornata dopo un mese di assenza! Resistendo all’impulso di rispondergli per le rime, Annabelle trasse un profondo respiro e mormorò con dolcezza: «Buonasera, Giles. Grazie... ho fatto buon viaggio e mi sento veramente bene. Ho molto gustato la mia permanenza a Temperley. E voi, come state?».

    I suoi occhi nocciola le rivolsero uno sguardo gelido. «Proseguiremo più tardi con le frivolezze e i convenevoli, ho un appuntamento tra dieci minuti. Dov’è Goss?»

    «Posso parlare con voi prima che vediate Goss?» gli chiese lei. Poi, vedendolo sul punto di rifiutare, aggiunse: «Vi prego».

    «E va bene» cedette lui facendole strada verso la stanza alle sue spalle. Annabelle si rese conto subito che quell’uomo non amava perdere tempo. Per quanto il colonnello fosse vestito da sera, il tavolo disseminato di carte e documenti testimoniava che doveva essersi dedicato al loro esame mentre attendeva l’arrivo della carrozza. Dopo averla fatta entrare, Giles si voltò e rimase in attesa. Era un vero peccato che l’espressione sul suo volto fosse così sgradevole! Un vero peccato...

    Annabelle allontanò quel pensiero e si diede un contegno. «Se avete intenzione di rimproverare Goss per non essere arrivato prima, sareste solo ingiusto.»

    «Che cosa intendete dire? Goss aveva l’ordine preciso di riportarvi qui all’orario pattuito. Questa mattina è partito alle prime luci dell’alba. E voi siete giunta con più di un’ora di ritardo. Mi sembra ovvio che debba redarguirlo.»

    Quel tono di fretta impaziente la irritò. «Credo che la vostra esperienza nell’esercito vi abbia mal disposto nei confronti del modo di concepire un viaggio normale, Giles. Questa non era una spedizione militare e neppure Goss doveva sorvegliare un convoglio in movimento! Ha fatto del suo meglio per obbedire a quello che gli avevate... comandato. Sono sicura che non è un uomo scortese, ma era così ansioso di non deludervi che mi avrebbe condotto a Londra, un viaggio di quaranta miglia, a spron battuto, senza darmi la possibilità di riposare o rifocillarmi.»

    «Impossibile! Avevo concesso tutto il tempo necessario per le fermate.»

    «Senza dubbio è una questione di punti di vista. Cinque minuti scarsi per cambiare i cavalli possono essere un lasso di tempo notevole nell’esercito, ma vi assicuro che non è così nella società civile. O almeno non lo è per me. Goss mi ha detto che cosa gli avevate ordinato, ma io ho insistito perché ci fosse concesso il tempo necessario per recuperare le forze a ogni fermata. E lui non ha potuto contraddirmi

    Nemmeno nel caso in cui avesse dovuto salvarsi la vita Annabelle avrebbe rinunciato a quel lieve tono soddisfatto che si insinuò nella sua voce. Non appena Goss le aveva rivelato gli ordini del colonnello Stanton, lei si era tolta il gusto di perdere più tempo del necessario alle stazioni di posta, determinata a dimostrare che quell’uomo non poteva comandare su di lei come gli pareva e piaceva.

    Quella soddisfazione non sfuggì a Giles che socchiuse gli occhi rendendo ancora più severa la sua espressione.

    Annabelle sollevò il mento e gli restituì coraggiosamente lo sguardo, tuttavia era sconcertata dalla reazione che lui aveva avuto nei suoi confronti. Non era semplicemente irritato. Senza dubbio detestava la vedova di suo cugino. Ma perché? Rosabelle era una creatura così gentile, del tutto inoffensiva. Prima o poi, si ripromise Annabelle, avrebbe scoperto che cosa si celava dietro quell’avversione... e poi lo avrebbe fatto pentire di come aveva trattato la gemella.

    Lui la stava ancora fissando, come se fosse indeciso se proseguire o meno la discussione. Alla fine si voltò verso la porta, dicendo semplicemente: «Fareste meglio ad andare da zia Laura».

    Annabelle decise di non cedere terreno. «Goss non è da rimproverare!»

