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Il profumo dei ricordi
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E-book256 pagine6 ore

Il profumo dei ricordi

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1815/1816
Hallam Ravenscar non ha mai dimenticato Madeline Morris, la donna cui ha dovuto rinunciare perché non era abbastanza ricco per offrirle un futuro dignitoso, e quando infine torna in patria, dopo la guerra, l'idea di rivederla sposata con il Conte di Lethbridge lo fa soffrire. Fin dal loro primo incontro, però, si accorge che dietro l'atteggiamento spensierato di Madeline si nasconde in realtà una profonda tristezza. E allora, turbato dal profumo dei ricordi, non riesce a resistere alla tentazione di scoprire il motivo di tanta infelicità...
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788830515963
Il profumo dei ricordi
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    Il profumo dei ricordi - Anne Herries

    Immagine di copertina:

    Nicola Parrella

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Protected by the Major

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2014 Anne Herries

    Traduzione di Angela Medi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-596-3

    Prologo

    «Ti prego, non farlo.» L’attraente ufficiale di cavalleria afferrò per il braccio la giovane che stava per allontanarsi. «Se lo sposi mi spezzerai il cuore. Io so che lui non potrà renderti felice, Madeline.»

    Nel guardarlo, lei ricacciò indietro le lacrime, negli occhi verdi uno sguardo implorante che gli strinse il cuore. Era incantevole, i lunghi capelli ondulati che le sfioravano le spalle e la morbida bocca che aveva sempre un sorriso per lui. Nei suoi occhi vide l’amore che lei gli aveva dichiarato un tempo, sotto quello stesso albero di mele, ma le sue parole furono fredde e scostanti.

    «Vi prego di lasciare il mio braccio, signore. Ho accettato la proposta di matrimonio del conte e il contratto è stato già firmato.»

    «Vieni via con me, adesso» insistette lui, respirando profondamente, mentre un raggio di sole invernale accendeva l’oro rosso dei capelli di lei. «Se sarai mia moglie, lui non potrà fare niente. So che mi ami... me l’hai giurato soltanto l’estate scorsa.»

    «Allora la situazione era del tutto diversa.» Lei distolse il bel volto. «Voi non capite, Hallam. È tutto organizzato e io... io sono felice della mia promessa. Il conte è ricco e mi darà tutto ciò che desidero. E comunque, non vi amo.»

    «Hai giurato che mi avresti sempre amato. Abbiamo sigillato la nostra promessa con un bacio e io avrei dovuto parlare a tuo padre al mio ritorno.»

    «Siete stato lontano troppo a lungo» ribatté lei, il volto altero, freddo e distante. «E poi non avete denaro, Hallam. Come vi aspettate che possa condividere la vostra povertà? Se vostro padre non avesse perso tutti i suoi soldi al gioco, o...» Si ritrasse da lui, girandosi, in modo che non potesse leggere la sua espressione. «Non avrei dovuto incontrarvi. Mio padre sarà furioso. Per favore, andate via adesso, Hallam... e non infastiditemi di nuovo con le vostre attenzioni indesiderate.»

    Lui lasciò la presa sul suo braccio. «Infastidirvi con le mie attenzioni?» ripeté. «No davvero, Miss Morris, non lo farò. Ho creduto alle vostre dichiarazioni d’amore e ai vostri falsi sorrisi, ma sono stato un pazzo. Correte da vostro padre e dal vostro promesso sposo. Vi auguro di essere felice con lui.»

    Si girò e se ne andò, lasciandola in piedi sotto l’albero di mele dove solo pochi mesi prima si erano giurati eterno amore. Madeline continuò a fissarlo, il volto pallido impietrito e le lacrime che le scivolavano piano lungo le guance. Desiderava con tutto il cuore richiamarlo indietro, ma era troppo tardi. Non aveva avuto altra scelta che mandarlo via. Suo padre aveva firmato il contratto, nonostante lei lo avesse scongiurato di aspettare il ritorno di Hallam.

    «Anche se tornasse non servirebbe» aveva dichiarato Sir Matthew. «Sono rovinato, Maddie, e Lethbridge ha i miei pagherò. Vorresti vedere tua madre e tua sorella a carico della parrocchia, e me nella tomba? Non potrei sopravvivere al disonore, se Lethbridge dovesse esigere il pagamento dei miei debiti. Sei la mia unica speranza.»

    «Ma io non lo amo!»

