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Tolstoj: Impariamo a scrivere dai bambini:
Tolstoj: Impariamo a scrivere dai bambini:
Tolstoj: Impariamo a scrivere dai bambini:
E-book59 pagine42 minuti

Tolstoj: Impariamo a scrivere dai bambini:

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Info su questo ebook

Nel saggio qui tradotto Tolstoj è alla ricerca del metodo per far appassionare i ragazzi alla scrittura creativa. Dopo diversi tentativi, prendendo l’ispirazione da una raccolta di proverbi riesce a motivarli alla scrittura della storia che sta dietro al proverbio «Intanto che col cucchiaio sfama, col ramo punge l’occhio».
Tolstoj riconosce una grande attitudine artistica che viene fuori spontaneamente da due di questi bambini nel percorso di composizione e ne rimane stupito. Nel processo Tolstoj resta meravigliato dal talento di due allievi in particolare, quindi li incoraggia a sviluppare il tema seguendo le pieghe della loro fantasia, senza scoraggiarli o correggerli perché sono detentori del senso di verità, bellezza e bontà. Anche la relazione che in questi ragazzi hanno i vari elementi è armoniosa e aggraziata e non ha nessun bisogno di essere corretta secondo i canoni del “bello scrivere” scolastico. Tolstoj nota il cambiamento avvenuto nei bambini una volta sperimentata la bellezza della scrittura creativa. Dopo la loro esperienza nello scrivere il primo, continuano a scrivere un secondo racconto ma in questo aumenta ancor di più il grado di talento e di passione dei bambini mentre diminuisce il grado di assistenza dell’insegnante. Tolstoj è testimone di questo magico entusiasmo per la scrittura creativa dei bambini e si sente privilegiato e fortunato ad aver assistito a una tale trasformazione.
Tolstoj si accorge che l’insegnante non ha nulla da spiegare agli allievi in materia di stile, di correttezza, di compiacimento del gusto degli adulti ma, al contrario, ritiene sia la semplicità di pensiero e di discorso dei ragazzi l’elemento da valorizzare e da prendere come esempio anche per la prosa degli adulti.
Tolstoj conclude che è impossibile e inutile insegnare ai bambini  la scrittura in materia di stile o di correttezza perché loro sono più vicini di ogni adulto all’ideale di armonia interna. Secondo Tolstoj, non possiamo insegnare ai bambini in generale e ai figli dei contadini in particolare a scrivere in modo poetico; l’unica cosa che possiamo fare è avviarli al processo di composizione. La concezione della scuola che ne esce è diametralmente opposta a quella vigente allora in Russia (ma anche oggi in molti altri paesi): valorizzare il talento infantile come risorsa naturale, non “domarlo”, “soggiogarlo” alle regole e alla morale sbandierata (ma spesso non davvero seguita) dagli adulti. 
Il titolo originale del saggio: «Chi deve imparare a scrivere da chi, i ragazzi contadini da noi o noi dai ragazzi contadini?» rappresenta un’idea rivoluzionaria, una domanda provocatoria per gli abitanti dell’impero russo nel 1862. Ponendo la questione, suggerisce che i contadini sono paragonabili alla classe alta. O ancor di più, siamo noi a dover imparare da loro un’arte raffinata come la scrittura creativa. Infine il messaggio è ancora più sconvolgente: non solo sono i contadini ma sono i bambini contadini quelli da cui dobbiamo imparare a scrivere. 
 
LinguaItaliano
Data di uscita3 ago 2023
ISBN9791281358232
Tolstoj: Impariamo a scrivere dai bambini:

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    Anteprima del libro

    Tolstoj - Bruno Osimo

    Lev Tolstój

    Imparare a scrivere dai bambini

    (1862)

    a cura di Bruno Osimo

    Copyright © Bruno Osimo 2022

    Titolo originale dell’opera: Кому у кого учиться писать, крестьянским ребятам у нас или нам у крестьянских ребят?

