La Terra Tra I Due Laghi
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Info su questo ebook
Un viaggio dal lago di Garda al lago d'Idro, alla scoperta di venti produttori tipici, venti Ambasciatori del territorio e di tante ricette originali e gustose.
La “Terra tra i due laghi” ospita piccoli agricoltori, produzioni uniche e saperi e sapori che ognuno di noi può liberamente scoprire recandosi per turismo o per viaggio da queste parti, per conoscere, degustare, scoprire e acquistare.
La storia di questi giovani imprenditori perfettamente inseriti nel mondo del web, fornitori di ristoranti stellati, di beauty farm prestigiose e con clientela internazionali, è una storia di indissolubile legame a questa terra periferica rispetto al grande turismo. Innamorati del lago e delle montagne in cui vivono, appassionati del mestiere che svolgono ogni giorno, degli animali con cui condividono tante cose e dei paesaggi di cui solo loro, nelle diverse ore della giornata e nelle stagioni dell'anno, colgono le mille sfumature. Protagonisti di questo libro che regalano genuinità, gusto, esperienze, amicizia e cordialità e per questo meritano il nostro affetto.
Massimo Ghidelli
"I like to explore, observe, get curious"Passionate about tourism, travel and cooking, when Massimo is not out and about with his motorbike he lives in Desenzano del Garda (Italy). His books are printed in Italian, English and German and also available in eBook format on major international platforms.Follow me on Smashwords.
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La Terra Tra I Due Laghi - Massimo Ghidelli
IL PAESE DELL’OLIO BIO
Per chi non lo conosce, il termine turnaria
significa poco o nulla; per chi lo conosce, invece, sarà strano vederlo accostato all'olio extravergine di oliva. Turnaria deriva da turno, turnazione; ma per capire occorre un poco di storia.
Alto lago di Garda, fine Ottocento. La strada costiera è molto diversa da quella che percorriamo oggi; i commerci si muovono attraverso grandi barche a vela o a remi in quanto la strada semplicemente non esiste. Il tratto fra Salò e Gargnano sarà inaugurato nel 1914, quello fra Gargnano e Limone nel 1931. L'alternativa sono le improbabili stradine che si inerpicano sulla costa e penetrano nei territori di Tremosine e Tignale, paesi sperduti i cui abitanti sopravvivono grazie a un poco di agricoltura, la pastorizia per la vendita della lana, la produzione di formaggi e qualche vacca allevata nelle malghe; si coltivano patate, si fa vino da minuscoli vigneti, i gelsi servono ad alimentare i bachi da seta e si produce del carbone; la farina viene dai castagneti che coprono il bosco e si mangia polenta, tanta, tantissima polenta.
Quel che si produce non si vende, ma è finalizzato al consumo domestico. Quando nel 1898 inizia l'attività il Cotonificio Feltrinelli, nella vicina Campione, i giovani fuggono da questa desolazione per presentarsi a cercare lavoro e futuro. Sulla montagna rimangono piccoli nuclei di agricoltori, gente che sa fare solo quel mestiere, è affezionata ai suoi animali e indissolubilmente legata a un territorio che a noi pare infido, ma per loro è il più ospitale dei rifugi. La loro grama condizione tuttavia non è ignota; ne hanno consapevolezza alcuni amministratori locali, gli agricoltori più intraprendenti e i tanti parroci che vagano di cascina in cascina a raccogliere i segreti della povera gente e ristorarne l'animo.
Non si scherza con la montagna. Non solo per il pericolo che rappresentano le cime più alte, i rigori dell'inverno, il rischio di una nevicata improvvisa o una roccia che frana, ma anche per le condizioni che impone al vivere quotidiano. Qui non c'é tempo per amenità non funzionali alla sopravvivenza; il veterinario è un lusso che non sempre ci si può concedere e tutto si muove su retaggi di un passato che ci si tramanda di padre in figlio. Ma la montagna è anche solidarietà e ingegno. E qui arriviamo al termine turnaria
.
Tutti riconoscono che bisogna fare qualcosa per sostenere la povera gente, ma come? L'idea è di istituire un caseificio sociale e un monsignore, Giacomo Zanini, è uno dei più attivi nel favorire l'adesione dei contadini e l'aiuto dei sindaci (fondamentale perché spesso i comuni sono i proprietari dei terreni dove gli agricoltori hanno il pascolo e quando questi sono posti in vendita solo pochi facoltosi -spesso di fuori regione- hanno le risorse per acquistarli, mandando via i vecchi affittuari).