    «Non essere sciocca!» l’aveva rimproverata il padre. «Matrimonio e amore non hanno niente a che fare l’uno con l’altro. Sposa Lethbridge e conduci il tipo di esistenza a cui sei destinata e non appena gli avrai dato un erede, probabilmente lui si sarà già stancato di te e ti lascerà dormire da sola. Forse allora potrai cercare altrove l’amore, se sarai discreta.»

    «Papà!» Madeline lo aveva fissato, inorridita. Sapeva che non era raro che una coppia sposata cercasse l’amore fuori del matrimonio, ma lei aveva sperato qualcosa di diverso per sé. Aveva sognato l’amore, ma... come poteva abbandonare il padre? La sua famiglia sarebbe stata rovinata se lei avesse rifiutato l’offerta del conte. «Va bene...» acconsentì infine con il gelo nel cuore. «Se è ciò che volete.»

    «Brava la mia bambina!» Il padre l’aveva baciata sulla fronte. «Ero sicuro che non mi avresti abbandonato.»

    Madeline non aveva avuto scelta, ma l’orgoglio le aveva impedito di confessare ad Hallam che era costretta a sposare Lethbridge. Sapeva che lui non avrebbe capito. No, era meglio che la giudicasse senza cuore, ma in realtà quel cuore si era spezzato nel vedere la pena e la delusione negli occhi di lui.

    «Oh, Hallam!» mormorò, girandosi per tornare nella casa di suo padre, attraverso i campi. «Oh, Hallam, ti amo così tanto...» Invece non aveva altra scelta che compiere il proprio dovere.

    Madeline sapeva che il conte era un uomo geloso e sentiva che poteva diventare crudele se veniva ostacolato. Doveva cercare quindi di essere una buona moglie per lui, anche se dentro di sé era come morta.

    1

    Hallam Ravenscar, maggiore di un reggimento di cavalleria di Sua Maestà e possessore di una mezza dozzina di medaglie per atti eroici sul campo di battaglia, stirò un’immaginaria piega sull’immacolata giacca blu e infilò una spilla di diamanti nelle soffici pieghe della cravatta. I corti capelli scuri erano pettinati in modo casuale in uno stile alla moda e lui era l’immagine del raffinato uomo di società. I suoi occhi grigi, tuttavia, esprimevano una ferrea determinazione.

    Tornato in Inghilterra dopo la definitiva sconfitta di Napoleone, era stato coinvolto nella tragedia dell’omicidio di suo cugino Mark, e aveva giocato una parte nello smascherarne l’assassino. Adesso si trovava a Londra per vedere il suo amministratore e comprare un dono di nozze per suo cugino il Capitano Adam Miller, che stava per sposare Miss Jenny Hastings.

    Un mezzo sospiro gli sfuggì dalle labbra, perché era stato esortato dai suoi legali a prendere in considerazione l’idea di sposare un’ereditiera. Non aveva altra scelta. Se non si fosse trovato una moglie ricca, sarebbe stato costretto a vendere la tenuta del suo defunto padre, la quale, al momento, era carica di debiti. Suo padre era stato un giocatore per tutta la vita e dopo la morte della moglie adorata era affondato sempre più nell’abisso. Al momento della sua morte, dovuta a una febbre violenta, Hallam era impegnato in una battaglia per la propria vita, in Francia, ed era stato solo al suo ritorno in Inghilterra che aveva saputo cosa lo aspettasse.

    «Non avete molta scelta, maggiore» gli aveva detto Mr. Hatton, il legale di suo padre. «Se vostro padre fosse vissuto avrebbe venduto gran parte della tenuta, ma dalla sua morte ho lavorato per tenere a bada la banca. Sarebbe meglio vendere che lasciare che si appropri della tenuta. In questo modo, almeno, a voi resterebbe qualcosa.»

    Hallam sapeva di essere prossimo alla rovina. Possedeva la piccola tenuta che il nonno materno gli aveva lasciato, ma era poco più di una grande fattoria di circa un centinaio di acri, molti dei quali affittati. Assieme alla sua paga, gli aveva fornito sufficienti entrate per sostenerlo da ufficiale di cavalleria, ma non era sufficiente per mantenere una moglie in modo adeguato, a meno che non trovasse un’altra fonte di guadagno. Aveva progettato di avviare un affare di importazione di vini assieme ad Adam, ma avrebbe dovuto vendere il suo grado. Il che gli avrebbe fornito fondi sufficienti per un modesto investimento, ma quanto al futuro?