    Traduzione dal russo di Revital Gon e Bruno Osimo

    Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica

    La stampa è realizzata come print on sale da Kindle Direct Publishing

    ISBN 9791281358225 per l’edizione cartacea

    ISBN 9791281358232 per l’edizione elettronica

    Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it

    Traslitterazione

    La traslitterazione del russo è fatta in base alla norma ISO 9:

    â si pronuncia come ’ia’ in ’fiato’ /ja/

    c si pronuncia come ’z’ in ’zozzo’ /ts/

    č si pronuncia come ’c’ in ’cena’ /tɕ/

    e si pronuncia come ’ie’ in ’fieno’ /je/

    ë si pronuncia come ’io’ in ’chiodo’ /jo/

    è si pronuncia come ’e’ in ’lercio’ /e/

    h si pronuncia come ’c’ nel toscano ’laconico’ /x/

    š si pronuncia come ’sc’ in ’scemo’ /ʂ/

    ŝ si pronuncia come ’sc’ in ’esci’ /ɕː/

    û si pronuncia come ’iu’ in ’fiuto’ /ju/

    z si pronuncia come ’s’ in ’rosa’ /z/

    ž si pronuncia come ’s’ in ’pleasure’ /ʐ/

    Prefazione

    Il saggio, che presentiamo qui in versione autonoma, è stato scritto nel 1862, all’età di trentaquattro anni. Sappiamo che la visione del mondo del grande pensatore ha avuto un’evoluzione notevole. Schematizzando, possiamo parlare di un primo periodo, fino al 1882, quando aveva cinquantaquattro anni, e pubblicò il libro Confessione. In questo primo periodo, in cui sono state create le opere più famose, Guerra e pace, Anna Karénina[1], la visione è ancora abbastanza ottimistica e relativamente conformista.

    Dopo il 1882 incomincia una fase di crisi morale, nella quale a partire dalla propria vita personale mette in dubbio moltissime usanze della nostra società, come l’uso di sostanze stupefacenti (tra le quali annovera anche caffè alcol tabacco; si veda il saggio «Perché la gente si droga?» in questa collana), i costumi sessuali (dopo una vita di vizi e stravizi non solo coniugali, si scaglia contro qualsiasi attività sessuale, comprese quelle matrimoniali; si veda il saggio «Il desiderio sessuale» in questa collana), e anche la religione ufficiale (si veda il saggio «Religione e morale» in questa collana).

    Essendo un intellettuale poliedrico e certamente fuori dagli schemi sia nella vita pratica sia in quella pubblica e intellettuale, evidentemente ha sentito il bisogno di esprimere questa sua visione morale anche in forma artistica, e quindi ha prodotto il suo più celebre romanzo breve, Sonata «Kreutzer».

    Quello che desta ammirazione in Tolstój è che la sua logica non tiene conto di nessuna barriera ideologica, ma procede dritta per la sua traiettoria calpestando le fedi politiche, religiose, filosofiche quando queste si mettono di traverso rispetto al suo pensiero e ai suoi princìpi. Non ha nessun rispetto, se si vuole dirlo così. Nel saggio sul parassitismo, per esempio, esprime un pensiero impeccabile che potrebbe essere preso a modello da una retorica operaista o proletaria. Ma tale tentativo non avrebbe successo, perché noi tutti sappiamo per esperienza personale che i parassiti sono ovunque, dentro e fuori dalle istituzioni di destra e di sinistra, di poveri e di ricchi, di conservatori e di riformisti.

    I parassiti sono dentro le nostre famiglie, sono i nostri fratelli maggiori, o magari i nostri figli o genitori. Sono i nostri colleghi, i superiori e i sottoposti. E proprio perché è un tema così trasversale, che unisce pubblico e privato, ci coinvolge ancora oggi oltre un secolo dopo.

    «La schiavitù non è altro che l’uso da parte di alcuni del lavoro forzato di molti. E affinché la schiavitù non esista bisogna che le persone non desiderino usare il lavoro forzato degli altri, lo

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