Perché caseificio sociale? I due termini sono importanti: caseificio
è una struttura che può raccogliere il latte prodotto nelle malghe, lavorarlo e fare formaggi; e sociale
perché sostiene le economie del luogo, incentiva gli agricoltori a mantenere l'allevamento dei bovini ed evita l'abbandono della montagna.
Tutto inizia nel maggio del 1904 quando è fondata la Latteria Sociale di Tignale. Unirsi in cooperativa è una formula nuova, che gli interessati osservano col timore di perdere qualcosa che ci sono volute generazioni per costruire. Non pensiamo alle cooperative odierne, né alle grandi stalle con fieno, mangimi, trattori; qui siamo in montagna e ogni famiglia spesso non ha che 1-2 vacche: quanto latte volete che si produca con 2 sole vacche? Insieme al caseificio, l'intuizione è nell'individuare una formula originale: la turnaria. Come funziona? Tutti coloro che si associano affidano il latte appena munto alla cooperativa; un casaro, nominato ogni anno dall'assemblea dei soci, ogni giorno lavora quello dell'uno, poi il giorno dopo quello dell'altro e così ancora, a turno (turnaria appunto). I formaggi sono ritirati dal socio o venduti tramite la cooperativa. L'adesione implica delle regole: non si può fare i furbi e allungare il latte con acqua o latte di capra per aumentarne il peso; bisogna rispettare gli orari di prelievo; i recipienti in cui si versa il latte devono essere sempre puliti; il contadino deve aiutare il casaro nel suo lavoro; il casaro ha il diritto di assaggiare il latte per decidere se tutto va bene; è vietato dargli suggerimenti che possono suonare di dubbia utilità o sollecitazioni equivoche.
Nel 1907 la cooperativa acquista gli alpeggi di Puria, Maranch e Garzera e li mette a disposizione dei soci, che vi portano gli animali al pascolo e vi conferiscono il latte, subito lavorato dal casaro.
Dicevamo che non si scherza con la montagna. Le difficoltà intrinseche della solitudine e della distanza (supermercati, cinema, shopping, asilo, scuole, socializzazione sono un miraggio) determinano la nascita di formule nuove: allevamenti concentrati e caseifici specializzati, uno dei quali è la cooperativa Alpe del Garda, nata nel 1980.
L'attività della Turnaria va ripensata; non ha più senso continuare quando i soci più grandi possiedono 4-6 vacche e i restanti 1-3 capi. Anche le pratiche e i linguaggi improvvisamente appaiono vecchi. Qui si ragiona ancora per gambe
: 4 gambe sono l’unità di misura di una vacca da latte con più di 3 anni di vita; 3 gambe sono le manze con meno di 3 anni, 2 gambe con meno di 2 anni e 1 gamba contrassegna i vitellini al di sotto dell'anno. Solo i pochi cavalli presenti in valle possono fregiarsi del titolo di 5 gambe. Insomma se uno dice di avere 10 due gambe, tu devi fare quattro conti e (forse) capisci.
I soci sono consapevoli che va abbandonata l'originaria funzione di fare formaggi, ma c'è comunque un intero territorio che va salvaguardato. A Tignale, grazie o per colpa dell'isolamento, non sono mai state introdotte pratiche di uso di fertilizzanti chimici, pesticidi, colture intensive né altro di diverso da quel che la natura produce. Un'economia circolare e sana, un territorio ricco di biodiversità e fertile. E qui sta il passaggio dal latte all'olio. Tignale ha una lunga tradizione legata agli olivi. Nel 1780 la Magnifica Patria di Venezia (che qui governava ogni cosa) ha censito le piante di ogni paese del Garda, in modo da far pagare le tasse in proporzione; Tignale è il primo della lista con 14 mila piante, molte più di Desenzano, Salò e tutti gli altri. Così come con la Turnaria, anche in questo caso l'intuizione è di condividere esperienze e buone pratiche. A Tignale gran parte delle coltivazioni è lasciata alla propria sorte: la montagna si riappropria velocemente degli spazi non coltivati, l'agricoltura è sparita e la cooperativa chiusa. I tanti uliveti condividono analogo degrado. Siamo nel 1994 e la Turnaria decide di rinascere con linfa nuova. La cooperativa lattiero-casearia si trasforma e inizia a prendersi cura del territorio. Cosa non facile; se con il latte si dovevano gestire le relazioni con tante piccole malghe, anche con l'olio non si scherza: sono ben 160 i proprietari di piccoli appezzamenti contattati uno a uno per dare in comodato gratuito alla cooperativa i loro terreni in cambio di assistenza per ottenere le certificazioni di prodotto bio da assegnare all'olio che qui si produrrà.