    Il suo legale non aveva avuto peli sulla lingua. «Vostra madre era la figlia minore di un conte, Maggiore Ravenscar, e vostro padre il rampollo di una vecchia e rispettabile famiglia. Al momento non avete un titolo da offrire, ma penso che potreste trovare la figlia di un ricco mercante che apprezzi la vostra offerta.»

    «Buon Dio, vorreste che mi vendessi?»

    Hallam aveva accolto il suggerimento con orrore e disgusto, ma in verità aveva poche scelte. Poteva anche fare una fortuna con Adam, ma si trattava di un investimento a lungo termine. Nel frattempo aveva solo due possibilità, nessuna delle quali lo attirava.

    Dannazione! Non voleva pensare al problema della sua tenuta, quella sera. Aveva un impegno con degli amici per cena, e più tardi sarebbero andati a un ricevimento a casa di Lord Devenish. Dopo l’esibizione musicale ci sarebbero state delle danze, per quelli che le gradivano. Niente di grandioso, giusto poche coppie.

    Afferrò il bastone e il cappello, lanciò un ultimo sguardo d’apprezzamento allo specchio, e lasciò il suo alloggio.

    Erano passati anni da quando aveva pensato al matrimonio, accontentandosi di civettare con affascinanti giovani dame e di godere di relazioni amichevoli con qualche vedova, quando era stato di servizio in Spagna e in Francia. Come poteva prendere in considerazione il matrimonio, quando il suo cuore non era ancora del tutto guarito? Madeline gli aveva assestato un colpo severo. Il dolore era a poco a poco diminuito e un uomo più duro e più forte era stato forgiato nel fuoco delle battaglie.

    Se avesse voluto avere una moglie, non avrebbe potuto fare di meglio che sposare Mrs. Sarah Bowman, perché era stata la moglie di un soldato e avrebbe volentieri seguito il reggimento, ma Hallam non desiderava una moglie e non aveva sentito niente più che dell’affetto per quella signora, che aveva curato le sue ferite e donato generosamente se stessa.

    Come poteva sposarsi se il suo cuore era morto? Madeline l’aveva ucciso quando aveva sposato il conte per denaro.

    Era ridicolo anche il solo pensarci. Lei lo aveva dimenticato e probabilmente era contenta del suo matrimonio e aveva parecchi bambini attaccati alla gonna.

    L’immagine di lei in seno alla sua famiglia ravvivò il dolore, e si affrettò a scacciarla dalla mente. Doveva dimenticare Madeline e andare avanti. Forse avrebbe fatto meglio a seguire il consiglio del suo avvocato e a cercare la figlia di qualche ricco borghese, la quale sarebbe stata grata di offrirgli il denaro paterno in cambio di una casa e un posto in società.

    Alla sola idea le labbra gli si curvarono per il disgusto, ma sapeva bene che non sarebbe stato il primo, né l’ultimo, a cercare una soluzione ai problemi di denaro in quel modo. Se fosse accaduto il peggio, l’avrebbe presa in considerazione, ma per il momento voleva cercare altri sistemi per pagare i suoi debiti.

    Le sale della casa di Lord Devenish erano strabordanti di ospiti, che si godevano il pregiato champagne e i vini che i camerieri offrivano con generosità girando tra loro con i vassoi. Hal accettò un bicchiere e sorseggiò il vino, muovendosi tra le stanze affollate e fermandosi qua e là a parlare con persone che conosceva. Molti lo accoglievano come un eroe, dandogli il bentornato a casa e salutandolo con calore. Il suo coraggio era stato menzionato nei dispacci dal fronte e tutti desideravano congratularsi con lui, chiedergli quanto a lungo intendesse restare a Londra e offrirgli inviti a ogni genere di eventi.

    «Il Reggente mi ha detto che eri un ufficiale eccezionale» osservò Lord Devenish, battendogli sulla spalla. «Conoscevo bene tuo padre, ragazzo mio, e mi è dispiaciuto per ciò che gli è accaduto. Se mai avessi bisogno di un consiglio, o di aiuto, sai dove trovarlo.»

    «Grazie, milord» replicò lui, sorridendo. «In tal caso... Suppongo che voi non conosciate un’ereditiera alla disperata ricerca di un marito?»