    «Molto bene. Lasciate che mi occupi a modo mio del mio domestico, se non vi dispiace. Potete rimanere finché volete da zia Laura: io resterò fuori per il resto della serata.»

    «Grazie, Giles» replicò Annabelle. Davanti all’ironia nella sua voce, lui si voltò sottoponendola nuovamente all’ispezione dei suoi occhi duri e freddi, ma ancora una volta decise di tacere, limitandosi a farle cenno di uscire. Pochi minuti più tardi, mentre saliva le scale, Annabelle sentì la voce ansiosa di Goss, nell’atrio, alla quale faceva replica una brusca risposta. Si concesse un sorrisetto mentre ascoltava le parole.

    «Sciocchezze, Goss. Avete fatto benissimo. Avevo dimenticato che bisogna fare delle concessioni alle signore. Ora assicuratevi che i cavalli siano accuditi... immagino che li abbiate spronati al massimo. E adesso devo sbrigarmi... il duca non ama essere costretto ad attendere.»

    Annabelle aprì la porta di quella che sperava fosse la camera di lady Ordway ed entrò. Le pesanti tende delle finestre erano quasi chiuse e la camera era immersa nella penombra. Annabelle si fermò un attimo per consentire agli occhi di abituarsi alla semioscurità. L’aria era soffocante. Una cameriera stava cercando di trattenere qualcuno seduto su una poltrona accanto alla finestra, ma venne ignorata: lady Ordway si alzò tendendo le braccia in un gesto di benvenuto.

    «Rosa! Sei tornata! Mia cara fanciulla!»

    «Zia Laura!» Annabelle esitò, provando per la prima volta un tremito interiore per quell’impostura. La suocera di sua sorella era cambiata fino a diventare quasi irriconoscibile, ed era crudele ingannare quella donna fragile e anziana, chiaramente commossa al pensiero di poter finalmente rivedere la sua adorata nuora. Ma doveva farlo, anche se solo per pochi momenti. Confessarle la verità senza prepararla sarebbe stato altrettanto crudele. Avanzò verso la finestra e abbracciò gentilmente lady Ordway, quindi la lasciò andare e l’invalida venne risistemata sulla poltrona. Annabelle si accorse subito di essere osservata con attenzione.

    «Hai un ottimo aspetto, mia cara. Temperley ti ha fatto bene. Hai cenato?»

    «No, non ancora. Però ho mangiato qualcosa per strada. Sono giunta solo cinque minuti fa.»

    «Lo so: ho sentito la carrozza. Immagino che vorrai cambiarti e rinfrescarti dopo il viaggio. Però potremmo farci servire qualcosa in camera, più tardi. Se ne occuperà Wilson, non è vero?» disse, rivolta alla cameriera.

    «Naturalmente, Vostra Grazia. Bentornata, miss Rosabelle.» Con un sorriso e una riverenza, la cameriera uscì dalla stanza.

    Ci fu un breve silenzio, poi lady Ordway mormorò, calma: «Sai dove si trova la tua stanza, mia cara?».

    «Io... sì... zia Laura! Che intendete dire? È ovvio che lo sappia... a meno che non l’abbiate cambiata.»

    «Ah, sì... Immagino che Rosa ti abbia istruita sulla casa e sui domestici. Dimmi... lei non è ancora ammalata, vero?»

    Annabelle guardò sbalordita lady Ordway. «Voi sapete! Di già? Com’è possibile?»

    «Tu sei uguale a lei, Anna, ma l’ho capito nel momento stesso in cui mi hai toccato. Come non avrei potuto rendermene conto? Rosa è stata una figlia per me in questi ultimi sedici anni. Siamo sempre state molto vicine... dal momento stesso in cui l’ho condotta a vivere qui, dopo la morte di vostra madre. E quest’ultimo anno... ci ha ulteriormente avvicinate. Allora dimmi: sta meglio, vero?»

    «Si sta riprendendo... ma era troppo presto per tornare qui. Direi che ha bisogno di almeno un altro mese. Era così fragile quando è arrivata. Ma Temperley le sta giovando tantissimo... è così tranquillo laggiù, e Becky la vizia vergognosamente!»

    «Ero tanto preoccupata per lei. Io non

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1