Ancora una volta occorre superare reticenze e timori. Come? Con le idee. Insieme alla Comunità Montana dell'Alto Garda Bresciano si definisce un progetto: i proprietari diventano soci della nuova cooperativa (che continua a chiamarsi Latteria Turnaria, in omaggio a una storia importante) e le concedono l'uso dei rispettivi terreni. La Turnaria cura gli aspetti burocratici, acquista concimi bio, forma gli agricoltori. Tutto si stravolge: i proprietari diventano padroni e dipendenti allo stesso tempo, le regole sono nuove e i più anziani si chiedono: ma abbiamo sempre fatto così, cosa ci raccontate di nuovo...
; oppure: stanno chiudendo gli oliveti della costa e voi volete fare olio...
Sono passati oltre vent'anni; in questo ambiente non sono mai stati impiegati pesticidi, qui c'è storia, tradizione, oliveti e il clima perfetto; c'è anche la risposta alle nuove esigenze di gusto e salubrità che il moderno consumatore richiede. Oggi Tignale è il più grande uliveto bio della Lombardia. La Turnaria ha in comodato gratuito 10 mila delle 13 mila piante presenti nell'intero comune; 50 ettari di territorio sono stati recuperati, di cui 30 per produzioni bio e gli altri prossimi a diventarlo. I 156 soci producono più del 10% di tutto l’olio biologico di Lombardia.
La storia non si esaurisce qui e nascono nuove sfide: ridare vita ai castagneti stritolati da rovi e spini, ristrutturare antiche limonaie, avviare i progetti agriturismo diffuso
e gli orti dei nonni
per non rinunciare a rendere vivo e coerente (cioè naturale) ogni singolo pezzo del territorio.
Il negozio della Turnaria (posto proprio sopra il frantoio) è un va e vieni di visitatori che parlano lingue diverse. E' il segno che il produrre cose di alta qualità paga; e chi viene a Tignale percepisce la passione dei residenti per la terra amata.
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NATALINA E I SUOI FORMAGGI (E CAPRE)
Perché tutti conoscono Natalina
?
Perché questo nome fino al 2014 è stata un punto di riferimento per l'intero Alto Garda.
La signora Natalina era un personaggio nel senso più autentico del termine. Allevava capre e quando lasciava l'abitazione di Tremosine per andare in malga con le sue bestie non mancavano mai gli escursionisti, i cacciatori, i turisti occasionali che da lei si fermavano per parlare di vita, lavoro, ambiente e, magari, acquistare una fetta di formaggio. La mattina presto era già in piedi a governare le capre e accogliere chi transitava giusto il tempo per un caffé. Nella sua piccola azienda Natalina era arrivata ad allevare fino a 250 capre, da cui ricavava latte e faceva formaggi; ma prima di diventare una malgara aveva rischiato una sorte ben diversa. Qui a Tremosine la gente non restava; c'era tanta povertà e si andava a cercar fortuna altrove; anche lei, quindicenne, era stata mandata in famiglia
a Milano ad accudire i bambini, tener pulita la casa e diventare una brava cuoca. Se n'era fuggita subito da quell'inferno di caos cittadino, per tornare sulle sue valli, con i suoi animali.
L'azienda agricola era stata fondata dai genitori; allevavano capre in Val Negrini (uno dei tanti bei luoghi dell'alto Garda, sconosciuto ai più) e lei aveva continuato il mestiere. Ma non era solo la stranezza dell'amare le capre che la contraddistingueva; quando doveva scarpinare su per i monti a raggiungere il gregge o recuperare un animale perdutosi nel bosco, si toglieva gli zoccoli e girava scalza. C'è poco da ridere: qualcuno si ricorda la bellezza del camminare a piedi nudi sull'erba?
Natalina riusciva anche a frequentare la scuola, con profitto, seppure nei soli 3 mesi che le consentivano gli impegni con le capre. D'altronde in montagna i ritmi non li fissi tu: da aprile a Natale si sta in malga poi, con le prime nevi, gli animali rientrano in stalla e nulla si può fare, salvo far legna o pali per le siepi o formaggi. Natalina ha trascorso ben 26 anni in malga Lorina, proprio sotto Tremalzo dove il Monte Caplone (2000 metri) si congiunge con la Valvestino.
Natalina c'è ancora, ma oggi è il nome della piccola azienda che, come un tempo, alleva capre e produce formaggi. Il