    Aveva inteso scherzare, per allontanare l’offerta di aiuto, ma il suo ospite ci pensò sopra per un istante e poi si illuminò in volto. «Capita di sì, mio caro amico. Il padre della fanciulla in questione mi ha appunto detto che gradirebbe vedere la figlia sistemata con un uomo perbene. Ha chiarito che non è in cerca di denaro, ma che confida in una buona famiglia e un ingresso in società per lei. Vorresti che ti procurassi un incontro?»

    «Oh, immagino sia ancora prematuro» ribatté Hallam, ostentando un tono leggero, «tuttavia credo che potrebbe rappresentare un’ultima risorsa, milord.»

    «Bene, non posso garantire per l’aspetto, o le maniere della giovane, dal momento che non la conosco, tuttavia inviterò entrambi a una cena e ti manderò un invito. Deciderai quando l’avrai vista.»

    Hallam lo ringraziò e passò oltre, mentre entravano altri invitati. Le sale si stavano riempiendo. Le signore presero posto per l’evento musicale, invece la maggior parte degli uomini si spostò nella sala delle carte, dove erano stati sistemati diversi tavoli. Hal fu invitato a unirsi a una mano di whist per una posta modesta, e accettò. Era un giocatore abile e vinse tanto quanto perse. Provvedendo di rimanere nei limiti che si era imposto, non considerava sbagliato giocare un po’. A differenza di suo padre, non sedeva mai ai tavoli dei dadi o del faraone, anche se apprezzava un gioco di abilità. Quella sera la sua fortuna fu mutevole, perché vinse la prima mano con il suo compagno, perse la seconda e la terza, poi vinse la quarta, e si alzò dai tavoli in condizioni non peggiori di quando vi si era seduto.

    Facendosi strada nella sala da pranzo, si servì di una porzione di pasticcio e la mangiò, bevve del vino, quindi si recò nella terrazza per fumare un sigaro. Una signora stava rientrando nella sala e per un istante lui si trovò sul suo cammino. Si scusò e le lanciò un’occhiata. Nel vedere la bella e sofisticata dama cui stava ostacolando il passo, si sentì prendere da una vertigine.

    Lei aveva i capelli raccolti sulla sommità del capo, un solo ricciolo ricadeva sulla spalla bianca; la veste aveva un’azzardata scollatura che rivelava la dolce valle tra i seni candidi. Era così diversa dalla giovane che aveva conosciuto che le parole gli uscirono di bocca senza che potesse far niente per fermarle. «Madeline... Santo cielo! Non vi avrei riconosciuto.»

    Per un momento lei parve troppo sconcertata per replicare, poi uno sguardo triste salì ai suoi occhi. «Forse mi trovate cambiata perché sono più vecchia.»

    «No, no, siete splendida» mormorò lui, riprendendosi. «Siete diventata una gran dama, Madeline.»

    «È il vestito» si schermì lei, con un mezzo sorriso. «Ho sentito che eravate tornato a casa. E mi è dispiaciuto sapere della morte di Mark. Dovete averne sofferto molto. Da ragazzi siete stati molto vicini.»

    «Lo siamo diventati anche di più, dopo aver servito assieme in Francia» convenne lui. «Come state?» aggiunse poi, cambiando argomento.

    «Sto bene e sono felice di avervi visto. Adesso, se volete scusarmi... Ero uscita a prendere un po’ d’aria e di certo mio marito mi starà cercando.»

    Hallam si fece da parte, consentendole di passare. Per un istante, mentre la guardava, gli anni erano scivolati via e lui aveva dimenticato la loro separazione, insieme al dolore che lei gli aveva inflitto con tanta noncuranza. In quel momento li ricordò e sentì l’amarezza scorrere in lui.

    Era ovvio che lei era soddisfatta della propria vita e del matrimonio. E perché non avrebbe dovuto, del resto? La collana di diamanti che indossava doveva valere una fortuna. Era una follia anche solo pensare a lei. Si era fatta la propria vita e lui doveva accettarlo. Forse doveva andare avanti, contrarre un matrimonio di convenienza, come aveva fatto Madeline.

    Si aggirò per la terrazza, fumando il suo sigaro, e poi lo gettò tra i cespugli. Avrebbe parlato a Devenish, gli avrebbe chiesto di organizzare al più presto quella cena. Se l’ereditiera era presentabile e, ancor più importante, gradevole, avrebbe potuto scegliere la strada più semplice e sposarla.

    Madeline rientrò nelle sale calde e sovraffollate e si rese conto di non poter sopportare quegli ambienti un momento di più. Aveva la gola stretta per l’emozione e si sentiva prossima alle lacrime. Che sfortuna, imbattersi in Hal! Lui era stato sempre nei suoi pensieri, nelle settimane passate, da quando Lethbridge le aveva raccontato dell’omicidio di Mark Ravenscar. Aveva desiderato scrivergli e dirgli quanto ne fosse rattristata, ma non aveva osato, per timore della reazione di suo marito.

    Lethbridge era un uomo imprevedibile. Se lo compiaceva, era anche capace di comprarle un nuovo gioiello, o un abito elegante, ma più spesso era geloso e, se lei sembrava apprezzare troppo la compagnia di un gentiluomo, si infuriava. A volte la puniva.

    Nei primi tempi del loro matrimonio Madeline aveva cercato di essere una buona moglie. L’aveva accolto nel proprio letto con un sorriso, ma lui era un uomo crudele e l’aveva presa in modo brutale, avanzando richieste che avevano sconvolto il suo candore, come se fosse una prostituta, anziché una giovane innocente. C’era voluto molto tempo prima che lei fosse in grado di sorridergli di nuovo, o fare altro che non fosse gelarsi, quando lui la toccava.

    Rabbrividì leggermente, perché suo marito era stato di uno strano umore, di recente. Il loro rapporto si era deteriorato a causa della loro sfortunata situazione. Lethbridge aveva bisogno di un erede, ma Madeline dubitava che avrebbe mai esaudito quel desiderio. Suo marito le attribuiva la colpa, anche se lei non sapeva cosa potesse farci, visto che lui aveva smesso di visitare il suo letto da molto tempo. Quando andava nella sua camera era per punirla, non per fare l’amore con lei.

    Batté con forza le palpebre, bloccando la minaccia delle lacrime. Non avrebbe recriminato per la propria situazione solo perché aveva visto Hallam e gli era stata così vicina che avrebbe potuto toccarlo, se solo avesse osato. Un dolore sordo l’assalì, ma lottò per mantenere un’apparenza composta. Non doveva permettere a nessuno di vedere il suo turbamento. L’orgoglio era tutto quello che le era rimasto. Non chiedeva pietà. Si era sposata per il bene della sua famiglia e niente era cambiato. Niente poteva mai cambiare, mentre...

    No, non avrebbe pensato a quello, adesso. Avvertiva l’inizio di una spiacevole emicrania e tutto ciò che desiderava era tornarsene a casa. Nella sua camera avrebbe potuto dar sfogo alle lacrime, il che le avrebbe arrecato un po’ di sollievo.

    Fermò un cameriere di passaggio e ordinò che venisse preparata la sua carrozza. Soltanto quando fu all’interno, chiese di informare il marito che si era ritirata a causa di un’emicrania. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era di trascinare via Lethbridge dalle sue carte per farsi accompagnare a casa. Lui si sarebbe arrabbiato e quella notte lei aveva bisogno di un po’ di solitudine.

    Vedere Hallam, così inaspettatamente, a breve distanza, aveva riportato a galla la sua infelicità. Sperava che Lethbridge giocasse fino a tardi e fosse troppo stanco, o troppo ubriaco, per occuparsi di lei, al suo rientro a casa. Il mattino dopo si sarebbe ripresa a sufficienza da affrontarlo, ma se quella sera l’avesse interrogata non era sicura di riuscire a nascondere il proprio stato d’animo.

    Lord Lethbridge aveva avuto una serata favorevole ai tavoli da gioco e aveva ignorato il messaggio della moglie. Alzandosi alle tre del mattino con le tasche piene di ghinee vinte, chiese la sua carrozza, che Madeline aveva avuto la previdenza di rimandare indietro. Tornato a casa in uno stato di umore rilassato, non si curò di andare nella stanza di sua moglie ma, dopo che il suo valletto l’ebbe svestito, bevve un bicchiere di brandy e andò a letto, per dormire fino a tardi.

    Madeline era già in piedi, vestita e pronta per uscire, quando lui entrò, in vestaglia, nella sua camera. La guardò tra le palpebre socchiuse. «La vostra emicrania va meglio?» si informò.

    «Sì, grazie» rispose lei. «Mi dispiace di aver lasciato la festa così presto, ma stavo male e non volevo disturbarvi.»

    «Meglio così, perché non avrei potuto lasciare il gioco» replicò lui. «Ero in fase fortunata e ho vinto diverse centinaia di ghinee.»

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